a cura della Dott.ssa Alessia Ciccarelli.
Cassazione penale sez. I, 21/04/2021, (ud. 21/04/2021, dep. 28/05/2021), n.21134
Con la sentenza in argomento, la Corte di Cassazione si è pronunciata sul caso di un detenuto, a cui era stata revocata la detenzione domiciliare dal Tribunale di Sorveglianza di Ancona, per aver preso parte, con un ruolo attivo, alle cd. "Rivolte nelle carceri" del marzo 2020.
Nello specifico, al condannato veniva negato il beneficio sulla base di mere informazioni fornite dalla Direzione dell'Istituto, in assenza di un formale rapporto disciplinare.
La Suprema Corte ha annullato il provvedimento del Tribunale di Sorveglianza, affermando che la revoca del beneficio al condannato può essere disposta solo in presenza di un formale rapporto disciplinare emesso nei suoi confronti.
Ed invero, ha stabilito che "la norma prevede che, quanto meno, sia redatto rapporto disciplinare ai sensi dell'art. 81, comma 1 del Regolamento.
Non si tratta di un requisito soltanto formale, come sembrano ritenere il Magistrato di Sorveglianza e il Tribunale di Sorveglianza: il rapporto richiede l'individuazione dell'operatore penitenziario che lo redige e pretende che in esso siano indicate "tutte le circostanze del fatto".
La mancanza di un rapporto disciplinare, quindi, sottopone il detenuto all'arbitrio della Direzione della Casa Circondariale, la cui segnalazione è sfornita di notizie precise relative agli operatori penitenziari che avevano accertato la partecipazione alla sommossa e alle condotte specificamente addebitate allo stesso: ogni possibilità di difendersi è, di conseguenza, preclusa.
In definitiva, si deve ritenere che, pur adottando un provvedimento avente natura urgente, il legislatore abbia preteso, per negare l'accesso alla misura alternativa, un requisito minimo che responsabilizzi l'Amministrazione penitenziaria, tenuto presente che il rapporto disciplinare comporta un controllo successivo delle valutazioni effettuate".
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