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Resistenza a pubblico ufficiale: la non applicabilità del 131 bis cp è costituzionalmente legittima

È manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 131 bis, secondo comma, secondo periodo, del codice penale, sollevata, in riferimento all’art. 3, primo comma, della Costituzione, nella parte in cui, agli effetti dell’applicazione della causa di non punibilità della particolare tenuità del fatto, stabilisce che l’offesa non può essere ritenuta di particolare tenuità nei casi di cui all’art. 337 cod. pen., quando il reato è commesso nei confronti di un ufficiale o agente di pubblica sicurezza o di polizia giudiziaria nell’esercizio delle proprie funzioni.

Resistenza a pubblico ufficiale: la non applicabilità del 131 bis cp è costituzionalmente legittima

La Corte costituzionale si è pronunciata sulla costituzionalità dell'articolo 131-bis del codice penale italiano, in seguito alle modifiche apportate dall'articolo 16, comma 1, lettera b), del decreto legge 14 giugno 2019, n. 53, convertito nella legge 8 agosto 2019, n. 77.

La norma in questione prevede che l'offesa non possa essere considerata di particolare tenuità nei casi di reati commessi contro un pubblico ufficiale nell'esercizio delle proprie funzioni.


Il tribunale di Torino ha sollevato questione di legittimità costituzionale, sostenendo che l'articolo 131-bis del codice penale viola gli articoli 3, 27, comma 3 della Costituzione italiana e l'articolo 117, comma 1, in relazione all'articolo 49, paragrafo 3, del Trattato sul Funzionamento dell'Unione Europea (TFUE).

Secondo il tribunale, l'esclusione prevista per i reati di cui all'articolo 337 del codice penale sarebbe in contrasto con i principi di uguaglianza, ragionevolezza e proporzionalità, poiché è collegata solo al tipo di reato e non a specifiche caratteristiche dell'azione criminosa o alla gravità delle conseguenze.

Inoltre, il tribunale ha sostenuto che l'articolo 131-bis potrebbe portare a condanne anche in situazioni in cui non vi è necessità di una pena.


Analogamente, il tribunale di Torre Annunziata ha sollevato questioni sulla costituzionalità dell'articolo 16, comma 1, lettera b), del decreto legge n. 53 del 2019, nella parte in cui modifica l'articolo 131-bis, comma 2, del codice penale.

Ha invocato gli articoli 1, 25, comma 2, 27, comma 1 e 3 della Costituzione italiana, sostenendo che la norma viola i principi di ragionevolezza, proporzionalità e finalità rieducativa della pena, nonché l'articolo 77 della Costituzione per la sua eterogeneità rispetto al decreto legge in cui è inserita.


La Corte costituzionale ha dichiarato inammissibile la questione sollevata dal tribunale di Torino riguardo al contrasto tra l'articolo 131-bis, comma 2, del codice penale e l'articolo 117 della Costituzione, in relazione all'articolo 49, paragrafo 3, del TFUE.

La Corte ha spiegato che il TFUE può essere invocato solo quando la fattispecie disciplinata dalla legislazione interna sia regolamentata dal diritto europeo, requisito non presente in questo caso.

Le altre questioni sollevate dai tribunali sono state considerate infondate dalla Corte costituzionale.

Riguardo alla violazione dell'articolo 77 della Costituzione, la Corte ha evidenziato che tale violazione si verifica solo quando la disposizione aggiunta durante la conversione del decreto-legge è totalmente estranea o interrompe ogni nesso di correlazione tra il decreto-legge e la legge di conversione.

Nel caso in questione, trattandosi di un decreto-legge contenente disposizioni eterogenee, la Corte ha valutato l'omogeneità della disposizione aggiunta in base alla sua finalità di garantire una maggiore tutela della sicurezza pubblica.

La Corte ha respinto anche le censure relative ai principi di ragionevolezza, proporzionalità e finalità rieducativa della pena.

Ha sottolineato che le scelte legislative riguardo all'applicazione della causa di non punibilità dell'articolo 131-bis sono sindacabili solo per manifesta irragionevolezza e ha escluso che la norma sia censurabile sotto questo aspetto.

