RITENUTO IN FATTO
1. Con ordinanza del 28.12.2015 il Tribunale di Alessandria, in parziale accoglimento del riesame, ha disposto la restituzione in favore di S.A. dei personal computer in sequestro, previa estrazione della copia forense del contenuto dei relativi hard disk. Invero il P.M., nell'ambito del procedimento per bancarotta fraudolenta a carico di S.A. e altri, disponeva in data 25.11.2015 la perquisizione delle sedi delle società Impresa P. s.r.l. (dichiarata fallita) e F. Costruzioni s.r.l., nonchè delle abitazioni degli indagati e relative pertinenze, ordinando il contestuale sequestro della documentazione contabile ed extracontabile della società fallita e di ogni altro documento ritenuto utile ai fini delle indagini, anche se conservato in forma elettronica, su hard disk o altro supporto magnetico, avendo il curatore fallimentare riferito di non aver ricevuto dagli amministratori della predetta società la documentazione fiscale e amministrativa idonea alla ricostruzione del patrimonio e/o del movimento degli affari; nell'esecuzione del predetto provvedimento la Guardia di Finanza del nucleo di Polizia Tributaria di Asti si recava presso la sede della Idealcasa s.r.l., ivi procedendo al sequestro di documenti inerenti l'Impresa P. s.r.l. nonchè di 5 personal computer.
2. Avverso tale ordinanza ha proposto ricorso lo S., a mezzo del suo difensore di fiducia, affidato a due motivi con i quali lamenta:
- con il primo motivo, la ricorrenza del vizio di cui all'art. 606 c.p.p., comma 1, lett. c), per violazione dell'art. 247 c.p.p., comma 2, art. 324 c.p.p., comma 7 e art. 309 c.p.p., comma 9, per assoluta carenza motivazionale del decreto di perquisizione locale e sequestro e conseguente impossibilità di integrazione da parte del giudice del riesame; in particolare, il Tribunale ha evidenziato che la motivazione del decreto di perquisizione si coglie per relationem dal contenuto delle comunicazioni del G.d.F. del 2015, ma tali atti non sono stati portati a conoscenza della difesa dell'imputato, come si evince dal diniego del P.M. di visione degli atti del 15.12.2015; la mancata visione di essi comporta automaticamente, pertanto, che il richiamo debba ritenersi tamquam non esset ed il decreto in sè completamente sfornito di motivazione, non potendo il Tribunale procedere all'integrazione motivazionale trattandosi di motivazione inesistente;
- con il secondo motivo, la ricorrenza del vizio di cui all'art. 606 c.p.p., comma 1, lett. c), per violazione del principio di proporzionalità ed adeguatezza ex art. 275 c.p.p., comma 3 del decreto di perquisizione locale e sequestro, nonchè dell'ordinanza impugnata di autorizzazione al pubblico ministero di esecuzione della copia forense degli hard disk dei personal computer sottoposti a sequestro; invero, anche il provvedimento emesso dal Tribunale del riesame di Alessandria, così come il decreto di perquisizione, si pone in netto contrasto con il principio di adeguatezza e proporzionalità di cui all'art. 275 c.p.p., comma 3, atteso che la duplicazione dei interi hard disk dei PC, anzichè dei soli dati di presunto interesse specifico contenuti nei computer medesimi, non rispetta i suddetti parametri, comportando un'acquisizione di dati omnicomprensiva e giammai mirata all'imputazione contestata di specifiche ragioni, e, quindi, una indiscriminata apprensione di tutte le informazioni ivi contenute; in altri termini, il Pubblico Ministero avrebbe dovuto disporre la mera perquisizione, e non il sequestro tout court, dei personal computer e tale perquisizione doveva avvenire con l'esame e l'estrazione "in loco" dei soli dati di interesse, mediante la loro stampa fisica/duplicazione; anche la duplicazione degli interi hard disk, così come disposta dal Tribunale del riesame di Alessandria, comportando, a tutti gli effetti, la permanenza del vincolo su tutti i dati dei pc, si pone in contrasto con il principio di cui all'art. 275 c.p.p, comma 3 non potendosi ritenere che vi sia stata una effettiva restituzione con l'apprensione della copia quando la parte sia stata comunque privata del valore in sè del dato; la disciplina delle copie di documenti ex art. 258 c.p.p. non comporta affatto che qualsiasi acquisizione di copia con restituzione dell'originale integri una situazione di non sequestro restituzione.
