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Presunzione di distrazione nella bancarotta fraudolenta: l'onere probatorio è a carico dell'imprenditore (Tribunale Cassino n. 2172/23)


Bancarotta fraudolenta

1. La massima

Il mancato rinvenimento all'atto della dichiarazione di fallimento di beni o valori societari costituisce valida presunzione della loro dolosa distrazione: il che sposta sull'imprenditore fallito l'onere di provare che il bene di cui sia stata previamente accertata la disponibilità e che non sia stato rinvenuto alla data del fallimento sia stato utilizzato nell'interesse della società ovvero incolpevolmente perduto. Circostanza, questa, che non ha trovato riscontro alcuno non potendo, quindi, escludere la sussistenza del dolo specifico.

consulenza legale penale

2. La sentenza integrale

Tribunale Cassino, 21/11/2023, (ud. 10/11/2023, dep. 21/11/2023), n.2172

Svolgimento del processo

1. Con decreto del 20.04.2022, Tr.Fr. è stato rinviato a giudizio per rispondere del reato descritto nell'imputazione.

All'udienza del 27.09.2022, dichiarata l'assenza dell'imputato, è stato disposto rinvio della trattazione per rinnovare la notifica del decreto introduttivo alla curatela del fallimento. Dopo l'udienza di rinvio del 29.11.2022 per riassegnazione del presente procedimento al Collegio "C", all'udienza del 10.02.2023 è stato dichiarato aperto il dibattimento e sono state ammesse le prove richieste dalle parti; è stato escusso il teste del pubblico ministero, Dott. (…), curatore fallimentare.

Dopo l'udienza di rinvio del 14.04.2023 per assenza di tutti i testi del pubblico ministero, all'udienza del 12,05.2023, si è proceduto all'esame del teste del Pubblico ministero, Maresciallo To.Wa. in servizio presso la Guardia di Finanza di Cassino. All'udienza del 30.06.2023 sono stati sentiti i testi del pubblico ministero, En.Ca. e Maresciallo Gi.Cr.

Dopo l'udienza di rinvio del 29.09,2023, all'udienza del 10.11.2023 è stata dichiarata chiusa l'istruttoria dibattimentale e le parti hanno concluso nei termini sopra riportati. Il Collegio, dopo essersi ritirato in camera di consiglio, ha deciso come da dispositivo letto in udienza, indicando in quaranta giorni il termine per il deposito della motivazione.


Motivi della decisione

Il Tribunale ritiene che l'istruttoria dibattimentale abbia pienamente dimostrato la sussistenza del fatto ascritto all'odierno imputato nonché la sua penale responsabilità in ordine allo stesso. Giova precisare che la piattaforma probatoria portata al vaglio di questo Collegio è costituita dalle dichiarazioni rese dal curatore fallimentare, Dott. (…), nonché dalle dichiarazioni rese dal Maresciallo Wa.To. e dal Maresciallo Gi.Cr., entrambi in servizio presso la Guardia di Finanza di Cassino, e dal Ragioniere En.Ca.; dalle prove documentali in atti, rappresentate dalla sentenza dichiarativa di fallimento della (…) emessa dal Tribunale di Cassino in data 4 agosto 2018, dalla relazione ex art. 33 L.F. e dal processo verbale di contestazione redatto dalla Guardia di Finanza del Gruppo Operativo di Cassino del 13.07.2018.

Trattasi di elementi utilizzabili in questa sede in quanto prova documentale, secondo quanto indicato dalla giurisprudenza maggioritaria (Cass. Sez. 5, sent. n, 39001 del 09 06 2004 Ud., dep. 05/10/2004, Rv. 229330; Cass. Sez. 5, sent. n. 46422 del 25/09/2013 Ud., dep. 21/11/2013, Rv. 257584), peraltro, ove necessario, acquisita con il consenso delle parti anche nel contenuto dichiarativo.

Sulla base delle fonti di prova legittimamente utilizzabili, la vicenda per cui vi + processo può essere ricostruita nei termini che seguono.

