RITENUTO IN FATTO
1. Con la sentenza indicata in epigrafe, la Corte di appello di Catania ha confermato la decisione del GUP del Tribunale della stessa sede che, in sede di giudizio abbreviato in rito immediato, aveva ritenuto Al.Fo., Fr.Ro., Zu.Al., Li.Sa. e St.Gi. responsabili dei reati previsti dagli articoli 110 cod.pen, art. 73, commi 1,4,6, art. 80, comma 1 lett. B) comma 2 D.P.R. N. 309/1990 e succ. mod., infliggendo loro le relative pene ritenute di giustizia, perché, in concorso fra loro e con Co.Sa. e Co.Ga., per i quali si è proceduto separatamente, senza l'autorizzazione di cui all'art. 17 del citato D.P.R., detenevano illecitamente Kg. 2062 di sostanza stupefacente del tipo marijuana, inclusa nella tabella IV di cui all'art. 14 D.P.R. cit., contenuta in n. 125 sacchi in materiale plastico di Kg. 6,5 ciascuno, occultati a bordo del motopeschereccio "Gi.", in Ac, il primo aprile 2014. In particolare, dopo aver appositamente approntato il motopeschereccio, ricevevano la sostanza stupefacente da fornitori stranieri non identificati, in alto mare, a largo del porto di Lecce, la caricavano a bordo del già menzionato motopeschereccio e la trasportavano sino al porto di Ac al fine della successiva cessione a terzi.
2. La Corte di appello ha rigettato le impugnazioni proposte da tutti gli imputati. In particolare, ha richiamato le pagine della sentenza del GUP che avevano descritto le fasi antecedenti alla partenza del motopeschereccio Gi. e la preparazione del trasporto dello stupefacente, che avevano formato oggetto di captazione di conversazioni telefoniche da parte del personale della Polizia di Stato, fino al momento in cui fu eseguita la perquisizione ed il sequestro del motopeschereccio e della sostanza stupefacente.
3. Avverso tale sentenza, hanno proposto ricorso per cassazione, ciascuno separatamente:
3.1. Al.Fo., limitatamente ai punti riguardanti la concessione delle attenuanti generiche ed il trattamento sanzionatorio, a mezzo del proprio difensore, sulla base di un motivo, con il quale deduce la violazione degli artt. 62 bis cod. pen. e 133 cod. pen., e contestualmente vizio di motivazione, in ragione del fatto che la sentenza impugnata avrebbe recepito acriticamente la motivazione della sentenza di primo grado, senza rispondere alla doglianza, fatta valere in appello, relativa alla irrogazione della pena nella stessa misura degli altri imputati ai quali era stata contestata la recidiva. Non si era dato rilievo alla confessione resa dal ricorrente, con ciò violando la ratio dell'istituto delle attenuanti generiche, finalizzate a adeguare al caso concreto il trattamento sanzionatorio, a prescindere dalla complessiva valutazione del fatto e della personalità dell'agente. Nell'esercizio dell'ampio potere discrezionale riconosciuto al giudice, occorre dunque che si faccia riferimento ai criteri previsti dall'art 133 cod. pen. al fine di adeguare la pena alla natura ed alla entità dei fatti.
3.2. Con altro ricorso, a mezzo del proprio difensore, ha impugnato per cassazione la sentenza della Corte di appello Li.Sa., facendo valere un unico motivo, con il quale deduce la mancanza, contraddittorietà ed illogicità della motivazione, essendo la stessa totalmente mancante in ordine alla propria posizione. La Corte territoriale non avrebbe trattato, né quanto ai motivi di appello, né quanto alle ragioni per le quali gli stessi erano stati respinti, il tema devoluto in sede di impugnazione. Neppure si trattava di temi esaminati e discussi dalla sentenza di primo grado, con ciò non potendo parlarsi di motivazione per relationem.
3.3. Con ulteriore ricorso, proposto a mezzo del proprio difensore, ricorre per cassazione anche St.Gi., sulla base di due motivi, così sintetizzati:
- Con il primo motivo, deduce la violazione dell'art. 80 D.P.R. n. 309 del 1990, e contestuale vizio di motivazione in quanto non sarebbe stato considerato il principio espresso dalle Sez. U. 24 maggio 2012, Biondi, secondo cui, ai fini della individuazione della ingente quantità, occorrerebbe fare riferimento, dopo l'intervento di Corte Costituzionale n. 32 del 2014 e successivi interventi normativi, quanto alla quantità, alla soglia minima corrispondente a duemila volte il valore massimo in milligrammi, determinato per ogni sostanza nella tabella allegata al d.m. 11 aprile 2006, ferma restando la discrezionale valutazione del giudice di merito, quando tale soglia sia superata, tenendo conto che ratio dell'aggravante è quella di punire più gravemente la condotta che consente la diffusione dello stupefacente ad una platea assai vasta di consumatori. Dunque, il riconoscimento dell'aggravante non avrebbe potuto prescindere dall'esame complessivo ed approfondito della intera fattispecie, unitamente a quello della posizione individuale del ricorrente.
