Il giudice d'appello non può estendere i termini di prescrizione ritenendo sussistente un'aggravante non contestata (Cass. pen. n. 19399/25)
- Avvocato Del Giudice
- 27 mag
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1. Premessa
La pronuncia della Corte di cassazione n. 19399 del 2025 affronta due questioni: la corretta applicazione della disciplina sulla sospensione della prescrizione in caso di rinvio per legittimo impedimento dell'imputato e il divieto di reformatio in pejus in assenza di impugnazione del pubblico ministero.
2. Il fatto processuale
La Corte d'appello di Caltanissetta aveva confermato la condanna di quattro imputati per il delitto di lesioni personali aggravate in concorso, pronunciata dal Tribunale di primo grado.
Durante il giudizio di appello, il processo era stato rinviato per un impedimento dell'imputato Be.Gi., certificato come guaribile in quattro giorni. La Corte territoriale aveva calcolato la sospensione della prescrizione tenendo conto dell'intero periodo di rinvio, dichiarando non prescritto il reato. Inoltre, la Corte aveva ritenuto sussistente l'aggravante delle lesioni gravi ex art. 583 c.p., in assenza di contestazione formale e di gravame del PM, estendendo per tale via il termine massimo di prescrizione.
3. La decisione della Corte di cassazione
La Suprema Corte ha annullato la sentenza d'appello limitatamente agli effetti penali, dichiarando estinto il reato per prescrizione.
In primo luogo, ha richiamato il principio consolidato per cui, ai sensi dell'art. 159, comma 1, n. 3 c.p., la sospensione della prescrizione per rinvio dell'udienza a causa di legittimo impedimento dell'imputato non può eccedere i sessanta giorni dalla cessazione dell'impedimento. La Corte territoriale aveva erroneamente considerato l'intera durata del rinvio (oltre quattro mesi), eccedendo il limite legale.
In secondo luogo, la Cassazione ha ritenuto che la Corte d'appello fosse incorsa in una violazione del divieto di reformatio in pejus, avendo qualificato il fatto in termini più gravi (lesioni gravi ex art. 583 c.p.) senza contestazione dell'aggravante e senza impugnazione da parte del PM.
Richiamando le Sezioni Unite "Sorge" (Cass., SS.UU., 18 aprile 2019, n. 24906), è stato ribadito che la qualificazione aggravata del fatto non può essere introdotta dal giudice in assenza di una precisa contestazione degli elementi di fatto costitutivi della circostanza aggravante, tali da garantire all'imputato la piena difesa.
4. Gli effetti della sentenza
La Corte ha annullato senza rinvio la sentenza impugnata, limitatamente agli effetti penali, perché il reato è ormai estinto per prescrizione. Tuttavia, ha rigettato i ricorsi proposti dagli imputati agli effetti civili, confermando le statuizioni risarcitorie in favore della parte offesa.
5. Il principio di diritto
La sentenza ribadisce due principi fondamentali:
La sospensione del termine di prescrizione per rinvio dovuto a legittimo impedimento dell'imputato non può superare i sessanta giorni dalla cessazione dell'impedimento (art. 159, comma 1, n. 3 c.p.);
Il giudice d'appello, in assenza di impugnazione del PM e di specifica contestazione, non può ritenere sussistente un'aggravante a effetto speciale che comporti un aumento del termine di prescrizione, pena la violazione del divieto di reformatio in pejus.
6. Conclusioni
La Cassazione riafferma l'importanza delle garanzie difensive in tema di contestazione del fatto e tutela il principio di legalità sostanziale, evitando che la prescrizione possa essere elusa attraverso operazioni interpretative in malam partem.
La sentenza integrale
Cassazione penale sez. V, 07/05/2025, (ud. 07/05/2025, dep. 23/05/2025), n.19399
RITENUTO IN FATTO
1. Con la sentenza in data 10 ottobre 2024 la Corte di appello di Caltanisetta ha confermato la sentenza di condanna pronunciata dal Tribunale di quella stessa città nei confronti di Be.Gi., Be.Or., Le.Lo. e Ca.Mi., riconosciuti responsabili, anche agli effetti civili, del delitto di lesioni personali pluriaggravate in concorso di cui agli artt. 110,582, comma 1, 577, comma 1, n. 4 e 585, comma 1, cod. pen., commesso in danno di Gu.Fl., costituitosi parte civile.
