Omicidio stradale e prova scientifica: il ruolo della perizia nel giudizio penale (Cass. Pen. n. 39737/25)
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Omicidio stradale e prova scientifica: il ruolo della perizia nel giudizio penale (Cass. Pen. n. 39737/25)

Omicidio stradale e prova scientifica: il ruolo della perizia nel giudizio penale

In tema di omicidio stradale, uno dei nodi teorici e pratici più rilevanti riguarda il rapporto tra prova scientifica e giudizio di responsabilità penale.

La sentenza n. 39737/2025 si inserisce in questo solco, offrendo una ricostruzione rigorosa dei criteri di valutazione della perizia tecnica, del nesso causale e del concorso di condotte colpose, in un contesto fattuale di particolare complessità.

La decisione consente di chiarire, con nettezza, che il processo penale non richiede certezze scientifiche assolute, ma una ricostruzione razionale, coerente e giuridicamente governata dell’evento.


1. Il fatto e la decisione

Il procedimento trae origine da un grave sinistro stradale verificatosi in orario notturno, a seguito di una manovra di sorpasso seriale eseguita ad alta velocità in prossimità di una curva e di un’intersezione, in violazione delle norme sulla circolazione stradale. L’evento culmina nel decesso di uno dei conducenti coinvolti.

L’imputato viene condannato per il delitto di cui all’art. 589-bis c.p.In sede di appello, la Corte territoriale dispone una perizia ricostruttiva, fondata su modelli matematici avanzati e strumenti di calcolo evoluti, al fine di accertare la dinamica del sinistro e l’incidenza causale delle condotte di guida.

Avverso la sentenza di condanna viene proposto ricorso per cassazione, incentrato su:

  • presunte contraddizioni motivazionali;

  • travisamento della prova testimoniale;

  • inadeguatezza e probabilità della prova scientifica;

  • erronea applicazione dell’art. 41 c.p., sostenendosi la riconducibilità esclusiva dell’evento alla condotta della vittima.

Il ricorso viene rigettato.


2. Prova scientifica e canone dell’“oltre ogni ragionevole dubbio”

Il primo profilo di interesse della sentenza riguarda il grado di certezza richiesto alla prova scientifica nel processo penale.

La Corte ribadisce un principio ormai consolidato nella giurisprudenza di legittimità:la prova scientifica non deve fornire risultati incontrovertibili o matematicamente certi, ma deve essere razionalmente attendibile, metodologicamente corretta e logicamente integrata nel complessivo compendio probatorio.

In tale prospettiva:

  • la probabilità scientifica non è incompatibile con il canone dell’“oltre ogni ragionevole dubbio”;

  • ciò che rileva è la tenuta logica del ragionamento probatorio, non l’assenza di margini di incertezza intrinseci alla ricostruzione ex post dell’evento.

Il giudice di merito, pertanto, può legittimamente aderire alle conclusioni del perito, purché dia conto delle ragioni della scelta e dimostri di aver valutato criticamente le tesi alternative prospettate dalla difesa.


3. Perizia tecnica e funzione del giudice

Di particolare rilievo è il passaggio in cui la Corte affronta il tema dell’utilizzo di modelli matematici e sistemi di calcolo avanzati, anche di tipo algoritmico.

La sentenza chiarisce che:

  • la perizia, per quanto sofisticata, non sostituisce il giudizio del giudice;

  • il sapere scientifico resta uno strumento conoscitivo, non una fonte automatica di decisione;

  • la valutazione causale rimane un giudizio normativo, non delegabile alla tecnica.

In altri termini, il giudice non abdica alla propria funzione valutativa neppure quando si confronta con modelli scientifici complessi: è chiamato a verificarne la coerenza con i dati fattuali, le risultanze testimoniali e la plausibilità logica della ricostruzione.


4. Nesso causale e concorso di colpa della vittima

La decisione offre altresì un’importante precisazione in tema di nesso causale e condotta della vittima.