2. Il procedimento trae origine dalla relazione compilata ai sensi dell'art. 33 L.F. dal Dott. (…), nominato curatore nella procedura fallimentare che ha investito la "ditta individuale (…)" dichiarata fallita, con sentenza di questo Tribunale num. 17/2018, su istanza della società creditrice, (…) s.r.l., procedura conclusa con la liquidazione di soli due autoveicoli che ha coperto solo percentualmente i costi del campione fallimentare, senza che siano state reperite risorse da distribuire tra i creditori.

La ricostruzione accusatoria fonda, in primo luogo, proprio sulle dichiarazioni rese dal curatore in sede dibattimentale, Dott. (…), pienamente attendibili in ragione del carattere chiaro e preciso del narrato, privo di contraddizioni e confortato dalla congerie documentale, nonché della provenienza dello stesso da un pubblico ufficiale nell'esercizio delle sue funzioni, veste, questa, che lascia fondatamente ritenere assente ogni interesse privato nella vicenda.

2.1. In sede dibattimentale, il curatore ha riferito che la (…), esercente l'attività di "fabbricazione di strutture e parti metalliche assemblate", è stata costituita in data 06.02.2014, come risulta dalla visura camerale storica, e che unico elemento soggettivo della stessa era l'odierno imputato. Ha riferito, altresì, in ordine alle difficoltà riscontrate per la ricostruzione del capitale sociale, delle vicende gestionali ed economiche della Ditta e del mercato di riferimento della stessa, in quanto non sono stati rinvenuti libri e scritture contabili. Al fine di poter procedere all'audizione del Tr. e ricevere la documentazione amministrativo-contabile della Ditta fallita, il curatore invitò lo stesso a rendere interrogatorio. Dopo le prime difficoltà di reperibilità dell'odierno imputato, riuscì a interloquire con lo stesso in data 5 novembre 2018.

In quella occasione, l'odierno imputato si rese disponibile a rendere interrogatorio dal quale è emerso che la società era scarsamente patrimonializzata e gli unici cespiti acquisiti dalla procedura fallimentare erano due autovetture, intestate all'odierno imputato. Peraltro, il curatore in sede di esame ha riferito che l'imputato non ha fornito i bilanci, i libri e le scritture contabili della società, giustificando tale omissione con la impossibilità di reperibilità delle stesse in quanto detenute dal dottore commercialista (…), deceduto senza lasciare eredi. Il curatore ha, altresì, riferito che l'odierno imputato non ha depositato la lista dei creditori prescritta nell'ambito della sentenza dichiarativa del fallimento; pertanto, ha provveduto a ricostruire la situazione contabile ed economica del dissesto al momento in cui ha ricevuto la nomina solo in via induttiva, anche in virtù degli accertamenti effettuati dalla Guardia di Finanza in sede prefallimentare, quantificando un debito complessivo pari a circa duecentomila euro.