3. Il P.G. in sede Dr. Francesco Mauro IACOVIELLO ha presentato conclusioni scritte chiedendo il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso non merita accoglimento.
1. Giova premettere che il ricorso per cassazione contro ordinanze emesse in materia di sequestro preventivo o probatorio è ammesso solo per violazione di legge, in tale nozione dovendosi comprendere, sia gli "errores in iudicando" o "in procedendo", sia quei vizi della motivazione così radicali da rendere l'apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento o del tutto mancante, o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e, quindi, inidoneo a rendere comprensibile l'itinerario logico seguito dal giudice (Sez. 5, 13/10/2009, n. 43068; Sez. Un., n. 25932 del 29/05/2008).
Nel caso di specie non è ravvisabile alcuno dei vizi suddetti.
2. Come si evince dal provvedimento impugnato, il decreto di sequestro "di documentazione contabile ed extracontabile della società fallita e di ogni altro documento ritenuto utile ai fini delle indagini, anche se conservato in forma elettronica, su hard disk o altro supporto magnetico" è stato emesso nell'ambito del decreto di perquisizione della società fallita, Impresa P. s.r.l., della F. Costruzioni s.r.l., e delle abitazioni degli indagati, tra cui quella dello S., per l'ipotesi di reato di bancarotta fraudolenta.
3. Il ricorrente deduce, con il primo motivo di ricorso, la totale carenza di motivazione del decreto di (perquisizione e) sequestro impugnato non contenendo esso le ragioni per le quali è stata disposta la misura, che non potevano essere ricavate neppure per relationem dalle comunicazioni della G.d.F. del 2015, richiamate nel corpo del provvedimento impugnato, non essendo state esse messe nella disponibilità dell'indagato. Il Tribunale del riesame, in proposito, ha evidenziato come nel decreto di perquisizione, il pubblico ministero - richiamando espressamente il contenuto delle comunicazioni della Guardia di Finanza un. 32088, 159694 e 221657 del 2015 - ha dato atto del fatto che, a seguito del fallimento della Impresa P. S.r.l. e dell'omessa consegna al curatore fallimentare della documentazione fiscale e amministrativa necessaria alla ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari societari, era emersa la necessità di acquisire la documentazione contabile ed extracontabile della società fallita, corpo del reato o comunque pertinenza dello stesso, procedendo alla perquisizione delle sedi delle società Impresa P. S.r.l. e F. Costruzione S.r.l., nonchè delle abitazioni di residenza degli indagati e relative pertinenze, compresi gli autoveicoli e ulteriori eventuali locali risultanti nella disponibilità dei suddetti; in particolare, nell'annotazione della Guardia di Finanza n. 159694 del 3.6.2015, si dava atto del fatto che a S.A. veniva contestato il ruolo di amministratore di fatto dell'Impresa P. S.r.l., in quanto il suddetto risultava aver partecipato attivamente a tutti gli atti che hanno portato alla contestata bancarotta per distrazione, risultando l'indagato essere procuratore di P.G. nell'atto di cessione delle quote societarie, institore della Impresa P. S.r.l. nell'atto di cessione del ramo d'azienda e detentore delle scritture contabili della società fallita.
