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Reati fallimentari

Amministratore di diritto e testa di legno: chi ne risponde?

Amministratore di fatto, Bancarotta fraudolenta

Giugno 2024 - Cassazione penale sez. V, 10/06/2024, n.27483

In tema di reati fallimentari, l'amministratore di diritto risponde del reato di bancarotta fraudolenta documentale per sottrazione o per omessa tenuta, in frode ai creditori, delle scritture contabili anche se sia investito solo formalmente dell'amministrazione della società fallita (cosiddetta testa di legno), in quanto sussiste il diretto e personale obbligo dell'amministratore di diritto di tenere e conservare le predette scritture, purché sia fornita la dimostrazione della effettiva e concreta consapevolezza del loro stato, tale da impedire la ricostruzione del movimento degli affari.

Amministratore di diritto e testa di legno: chi ne risponde?

La sentenza integrale

RITENUTO IN FATTO 1. Con sentenza del 18 ottobre 2023 la Corte di appello di Napoli ha parzialmente riformato quanto alla pena per Iz.Ve. e ha confermato nei confronti di Iz.Vi. e Na.Sa. la pronunzia di condanna del Tribunale di Napoli del 16 maggio 2017 con la quale gli imputati erano stati condannati alla pena di giustizia nelle seguenti qualità: - Iz.Ve., quale socio accomandatario fino al 15 febbraio 2011 della società "VECAS Sas di Iz.Ve."; - Iz.Vi., quale amministratore di fatto prima della società "VECAS Sas di Iz.Ve." e dal 15 febbraio 2011 della "VECAS Sas di Ab.Gi.", società dichiarata fallita dal Tribunale di Napoli con sentenza del 16 giugno 2012 ed infine della impresa individuale VECA di Na.Sa., costituita in data 13 aprile 2011, avente medesima sede operativa e stesso oggetto sociale della società fallita; - Na.Sa. quale titolare della impresa individuale "VECA di Na.Sa."; Per le seguenti imputazioni: - del delitto di bancarotta fraudolenta distrattiva per avere sottratto o distratto tutti i beni strumentali di proprietà della società fallita presenti presso la sede operativa in favore della impresa individuale "VECA di Na.Sa." (capo A); - del delitto di bancarotta fraudolenta documentale specifica perché nelle qualità suindicate, allo scopo di recare pregiudizio ai creditori, sottraevano le scritture contabili della società. 2. Avverso la decisione della Corte di Appello hanno proposto ricorso gli imputati, attraverso i rispettivi difensori di fiducia, articolando con distinti atti i motivi di censura di seguito enunciati nei limiti di cui all'art. 173, comma primo, disp. att. cod. proc. pen. 2.1. Il ricorrente Iz.Vi., attraverso il ricorso sottoscritto dal difensore di fiducia avv. Alberto Mauriello, ha articolato i seguenti motivi. 2.1.1. Con il primo motivo è stata dedotta violazione di legge e vizio di motivazione avuto riguardo alla qualifica di imprenditore occulto. La sentenza impugnata ha riconosciuto all'imputato la veste di imprenditore occulto, di effettivo gestore delle due società e dell'impresa di cui alla imputazione. Tuttavia, non è stata fornita risposta alla censura relativa alla sussistenza dell'elemento soggettivo in capo all'imputato avuto riguardo alla condotta distrattiva, limitandosi i giudici di merito ad affermare che l'esiguo ammontare della posta attiva della società fallita non esonerava l'imprenditore dal dovere di non sottrarre i beni aziendali dalla garanzia dei creditori, in considerazione della natura di reato di pericolo della fattispecie contestata. Se è vero che la fattispecie di bancarotta fraudolenta distrattiva richiede il dolo generico, tuttavia la giurisprudenza di questa Corte ricava siffatto elemento dalla sussistenza di plurime condotte distrattive considerate indici rivelatori della fraudolenza. Nel caso in esame, in assenza di plurime condotte distrattive e in assenza dell'impiego delle predette risorse per usi diversi dalla propria attività non è rinvenibile l'elemento soggettivo del dolo, neanche nella forma del dolo eventuale. 