top of page

Rigare un'automobile è reato?


Rigare un'automobile è reato?

1. Cosa succede se danneggi un'auto involontariamente o intenzionalmente?

Rigare o danneggiare un'automobile, sia in modo accidentale che intenzionale, può avere conseguenze significative.

Se involontariamente graffi o urti un'altra automobile durante una manovra di parcheggio o di guida, è fondamentale rimanere sul posto e fornire i propri dati assicurativi all'altra parte coinvolta.

Diverso è il caso in cui il danno sia stato causato deliberatamente, ad esempio, rigando l'auto di qualcun altro con una chiave o un oggetto appuntito.

Questa condotta, infatti, è considerata nel nostro ordinamento un vero e proprio reato (art. 635 c.p.) e può comportare sanzioni molto gravi che incidono sulla libertà personale.

Se l'auto danneggiata si trova in un luogo pubblico come una strada, inoltre, può ritenersi sussistente una ipotesi aggravata del reato di danneggiamento.



2. Quali sono le conseguenze?

Nel primo caso (involontario), il danneggiamento in questo caso ha solo natura civilistica e la questione può essere rapidamente risolta dalle compagnie assicurative coinvolte.

Nel secondo caso, l'autore del danneggiamento dovrà affrontare un procedimento penale ed eventualmente all'esito del processo subire una condanna.

In secondo luogo, la persona offesa dal reato (il proprietario della macchina) ha il diritto di costituirsi parte civile nel procedimento penale e richiedere un risarcimento dei danni derivanti dal reato.

Proponiamo di seguito il testo integrale di una recente sentenza del Tribunale di Trieste che ha condannato, in sede penale, l'autore di un danneggiamento commesso su un'automobile.

La sentenza è molto interessante in quanto delinea anche le differenze tra le condotte di danneggiamento e di imbrattamento.



3. Il testo della sentenza

Tribunale Trieste, 27/04/2021, (ud. 26/02/2021, dep. 27/04/2021), n.347

RAGIONI IN FATTO E IN DIRITTO DELLA DECISIONE

Con decreto di citazione diretta emesso il 23.2.2019 (…) era tratto a giudizio per rispondere dei reati di cui alla rubrica.

All'udienza del 13.12.2019 il Giudice dichiarava procedersi in assenza dell'imputato e la persona offesa si costituiva parte civile nel presente procedimento. Il Giudice, dichiarato aperto il dibattimento, invitava dunque le parti alle rispettive istanze istruttorie e, dopo aver ammesso le prove come richieste, rinviava all'udienza del 22.5.2020; udienza successivamente rinviata d'ufficio a norma dell'art. 83 D.L. 18/2020 in ragione dell'emergenza epidemiologica da Covid-19. All'udienza del 11.12.2020, dato preliminarmente atto del mutamento della composizione personale del Tribunale con confermava le ordinanze rese dal precedente giudicante, veniva escusso il testimone (…) mentre risultava assente giustificata (come da documentazione medica prodotta agli atti) la persona offesa chiamata a deporre in qualità di testimone. Il Pm chiedeva di produrre documentazione (nella specie un cd-rom e fotografie) e, nulla opponendo le parti, il Tribunale acquisiva.

All'udienza del 26.2.2021 veniva escussa la persona offesa (…) e risultando esaurita l'istruttoria dibattimentale, non risultando peraltro possibile espletare l'esame dell'imputato in quanto non comparso, il Giudice invitava le parti a rassegnare le rispettive conclusioni. Le parti concludevano come in epigrafe e il Giudice si ritirava in camera di consiglio per la decisione. Il Giudice decideva dando lettura del dispositivo in udienza e riservando il termine di giorni sessanta per il deposito della motivazione.

* * *

All'esito del giudizio, celebrato nelle forme del rito ordinario, deve essere affermata la penale responsabilità dell'odierno imputato in ordine ai reati a lui ascritti per le ragioni di fatto e di diritto di seguito indicate.