La Corte richiama correttamente l’art. 41, comma 1, c.p., riaffermando che:

  • la responsabilità penale sussiste anche quando la condotta dell’imputato costituisca una sola delle cause concorrenti dell’evento;

  • il comportamento della vittima assume rilievo escludente solo se integra una causa sopravvenuta da sola sufficiente a determinare l’evento.

Nel caso di specie, la Corte esclude che la condotta della vittima abbia assunto carattere assorbente, ritenendo invece che la manovra di guida dell’imputato abbia esercitato una concreta ed efficace incidenza causale sull’evoluzione del sinistro.


5. Considerazioni conclusive

La sentenza n. 39737/2025 si colloca nel solco di una giurisprudenza matura, che rifiuta tanto il mito della scienza infallibile quanto quello della valutazione meramente intuitiva del giudice.

Essa riafferma un equilibrio delicato ma essenziale:

  • la prova scientifica è indispensabile nei reati stradali complessi;

  • ma il giudizio penale resta un giudizio umano, razionale e giuridicamente orientato.

In questo spazio di intersezione tra diritto, tecnica e responsabilità individuale, la qualità dell’argomentazione difensiva – e la sua capacità di misurarsi criticamente con il sapere scientifico – assume un rilievo decisivo.


Fonti

  • Cass. pen., sez. IV, 4 dicembre 2025 (dep. 10 dicembre 2025), n. 39737

  • Art. 589-bis c.p.

  • Art. 41 c.p.


La sentenza integrale

Cassazione penale sez. IV, 04/12/2025, (ud. 04/12/2025, dep. 10/12/2025), n.39737

RITENUTO IN FATTO

1. La Corte di appello di Firenze, con la sentenza indicata in epigrafe, ha confermato la condanna pronunciata, all'esito di rito abbreviato condizionato all'acquisizione di consulenza tecnica di parte, dal Tribunale di Arezzo nei confronti di Co.Ra. in relazione al delitto di cui all'art. 589 bis, commi 1 e 5 nn. 1), 2), 3) e 7) cod. pen. commesso in T il 28 maggio 2021. 2. Il fatto è stato così ricostruito: la Porsche condotta dall'imputato percorreva la SP (Omissis) con direzione di marcia P-P a una velocità di circa 105 km/h e aveva iniziato il sorpasso di una Audi A1, condotta da Br.Gi., e di una Ford Puma, condotta da Bo.Fe., a valle di un'intersezione in cui la sede stradale è composta da quattro corsie; pur avendo completato il sorpasso, la Porsche era rimasta nell'opposta corsia di marcia fino all'imbocco della curva a sinistra in salita, rientrando nella corsia di pertinenza solo quando il conducente si era accorto del sopraggiungere di una Mazda dalla direzione opposta condotta da Br.Gi., che procedeva da loc. P in direzione loc. P; il Br.Gi. aveva perso il controllo del mezzo all'uscita della curva in discesa, volgente a destra, e aveva invaso l'opposta corsia scontrandosi con la Fiat Puma; quest'ultima autovettura era stata poi tamponata dall'autovettura Audi condotta da Br.Gi.; il sorpasso eseguito dalla Porsche era iniziato alla distanza di circa 160 metri dal luogo del sinistro e il Br.Gi., dal canto suo, aveva affrontato la curva alla velocità prossima ai 90 km/h, avvistando la Porsche solo all'ultimo secondo e perdendo il controllo dell'autovettura.

A causa dello scontro, Br.Gi. era deceduto. 3. Co.Ra. propone ricorso per cassazione censurando la sentenza, con il primo motivo, per vizio di motivazione consistente in contraddittorietà tra le argomentazioni della sentenza di primo grado, alle quali la Corte ha fatto espresso rinvio, e le argomentazioni rassegnate nella sentenza di appello nonché in travisamento delle sommarie informazioni rese da Fa.Gi., sia nel loro significato intrinseco sia in relazione alle sommarie informazioni rese da Br.Gi. e da Ca.Pa.