2.1.2. Con il secondo motivo il ricorrente deduce violazione di legge e vizio di motivazione quanto alla mancata concessione della circostanza attenuante della tenuità del danno. La invocata attenuante è stata negata attraverso il riferimento al passivo fallimentare disattendendo il principio fissato da questa Corte (Sez. 5 n. 15485 del 2021) secondo cui la valutazione del danno deve essere effettuata con riferimento non già alla entità del passivo o alla differenza tra attivo o passivo, quanto piuttosto alla diminuzione patrimoniale che la condotta del fallito ha complessivamente arrecato ai creditori. 3. Il ricorrente Na.Sa., attraverso due ricorsi sottoscritti dai difensori di fiducia, ha articolato i seguenti motivi. 3.1. Con l'unico motivo contenuto nel ricorso sottoscritto dal difensore di fiducia avv. LUIGI POZIELLO, è stata dedotta violazione di legge e vizio di motivazione avuto riguardo alla mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche e del beneficio della sospensione condizionale della pena. La sentenza impugnata ha riconosciuto alla coimputata Iz.Ve. le circostanze attenuanti generiche nella massima estensione e il beneficio della sospensione condizionale della pena evidenziando la giovane età e la incensuratezza, riservando inspiegabilmente un diverso e meno favorevole trattamento sanzionatorio nei confronti di Na.Sa. a parità di condizioni. Manca la motivazione della Corte che sul punto ha omesso di considerare numerosi e ulteriori fattori favorevoli al ricorrente quali la condizione socio familiare, la intensità del dolo, la personalità nel suo complesso. 3.2. Con il primo motivo contenuto nel ricorso sottoscritto dal difensore di fiducia, avv. ALBERTO MAURIELLO, sempre nell'interesse di Na.Sa., è stata dedotta violazione di legge e vizio di motivazione in relazione al giudizio di penale responsabilità. La sentenza impugnata, nel riconoscere che l'imputato è stato solo un amministratore formale (ed. testa di legno) rispetto al vero dominus occulto nella persona di Iz.Vi., tuttavia non fornisce alcuna motivazione in relazione alla sussistenza dell'elemento psicologico anche nella forma del dolo eventuale. La circostanza che Iz.Ve. prima e Na.Sa. poi abbiano accettato di rivestire la carica - di amministratore la prima e di titolare della impresa individuale il secondo - di enti diversi dalla società fallita non comporta automaticamente la consapevolezza degli episodi distrattivi. In relazione poi alla bancarotta documentale la sentenza impugnata anche in questo caso ricava la responsabilità dell'imputato dalla sua posizione di garanzia. Se è vero che non sussiste alcuna automatica esenzione di responsabilità per l'amministratore solo formale, non può d'altro canto affermarsi la responsabilità dolosa sulla base della mera carica ricoperta, avuto riguardo in particolare al dolo specifico. Nel caso di specie le scritture contabili oggetto di contestazione erano quelle della società VECAS Sas di Ab.Gi. dichiarata fallita e sotto tale profilo alcuna responsabilità neanche di carattere formale può essere riconosciuta al Na.Sa. 3.2.1 Con il secondo motivo nell'interesse di Na.Sa., si deduce violazione di legge e vizio di motivazione quanto alla mancata concessione della circostanza attenuante della tenuità del danno. La censura è comune e sovrapponibile a quella proposta nell'interesse di Iz.Vi. 4. La ricorrente Iz.Ve., attraverso due ricorsi sottoscritti dai difensori di fiducia, ha articolato i seguenti motivi. 