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Esercizio abusivo della professione medica: non punibile l'infermiere che sotto controllo del medico fornisce supporto per sbloccare dispositivo elettromedicale

Colpa medica

Cassazione penale sez. VI, 28/04/2022, n.24032

Non è configurabile il reato di esercizio abusivo della professione medica nella condotta di un infermiere professionale che, nel corso di un intervento, a richiesta del medico e sotto il suo personale ed esclusivo controllo, ponga in essere un'attività di supporto tecnico per sbloccare un dispositivo elettromedicale malfunzionante, senza agire, se non indirettamente, sulla sfera corporea del paziente, trattandosi di attività meramente ausiliaria che, pur se oggettivamente funzionale alla prestazione medica, non è "tipica" di essa. (In applicazione del principio, la Corte ha escluso la responsabilità, a titolo di concorso nel reato, del cardiologo che si era avvalso dell'aiuto del tecnico, avente la qualifica di infermiere, della società fornitrice dell'apparecchio elettromedicale inceppato).

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La sentenza integrale

RITENUTO IN FATTO 1. Con sentenza del 26 aprile 2021 la Corte di appello di (OMISSIS) ha confermato la sentenza di primo grado, che dichiarava G.M.M. - cardiologo in servizio presso l'Ospedale di (OMISSIS) - colpevole del reato di cui agli artt. 110,81,348 c.p. e lo condannava alla pena di mesi tre di reclusione, oltre al risarcimento dei danni e al pagamento di una provvisionale in favore della parte civile A.S.L. di (OMISSIS), per avere consentito a T.F., dipendente della società Boston Scientific con mansioni di addetto alle vendite - la cui presenza in sala di elettrofisiologia non era stata segnalata né autorizzata - di sostituirlo nell'intervento di riposizionamento di un elettrocatetere ventricolare effettuato sul paziente D.L.C., avendo provveduto direttamente il T. ad incannulare il seno coronario, ad effettuare un venogramma di contrasto e ad inserire l'elettrocatetere sino al suo definitivo posizionamento. 2. Avverso la richiamata decisione hanno proposto ricorso per cassazione i difensori dell'imputato, deducendo nove motivi, il cui contenuto viene qui di seguito sinteticamente esposto. 2.1. Con il primo motivo si censurano violazioni di legge e vizi della motivazione sia riguardo all'erroneo inquadramento della condotta posta in essere dal T. quale atto idoneo a concretizzare l'esercizio della professione medica, trattandosi, di contro, di una procedura emergenziale sanitaria consentita agli iscritti nell'albo degli infermieri professionisti (qualifica della quale il predetto coimputato era pacificamente titolare), sia in relazione alla individuazione di una linea di demarcazione tra condotte che concretizzano in via esclusiva l'esercizio della professione medica e condotte consentite, sia pure sotto sorveglianza medica, a persone munite di abilitazione all'esercizio della professione di infermiere. La sentenza impugnata, ad avviso del ricorrente, non ha chiarito se, e in forza di quali linee guida, le operazioni manuali ritratte nella videoregistrazione agli atti - e riferite, da tutte le persone che hanno assistito ai fatti, come compiute dal T. sotto la supervisione del G.M. - dovessero ritenersi in effetti escluse dall'ambito di un'attività di supporto tecnico-infermieristico legittimamente posta in essere da persona che, come il predetto coimputato, era munita della relativa qualifica. E' stata altresì travisata la deposizione resa dal teste P., medico responsabile del laboratorio di elettrofisiologia cardiaca di un Ospedale di (OMISSIS), là dove aveva affermato che in una occasione del tutto sovrapponibile a quella oggetto della regiudicanda egli aveva dovuto richiedere l'ausilio del personale infermieristico: aspetto, questo, puntualmente dedotto nei motivi di appello, ma non esaminato dalla sentenza impugnata. 2.2. Con il secondo motivo si deducono la violazione degli artt. 63,64,198 e 210 c.p.p. e la conseguente inutilizzabilità della deposizione resa dal teste d'accusa M.G., autore della video-ripresa dell'intervento chirurgico, non avendo la Corte d'appello considerato che, secondo le risultanze offerte dalle stesse dichiarazioni del teste, costui avrebbe, quale collega del T. presente anch'egli in sala operatoria al momento dell'intervento, attivamente cooperato al suo svolgimento, passando al T. tutta la strumentazione necessaria per l'esecuzione del riposizionamento dell'elettrocatetere ventricolare sul paziente e fornito altresì, per un apprezzabile lasso di tempo, il supporto legato alla sua posizione di specialista del settore, non solo in favore del medico, ma anche dello stesso T.: trattandosi di dichiarazioni autoincriminanti, suscettive di configurare un'ipotesi di concorso nel reato ascritto