Pacifica la materialità di entrambi i fatti in contestazione alla stregua della documentazione fotografica acquisita e delle dichiarazioni della persona offesa che, sentita in dibattimento, riferiva di aver riscontrato sulla propria autovettura, parcheggiata in strada davanti alla propria abitazione, delle scritte fatte con un pennarello indelebile e dei graffi sulla carrozzeria.



La (…) ripercorreva il difficile rapporto con l'odierno imputato, ex marito della vicina di casa, raccontando di essere già risultata destinataria di "dispetti" perpetrati dall'odierno imputato, il quale in passato aveva danneggiato il motorino di sua figlia e, in altre occasioni, le aveva rivolto minacce di morte. La persona offesa, con riferimento all'episodio in contestazione, riferiva che quel giorno si era verificato un battibecco tra il (…) e il suo ex marito, (…), e che il giorno seguente aveva potuto riscontrare i danni documentati agli atti.

Così ricostruiti i fatti per cui si procede, in punto di diritto, si ritiene dimostrata tanto la sussistenza del reato di danneggiamento quanto quella del reato di imbrattamento; fattispecie che, nel caso in esame, sono suscettibili di concorrere dovendo i fatti essere intesi come espressivi di condotte autonome e distinte sebbene poste in essere nel medesimo contesto spazio-temporale.

Segnatamente integra il reato di cui all'art. 635 c.p. la condotta consistita nel graffiare la carrozzeria del veicolo. Secondo l'interpretazione della Suprema Corte di Cassazione, infatti, è stato qualificato come danneggiamento lo sfregio, mediante uso di una chiave, della carrozzeria di un'autovettura, non costituendo una semplice alterazione estetica facilmente rimuovibile con ima ripulitura, ma una lesione non temporanea o superficiale dell'integrità del veicolo, in quanto idonea a diminuire immediatamente la protezione del medesimo dai fenomeni atmosferici e di ossidazione (C., Sez. II, 29.10-29.11.2019, n. 48615; C., Sez. II, 10.5.2002).

Deve, invece, ricondursi nell'alveo dell'art. 639 c.p. la condotta di apposizione di scritte sulla carrozzeria del veicolo mediante l'utilizzo di un pennarello indelebile, potendo tale comportamento essere qualificato come insudiciamento in spregio dell'inviolabilità dei beni mobili o immobili che, secondo la costante interpretazione giurisprudenziale, deve essere intesa anche in relazione al fattore estetico, tenendo in considerazione il profilo patrimoniale a questo correlato.

Nulla quaestio poi sulla riconducibilità della condotta all'odierno imputato sulla scorta della testimonianza resa da (…) e della registrazione audio da lui realizzata avente ad oggetto una conversazione intervenuta tra il predetto testimone e l'imputato.

Dall'istruttoria dibattimentale è infatti emerso che (…), incontratosi alcuni giorni dopo il fatto con l'odierno imputato, sospettando che lui potesse essere il responsabile di quanto accaduto all'autovettura della ex moglie alla luce dei pregressi, chiedeva spiegazioni.

Il testimone riferiva di aver deciso di registrare la loro conversazione e di averla successivamente consegnata alla Pg dal momento che il (…) aveva confermato di essere l'autore dei fatti in contestazione, giustificando il proprio comportamento a fronte di un torto asseritamente subito dalla persona offesa e dalla figlia qualche tempo prima in relazione ad un procedimento penale a suo carico per atti persecutori.

Più precisamente, come si evince dalla trascrizione della conversazione eseguita dalla Pg, ma anche dalla stessa audizione della registrazione, di cui al cd rom acquisito agli atti, emerge chiaramente che l'imputato confermava di aver apposto delle scritte sull'autovettura della persona offesa (minuto 2,00: "quella roba è stata fatta proprio per ciò che le cose cambi in maniera che succede qualcosa") che, a suo dire, avrebbero avuto un significato di malaugurio e sarebbero state dirette a favorire un "tamponamento" o "che si rompino le macchine", senza che però ne potesse anche scaturire un danno alle persone (minuto 2,16).