Con il secondo motivo, deduce mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione nella parte in cui, aderendo alla ricostruzione del sinistro operata dal perito, si è ritenuta raggiunta la prova della colpevolezza dell'imputato. Con il terzo motivo deduce mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione in ordine alla valutazione delle prove nonché erronea applicazione dell'art. 41, comma 2, cod. pen. Con il quarto motivo, deduce erronea applicazione dell'art. 104, comma 2, del Regolamento di attuazione del codice della strada. 4. Il difensore del ricorrente ha depositato memoria, insistendo per l'accoglimento del ricorso. 5. All'odierna udienza, disposta la trattazione orale ai sensi degli artt. 23, comma 8, D.L. 28 ottobre 2020, n. 137, convertito con modificazioni dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176, 16 D.L. 30 dicembre 2021, n. 228, convertito con modificazioni dalla legge 21 maggio 2021, n. 69, 35, comma 1, lett. a), 94, comma 2, D.Lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, 1, comma 1, legge 30 dicembre 2022, n. 199 e 11, comma 7, D.L. 30 dicembre 2023, n. 215, le parti hanno rassegnato le conclusioni indicate in epigrafe.


CONSIDERATO IN DIRITTO



1. Il ricorso è infondato.


2. In via generale, va premesso che le due sentenze di merito, pur essendo pervenute al medesimo esito, non costituiscono in senso proprio una doppia conforme affermazione di responsabilità in quanto la Corte di appello ha ritenuto necessario accertare la dinamica del sinistro mediante espletamento di una perizia. Ciò impone di concentrarsi sulla motivazione sviluppata dal giudice di secondo grado in quanto fondata su un compendio istruttorio arricchito dalla perizia.


3. Con riguardo al primo motivo, occorre precisare che il vizio di contraddittorietà della motivazione deve essere interno al percorso giustificativo della decisione e ricorre quando non siano conciliabili tra loro le considerazioni logico-giuridiche in ordine a uno stesso fatto o a un complesso di fatti o vi sia disarmonia tra la parte motiva e la parte dispositiva del provvedimento, ovvero si manifestino dubbi che non consentano di determinare quale delle due o più ipotesi formulate dal giudice, conducenti ad esiti diversi, siano state poste a base del suo convincimento (Sez. 5, n. 19318 del 20/01/2021, Cappella, Rv. 281105 - 01); deve, dunque, escludersi che il vizio di contraddittorietà della motivazione possa avere come termine di raffronto le argomentazioni svolte nella sentenza di primo grado, ancorché in parte richiamate nella sentenza di appello ma riesaminate alla luce di un compendio istruttorio arricchito.


3.1. Nel ricorso che qui si esamina, invece, il vizio è declinato facendo riferimento al passo in cui la Corte ha fatto rinvio alle argomentazioni della sentenza di primo grado per poi, secondo la difesa, contraddirle. Tale impostazione non è condivisibile in quanto la Corte di appello, avendo disposto procedersi a perizia, ha fondato la decisione sugli esiti di quest'ultima. Pur condividendo, dunque, le conclusioni alle quali era pervenuto il giudice di primo grado circa l'incidenza causale della condotta di guida dell'imputato in relazione al sinistro, vi è pervenuta attraverso un percorso motivazionale autonomo che in sé non risulta contraddittorio.


3.2. Nella seconda parte del primo motivo, la difesa si concentra sull'accertamento del fatto che il conducente della Porsche, terminato il sorpasso dei due veicoli che lo precedevano, non sia rientrato nella corsia di pertinenza.

Tale dato istruttorio, secondo la difesa, sarebbe frutto di un travisamento della prova. Più esattamente, si tratterebbe del travisamento delle sommarie informazioni rese dal passeggero della Ford Puma Fa.Gi. il quale, secondo la difesa, avrebbe reso una dichiarazione incompatibile con lo stato dei luoghi, laddove ha affermato di aver visto la Porsche procedere contromano fino all'altezza del distributore. Da un lato, la difesa evidenzia che dalla posizione in cui si trovava la Ford Puma il distributore non era visibile perché ubicato dopo la curva. Dall'altro, i giudici avrebbero travisato tale dichiarazione ritenendo che tale teste avesse visto la Porsche procedere contromano, laddove il Fa.Gi. si era limitato a riferire che la Porsche procedeva "nell'altra corsia". Questa "altra corsia" sarebbe da individuare, anziché nella corsia di marcia opposta, in quella corsia centrale funzionale alla svolta presente in corrispondenza del punto in cui la Porsche, pacificamente, aveva effettuato il sorpasso.