ad entrambi gli imputati, il su indicato testimone, pertanto, avrebbe dovuto essere citato ed esaminato ai sensi dell'art. 210 c.p.p., quale imputato in procedimento connesso ex art. 12 c.p.p., lett. a), e la sua audizione del 19 maggio 2017, quanto meno, avrebbe dovuto essere sospesa, in modo da consentirne un nuovo esame con il rispetto di tutte le garanzie del caso. 2.3. Con il terzo motivo si censurano plurimi vizi della motivazione in ordine alla valutazione di piena attendibilità, soggettiva ed oggettiva, delle dichiarazioni rese dal M., avendo costui fatto riferimento ad una attività di piena "sostituzione" del cardiologo da parte del T. per il periodo di almeno un'ora un'ora e mezza, subito dopo la fine della attività di preparazione del campo operatorio da parte del G.M., così rappresentando la vicenda in termini contrastanti con la tesi - fatta propria dalla sentenza impugnata - secondo cui l'intervento del T. sarebbe stato temporalmente ristretto ai pochi minuti nel corso dei quali sarebbe stato girato il video poi acquisito agli atti. Ulteriori profili di illogicità e contraddittorietà della motivazione sono dedotti con riferimento: a) alla circostanza che la Corte d'appello, nel ritenere "altamente probabile" il fatto che sia stato lo stesso M. ad effettuare la video-ripresa delle immagini poi acquisite agli atti del processo, ha omesso di considerare, al contempo, che il predetto dichiarante aveva recisamente negato di esserne l'autore, senza trarne le logiche conseguenze in punto di verifica della sua attendibilità, benché nel corso del giudizio fossero emersi motivi di grave inimicizia verso il T., sulla scorta dei puntuali rilievi al riguardo formulati nei motivi di gravame; b) alla carente o inadeguata risposta alla serie di contestazioni mosse, in sede di gravame, alla ritenuta attendibilità soggettiva del suddetto testimone; c) all'attendibilità oggettiva del contributo dichiarativo del M. sulla presenza di due dipendenti della società "(OMISSIS)" presso l'Ospedale di (OMISSIS) in data 18 novembre 2013, con il ruolo di "specialist", nonché sull'attribuzione allo stesso M. del compito di effettuare nell'adiacente saletta ambulatoriale il controllo dei "pacemaker" già impiantati, non avendo egli svolto, in realtà, il ruolo di "specialist" nel corso dell'intervento subito dal paziente D.L. (come accadde, di contro, al T.), poiché impegnato nell'espletamento delle predette procedure di controllo; d) all'omessa considerazione, sotto tale profilo, degli elementi di prova ricavabili dalle deposizioni dell'infermiera C. e del dottor C., nonché dalle acquisizioni documentali operate dai N. A.S., tutti convergenti nel dimostrare la inattendibilità delle dichiarazioni rese dal M. e la verosimiglianza della versione prospettata dalla difesa, secondo la quale il video (peraltro frutto di un'accurata opera di selezione e taglio delle scene da parte del suo autore) ben poteva esser stato registrato dal M. nel corso di uno dei suoi continui passaggi dall'attigua saletta ove era in corso il documentato controllo di sette pacemakers; e) alla mancata indicazione della identità di colui che, contemporaneamente all'espletamento dell'operazione sul paziente D.L., avrebbe svolto l'attività di controllo dei dispositivi già impiantati. 2.4. Con il quarto motivo si deducono plurimi vizi della motivazione in ordine alla erronea valutazione di inattendibilità delle dichiarazioni rese dalla teste oculare C., il cui contenuto è stato travisato in ordine alla ricostruzione della scansione cronologica e delle modalità di verificazione degli eventi da lei riferiti come avvenuti presso la sala operatoria. 2.5. Il quinto motivo censura la presenza di vizi della motivazione riguardo all'accertamento della effettiva insorgenza della complicanza operatoria costituita dal "blocco" dell'elettrocatetere all'interno dell'introduttore (cd. delivery) passante per il seno coronarico del paziente: problematica, questa, che determinò la decisione del ricorrente di richiedere l'intervento del coimputato in suo ausilio, atteso che la positiva conclusione dell'operazione rendeva necessario, per le sue specifiche modalità di realizzazione, l'impiego di tre mani, dunque di due persone contemporaneamente. Al riguardo il ricorrente assume, segnatamente: a) l'omessa considerazione degli elementi di prova in tal senso desumibili non solo dalle deposizioni dei testi C. e C., ma anche dalla testimonianza del dottor A. Michele, consulente tecnico del T., che ha spiegato come dall'esame dei frammenti del video presenti in atti non possa che desumersi l'effettuazione delle procedure di sblocco del catetere all'interno dell'introduttore lungo, secondo quanto riferito da entrambi gli imputati; b) il travisamento del dato probatorio costituito dalle videoriprese in atti acquisite, i cui fotogrammi - della durata complessiva di circa 65 secondi, a fronte di un intervento complesso della durata di circa quattro ore ritraggono soltanto le manovre di rotazione e spinta dell'elettrocatetere all'interno del delivery già inserito nel seno coronarico del paziente, eseguite direttamente dal T. con la collaborazione del G.M., ma non consentono certo di affermare, diversamente da quanto ritenuto dai Giudici di merito, l'assenza di una situazione emergenziale in rapporto di causa-effetto dell'intervento del T. su esplicita richiesta del medico, né la previa programmazione delle modalità di intervento e il ruolo asseritamente direttivo del coimputato nell'espletamento delle relative procedure mediche; c) l'omessa considerazione dei rilievi emergenti dai contributi offerti dai consulenti tecnici di parte (medico legale e cardiologo) in merito all'interpretazione delle immagini tratte dal video, là dove specificamente riscontravano - valutate assieme alle testimonianze degli esperti P. e C. - le deposizioni rese dagli imputati e dalla teste C., smentendo la ricostruzione proposta dal teste M.; d) il travisamento dei fotogrammi che ritraevano le manovre di rotazione e spinta eseguite dal T., avendovi i Giudici di merito illogicamente attribuito idoneità dimostrativa riguardo alla individuazione della persona (il T.) che materialmente ebbe a posizionare l'elettrocatetere nel seno coronarico del paziente, laddove la diretta visione dei filmati consente di verificare soltanto l'effettuazione di manovre di spinta e rotazione dell'elettrocatetere da parte del T., poiché il cd. delivery si trovava già compiutamente posizionato all'interno del seno coronarico, per esservi stato collocato nelle fasi precedenti la registrazione del video proprio dal medico, il quale, dopo aver risolto la problematica tecnica grazie all'ausilio del T., ha in piena autonomia portato a termine l'intervento; e) l'erronea interpretazione delle immagini tratte dal video, là dove l'atteggiamento dell'imputato si mostrerebbe sereno e privo di qualsiasi concitazione, così da smentire la tesi difensiva riguardo all'effettiva sussistenza di una situazione di difficoltà insorta nel corso della procedura operatoria, senza tener conto, tuttavia, di quanto ricostruito dagli esperti e della frammentarietà di immagini di brevissima durata; f) la mancata individuazione di un preciso movente dell'azione delittuosa; g) l'erronea valorizzazione della circostanza relativa alla mancata indicazione dell'incidente occorso in sala operatoria nella cartella clinica, senza disporre la rinnovazione dell'istruttoria dibattimentale per ascoltare la versione dei fatti offerta dal primario del reparto di cardiologia dell'Ospedale di (OMISSIS), tenuto conto sia delle spiegazioni al riguardo rese dall'imputato (che, pur riconoscendo l'omissione, ha chiarito che non intendeva esporre il T. a contestazioni da parte della sua azienda, aggiungendo, però, di avere prontamente riferito dell'accaduto al primario il quale, a sua volta, lo avrebbe rassicurato, dicendogli che aveva fatto quanto necessario per la salute del paziente), sia degli elementi di riscontro sul punto desumibili dalla - in entrambi i gradi di giudizio - pretermessa deposizione del teste C.. 2.6. Con il sesto motivo si deducono plurimi vizi di illogicità e contraddittorietà della motivazione in ordine alla ipotizzata - ma incerta - valutazione di prevedibilità della complicanza operatoria addotta dal ricorrente a causa della sua decisione di richiedere l'intervento del coimputato in suo ausilio, nonché in relazione al travisamento della deposizione resa dal consulente tecnico Dott. V. nell'udienza del 28 settembre 2018, unitamente al contenuto dell'elaborato ivi acquisito, da cui era chiaramente desumibile - contrariamente a quanto affermato dalla Corte d'appello - la diversità della complicanza operatoria insorta nel precedente intervento subito dal paziente il 29 agosto 2013 (dissezione della vena laterale sinistra), rispetto a quella (blocco dell'elettrocatetere nel delivery) in seguito verificatasi il 18 novembre 2013, con la conseguente impossibilità, nelle condizioni date, di portare a termine l'intervento in assenza di ausilio da parte di persona dotata di specifiche competenze tecniche. Ulteriori, analoghi, vizi di travisamento per omissione vengono dedotti in relazione alla mancata valutazione delle dichiarazioni rese dall'imputato e dai suoi colleghi, dottori C. e P., riguardo all'estrema rarità della complicanza operatoria manifestatasi nel caso in esame. 2.7. Il settimo motivo lamenta l'erronea esclusione della scriminante dello stato di necessità ex art. 54 c.p., in quanto dai Giudici di merito argomentata sulla base del fallace presupposto per cui l'astratta prevedibilità della complicazione operatoria, poi effettivamente verificatasi nel corso dell'intervento posto in essere il 18 novembre 2013 da parte del soggetto agente, ne escluderebbe radicalmente l'applicabilità. 