2. Hanno proposto ricorso per cassazione, tramite i rispettivi difensori di fiducia, tutti gli imputati, mediante distinti atti d'impugnativa.
2.1. Il ricorso nell'interesse di Be.Gi. consta di tre motivi.
- Il primo motivo denuncia la violazione degli artt. 157 e 159, comma 1, n. 3 cod. pen., per avere la Corte territoriale ritenuto che il rinvio della discussione del gravame disposto all'udienza del 27 giugno 2024 per impedimento a comparire di uno degli imputati avesse determinato una sospensione del termine di prescrizione per l'intera durata del rinvio e non, invece, per soli sessanta giorni dalla cessazione dell'impedimento", di modo che la prescrizione del reato, come contestata, era maturata in data 26 agosto 2024, ossia, prima della pronuncia della sentenza di appello.
- Il secondo motivo denuncia la violazione dell'art. 597, comma 3, cod. proc. pen., per avere il giudice censurato considerato il reato ascritto al ricorrente comunque non estinto per prescrizione, dovendosi ritenere, pur in assenza di gravame del Pubblico Ministero, configurabile il delitto di lesioni gravi ai sensi dell'art. 583 cod. pen., con conseguente maggiore estensione del termine di prescrizione.
- Il terzo motivo denuncia il vizio di motivazione, per non avere la Corte territoriale dato conto degli elementi atti a giustificare la riqualificazione in pejus del fatto contestato.
2.2. Il ricorso nell'interesse di Be.Or. consta di due motivi.
- Il primo motivo denuncia la violazione degli artt. 157 e 159, comma 1, n. 3 cod. pen. negli stessi termini di come dedotto nell'interesse di Be.Gi., di modo che per la relativa enunciazione vale quanto espresso in riferimento al primo motivo nell'interesse di questi.
- Il secondo motivo denuncia il vizio di motivazione con riguardo all'affermazione di responsabilità del ricorrente, per contrasto tra il tenore della decisione impugnazione e le prove raccolte, sia dichiarative che documentali, che non avevano restituito alcun elemento utile all'identificazione degli imputati come autori dell'aggressione sferrata nei confronti di Gu.Fl.. In particolare, non era stata cristallizzata nessuna evidenza atta a dimostrare la partecipazione del ricorrente a tutte le fasi della predetta aggressione, con la conseguenza che, esclusa la possibilità di applicargli le aggravanti contestate - essendosi, egli, limitato a fare lo sgambetto alla persona offesa - gli si sarebbe dovuta riconoscere quantomeno la circostanza attenuante di cui all'art. 114 cod. pen.
2.3. Il ricorso nell'interesse di Le.Lo.consta di tre motivi del tutto sovrapponibili, nel loro contenuto, a quelli articolati nell'interesse di Be.Gi.. di modo che all'enunciazione di quelli occorre richiamarsi in funzione della loro esposizione.
2.4. Il ricorso nell'interesse di Ca.Mi. consta di due motivi.
- Il primo motivo denuncia la violazione dell'art. 192 cod. proc. pen. e il vizio di motivazione in riferimento all'affermazione di responsabilità dell'imputato, in quanto non sostenuta da adeguata valutazione delle dichiarazioni della persona offesa, la quale non solo era in stato di ubriachezza al momento dei fatti, ma ne aveva riferito soltanto dopo un lungo periodo di ospedalizzazione in stato di coma; donde, tali dichiarazioni avrebbero dovuto trovare conforto in altri elementi di prova, invece, mancanti.
- Il secondo motivo denuncia la violazione dell'art. 62-bis cod. pen. e il vizio di motivazione in riferimento al diniego in favore del ricorrente delle circostanze attenuanti generiche, delle quali, invece, sarebbe stato meritevole, se non altro perché era stato fatto bersaglio di un pugno immotivatamente sferratogli dalla parte offesa.
CONSIDERATO IN DIRITTO
La sentenza deve essere annullata ai soli effetti penali perché il reato è estinto per intervenuta prescrizione, mentre i ricorsi devono essere rigettati agli effetti civili.
1. Colgono nel segno tutti i motivi dei ricorsi articolati nell'interesse di Be.Gi. e di Le.Lo. nonché il primo motivo nell'interesse di Be.Or.