Più nello specifico e a conferma di quanto dichiarato in occasione della sua deposizione dal curatore fallimentare, dalla relazione ex art. 33, comma 1 L. Fall., acquisita in atti, si evince che la (…), alla data del fallimento, non aveva dipendenti assunti, non è stato possibile ricostruire le vicende gestionali ed economiche della stessa in assenza di deposito delle scritture contabili, né è stato possibile esprimere un giudizio sulla situazione economico-patrimoniale della ditta fallita stante l'assenza di elementi contabili. La Ditta non aveva in patrimonio beni immobili, mentre risultavano intestati al titolare della stessa, Tr.Fr., tre beni mobili registrati (autoveicoli). Peraltro, in occasione dell'accesso ricognitivo effettuato dal curatore, in data 17.09.2018, presso la sede legale della Ditta fallita non è stato rinvenuto alcunché, in quanto la sede legale coincideva con una civile abitazione. Tale circostanza ha determinato l'impossibilità di procedere alle operazioni d'inventario con conseguente pregiudizio dell'attività liquidatoria preordinata alla soddisfazione dei diritti del ceto creditorio. Nell'Allegato separato annesso alla Relazione ex art. 33, co. 1 L. Fall., in atti, il curatore, per consentire una valutazione in ordine alla diligenza spiegata dal fallito nell'esercizio dell'impresa, sulla responsabilità dello stesso anche ai fini delle indagini preliminari volte ad accertare la sua responsabilità, ha dichiarato, anche in detta sede, che il fallito non ha mai ottemperato all'invito rivolto dal Tribunale a depositare presso la Cancelleria fallimentare bilanci, libri e scritture contabili; non ha mai depositato la lista dei creditori prescritta nell'ambito della sentenza dichiarativa di fallimento; ha disertato l'interrogatorio con il curatore fissato per il giorno 17.09.2018; non è intervenuto in occasione dell'accesso ricognitivo, avvenuto lo stesso giorno, presso la sede legale della Ditta fallita; lo stesso ha reiterato i medesimi comportamenti anche a seguito di un secondo tentativo di interloquire con lui, con missiva inviata con raccomandata in data 25.09.2018, con la quale si rendeva edotto della potenziale rilevanza penale delle omissioni perpetrate; infine, inizialmente si è sottratto all'invito volto alla riconsegna delle chiavi e del libretto di circolazione delle tre autovetture ad egli intestate.

Successivamente, come accennato, in data 5 novembre 2018, il curatore fallimentare riuscì ad interloquire con l'odierno imputato, il quale si rese disponibile a rendere l'interrogatorio. In quella occasione, dichiarò, tra l'altro, di essere il legale rappresentante della (…) e di ricoprire questa carica sin dalla costituzione della stessa avvenuta nel 2014. Riferì che il periodo di effettivo svolgimento dell'oggetto sociale è collocabile nell'anno 2015, mentre la crisi societaria si verificò approssimativamente a partire dalla fine dell'anno 2015 a causa della realizzazione di lavori che non hanno garantito la realizzazione di utili rapportati all'attività lavorativa effettivamente realizzata. Trattasi di lavori commissionati, in parte, da società private di piccole dimensioni ed, in altra parte, da società con le quali collaborò in regime di subappalto.

Il Tr. ricondusse genericamente le cause del dissesto alla sua inesperienza nell'ambito dell'attività imprenditoriale da egli svolta; dichiarò, inoltre, che non sussistono pendenze riferite a crediti di lavoro e/o fornitori, né crediti da recuperare.

In ordine al patrimonio della Ditta Individuale, dichiarò che la stessa non risultava essere intestataria di beni immobili; invece, in ordine ai beni mobili registrati di cui l'odierno imputato risultava essere intestatario, riferì che trattasi nello specifico di tre automobili delle quali una, la (…), fu oggetto di compravendita nell'anno 2015/2016, riservandosi di produrre il contratto di vendita, mentre un'altra, la (…), fu concessa in prestito a terzi, riservandosi di fornire notizie in merito a tale autovettura nel termine di quindici giorni. Lo stesso escluse la presenza di beni mobili, quali strumentazioni necessarie per lo svolgimento della sua attività imprenditoriale, in quanto trattasi di un'attività puramente manuale consistente esclusivamente nella fornitura di manodopera ai committenti ed i beni strumentali dei quali si serviva per espletare la sua attività lavorativa erano forniti in comodato d'uso dal cliente principale.

In ordine alla documentazione contabile giustificò la indisponibilità delle scritture contabili, libri e bilanci in quanto detenuti dal Dott. (…), suo commercialista purtroppo deceduto senza lasciare eredi. Lo stesso riferì, anche, di non aver potuto ritirare la documentazione in quanto la stessa fu sottoposta a sequestro da parte della Guardia di Finanza, circostanza, questa, non corrispondente al vero in quanto esplicitamente esclusa in occasione della sua deposizione dal Luogotenente Gi.Cr. che, nel 2018, aveva effettuato la verifica fiscale sulla ditta poi dichiarata fallita.