La Corte ha affermato che l'esclusione dell'applicazione della causa di non punibilità per il reato di cui all'articolo 337 corrisponde a una scelta discrezionale volta a proteggere un bene giuridico complesso, inclusa la sicurezza e la libertà delle persone che svolgono funzioni pubbliche.

Infine, la Corte ha ritenuto non pertinente il riferimento alle presunzioni assolute sollevato dal Tribunale di Torre Annunziata, poiché il legislatore non ha utilizzato una presunzione, ma ha identificato, nell'esercizio della discrezionalità in materia di politica criminale, un bene giuridico meritevole di una protezione rafforzata.

Pertanto, la Corte costituzionale ha dichiarato che tutte le questioni sollevate sono infondate, ad eccezione di quella riguardante l'articolo 117, comma 1, della Costituzione in relazione all'articolo 49, paragrafo 3, del TFUE, che è stata dichiarata inammissibile.


Testo della sentenza


Corte Costituzionale, 31/03/2022, n.82


REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE


composta dai signori: Presidente: Giuliano AMATO; Giudici : Silvana SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolò ZANON, Franco MODUGNO, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI, Stefano PETITTI, Angelo BUSCEMA, Emanuela NAVARRETTA, Maria Rosaria SAN GIORGIO, Filippo PATRONI GRIFFI,



ha pronunciato la seguente


ORDINANZA


nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 131-bis, secondo comma, secondo periodo, del codice penale, promosso dal Tribunale ordinario di Lecco, in composizione monocratica, nel procedimento penale a carico di L. B., con ordinanza del 12 febbraio 2021, iscritta al n. 72 del registro ordinanze 2021 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 22, prima serie speciale, dell’anno 2021.


Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;


udito nella camera di consiglio del 9 marzo 2022 il Giudice relatore Stefano Petitti;


deliberato nella camera di consiglio del 9 marzo 2022.



Ritenuto che, con ordinanza del 12 febbraio 2021, iscritta al n. 72 del registro ordinanze 2021, il Tribunale ordinario di Lecco, in composizione monocratica, ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 131-bis, secondo comma, secondo periodo, del codice penale, in riferimento all’art. 3, primo comma, della Costituzione, nella parte in cui, agli effetti dell’applicazione della causa di non punibilità della particolare tenuità del fatto, stabilisce che l’offesa non può essere ritenuta di particolare tenuità nei casi di cui all’art. 337 cod. pen., quando il reato è commesso nei confronti di un ufficiale o agente di pubblica sicurezza o di polizia giudiziaria nell’esercizio delle proprie funzioni;


che il rimettente espone di dover giudicare sull’imputazione di resistenza a pubblico ufficiale ascritta a L. B., per avere questi, in stato di ebbrezza, usato minaccia per opporsi a due agenti della polizia ferroviaria, che stavano procedendo alla sua identificazione, a bordo di un treno sul quale egli si trovava sprovvisto del titolo di viaggio;


che il fatto, commesso da persona incensurata, sarebbe connotato da particolare tenuità, per non avere realmente intralciato l’attività di identificazione, né essere trasceso in violenza fisica;


che, ad avviso del giudice a quo, la disposizione censurata sarebbe irragionevole, in quanto aprioristicamente escluderebbe per il reato di resistenza a pubblico ufficiale l’applicazione della causa di non punibilità della particolare tenuità del fatto, della quale potrebbero invece beneficiare gli autori di reati di eguale o maggiore gravità, quali l’abuso d’ufficio, il rifiuto e l’omissione di atti d’ufficio, l’oltraggio a un corpo politico, amministrativo o giudiziario, la turbata libertà degli incanti e le lesioni personali in danno del pubblico ufficiale;


che l’irragionevolezza della disposizione censurata emergerebbe anche da un raffronto con le altre ipotesi di esclusione della causa di non punibilità previste nel secondo comma dell’art. 131-bis cod. pen., a tenore del quale l’offesa non può essere ritenuta di particolare tenuità quando l’autore ha agito per motivi abietti o futili, o con crudeltà, anche in danno di animali, o ha adoperato sevizie o, ancora, ha profittato delle condizioni di minorata difesa della vittima, anche in riferimento all’età della stessa, ovvero quando la condotta ha cagionato o da essa sono derivate, quali conseguenze non volute, la morte o le lesioni gravissime di una persona; né quando si procede per delitti, puniti con una pena superiore nel massimo a due anni e sei mesi di reclusione, commessi in occasione o a causa di manifestazioni sportive;