1.1. L'errore di diritto, per violazione della disposizione di cui all'art. 159, comma 1, n.3, cod. pen., che stabilisce una durata massima della sospensione della prescrizione in sessanta giorni dalla data di cessazione dell'impedimento dell'imputato, attinge il calcolo della sospensione della prescrizione durante il giudizio di secondo grado, determinata per l'intera durata del rinvio disposto all'udienza del 27 giugno 2024 in ragione dell'impedimento di Be.Gi., affetto da malattia giudicata guaribile in giorni quattro, come da certificato depositato in atti.
Vale, al riguardo, il pacifico principio di diritto secondo cui il provvedimento di rinvio del processo, disposto dal giudice su istanza della parte richiedente per il legittimo impedimento della parte o del difensore, comporta ex art. 159, comma 1, n. 3, cod. pen., la sospensione del corso della prescrizione per una durata massima di sessanta giorni, a partire dal momento in cui sia cessato l'impedimento (Sez. 7, n. 8124 del 25/01/2016, Nascio, Rv. 266469 - 01; Sez. 3, n. 41349 del 28/05/2014, Zappalorti, Rv. 260753 - 01; Sez. 3, n. 26409 del 08/05/2013, C., Rv. 255579; Sez. 4, n. 10621 del 29/01/2013, M., Rv. 256067). Principio che deve trovare applicazione anche nel caso al vaglio, di modo che, calcolata la durata della sospensione della prescrizione per rinvio del processo di appello per impedimento dell'imputato in sessanta giorni, il reato loro contestato, ossia quello di cui agli artt. 110,582,585 e 577, comma 4, cod. pen., si è estinto per lo spirare del termine massimo della prescrizione stessa - pari ad anni sette e mesi sei oltre 249 giorni complessivi di sospensione (di cui 189 in primo grado) - il 1 settembre 2024.
1.2. Fondate, però, sono anche le censure che attingono l'avvenuta sussunzione del fatto, oggetto d'imputazione, nello schema qualificatorio delle lesioni aggravate dalla circostanza ad effetto speciale di cui all'art. 583 cod. pen., evidentemente contestata in fatto, suscettibile di comportare un più lungo termine massimo di prescrizione, non ancora spirato.
Va, in proposito, richiamata la lezione interpretativa impartita dalle Sezioni Unite di questa Corte, che, nella sentenza Sorge, n. 24906 del 18/04/2019, Rv. 275436 - 01, hanno chiarito che la questione della contestazione delle circostanze aggravanti attiene al tema della contestazione del fatto e non al tema della qualificazione giuridica del medesimo (pag. 9, paragrafo 5), di modo che non è pertinente il richiamo alla giurisprudenza di legittimità che legittima la facoltà del giudice di appello, pur in difetto di gravame del pubblico ministero, di dare al fatto una diversa e più grave qualificazione giuridica, senza per questo violare il divieto di "reformatio in peius", che investe solo il trattamento sanzionatorio in senso stretto, e, dunque, la specie e la quantità della pena (Sez. 6, n. 47488 del 17/11/2022, F., Rv. 284025 - 01).
Donde, alla stregua di quell'insegnamento, che ha chiarito come la legittimità della contestazione in fatto di una circostanza aggravante vada delimitata ai casi in cui in cui "l'imputazione riporti in maniera sufficientemente chiara e precisa gli elementi di fatto che integrano la fattispecie circostanziale, permettendo all'imputato di averne piena cognizione e di espletare adeguatamente la propria difesa sugli stessi", deve riconoscersi che nella fattispecie al vaglio non si riscontra tale indispensabile precisa e puntuale indicazione degli elementi costitutivi della circostanza aggravante ritenuta, ossia quella di lesioni gravi di cui all'art. 583 cod. pen. Non solo non è stato indicato nell'imputazione il "formante normativo" atto ad indirizzare con immediatezza il destinatario della stessa verso l'oggetto dell'accusa, ma non è stato neppure esplicitata la durata della malattia per un tempo superiore a quaranta giorni, risultando in tal senso insufficiente il riferimento alla "prognosi di ingresso di trauma cranico facciale e prognosi di dimissioni di emorragia subdurale consecutiva a traumatismo senza menzione di ferita intracranica esposta e di documentazione sanitaria in atti".