In ordine all'esposizione debitoria, escluse la presenza di posizioni debitorie ulteriori, oltre a quella oggetto della successiva istanza di fallimento ad opera della (…) s.r.l., infine, escluse di aver percepito compensi per l'attività espletata nell'ambito della sua Ditta Individuale ed escluse, altresì, la presenza di crediti da recuperare nell'ambito dell'attività stessa. Successivamente alla data dell'interrogatorio, l'odierno imputato fece pervenire al curatore fallimentare solo i libretti di circolazione e le relative chiavi di due delle tre autovetture di cui risultava essere intestatario, in particolare del veicolo (…), e del veicolo (…).

Il curatore ha dato atto che, in data 12.12.2018, è stato reso esecutivo lo stato passivo delle domande tempestive per un ammontare totale di circa Euro 160.000,00 tra crediti ammessi in via privilegiata e crediti ammessi in via chirografaria precisando, in occasione della sua deposizione, che tale somma è aumentata in seguito ad insinuazioni al fallimento ammesse successivamente, fino a giungere ad un totale di stato passivo pari a circa Euro 200.000,00.

2.2. Dall'escussione del teste Er.Ca. non si sono tratti elementi utili ai fini della ricostruzione del caso per il quale si procede, in quanto lo stesso ha riferito di non conoscere le vicende gestionali ed economiche della Ditta fallita, in quanto non si è mai occupato della tenuta dei documenti contabili, essendosi limitato ad accompagnare il Tr. presso un legale per chiedere una consulenza in relazione ai fatti per i quali si procede.

Elementi utili, invece, sono tratti dalle deposizioni testimoniali degli agenti della Guardia di Finanza che hanno effettuato gli accertamenti prima e dopo la procedura fallimentare.

2.3. In particolare, sentito in dibattimento il Maresciallo Wa.To., lo stesso ha riferito che nel 2020 l'Autorità Giudiziaria ha delegato la Guardia di Finanza di effettuare degli approfondimenti di rito per il fallimento della (…); pertanto, hanno provveduto immediatamente alla convocazione del curatore fallimentare, Dott. Da.Ro., il quale ha loro riferito dell'impossibilità di poter definire il fallimento della Ditta, in quanto non era stato possibile reperire la documentazione contabile.

Il teste escusso ha dichiarato che, pur tentando di ricostruire l'attività d'impresa della Ditta stessa, non è stato possibile in quanto sembrerebbe che la documentazione contabile fosse nella disponibilità del commercialista, Dott. (…), deceduto senza lasciare eredi. Pertanto, durante l'attività di accertamento, il teste ha riferito non solo di non aver potuto in alcun modo acquisire la documentazione contabile, ma di non essere riusciti a interloquire con il titolare della Ditta perché si è reso completamente irreperibile. Gli unici dati a disposizione della Guardia di Finanza ai fini dell'espletamento dell'incarico delegato dall'Autorità Giudiziaria sono rappresentati dagli accertamenti tributari effettuati in fase prefallimentare nel luglio del 2018.

2.4. Pertanto, ai sensi dell'art. 507 c.p.p., si è provveduto ad escutere il Luogotenente Gi.Cr. che si è occupato, in una fase antecedente al fallimento, della verifica fiscale sulla (…).

In particolare, il teste ha riferito che la verifica fiscale ha permesso di rilevare che la società, negli anni oggetto del controllo, ha posto in essere operazioni imponibili di notevole spessore, comportando anche delle violazioni penati ai sensi della L. 74/2000.

Il teste ha riferito che, in occasione della verifica fiscale, l'odierno imputato ha esibito tutte le fatture relative all'anno 2014, non ha esibito alcuna fattura relativa all'anno 2015 ed ha esibito solo sporadiche fatture relative all'anno 2016, In seguito all'effettuazione dei controlli di coerenza esterna ad opera della Guardia di Finanza procedente è emerso che l'anno 2015 è stato l'anno fiscale più proficuo in quanto la (…) ha emesso fatture in favore di alcune società, tra le quali la (…) e la (…), per un importo totale di euro 439.000,00. Il teste escusso chiarisce che queste fatture non sono state esibite dal Tr. in occasione della verifica fiscale.