4.1. Con l'unico motivo contenuto nel ricorso sottoscritto dal difensore di fiducia avv. LUIGI POZIELLO, è stata dedotta violazione di legge e vizio di motivazione avuto riguardo al giudizio di penale responsabilità formulato nei confronti della imputata. La sentenza impugnata, nel confermare la pronunzia di primo grado, non ha vagliato criticamente i concordi apporti dichiarativi che hanno indicato Iz.Vi. quale unico dominus e gestore dell'attività commerciale. Il teste De.To. ha riferito che Iz.Vi., che da anni gestiva il supermercato e che lo aveva incaricato di redigere una perizia giurata a seguito dell'incendio, gli aveva presentato Na.Sa., fidanzato della figlia Iz.Ve., quale formale nuovo titolare. Anche dalle ulteriori testimonianze e dalla stessa dichiarazione della imputata è emerso che la stessa non aveva mai svolto alcun ruolo gestionale; si era limitata a prestare la propria firma, ignara delle condizioni economiche della società e/o di un piano volto a svuotare la stessa. La sentenza l'ha ritenuta responsabile della condotta distrattiva sulla base di obblighi su di essa gravanti. La Corte territoriale non ha considerato che Iz.Ve. svolgeva ruoli del tutto marginali e non aveva alcun accesso ai conti bancari. 4.2. Con il primo motivo contenuto nel ricorso sottoscritto dal difensore di fiducia, avv. ALBERTO MAURIELLO è stato dedotta violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla affermazione di penale responsabilità della imputata. La censura è comune e analoga a quella proposta nell'interesse di Na.Sa. 4.3 Con il secondo motivo si deduce violazione di legge e vizio di motivazione quanto alla mancata concessione della circostanza attenuante della tenuità del danno. La censura è comune e sovrapponibile a quella proposta nell'interesse di Iz.Vi. e di Na.Sa. CONSIDERATO IN DIRITTO I ricorsi sono fondati nei limiti e per le ragioni di cui nel prosieguo. 1. Il ricorso di Iz.Vi. è fondato nei limiti di seguito espressi. 1.1. Il primo motivo proposto nell'interesse di Iz.Vi. con il ricorso presentato dall'avv. A. Mauriello è infondato. La sentenza impugnata, richiamando la sentenza di primo grado (ed. doppia conforme), ha con motivazione in fatto non manifestamente illogica, né contraddittoria, evidenziato come l'imputato sia sempre stato il reale gestore del supermercato sin dalla costituzione della prima società "VEGAS Sas di Iz.Ve." per poi proseguire siffatta concreta gestione a seguito del subentro quale socio accomandatario di Ab.Gi. (deceduto) con conseguente mutamento della denominazione sociale. 1.1.1. Quanto alla condotta distrattiva e alla sussistenza dell'elemento soggettivo la Corte territoriale ha risposto alle censure evidenziando, anche attraverso gli apporti dichiarativi, che le attrezzature e i beni strumentali oggetto di distrazione, presenti già presso la VECA Sas di Iz.Ve. erano i medesimi rinvenuti nel supermercato VECAS di cui era formale titolare Na.Sa. La obiezione contenuta nel ricorso - secondo cui la configurazione dell'elemento soggettivo, solitamente ricavabile dalla presenza di indici di fraudolenza quali plurime condotte distrattive, risulterebbe insussistente in ragione di un'unica condotta distrattiva di modico valore finalizzata unicamente alla continuità aziendale- risulta confutata dalla giurisprudenza di questa Corte secondo cui in tema di bancarotta fraudolenta per distrazione, l'accertamento dell'elemento soggettivo del dolo generico deve sì valorizzare la ricerca di "indici di fraudolenza", ma questi possono rinvenirsi non solo nella pluralità di condotte distrattive ma anche, ad esempio, nella disamina della condotta alla luce della condizione patrimoniale e finanziaria dell'azienda, nel contesto in cui l'impresa ha operato, avuto riguardo a cointeressenze dell'amministratore rispetto ad altre imprese coinvolte, nella irriducibile estraneità del fatto generatore dello squilibrio tra attività e passività rispetto a canoni di ragionevolezza imprenditoriale, necessari a dar corpo, da un lato, alla prognosi postuma di concreta messa in pericolo dell'integrità del patrimonio dell'impresa, funzionale ad assicurare la garanzia dei creditori, e, dall'altro, all'accertamento in capo all'agente della consapevolezza e volontà della condotta in concreto pericolosa. (Sez. 5 n. 38396 del 23/06/2017, Sgaramella, Rv. 270763). La mancanza di plurime condotte distrattive non può di per sé escludere la sussistenza del dolo in capo al ricorrente. 