Ne viene che la Corte d'Appello è effettivamente incorsa in una reformatio in pejus della sentenza di condanna pronunciata dal Tribunale nei confronti degli imputati, essendo scaturito dalla decisione l'effetto, per loro pregiudizievole, di un più lungo termine di prescrizione; e ciò, senza che sia stato consentito loro di confrontarsi efficacemente e compiutamente con l'oggetto dell'accusa e con la conseguente nuova qualificazione giuridica del fatto.
Tanto comporta l'annullamento senza rinvio della sentenza impugnata agli effetti penali, perché il reato è estinto per intervenuta prescrizione. La predetta statuizione dispiega i propri effetti anche nei confronti di Ca.Mi., a lui estendendosi le censure sul termine di prescrizione del reato formulate nell'interesse dei coimputati, trattandosi di motivi non esclusivamente personali (Sez. 3, n. 55001 del 18/07/2018, Rv. 274213).
2. Infondate sono, invece, le ragioni di doglianza, sviluppate con il secondo motivo del ricorso nell'interesse di Be.Or. e con il primo motivo del ricorso nell'interesse di Ca.Mi. che attingono il profilo dell'affermazione della loro responsabilità nella realizzazione del fatto oggetto di contestazione.
I rilievi circa l'attendibilità del riconoscimento delle loro persone, come partecipanti alla spedizione punitiva, effettuato dalla parte offesa Gu.Fl., non possono trovare spazio in questa sede, in quanto volti a impegnare il giudice di legittimità in un sindacato in fatto estraneo all'ambito dello scrutinio che gli è consentito, a fronte di una motivazione, al riguardo rassegnata nella sentenza impugnata, che risulta completa e congrua sul piano logico (cfr. pagg. 7 e 8), anche con riferimento al tema della convergenza dei contributi offerti, anche in maniera diacronica, dai singoli partecipanti alla predetta spedizione verso il risultato avuto di mira: ossia, quello di dare una lezione al Guriuc, reo di avere messo a repentaglio la sicurezza degli avventori dell'esercizio commerciale di Be.Gi.
In tal senso sono prive di decisività le censure articolate nei motivi in disamina in ordine all'entità del contributo dei singoli concorrenti, in particolare quella sviluppata nell'interesse di Be.Or. con riguardo al diniego di riconoscimento in suo favore della circostanza attenuante di cui all'art. 114 cod. pen.. Va, comunque, ribadito, in proposito, il principio di diritto secondo cui:"In tema di concorso di persone nel reato, allorché l'imputato abbia richiesto l'applicazione della circostanza attenuante prevista dall'art. 114 cod. pen., non sussiste il dovere di una motivazione esplicita in ordine alla sua mancata concessione, nel caso in cui il giudice abbia posto in evidenza la gravità del fatto in relazione alle condotte di tutti gli imputati, non operando alcuna distinzione tra il grado di efficienza causale delle condotte rispettivamente poste in essere rispetto alla produzione dell'evento" (Sez. 2, n. 48029 del 20/10/2016, Siesto, Rv. 268176 - 01).
Il rigetto delle doglianze esaminate comporta la conferma delle statuizioni civili disposte nei confronti dei ricorrenti.
3. L'annullamento della sentenza impugnata ai soli effetti penali esonera il Collegio dall'esame del secondo motivo del ricorso nell'interesse di Ca.Mi. che, avendo riguardo al diniego di concessione delle circostanze attenuanti generiche, attinge il profilo del trattamento sanzionatorio.
4. Per tutto quanto esposto la sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio ai soli effetti penali, perché il reato è estinto per prescrizione. I ricorsi devono essere, invece, rigettati agli effetti civili.
In ragione della peculiarità della materia, è d'obbligo disporre - ai sensi dell'art. 52 D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196 -, in caso di diffusione del presente provvedimento, l'oscuramento delle generalità e degli altri dati identificativi delle parti del processo.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata agli effetti penali, perché il reato è estinto per prescrizione. Rigetta il ricorso agli effetti civili.
Ai sensi dell'art. 52 D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196, in caso di diffusione del presente provvedimento, va effettuato l'oscuramento delle generalità e degli altri dati identificativi delle parti del processo.
Così deciso in Roma, il 7 maggio 2025.
Depositato in Cancelleria il 23 maggio 2025.