3.3. A pag. 9 della sentenza impugnata la Corte territoriale ha fornito una specifica risposta a tali deduzioni difensive, spiegando come, contestualizzando le sommarie informazioni con riferimento al luogo dell'incidente e analizzando il loro senso letterale, si dovesse ritenere che con l'espressione "invadere l'altra corsia" il Fa.Gi. avesse proprio inteso riferire che il Co.Ra. procedeva contromano; la circostanza che il teste avesse riferito tale condotta fino al punto in cui era presente il distributore è stata considerata, con argomentazione non manifestamente illogica, indicativa non tanto del fatto che il Fa.Gi. avesse la possibilità di vedere il distributore, quanto piuttosto dell'intento di descrivere il ricordo della posizione della Porsche lungo il tratto di strada che termina con il distributore.


3.4. Non spetta a questa Corte valutare l'attendibilità di chi abbia reso sommarie informazioni testimoniali, ove il relativo giudizio sia motivatamente espresso dal giudice di merito, né costituisce travisamento della prova un'interpretazione di quelle dichiarazioni non condivisa dalla difesa, qualora nel ragionamento del giudice di merito non siano ravvisabili vizi logici o contraddittorietà. Spetta, piuttosto, a questa Corte valutare se il giudice di appello abbia o meno replicato alle censure svolte nell'atto di impugnazione e, in caso positivo, se lo abbia fatto con argomenti logici e lineari. Logicità e linearità che ricorrono nel caso in esame. 3.5. Gli argomenti proposti dalla difesa a proposito del raffronto tra le dichiarazioni rese dal Fa.Gi. e quelle rese dalla Br.Gi., conducente della Audi che seguiva la Ford Puma, e da Ca.Pa., che aveva incrociato la Porsche a monte del sinistro, costituiscono allegazioni tendenti a ottenere da questa Corte una diversa valutazione del compendio istruttorio, non consentita in fase di legittimità.

Tale rilievo è ancor più pregnante con riguardo alle sommarie informazioni di Ca.Pa., che non hanno formato oggetto di specifica disamina difensiva nell'atto di appello. 4. Con il secondo motivo la difesa si duole del fatto che il ragionamento del giudice di appello si basi sull'elaborato peritale, nonostante il perito non abbia fornito dati certi dai quali desumere la condotta di turbativa della circolazione ascritta all'imputato. 4.1. In particolare, la Corte avrebbe trascurato che lo stesso perito aveva indicato in 250 metri l'estensione della c.d. corsia specializzata e, al contempo, aveva ritenuto che per effettuare il sorpasso alla Porsche sarebbe stati sufficienti 170 metri, così da rendere evidente che l'imputato avesse lo spazio utile per rientrare nella corsia di pertinenza. Così facendo, ne avrebbe tratto l'illogica deduzione che la manovra di sorpasso della lunghezza di 170 metri sarebbe stata effettuata contromano anziché sulla corsia specializzata. Inoltre, il perito si era limitato a indicare in termini approssimativi le velocità di marcia di tutti i veicoli coinvolti, così da rendere altrettanto attendibile il calcolo del tempo-spazio del sorpasso effettuato dal consulente della difesa.

Pur avendo il perito affermato di non poter calcolare in maniera incontrovertibile la velocità della Porsche, ha poi indicato sia il punto di incrocio tra la Porsche e la Mazda sia la distanza tra tale punto e il punto d'urto in termini numerici che, secondo la difesa, non assurgono al grado di certezza utile a sostenere il ragionamento probatorio di colpevolezza.

A ciò si aggiunge la riconducibilità del sinistro in via esclusiva alla vittima, che marciava a velocità eccessiva e con pneumatici in condizioni di usura, desumibile dall'elaborato peritale in base al quale, qualora Br.Gi. non avesse ecceduto in velocità, l'evento con alta verosimiglianza non avrebbe avuto luogo.