Peraltro, il teste ha riferito che l'odierno imputato ha loro esibito un impianto contabile molto disordinato e frastagliato, non ha infatti esibito dei documenti che avrebbe dovuto obbligatoriamente detenere, trattasi, in particolare, del registri delle fatture, i registri dei beni ammortizzabili, i registri IVA di acquisti e vendita e i conti di mastro. Dalla deposizione si evince, inoltre, che la ditta, per via dell'ingente entità del volume di affari, avrebbe dovuto avere una contabilità ordinaria nonostante l'impresa avesse prescelto il regime di contabilità semplificata, come si evince dalla dichiarazione dei redditi del 2015 nella quale il reddito d'impresa per lo stesso anno ammonta a soli euro 9.023,00.

Tali circostanze sono confermate dal Processo verbale di constatazione redatto dalla Guardia di Finanza in data 13 luglio 2018 ed acquisito in atti, dal quale si evince, peraltro, che in occasione della verifica fiscale, il Tr. esibiva loro la documentazione amministrativa contabile per il tramite del ragioniere En.Ca., in qualità di tenutario delle scritture contabili. In quella occasione il Tr. dichiarava che, dopo il decesso del commercialista Dott. (…), tenutario delle scritture contabili della sua Ditta, nel momento della verifica fiscale la stessa veniva seguita dal Ragioniere (…).

3. L'imputato non è comparso per rendere dichiarazioni o sottoporsi ad esame, né la difesa ha richiesto l'acquisizione di ulteriori prove testimoniali o documentali.

4. Sulla base di tali risultanze istruttorie, deve affermarsi la responsabilità penale di Tr.Fr. per il reato contestatogli, correttamente qualificato ai sensi dell'art. 216, comma 1, n. 2 L.F. e da ritenersi provato nella forma della c.d. bancarotta fraudolenta documentale specifica.

Dall'esame della relazione fallimentare ex art. 33 L. fall., nonché dal processo verbale di constatazione redatto dalla Guardia di Finanza di Cassino acquisiti con il consenso delle parti, è emerso che la ditta fallita era una ditta individuale onerata ad obblighi di tenuta delle scritture contabili (registri IVA, registri acquisti, registri corrispettivi e beni ammortizzabili, scritture ausiliarie, libro inventario e libro unico). Tuttavia, il curatore riferiva che né in sede di inventario né successivamente aveva rinvenuto alcuna scritturazione contabile.

L'istruttoria dibattimentale ha, in primo luogo, dimostrato la sussistenza delle scritture contabili della ditta fallita.

Infatti, nella relazione fallimentare, nonché nella sua deposizione, il curatore riferiva che, la (…) aveva nominato un tenutario delle scritture contabili, trattasi del Dott. (…) che si è occupato del cassetto fiscale della società dalla data della sua costituzione, il quale, però, è deceduto senza lasciare eredi.

A conferma della sussistenza delle scritture contabili della Ditta poi fallita, in occasione della verifica fiscale lo stesso Tr. riferiva agli agenti della Guardia di Finanza che, dopo il decesso del commercialista Dott. (…), la stessa veniva seguita dal Ragioniere (…). Il dato, secondo il quale la Ditta deteneva, per il tramite di un soggetto espressamente a ciò autorizzato, scritture contabili, in uno con la completa insussistenza di elementi contrari, induce fondatamente a ritenere che la Ditta aveva posseduto, nel corso della sua vita societaria, delle scritture.

4.1. Orbene, ciò premesso in ordine all'esistenza e alla consistenza delle scritture contabili della (…), l'istruttoria dibattimentale ha dimostrato, oltre ogni ragionevole dubbio, la condotta di soppressione o occultamento, da parte del Tr., delle scritture contabili della fallita, realizzando pertanto il reato di bancarotta documentale fraudolenta sub specie delle relative condotte.