Nel corso della conversazione, nella quale emerge il tentativo del (…) di riappacificare gli animi e di spingere l'odierno imputato a scusarsi per l'accaduto con la (…), si ricava chiaramente la conferma della responsabilità al minuto 3,42 della registrazione quando, alla domanda "l'hai fatto il danno" posta dal (…), il (…) rispondeva con "l'ho fatto".

Ciò detto, rilevata l'utilizzabilità della registrazione, acquisita agli atti su consenso delle parti, accertata la paternità del documento audio registrato dal testimone (…), che aveva partecipato alla conversazione, e considerato il riconoscimento della voce dell'imputato nella traccia registrata anche da parte della stessa persona offesa che riferiva di averla ascoltata, non è revocabile in dubbio l'attribuibilità del fatto all'odierno imputato.

Quanto all'elemento psicologico del reato, la natura volontaria, e quindi dolosa, dei reati in contestazione emerge in maniera evidente dalle stesse modalità con le quali gli stessi fatti sono stati provocati, non essendo necessario ai fini dell'integrazione delle fattispecie sotto il profilo soggettivo il fine specifico di nuocere (Cass. Sez. VI, 18.9.2012, n. 35898, Rv. 253350).

Sussistono, inoltre, le contestate aggravanti dell'aver posto in essere il danneggiamento su un bene esposto per necessità e/o consuetudine alla pubblica fede, essendo il fatto stato perpetrato ai danni di un veicolo parcheggiato sulla pubblica via di fronte all'abitazione della persona offesa ("Ai fini della configurabilità dell'aggravante dell'esposizione alla pubblica fede è necessario che il titolare del diritto di proprietà sulla cosa oggetto dell'azione delittuosa non possa esercitare una vigilanza continua sul bene. (In applicazione del principio, la Corte ha riconosciuto l'aggravante in un caso di danneggiamento di un un'autovettura parcheggiata sulla pubblica via mentre il proprietario si trovava all'interno di un cortile antistante alla stessa)" Cass. pen. Sez. II Seni., 19/06/2019, n. 42023) e dell'imbrattamento provocato in danno di mezzi di trasporto privati.

Ciò posto, premesso che non è emerso né è stato prospettato dal difensore alcun valido motivo che induca a dubitare dell'attendibilità dei testimoni escussi, ritiene il Tribunale che sulla base delle

sopra esposte evenienze istruttorie, i fatti ascritti all'odierno imputato possano ritenersi provati.

* * *

Dovendosi pertanto esprimere un giudizio di colpevolezza nei riguardi dell'odierno imputato in ordine ai reati a lui ascritti, in punto di trattamento sanzionatorio va rilevato quanto segue.

Occorre in primo luogo osservare che, stante la contiguità spazio-temporale, le modalità della condotta e la tipologia dei reati, i fatti contestati all'imputato possono ritenersi avvinti dal vincolo della continuazione ai sensi dell'art. 81, comma 2, c.p. con conseguente individuazione come più grave del reato di cui al capo a) della contestazione.

All'odierno imputato possono essere concesse le circostanze attenuanti generiche, e ciò alla luce del contesto complessivo in cui risulta tenuta la condotta e al fine di parametrare la pena al reale disvalore dei fatti. Le circostanze di cui all'art. 62 bis c.p., in questo senso, possono essere pertanto valutate in maniera equivalente alla contestata recidiva e alle contestate aggravanti.

Pertanto, circa la quantificazione della pena da comminare - letti i parametri di cui all'art. 133 c.p., - ritiene il Tribunale equo e conforme a giustizia porre a carico dell'odierno imputato la pena di mesi otto di reclusione (pena base di mesi sei di reclusione aumentata - nel rispetto dell'art. 81, ult. co., c.p., che opera anche a fronte di un bilanciamento con equivalenza della recidiva - nella misura di mesi due, sì da giungere alla predetta pena finale).

Alla condanna consegue, ex lege, l'obbligo del pagamento delle spese processuali a carico dell'odierno imputato.