- Con il secondo motivo, in subordine rispetto al primo motivo, il ricorrente indica l'erroneo giudizio di bilanciamento posto in essere dal GUP e l'insufficienza della motivazione sul punto; censura, dunque, il giudizio sulla entità della pena, applicata nel massimo senza specifica motivazione ed in aperta violazione degli obblighi imposti dall'art. 133 cod. pen.
4. Il Procuratore generale, nella persona del Sostituto Procuratore generale Aldo Esposito, ha concluso chiedendo dichiararsi l'inammissibilità dei ricorsi.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso proposto da Al.Fo. è inammissibile.
1.1. Si lamenta la violazione di legge ed il vizio di motivazione con riferimento al mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, essendo stato trascurato il positivo apporto della confessione e ritenendosi illogica la applicazione della stessa pena a tutti gli imputati (anni quattro e mesi sei di reclusione ed Euro 60.000 di multa) con consequenziale eccessività del trattamento sanzionatorio.
1.2. Il GUP, a proposito della posizione dell'Al.Fo., a pagina 24, ha affermato che non poteva trarsi alcun elemento favorevole dal comportamento processuale, in quanto lo stesso era stato considerato inattendibile, e comunque la semplice ammissione di aver preso parte alla vicenda criminale, alla luce della mole dei gravi elementi probatori, non assumeva valore ai fini della concessione delle attenuanti generiche. La Corte territoriale ha rigettato il motivo di appello relativo alla mancata concessione delle attenuanti generiche, rilevando che le stesse non conseguivano ad una benevola concessione del giudice, ma al ricorrere di circostanze da valutare ai sensi dell'art. 133 cod. pen., che, nel caso di specie, non erano sussistenti. Al di là dell'ingente quantitativo di stupefacente trasportato, la vicenda aveva fatto emergere i collegamenti degli imputati con la criminalità organizzata, alla quale la droga era diretta, nonché la capillare organizzazione del viaggio di approvvigionamento verso le acque comprese tra la Puglia e l'Albania, denotante una elevata capacità a delinquere ed una rilevante intensità del dolo.
1.3. Il ricorrente, ha precisato la Corte di appello, era il componente che teneva i rapporti con gli altri soggetti coinvolti e quanto dallo stesso rivelato agli inquirenti era già noto. Neppure era utile a mitigare la gravità della condotta la affermata necessità di fare fronte alle spese di cura per la figlia, data la gratuità delle cure in Italia e la gravità del reato contestato. Dunque, la pena è stata determinata in misura maggiore al medio edittale, per la già descritta gravità del reato e la notevole capacità criminale dimostrata, oltre che per la intensità del dolo manifestata.
2. Il motivo, come è evidente, è del tutto non correlato ai contenuti della motivazione e quindi aspecifico. L'inammissibilità del ricorso per cassazione consegue sia alla mancanza del motivo di ricorso, sia alla sua non attinenza al "decisum" della sentenza impugnata. (Sez. 3, Sentenza n. 24624 del 17/04/2018; Rv. 273369 - 01.
3. Anche il ricorso proposto da Santo Li.Sa. è inammissibile perché non correlato alla motivazione.
3.1. Non corrisponde al vero, innanzi tutto, che la sentenza d'appello abbia del tutto omesso di trattare dei motivi di impugnazione proposti da Li.Sa. avverso la sentenza di primo grado. In particolare, al punto 5 della motivazione, la Corte territoriale ha riportato i contenuti delle richieste proposte (assoluzione per non aver commesso il fatto e concessione delle attenuanti generiche) e le questioni prospettate. Le stesse sono state esaminate e respinte alle pagine 17 e 18) con articolato esame delle fonti di prova acquisite in ordine al ruolo svolto dal Li.Sa. in ordine al trasporto con autocarro dell'ingente quantitativo di stupefacente sbarcato dal motopeschereccio.