Ed infatti, il ruolo di amministratore unico della Ditta al momento del fallimento - in uno con gli ulteriori elementi emersi nell'istruttoria dibattimentale - la mancanza di alcuna iniziativa per denunciare lo smarrimento, il furto o la distruzione delle scritture contabili da parte dell'amministratore, la completa insussistenza delle ulteriori documentazioni tipiche di un'attività imprenditoriale lecita, consentono di ritenere provato, oltre ogni ragionevole dubbio, la distruzione o l'occultamento delle scritture stesse da parte dell'odierno imputato. La circostanza riferita dal Tr., in sede di interrogatorio espletato dal curatore fallimentare, secondo la quale tutta la documentazione inerente alla sua Ditta era stata sottoposta a sequestro dalla Guardia di Finanza, in fase prefallimentare, non ha trovato riscontro in quanto in alcun modo la Guardia di finanza è riuscita a reperire tale documentazione.

L'istruttoria dibattimentale, peraltro, ha pienamente dimostrato il ruolo concreto e operativo del Tr., ben lungi dal costituire mero prestanome della società fallita non essendo, il suo, un ruolo esclusivamente formale.

Ed infatti, come dimostrato dalla relazione fallimentare, oltre il Tr. non vi erano elementi ulteriori nella compagine societaria che, quindi, faceva capo solamente al Tr. stesso, sin dall'inizio della sua costituzione.

Tali elementi consentono di ritenere non esclusivamente formale il suo ruolo di amministratore della società fallita.

D'altronde, ad abundantiam, il Collegio non ignora il consolidato orientamento di legittimità secondo cui anche il mero prestanome risponde del delitto di bancarotta documentale ("In tema di reati fallimentari, l'amministratore di diritto risponde del reato di bancarotta fraudolenta documentale per sottrazione o per omessa tenuta, in frode ai creditori, delle scritture contabili anche se sia investito solo formalmente dell'amministrazione della società fallita (cosiddetta testa di legno), in quanto sussiste il diretto e personale obbligo dell'amministratore di diritto di tenere e conservare le predette scritture, purché sia fornita la dimostrazione della effettiva e concreta consapevolezza del loro stato, tale da impedire la ricostruzione del movimento degli affari)". (Sez. 5, Sentenza n. 43977 del 14/07/2017 Ud. (dep. 22/09/2017) Rv. 271754 - 01). Dall'istruttoria dibattimentale non sono emerse possibili ricostruzioni alternative della vicenda, in ogni caso non fornite dall'imputato che non si è presentato per rendere l'esame. L'attività di soppressione o di occultamento ha indubbiamente ostacolato l'attività di ricostruzione del patrimonio della Ditta fallita, come riferito dal curatore fallimentare, che nulla rinveniva né riusciva a ricostruire nell'ambito della sua attività di curatela. Ed infatti, come riconosciuto dalla giurisprudenza di legittimità, "nel delitto di bancarotta fraudolenta documentale l'interesse tutelato non è circoscritto ad una mera informazione sulle vicende patrimoniali e contabili della impresa, ma concerne una loro conoscenza documentata e giuridicamente utile, sicchè il delitto sussiste, non solo quando la ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari del fallito si renda impossibile per il modo in cui le scritture contabili sono state tenute, ma anche quando gli accertamenti, da parte degli organi fallimentari, siano stati ostacolati da difficoltà superabili solo con particolare diligenza" (Sez. 5, n. 1925 del 26/09/2018 - dep. 16/01/2019, Rv. 27445501).

4.2. Quanto all'elemento soggettivo, la fattispecie di bancarotta fraudolenta documentale ex art. 216, comma 1, n. 2, L.F., si compone di due sotto-fattispecie autonome: la prima relativa alla condotta di soppressione o occultamento delle scritture contabili, per la quale è previsto, sotto il profilo soggettivo, il dolo specifico di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto o di recare pregiudizio ai creditori; la seconda realizzata dalla condotta di tenuta irregolare delle scritture contabili in modo da ostacolare la ricostruzione del patrimonio o il movimento di affari, caratterizzata dal coefficiente psicologico del dolo generico.