4.2. La doglianza pone il tema del grado di certezza che deve avere la prova scientifica in rapporto al canone di giudizio dell'oltre ogni ragionevole dubbio. Soccorre, a tal fine, la giurisprudenza di legittimità in tema di valutazione della prova scientifica, per cui "non è censurabile in sede di legittimità la decisione del giudice di merito che, facendo proprie le conclusioni scientifiche del perito, fornisca congrua ragione della scelta e dimostri di essersi soffermato sulla diversa tesi che ha disatteso, senza che costituisca vizio di motivazione l'omesso esame critico di ogni deduzione difensiva" (Sez. 2, n. 49742 del 10/10/2023, B., Rv. 285866 - 01); in base a tale giurisprudenza il giudice, di fronte a tesi contrapposte degli esperti, deve motivare la scelta di una tesi piuttosto che di un'altra in relazione alle caratteristiche del caso concreto e considerando le altre emergenze istruttorie che corroborino o smentiscano ciascuna tesi.


4.3. Inoltre, in tema di prova scientifica, il vizio di motivazione deducibile con il ricorso per cassazione ai sensi dell'art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen. sussiste solo qualora risulti che le conclusioni del consulente di una delle parti siano tali da dimostrare la fallacia di quelle espresse da altro esperto e recepite dal giudice. Ipotesi che non ricorre nel caso in esame, posto che i dati tecnici forniti dal consulente della difesa sono essi stessi frutto di una valutazione probabilistica. La censura svolta nel ricorso si basa sulle incongruenze riscontrate nella sentenza per sconfessare la tesi del consulente tecnico della difesa. Tale impostazione non è, però, utile a dimostrare la fallacia del ragionamento sul quale si fonda la decisione in quanto non va oltre la prospettazione della plausibilità di una tesi alternativa.


4.4. Alle pagg. 8-12 della sentenza è rinvenibile un'ampia disamina della perizia, elaborata mediante un sistema di calcolo matematico basato sull'intelligenza artificiale, nonché la giustificazione logica dell'adesione della Corte alle conclusioni del perito in quanto corroborate dagli altri esiti istruttori.

Per contro, si legge nella sentenza, lo stesso consulente tecnico della difesa non aveva contestato questo sistema di calcolo matematico, focalizzando le proprie critiche ancora sulle misurazioni proposte dal consulente tecnico del pubblico ministero nel processo di primo grado. La Corte, per giustificare l'adesione all'elaborato peritale, ha anche sottolineato come il contributo scientifico del consulente tecnico della difesa fosse più argomentativo che tecnicamente ancorato ai dati istruttori. Non spetta a questa Corte riesaminare i dati tecnici sui quali si è fondata la ricostruzione della dinamica del sinistro, trattandosi di compito riservato al giudice di merito; né è possibile porre in discussione la validità del ragionamento probatorio in quanto fondato su dati tecnici, quali ad esempio la velocità dei mezzi, non dotati di certezza assoluta in quanto frutto di una ricostruzione a posteriori del fatto. Il giudizio causale può, infatti, consistere nel ricostruire un fatto accaduto nel passato sulla base delle tracce che ha lasciato, oltre che sulla base delle testimonianze di coloro che vi hanno assistito; ciò implica che si tratta di un giudizio ex post inevitabilmente ipotetico, essendo per altro verso richiesto ai fini dell'accertamento dell'elemento soggettivo che si svolga un giudizio cosiddetto di "prognosi postuma" con criterio ex ante, in modo che le informazioni disponibili all'attualità non distorcano la percezione della realtà quale si presentava al momento della condotta.