3.2. La Corte d'Appello ha pure motivato sulle ragioni del rigetto del motivo di appello riferito alla sussistenza dei presupposti per l'aggravante di cui all'art. 80 D.P.R. n. 309/1990, riferendosi alla eccezionalità del quantitativo sotto il profilo ponderale, al grave pericolo per la salute pubblica che lo smercio di tale quantitativo comporta, alla possibilità di soddisfare le richieste di numerosissimi consumatori per l'elevatissimo numero di dosi ricavabili.
3.3. Quanto alla concessione delle attenuanti generiche ed alla determinazione della pena, la Corte ha ribadito quanto espresso a proposito dell'analogo motivo di appello proposto da Al.Fo., di cui si è detto.
3.4. In sostanza, il motivo ora proposto è del tutto privo di specificità, fondandosi su una premessa, l'omessa trattazione dei motivi di appello, del tutto inesistente.
4. Anche il ricorso proposto da St.Gi. non supera il vaglio di ammissibilità.
4.1. Quanto al primo motivo, relativo alla critica appuntata alla sentenza impugnata in ordine alla riconosciuta aggravante di cui all'art. 80 D.P.R. n. 309 del 1990, la Corte di merito, con motivazione conforme agli orientamenti stabiliti dalle Sezioni Unite della Suprema Corte con Sez. U, n. 36258 del 24 maggio 2012, Biondi, Rv. 253150 e Sez. U, n. 14722 del 30 gennaio 2020 Polito, Rv. 279005, nonché alla giurisprudenza di legittimità sviluppatasi in seguito a tali pronunce, sostiene la ricorrenza dell'aggravante, mettendo in rilievo che 205 kg. principio attivo della sostanza denominata marijuana, dai quali possono trarsi ben 8.228.470 dosi medie singole, corrisponde ad oltre 100 volte la soglia minima necessaria per contestare l'aggravante (punto 3 della sentenza di appello) e che tale dato dimostra che il quantitativo di stupefacente costituisce un aumentato significativo pericolo per la salute pubblica.
4.2. A fronte di tale specifica motivazione, il ricorrente, dopo aver ripercorso ampiamente il contenuto degli arresti della giurisprudenza di legittimità sul punto, rispetto ai quali la sentenza risulta perfettamente adeguata, lamenta una carenza di motivazione, in entrambe le sentenze di merito, sotto il profilo della mancata considerazione dell'asserita marginalità della posizione ricoperta all'interno della compagine criminosa. Nessuna correlazione è possibile cogliere rispetto allo sviluppo motivazionale, per cui il tema prospettato risulta aspecifico ed inidoneo ad inficiare la tenuta della motivazione.
4.3. Manifestamente infondato è anche il secondo motivo di ricorso.
4.4. La Corte di merito ha ritenuto "congrua" la pena base di anni quattro e mesi sei di reclusione. La stessa supera di poco la media edittale (a seguito della sentenza n. 32 del 2014 della Corte costituzionale, la pena detentiva prevista per la fattispecie di cui all'art. 73, comma 4, D.P.R. 309/90 va da 2 a 6 anni di reclusione; la media edittale è quindi pari ad anni 4 di reclusione). Secondo consolidato orientamento espresso in sede di legittimità in tema di dosimetria della pena, è necessaria una specifica e dettagliata spiegazione del ragionamento seguito soltanto quando la pena sia di gran lunga superiore alla misura media di edittale (cfr. Sez. 2, n. 36104 del 27/04/2017, Rv. 271243). Anche il profilo del mancato riconoscimento delle attenuanti generiche è manifestamente infondato, alla luce del principio consolidato secondo cui la sussistenza di circostanze attenuanti rilevanti ai fini dell'art. 62-bis cod. pen. è oggetto di un giudizio di fatto e può essere esclusa dal giudice con motivazione fondata sulle sole ragioni preponderanti della propria decisione, non sindacabile in sede dì legittimità, purché non contraddittoria e congruamente motivata, neppure quando difetti di uno specifico apprezzamento per ciascuno dei pretesi fattori attenuanti indicati nell'interesse dell'imputato (Sez. 6, n. 42688 del 24/09/2008; Rv. 242419 - 01; Sez. 3, n. 1913 del 20 dicembre 2018 (dep. 2019) Rv. 275509 - 03).
5. In definitiva, i ricorsi sono inammissibili. Consegue alla declaratoria d'inammissibilità dei ricorsi la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali, nonché, a norma dell'art. 616 cod. proc. pen., al versamento della somma di Euro tremila ciascuno in favore della Cassa delle ammende, non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa d'inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 13/6/2000).
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila ciascuno in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 26 giugno 2024.
Depositato in Cancelleria l'8 luglio 2024.