In questi termini si esprime la costante giurisprudenza di legittimità che afferma che "in tema di bancarotta fraudolenta documentale, l'occultamento delle scritture contabili, per la cui sussistenza è necessario il dolo specifico di recare pregiudizio ai creditori, consistendo nella fisica sottrazione delle stesse alla disponibilità degli organi fallimentari, anche sotto forma della loro omessa tenuta, costituisce una fattispecie autonoma ed alternativa - in seno all'art. 216, comma primo, n. 2), legge fall. - rispetto alla fraudolenta tenuta di tali scritture che, invece, integra un'ipotesi di reato a dolo generico e presuppone un accertamento condotto su libri contabili effettivamente rinvenuti ed esaminati dai predetti organi" (cfr. ex multis Cass. n. 3314/2020; Cass. n, 26379/2019; Cass. n. 18634/2017).

Nella formulazione del capo di imputazione sembra realizzarsi una sovrapposizione delle due sotto-fattispecie di cui si compone l'ipotesi di bancarotta fraudolenta documentale. Se da una parte, infatti, si contesta la soppressione o occultamento delle scritture contabili, realizzata con lo scopo di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto o di recare pregiudizio ai creditori, dall'altra si contesta all'imputato che la condotta sarebbe stata realizzata in guisa "da non consentire la ricostruzione del patrimonio ed il movimento degli affari della società", che costituisce elemento costitutivo dell'ipotesi di irregolare tenuta delle scritture contabili e non di quella di soppressione o occultamento delle stesse.

Da tale sovrapposizione discende che il tema processuale sollevato dal capo di imputazione è quello della contestazione di entrambe le sotto-fattispecie di cui si compone l'ipotesi di bancarotta fraudolenta documentale.

La giurisprudenza più recente ha chiarito che le due fattispecie ben possono essere contestate alternativamente, senza che da ciò derivi alcun vizio di indeterminatezza dell'imputazione o una lesione del diritto di difesa (in tal senso, v. Cass. pen., Sez. 5, sentenza n. 8902 del 19/01/2021 Ud., dep. 04/03/2021, Rv. 280572 - 01). A ben vedere, la duplice contestazione ha, di fatto, consentito l'esplicazione del contraddittorio nella massima latitudine entro i possibili esiti alternativi.

Ciò posto, a fronte di una contestazione cumulativa, non vi sono dubbi che la condotta dell'imputato realizzi, sotto il profilo materiale, per le ragioni sopra meglio specificate, la fattispecie di soppressione o occultamento delle scritture contabili.

L'impossibilità per il curatore del fallimento di ricostruire la situazione patrimoniale della società dichiarata fallita, a causa del mancato deposito e del mancato rinvenimento delle scritture contabili obbligatorie, valutata in uno all'insussistenza delle ulteriori documentazioni tipicamente connesse all'attività di impresa (omissione dei bilanci, delle dichiarazioni e delle comunicazioni fiscali), assume valore pregnante per dimostrare l'esistenza del dolo specifico, ovvero per affermare che la contestata sottrazione documentale ebbe lo scopo di procurare all'imputato un ingiusto profitto e di recare pregiudizio ai creditori della società (v. Cass. Sez. 3, Sentenza n. 46972 dei 03/11/2004 Ud., dep. 03/12/2004, Rv, 230482). Si aggiunga, quale elemento indiziario ulteriore, che anche uno dei beni mobili registrati rientranti nel patrimonio complessivo del fallito risulta essere stato occultato.

Peraltro, l'elemento psicologico del reato appare agevolmente desumibile dall'entità del volume di affari ricavato negli anni in cui è stato possibile accertare la presenza di documentazione contabile, seppur parziale.

Come, infatti, accennato, il mancato reperimento della sede operativa della società ed il mancato rinvenimento di beni utilmente pignorabili dal curatore, dimostrano pacificamente la strumentalità della soppressione della documentazione contabile al fine ulteriore di impedire la ricostruzione dell'attivo e del passivo della società fallita.