3.1. In merito al denunciato vizio di motivazione anche a voler considerare la mancata messa a disposizione della Difesa delle suddette comunicazioni, richiamate nel corpo del decreto in questione, possono, tuttavia, condividersi le argomentazioni del P.G., secondo cui nella parte finale del decreto di perquisizione e sequestro si dà sinteticamente conto dell'accusa a carico dell'indagato e della sua fonte e tanto basta per consentire il controllo del fumus, oltre che del vincolo pertinenziale. In proposito, vanno richiamati i principi espressi da questa Corte, secondo cui ai fini della legittimità del sequestro probatorio non è necessaria la prova del carattere di pertinenza o di corpo di reato delle cose oggetto del vincolo, essendo sufficiente la semplice possibilità, purchè non astratta ed avulsa dalle caratteristiche del caso concreto, della configurabilità di un rapporto di queste con il reato (Sez. 6, n. 33229 del 02/04/2014). E sul punto va rilevato come il sequestro di documentazione contabile ed extracontabile della società fallita e di ogni altro documento ritenuto utile ai fini delle indagini, i n relazione all'ipotesi di reato in contestazione (bancarotta fraudolenta), è sufficiente a dar immediatamente conto del rapporto di tale documentazione con il reato.
4. Il secondo motivo di ricorso del pari è infondato.
4.1. Nella fattispecie si pone preliminarmente il problema dell'ammissibilità del ricorso per cassazione. Ed invero, a fronte del provvedimento di perquisizione e sequestro, relativo alla documentazione contabile ed extracontabile della società fallita e di ogni altro documento ritenuto utile ai fini delle indagini, in sede di esecuzione di tale decreto, la P.G. aveva sequestrato i personal computer dell'indagato, ma, a fronte delle eccezioni del ricorrente circa la non proporzionalità ed adeguatezza di tale misura ex art. 275 c.p.p., il Tribunale ha disposto la restituzione in favore dell'indagato dei PC in sequestro, previa estrazione della copia forense del contenuto dei relativi hard disk.
4.1.1. Il ricorrente in proposito, sebbene in qualche punto del motivo di ricorso ancora si dolga della legittimità del sequestro dei PC (doglianza questa senz'altro inammissibile, essendo stati essi restituiti con il provvedimento impugnato) in concreto incentra le sue censure sul contenuto del provvedimento del Tribunale del riesame di autorizzazione al trattenimento da parte degli inquirenti delle copie del contenuto degli hard disk dei personal computer oggetto di restituzione.
4.1.2. Sul punto, questa Corte ritiene di condividere il principio, secondo cui in tema di sequestro probatorio, la restituzione, previo trattenimento di copia dei dati informatici estratti, dei beni materiali (server, computer e "hard disk") coercitivamente acquisiti per effettuare le operazioni di trasferimento dei dati, non comporta il venir meno del vincolo, con la conseguenza che permane l'interesse a richiedere il controllo giurisdizionale sulla legittimità del sequestro al competente tribunale del riesame (Sez. 3, n. 38148 del 23/06/2015).
4.1.3. In proposito, occorre rilevare che- se è pur vero che le Sezioni Unite di questa Corte hanno affermato che se la cosa sequestrata è stata restituita, la richiesta di riesame del sequestro, o l'eventuale ricorso per cassazione contro la decisione del tribunale del riesame è inammissibile per sopravvenuta carenza di interesse, che non sussiste neppure qualora l'autorità giudiziaria disponga, all'atto della restituzione, l'estrazione di copia degli atti o documenti sequestrati, dal momento che il relativo provvedimento è autonomo rispetto al decreto di sequestro e non è soggetto ad alcuna forma di gravame, stante il principio di tassatività delle impugnazioni (cfr. S.U., 24 aprile 2008, n. 18253, Tchmil, Rv. 239397)- tuttavia, la restituzione della res costituisce l'elemento di fatto per far cessare l'interesse ad impugnare il provvedimento cautelare reale, sicchè occorre stabilire quale sia l'oggetto del sequestro, posto che sono stati acquisiti dati informatici con necessità di verifica quindi se tali dati informatici siano stati restituiti o meno all'avente diritto (Sez. 3, n. 38148 del 23/06/2015).