1.1.2. Anche con riferimento alla bancarotta documentale la sentenza ha operato buon governo del principio secondo cui in tema di reati fallimentari, l'amministratore "di fatto" della società fallita è da ritenere gravato dell'intera gamma dei doveri cui è soggetto l'amministratore "di diritto", per cui, ove concorrano le altre condizioni di ordine oggettivo e soggettivo, egli assume la penale responsabilità per tutti i comportamenti penalmente rilevanti a lui addebitabili. (Sez. 5, n. 39593 del 20/05/2011, Assello, Rv. 250844, in tema di bancarotta fraudolenta documentale). 2. Fondato risulta il secondo motivo (comune anche agli altri due imputati). Secondo il costante e consolidato orientamento di queste) Corte in tema di bancarotta fraudolenta distrattiva, la speciale tenuità del danno, integrativa dell'attenuante di cui all'art. 219, comma 3, legge 16 marzo 1942, n. 267, va valutata in relazione all'importo della distrazione, e non invece all'entità del passivo fallimentare, dovendo aversi riguardo alla diminuzione patrimoniale determinata dalla condotta illecita e non a quella prodotta dal fallimento, (ex multis, Sez. 5 n. 52057 del 26/11/2019, Giannone, Rv. 277658). La sentenza non ha operato buon governo di siffatto principio, argomentando la esclusione della invocata attenuante proprio richiamando la entità del passivo ("(...) ostando, come correttamente motivato dal giudice di primo grado, l'ammontare del passivo fallimentare..." p. 5). 2.1. Da ciò consegue l'annullamento con rinvio della sentenza impugnata sullo specifico punto affinché il giudice del giudizio rescissorio verifichi la sussistenza dei presupposti per la concessione della invocata attenuante alla luce delle indicazioni fornite dalla giurisprudenza di questa Corte. 3.1 ricorsi di Iz.Ve. e Salvatore Na.Sa. sono fondati nei limiti e per le ragioni che seguono. 3.1. Il primo motivo comune di ricorso contenuto nell'atto sottoscritto dal difensore di fiducia, avv. ALBERTO MAURIELLO, unitamente all'unico motivo contenuto nel ricorso presentato nell'interesse di Iz.Ve., dall'avv. LUIGI POZIELLO, risultano infondati. I due ricorrenti risultano avere svolto: - Iz.Ve. il ruolo di amministratore e legale rappresentante della società VECAS Sas di Iz.Ve. sino al 15 febbraio 2011; - Na.Sa. il ruolo di titolare della impresa individuale VECAS di Na.Sa. presso la quale sono stati rinvenuti i beni oggetto di distrazione della società fallita. 3.1.1. Quanto alla bancarotta distrattiva, la sentenza impugnata -richiamando altresì i contenuti della pronunzia di primo grado- ha evidenziato: - con riferimento alla posizione di Iz.Ve. che, al di là dei mutamenti formali (da VECAS Sas di Iz.Ve. a VECAS Sas di Ab.Gi.), la società ha svolto sempre la medesima attività nella medesima sede, attività consistita nella conduzione di un supermercato riconducibile alla famiglia Iz.. La sentenza opera un richiamo alla giurisprudenza di questa Corte secondo cui sussiste la responsabilità dell'amministratore di diritto, a titolo di concorso nel reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale, con l'amministratore di fatto non già ed esclusivamente in virtù della posizione formale rivestita all'interno della società, ma in ragione della condotta omissiva dallo stesso posta in essere, consistente nel non avere impedito, ex art. 40, comma secondo, cod. pen., l'evento che aveva l'obbligo giuridico di impedire e cioè nel mancato esercizio dei poteri di gestione della società e di controllo sull'operato dell'amministratore di fatto, connaturati alla carica rivestita. (Sez. 5, n. 44826 del 28/05/2014, Regoli, Rv. 261814); - con riferimento alla posizione di Na.Sa., in tema di concorso in bancarotta fraudolenta patrimoniale per distrazione, il dolo dell'extraneus" è configurabile ogniqualvolta egli apporta un contributo causale volontario al depauperamento del patrimonio sociale, non essendo richiesta la consapevolezza dello stato di dissesto della società. (Sez. 5, n. 54291 del 17/05/2017, Bratomi, Rv. 271837). La sentenza impugnata ha evidenziato come l'imputato, rispettivamente genero e marito di Iz.Vi. e Iz.Ve., è risultato essere il titolare del supermercato ubicato nella medesima sede presso il quale sono stati rinvenuti i beni della società fallita. 