Il mancato rinvenimento all'atto della dichiarazione di fallimento di beni o valori societari costituisce valida presunzione della loro dolosa distrazione (in tal senso, Cassazione, Sezione V, 17 giugno 2010, n. 35882): il che sposta sull'imprenditore fallito l'onere di provare che il bene di cui sia stata previamente accertata la disponibilità e che non sia stato rinvenuto alla data del fallimento sia stato utilizzato nell'interesse della società ovvero incolpevolmente perduto, (così, anche, da ultimo, Cassazione, Sezione 30 ottobre 2014, n. 52219). Circostanza, questa, che non ha trovato riscontro alcuno non potendo, quindi, escludere la sussistenza del dolo specifico.

Tale particolare conformazione dell'elemento soggettivo dell'imputato consente di ritenere corretta la qualificazione giuridica fornita dall'ufficio di Procura.

Ed infatti, come riconosciuto dalla Suprema Corte "la bancarotta semplice e quella fraudolenta documentale si distinguono in relazione al diverso atteggiarsi dell'elemento soggettivo, che, ai fini dell'integrazione della bancarotta semplice ex art. 217, comma secondo, legge fall., può essere indifferentemente costituito dal dolo o dalla colpa, ravvisabili quando l'agente ometta, con coscienza e volontà o per semplice negligenza, di tenere le scritture contabili, mentre per la bancarotta fraudolenta documentale, ex art. 216, comma primo, n. 2), legge fall., l'elemento psicologico deve essere individuato esclusivamente nel dolo generico, costituito dalla coscienza e volontà dell'irregolare tenuta delle scritture, con la consapevolezza che ciò renda impossibile la ricostruzione delle vicende del patrimonio dell'imprenditore". (Sez. 5, Sentenza n. 2900 del 02/10/2018 Ud. (dep. 22/01/2019) Rv. 274630-01).

5. Ciò premesso in ordine alla sussistenza del fatto ed alla ascrivibilità dello stesso all'imputato, quanto alla commisurazione della pena ricorrono fondati motivi per il riconoscimento in favore del Tr. delle circostanze attenuanti generiche. In particolare, le conseguenze del proprio agire non hanno condotto effetti negativi di elevata gravità e lo stesso ha precedenti risalenti e non specifici.

6. Alla luce di tutti i criteri individuati dall'art. 133 c.p., tenuto conto della gravità del fatto, desunta dalle modalità della condotta, del concreto ruolo svolto dal Tr., nonché della capacità a delinquere dell'imputato, gravato da precedenti, il Collegio ritiene pena finale equa quella pari ad anni due di reclusione (pena base anni tre di reclusione ridotta nella misura indicata per l'applicazione delle circostanze attenuanti generiche).

6.1. Segue per legge la condanna al pagamento delle spese processuali nei confronti dell'imputato.

6.2. Ai sensi dell'art. 216 co. 4 1. fall., come modificato dalla sentenza n. 222 del 5 dicembre 2018 della Corte costituzionale, segue alla condanna l'inabilitazione all'esercizio di un'impresa commerciale e l'incapacità ad esercitare uffici direttivi presso qualsiasi impresa per una durata che, ai sensi degli indici ex art, 133 c.p., deve commisurarsi in anni due. 11 carico di ruolo gravante sul giudice estensore e la complessità della motivazione impongono la fissazione di un termine di quaranta giorni per il deposito dei motivi.


P.Q.M.

Letti gli artt. 533 - 535 c.p.p., dichiara TR.Fr. colpevole del reato ad egli ascritto e per l'effetto, concesse le circostanze attenuanti generiche, lo condanna alla pena di anni due di reclusione, oltre al pagamento delle spese processuali.

Letto l'art. 216 co. 4 1. fall., dichiara TR.Fr. inabilitato all'esercizio di un'impresa commerciale e incapace di esercitare uffici direttivi presso qualsiasi impresa per la durata di anni due.

Motivazione riservata nel termine di giorni quaranta.

Così deciso in Cassino il 10 novembre 2023.

Depositata in Cancelleria il 21 novembre 2023.

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