che tutte queste ipotesi atterrebbero effettivamente alla tenuità del fatto, laddove invece la deroga stabilita dalla disposizione censurata si risolverebbe in una prerogativa meramente soggettiva, che collocherebbe «il pubblico ufficiale su un piano di superiorità rispetto al privato, attribuendo al primo una tutela rafforzata tipica degli stati autoritari»;


che, in violazione del principio di uguaglianza, il legislatore avrebbe cioè definito «una categoria di cittadini in qualche modo “infallibili” solo perché investiti di un pubblico ufficio»;


che la norma censurata sarebbe altresì irragionevole laddove non tutela parimenti l’incaricato di pubblico servizio;


che è intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata non fondata – ovvero che gli atti siano restituiti al giudice a quo – in ragione della sentenza n. 30 del 2021, nel frattempo emessa da questa Corte;


che, ricorda l’interveniente, con tale sentenza è stata dichiarata non fondata una questione di legittimità costituzionale avente ad oggetto la stessa disposizione censurata dal Tribunale di Lecco, in riferimento al medesimo parametro.


Considerato che il Tribunale ordinario di Lecco, in composizione monocratica, ha sollevato, in riferimento all’art. 3, primo comma, della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 131-bis, secondo comma, secondo periodo, del codice penale, nella parte in cui, agli effetti dell’applicazione della causa di non punibilità della particolare tenuità del fatto, stabilisce che l’offesa non può essere ritenuta di particolare tenuità nei casi di cui all’art. 337 cod. pen., quando il reato è commesso nei confronti di un ufficiale o agente di pubblica sicurezza o di polizia giudiziaria nell’esercizio delle proprie funzioni;


che la questione è manifestamente infondata;


che essa è già stata dichiarata non fondata da questa Corte con la sentenza n. 30 del 2021, depositata successivamente all’ordinanza di rimessione del Tribunale di Lecco;


che tale sentenza ha richiamato il principio per cui «le cause di non punibilità costituiscono altrettante deroghe a norme penali generali, sicché la loro estensione comporta strutturalmente un giudizio di ponderazione a soluzione aperta tra ragioni diverse e confliggenti, in primo luogo quelle che sorreggono da un lato la norma generale e dall’altro la norma derogatoria, giudizio che appartiene primariamente al legislatore»;


che da questa premessa la medesima sentenza ha desunto che «le scelte del legislatore relative all’ampiezza applicativa della causa di non punibilità di cui all’art. 131-bis cod. pen. sono sindacabili soltanto per irragionevolezza manifesta»;


che la scelta del legislatore di escludere dal campo di applicazione dell’esimente di tenuità il reato di resistenza a pubblico ufficiale non è stata giudicata manifestamente irragionevole, poiché essa «corrisponde all’individuazione discrezionale di un bene giuridico complesso, ritenuto meritevole di speciale protezione», giacché non limitato al corretto funzionamento della pubblica amministrazione, ma inclusivo della sicurezza e libertà di determinazione delle persone fisiche che esercitano le pubbliche funzioni;


che, al metro dell’art. 3 Cost., la citata sentenza ha escluso l’omogeneità dei tertia comparationis dell’abuso d’ufficio e del rifiuto di atti d’ufficio, «poiché queste fattispecie delittuose, per quanto incidano anch’esse sul regolare funzionamento della pubblica amministrazione, non vedono tuttavia direttamente coinvolta la sicurezza e la libertà della persona fisica esercente la funzione pubblica, intesa quale soggetto passivo del reato»;


che, per la medesima sentenza, non rileva ai fini dello scrutinio di ragionevolezza che tale coinvolgimento personale ricorra nella fattispecie aggravata ex artt. 576, primo comma, numero 5-bis), 582 e 585 cod. pen., poiché questa, «ove la condotta causativa delle lesioni sia teleologicamente collegata a una resistenza nei confronti del pubblico ufficiale, e sia quindi diretta a intralciare il regolare funzionamento della pubblica amministrazione, ricade senz’altro nell’esclusione dell’esimente di tenuità prevista per il titolo di reato di cui all’art. 337 cod. pen.»;