4.1.4. Una recente pronuncia di questa Corte (Sez. 6, n. 24617 del 24/02/2015) ha, invero, del tutto condivisibilmente messo in risalto come, in tema di mezzi di ricerca della prova, costituisce sequestro probatorio l'acquisizione, mediante estrazione di copia informatica o riproduzione su supporto cartaceo, dei dati contenuti in un archivio informatico visionato nel corso di una perquisizione legittimamente eseguita ai sensi dell'art. 247 c.p.p., quando il trattenimento della copia determina la sottrazione all'interessato della esclusiva disponibilità dell'informazione. Invero, le disposizioni introdotte dalla L. n. 48 del 2008 riconoscono al "dato informatico", in quanto tale, la caratteristica di oggetto del sequestro, di modo che la restituzione, previo trattenimento di copia, del supporto fisico di memorizzazione, non comporta il venir meno del sequestro quando permane, sul piano del diritto sostanziale, una perdita autonomamente valutabile per il titolare del dato. Nella parte motiva, la sentenza in questione ha precisato specificamente il concetto di dato informatico con riguardo al patrimonio informativo in esso contenuto, concludendo che, in caso di estrazione di copia, tale patrimonio informativo resta, comunque, sottratto alla disponibilità del titolare del bene originale e, quindi, deve essere considerato ancora soggetto a vincolo reale.
4.1.5. E' stato ancora affermato da questa Corte che in tema di sequestro probatorio, il ricorso per cassazione proposto avverso l'ordinanza del tribunale del riesame che abbia disposto, previo trattenimento di copia dei dati informatici estratti, la restituzione al ricorrente degli apparecchi e delle strutture "hardware" coercitivamente acquisiti, è ammissibile nel caso in cui il ricorrente dimostri il proprio concreto interesse all'esclusiva disponibilità delle informazioni contenute nei documenti informatici, facendo così ritenere l'estrazione di copia un vero e proprio sequestro di "informazione" autonomamente apprezzabile (Sez. 2, n. 400831 del 09/09/2016).
4.1.6. Nel caso di specie, deve ritenersi che i dati informatici "copiati" dagli hard disk restituiti, rappresentano una cristallizzazione del patrimonio informativo, contenuto nei computer sequestrati con la perquisizione, sottoposti a vincolo temporaneo per le operazioni di "clonazione" dei dati e poi restituiti e che i dati informatici in tal modo estratti, in possesso dell'ufficio inquirente per essere esaminati a fini di ricerca delle prove, secondo l'ipotesi investigativa, continuano a rimanere sottoposti a vincolo cautelare reale, proprio a tale scopo probatorio (Sez. 3, n. 38148 del 23/06/2015), sicchè deve concludersi la piena ammissibilità del ricorso avverso il provvedimento del Tribunale del riesame.
4.2. Ciò posto, non merita censura sotto il profilo dell'adeguatezza e proporzionalità, il sequestro - nell'ambito delle ipotesi di reato ascritte all'indagato di bancarotta fraudolenta e dell'oggetto del decreto di sequestro relativo alla documentazione contabile ed extracontabile della società fallita e di ogni altro documento ritenuto utile ai fini delle indagini - e la successiva estrazione di copia degli interi hard disk dei PC dell'indagato, essendo l'attività di analisi per la selezione dei documenti contabili particolarmente complessa investendo in toto l'attività "imprenditoriale dell'indagato". Nè le operazioni di estrazioni di copia dei documenti "rilevanti" a tal fine avrebbe potuto essere condotta in loco in un limitato arco temporale, come sostenuto dal ricorrente, investendo appunto l'attività di selezione una significativa attività di studio e analisi proprio al fine di un'eventuale selezione.
4.3. La perplessità dell'indagato circa l'acquisizione di copia anche di documenti non rilevanti e, comunque, nello specifico, non sequestrabili siccome non pertinenti al reato, non può trovare rimedio in questa sede ma si ritiene vada risolta, così come evidenziato dal P.G., con l'applicazione in via analogica del rimedio previsto in caso di intercettazioni telefoniche, circa la selezione delle informazioni irrilevanti. In virtù dell'applicazione analogica del disposto di cui 254 c.p.p., u.c. in tema di sequestro di corrispondenza, l'indagato avrebbe dovuto chiedere al giudice l'inutilizzabilità tramite distruzione delle copie estratte delle informazioni irrilevanti.
5. Il ricorso va dunque respinto. Ed il ricorrente va condannato al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 27 ottobre 2016.
Depositato in Cancelleria il 23 maggio 2017