3.1.2 Quanto alla bancarotta fraudolenta documentale: - con riferimento alla posizione di Iz.Ve., la sentenza impugnata ha anche in tal caso ribadito la "indiscutibile continuità" esistente tra le due società in accomandita semplice, la seconda delle quali fallita. La sentenza ha operato altresì richiamo alle indicazioni di questa Corte secondo cui in tema di reati fallimentari, l'amministratore di diritto risponde del reato di bancarotta fraudolenta documentale per sottrazione o per omessa tenuta, in frode ai creditori, delle scritture contabili anche se sia investito solo formalmente dell'amministrazione della società fallita (cosiddetta testa di legno), in quanto sussiste il diretto e personale obbligo dell'amministratore di diritto di tenere e conservare le predette scritture, purché sia fornita la dimostrazione della effettiva e concreta consapevolezza del loro stato, tale da impedire la ricostruzione del movimento degli affari. (Sez. 5, n. 43977 del 14/07/2017, Pastechi, Rv. 271754); - con riferimento alla posizione di Na.Sa. la censura secondo cui le scritture contabili oggetto di contestazione erano quelle della società VECAS Sas di Ab.Gi. dichiarata fallita e sotto tale profilo alcuna responsabilità neanche di carattere formale può essere riconosciuta all'imputato, risulta inedita e come tale non deducibile per la prima volta con il ricorso per cassazione. 4. Fondato risulta il secondo motivo, comune anche all'imputato Iz.Vi., contenuto nel ricorso sottoscritto dall'avv. A. Mauriello. Rinviando alle argomentazioni contenute nel precedente paragrafo (par.2) va ribadito il costante e consolidato orientamento di questa Corte secondo il quale la speciale tenuità del danno, integrativa dell'attenuante di cui all'art. 219, comma 3, legge 16 marzo 1942, n. 267, va valutata in relazione all'importo della distrazione, e non invece all'entità del passivo fallimentare, dovendo aversi riguardo alla diminuzione patrimoniale determinata dalla condotta illecita e non a quella prodotta dal fallimento, (ex multis, Sez. 5 n. 52057 del 26/11/2019, Giannone, Rv. 277658). 4.1. Anche per Iz.Ve. e Na.Sa., la sentenza non ha operato buon governo di siffatto principio, argomentando la esclusione della invocata attenuante proprio richiamando la entità del passivo ("(..jostando, come correttamente motivato dal giudice di primo grado, l'ammontare del passivo fallimentare..." p. 5). Da ciò consegue l'annullamento con rinvio della sentenza impugnata sullo specifico punto affinché il giudice del giudizio rescissorio verifichi la sussistenza dei presupposti per la concessione della invocata attenuante alla luce delle indicazioni fornite dalla giurisprudenza di questa Corte. 5. L'accoglimento del motivo relativo alla mancata concessione della circostanza attenuante di cui all'art. 219 comma terzo L. fall., comporta l'assorbimento del motivo contenuto nel ricorso presentato dall'avv. LUIGI POZIELLO nell'interesse di Na.Sa. (mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche e del beneficio della sospensione condizionale della pena), in quanto relativo al complessivo trattamento sanzionatorio. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata limitatamente alla circostanza attenuante di cui all'art. 219, u.c., L. fall., e, per l'effetto, al trattamento sanzionatorio, con rinvio per nuovo giudizio su tali punti ad altra sezione della Corte di appello di Napoli. Rigetta nel resto i ricorsi. Così deciso in Roma il 10 giugno 2024. Depositato in Cancelleria il 10 luglio 2024.
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