che, poiché l’ordinanza di rimessione del Tribunale di Lecco non apporta argomenti nuovi e diversi rispetto alle richiamate considerazioni, la questione con essa sollevata si rivela manifestamente infondata (ex multis, ordinanze n. 224, n. 214, n. 165 e n. 111 del 2021, n. 204, n. 93 e n. 81 del 2020);


che su questo esito non incide l’evocazione degli ulteriori tertia comparationis individuati dal rimettente nei titoli di reato di cui agli artt. 342 e 353 cod. pen., i quali sono invero palesemente eterogenei rispetto alla fattispecie delittuosa della resistenza a pubblico ufficiale, in quanto, da un lato, l’oltraggio a corpo politico, amministrativo o giudiziario non ha tra i suoi elementi costitutivi la violenza o la minaccia, dall’altro, la turbativa d’asta ha un’oggettività giuridica peculiare, circoscritta alle determinazioni negoziali della pubblica amministrazione;


che, quando denuncia che l’esclusione della causa di non punibilità ex art. 131-bis cod. pen. sia rivolta solo alla tutela dei pubblici ufficiali e non anche a quella degli incaricati di pubblico servizio, il giudice a quo impiega un argomento contraddittorio rispetto alle premesse da cui egli stesso muove, dichiaratamente avverse ad esclusioni qualificate in senso meramente soggettivo;


che, peraltro, l’esclusione della operatività della causa di non punibilità di cui all’art. 131-bis cod. pen. con riguardo ai reati di cui agli artt. 336, 337 e 341-bis cod. pen. commessi nei confronti di ogni pubblico ufficiale nell’esercizio delle proprie funzioni – originariamente prevista dall’art. 16, comma 1, lettera b), del decreto-legge 14 giugno 2019, n. 53 (Disposizioni urgenti in materia di ordine e sicurezza pubblica), convertito, con modificazioni, nella legge 8 agosto 2019, n. 77 – è venuta meno per effetto dell’art. 7, comma 1, del decreto-legge 21 ottobre 2020, n. 130 (Disposizioni urgenti in materia di immigrazione, protezione internazionale e complementare, modifiche agli articoli 131-bis, 391-bis, 391-ter e 588 del codice penale, nonché misure in materia di divieto di accesso agli esercizi pubblici ed ai locali di pubblico trattenimento, di contrasto all’utilizzo distorto del web e di disciplina del Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale), convertito, con modificazioni, nella legge 18 dicembre 2020, n. 173, avendo il legislatore limitato l’esclusione della causa di non punibilità al caso in cui quei reati siano commessi in danno dei soli ufficiali e agenti di pubblica sicurezza o di polizia giudiziaria, evidentemente ritenuti più esposti a condotte resistenziali di tipo violento;


che, infine, la tutela rafforzata predisposta dal legislatore in favore di questi pubblici ufficiali non si risolve affatto in una qualificazione di “superiorità” o “infallibilità” dei soggetti medesimi – come paventa il rimettente –, essendo sufficiente al riguardo osservare che, nell’ipotesi di atti arbitrari del pubblico ufficiale, opera, anche per il reato di cui all’art. 337 cod. pen., la distinta causa di non punibilità ex art. 393-bis cod. pen.;


che, pertanto, la sollevata questione di legittimità costituzionale deve essere dichiarata manifestamente infondata.


Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, comma 1, delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.



Per Questi Motivi


LA CORTE COSTITUZIONALE


dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’art. 131-bis, secondo comma, secondo periodo, del codice penale, sollevata, in riferimento all’art. 3, primo comma, della Costituzione, dal Tribunale ordinario di Lecco, in composizione monocratica, con l’ordinanza indicata in epigrafe.


Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 9 marzo 2022.


F.to:


Giuliano AMATO, Presidente


Stefano PETITTI, Redattore


Roberto MILANA, Direttore della Cancelleria


Depositata in Cancelleria il 31 marzo 2022.


Il Direttore della Cancelleria


F.to: Roberto MILANA

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