Da tale distorsione si sono guardati i giudici di merito, i quali hanno fatto proprie le conclusioni del perito evidenziando che la Porsche condotta dall'imputato, procedendo ad alta velocità in violazione del limite vigente in quel tratto di strada, aveva effettuato una manovra di sorpasso seriale in zona priva di illuminazione, in orario notturno, in prossimità di una curva e di un'intersezione e in presenza della doppia linea continua longitudinale di mezzeria; da tali dati desumendo come ragionevole la conseguenza che la condotta di guida del Co.Ra. avesse creato turbativa alla marcia del veicolo Mazda proveniente, dietro la curva, dall'opposta direzione. 4.5. La circostanza che l'autovettura condotta dall'imputato non sia rientrata nella corsia di pertinenza non appena terminato il sorpasso seriale, effettuato in presenza di doppia linea longitudinale continua di mezzeria, è stata desunta dalle dichiarazioni testimoniali di Fa.Gi. ma anche dalla ineccepibile prova logica secondo la quale, se effettivamente la Porsche fosse rientrata nella corsia di pertinenza ben prima della curva e se, d'altro canto, come sostenuto dalla difesa, il conducente della Mazda avesse autonomamente perso il controllo del veicolo, l'impatto sarebbe intervenuto tra la Porsche e la Mazda (pag.9). Giova sottolineare come non sia affatto pacifico, contrariamente a quanto dedotto dalla difesa a sostegno dell'incongruità della prova scientifica fornita dal perito, che la manovra di sorpasso abbia avuto inizio in corrispondenza dell'intersezione con via (Omissis) (Omissis), avendo anzi la Corte precisato a pag. 11 che "la manovra è sicuramente iniziata a valle della intersezione".

Ulteriore elemento valorizzato dalla Corte territoriale sono i filmati acquisiti, dai quali è stato possibile verificare come l'imputato, prima della manovra di sorpasso, marciasse comunque al centro della strada senza tenere la destra. 5. Con il terzo motivo la difesa sviluppa una serie di argomenti mediante i quali, incentrando l'attenzione sulla condotta di guida di Br.Gi., tende a ribaltare i criteri di giudizio che sono stati seguiti dai giudici di merito al fine di ottenere la valutazione della condotta di guida della vittima quale unica causa del sinistro.

Si tratta di argomentazioni infondate alla luce del principio enunciato dall'art. 41, comma 1, cod. pen. al quale è conforme la pronuncia impugnata, avendo la Corte territoriale attribuito alla condotta dell'imputato il ruolo di concausa dell'evento. La difesa riporta alcuni esiti istruttori per dimostrare che, se Br.Gi. avesse rispettato il limite di velocità, l'evento non si sarebbe verificato, ma trascura di considerare che nel nostro ordinamento il principio accolto dal legislatore come regola del giudizio causale prevede la responsabilità penale anche di colui che abbia posto in essere una sola delle cause che hanno concorso a cagionare l'evento, per cui il ragionamento inerente al nesso di condizionamento svolto dalla Corte territoriale dimostra che, eliminando mentalmente la condotta dell'imputato, l'evento non si sarebbe verificato. Per sostenere che la condotta della vittima sia stata una causa sopravvenuta da sola sufficiente a determinare l'evento ai sensi dell'art. 41, comma 2, cod. pen., il giudice di merito avrebbe dovuto accertare, e così non è stato, l'insussistenza di una condotta colposa dell'imputato idonea a condizionare la condotta di guida della vittima.

Ciò evidenzia l'infondatezza di questo motivo di ricorso in cui, come espressamente indicato dalla difesa, si è proposta una ricostruzione alternativa dei fatti. 6. Il quarto motivo di ricorso è manifestamente infondato in quanto parte dal presupposto, privo di riscontro istruttorio, che il pannello di continuazione posto sotto il segnale di limite di velocità di 50 km/h si trovasse solamente a valle dell'intersezione e non, come chiaramente indicato nella sentenza, anche a monte di essa, in modo da segnalare a chi proveniva dal senso di marcia del Co.Ra. che il limite di 50 km/h fosse imposto anche dopo aver superato l'intersezione. 7. Conclusivamente, il ricorso deve essere rigettato; al rigetto del ricorso segue, ai sensi dell'art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.


P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Così è deciso, il 4 dicembre 2025.

Depositato in Cancelleria il 10 dicembre 2025.

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