L'esame del certificato penale dell'imputato preclude la concessione di alcun beneficio, in particolare quello della sospensione condizionale della pena, avendone lo stesso già usufruito e non potendosi, evidentemente, anche alla luce delle modalità del fatto e dei numerosi precedenti penali, operare una prognosi favorevole circa la sua futura astensione dal compimento di altri reati.

* * *

Quanto alla domanda formulata dalla parte civile con cui si chiede la condanna dell'imputato al risarcimento del danno patrimoniale e non patrimoniale che sia conseguenza delle condotte illecite a lui ascritte, nonché alla rifusione delle spese di lite, la stessa è fondata e deve essere dunque accolta, seppur nei limiti di seguito indicati.

Ed infatti, per le ragioni in precedenza esposte è provata la condotta illecita dell'imputato, ha danneggiato e imbrattato l'autovettura di proprietà della persona offesa.

Tale condotta integra senza dubbio un fatto illecito, fonte di responsabilità civile e di danni risarcibili in virtù del disposto degli artt. 185 c.p., 2043 e 2059 c.c..

Si può, dunque, ritenere che alla vittima del reato competa il risarcimento del danno non patrimoniale, consistente nel danno morale soggettivo o pretium doloris (risarcibile in virtù del combinato disposto degli artt. 2059 c.c. e 185 c.p.). Tale danno, unitamente dal danno patrimoniale non quantificato in ragione del mancato ripristino dell'autovettura danneggiata per mancanza di disponibilità economiche della persona offesa, deve pertanto essere liquidato in via equitativa e può essere quantificato in euro 1.000,00; a tale quantificazione si può giungere tenendo in debito conto, da un lato, la non indifferente gravità del danno che, peraltro, stante l'indisponibilità economica, la persona offesa non ha ancora potuto ripristinare e, dall'altro, il significato attribuito dallo stesso imputato alle scritte apposte, che si evince per sua stessa ammissione dalla traccia audio.

Tenuto conto del breve lasso di tempo trascorso dai fatti, non si reputano sussistenti giustificati motivi per dichiarare provvisoriamente esecutiva la condanna al risarcimento del danno, come richiesto dalla difesa della parte civile in sede di conclusioni scritte.

Ai sensi dell'art. 541 c.p.p., l'imputato va altresì condannato al pagamento delle spese di lite in favore della parte civile; spese indicate come da dispositivo secondo i valori di cui al D.M. 55/14 e già liquidate come da apposito provvedimento depositato in udienza attesa l'ammissione al patrocinio a spese dello Stato tanto della parte civile costituita quanto dell'imputato.

Il frequente impegno in udienza ed il carico di lavoro dell'ufficio hanno reso necessaria l'indicazione di un termine per la stesura della motivazione superiore a quello ordinario, fissato in dispositivo in giorni sessanta.

P.Q.M.

Visti gli arti. 533, 535 c.p.p.

dichiara (…) colpevole dei reati a lui ascritti e, riconosciuto il vincolo della continuazione, riconosciute le circostanze attenuanti generiche in rapporto di equivalenza con la contestata recidiva, lo condanna alla pena di mesi otto di reclusione, oltre al pagamento delle spese processuali;

Visto l'art. 538 e ss. c.p.p.,

condanna (…) al risarcimento in favore della parte civile costituita (…) dei danni patrimoniali e non patrimoniali conseguenti al reato, che liquida definitivamente ed equitativamente in complessivi euro 1.000,00;

Visto l'art. 541 c.p.p.,

condanna (…) al pagamento in favore della parte civile costituita (…) delle spese processuali che si liquidano in complessivi euro 3.400,00 oltre spese generali, IVA e CPA come per legge;

Visto l'art. 544 c.p.p.,

indica il termine di gg. 60 per la redazione dei motivi.

Così deciso in Trieste il 26 febbraio 2021.

Depositata in Cancelleria il 27 aprile 2021.

Hai bisogno di assistenza legale?

Prenota ora la tua consulenza personalizzata e mirata.

 

Grazie

oppure

PHOTO-2024-04-18-17-28-09.jpg
bottom of page