2.8. Con l'ottavo motivo si deduce la carenza della motivazione in ordine alla mancata individuazione del rapporto causale tra l'ipotizzato fatto illecito e il presunto danno d'immagine lamentato dalla parte civile, atteso che la registrazione e la successiva trasmissione del video acquisito in atti in una diretta televisiva nazionale non dipendeva dal fatto illecito contestato nell'imputazione, ma da colui che aveva realizzato il filmato e proceduto alla sua diffusione. 2.9. Con l'ultimo motivo, infine, si censurano in via subordinata l'erronea esclusione della non punibilità per la particolare tenuità del fatto ex art. 131-bis c.p. e i correlati vizi di illogicità e carenza della motivazione, per avere la Corte d'appello argomentato l'esclusione sulla base del fallace presupposto che i requisiti della esiguità del danno o del pericolo si riferiscono alle conseguenze civilistiche della condotta o ad una situazione diversa dalla messa a repentaglio del ben giuridico tutelato dalla fattispecie incriminatrice, senza tener conto delle plurime indicazioni di segno contrario al riguardo prospettate e documentate dalla difesa in sede di gravame. 3. Con memoria trasmessa alla Cancelleria di questa Suprema Corte in data 5 aprile 2022, il difensore della parte civile A.S.L. di (OMISSIS), Avv. Alfredo Cacciapaglia, ha illustrato le sue conclusioni chiedendo il rigetto o la declaratoria di inammissibilità del ricorso, con la conferma delle statuizioni civili e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese di lite, da distrarre in favore del procuratore anticipatario. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Il ricorso è fondato e va accolto per le ragioni di seguito indicate. 2. In relazione alle ragioni di doglianza articolate nel primo motivo di ricorso deve osservarsi come, nel rilevare che solo al medico spetta compiere l'attività di visita e diretto intervento sul corpo del paziente, la sentenza impugnata abbia ritenuto irrilevante la qualifica di infermiere professionale del T. sul duplice assunto che quel tipo di attività non sarebbe consentito neanche ad un infermiere e che, nel caso di specie, egli vi partecipava non in quanto tale, bensì quale venditore della ditta fornitrice degli strumenti da utilizzare per l'esecuzione dell'intervento in sala operatoria. A nulla rileva, tuttavia, ai fini della configurabilità del fatto di reato oggetto del tema d'accusa, il motivo per il quale egli fosse presente in loco, né la precisa individuazione di tale motivo risulta esser stata compiutamente accertata in sede di merito. Parimenti irrilevante, ai predetti fini, deve ritenersi l'eventuale inosservanza di prescrizioni interne alla società fornitrice di dispositivi medici di cui il T. era dipendente, ovvero di normative regolanti l'organizzazione e il funzionamento dell'azienda ospedaliera nel cui plesso la vicenda storico-fattuale in esame si è verificata. Senza svolgere alcun tipo di accertamento sulla rilevanza delle linee guida specificamente applicabili in materia, né sul tipo di mansioni contrattuali e di eventuali competenze tecniche riconosciute all'infermiere professionale nell'ausilio da prestare all'attività del medico o, addirittura, nell'eventuale assunzione di un'iniziativa diretta per il tipo di operazione materialmente effettuata nel caso di specie - accertamento vieppiù necessario in considerazione della natura di norma penale in bianco attribuita alla fattispecie incriminatrice in esame (ex multis v. Sez. 6, n. 9089 del 03/04/1995, Schirone, Rv. 202273) -, la sentenza impugnata ha inoltre affermato, in maniera apodittica, che egli non poteva occuparsi del riposizionamento del catetere durante l'intervento effettuato sul corpo del paziente D.L.C.. In ordine alle caratteristiche dell'attività svolta dal coimputato, inoltre, la decisione impugnata, sebbene il correlativo tema di prova fosse stato puntualmente formulato nel correlativo atto d'impugnazione, ha omesso di considerare il contenuto delle dichiarazioni rese dal teste P.E.C.L., là dove egli ha fatto riferimento alla possibilità che nelle procedure operatorie del tipo in esame il medico ricevesse materiale assistenza e supporto da parte dell'infermiere, affermando segnatamente: a) che solo in tre occasioni, quale responsabile del laboratorio di elettrofisiologia cardiaca dell'Ospedale "(OMISSIS)" di (OMISSIS), egli aveva dovuto fronteggiare problematiche operatorie analoghe a quelle verificatesi nel caso in esame (con il catetere per la stimolazione ventricolare rimasto "incarcerato" nell'introduttore lungo utilizzato per posizionarlo all'interno dei rami del seno coronarico) e che in una di esse si era riusciti a risolvere il blocco e a completare l'impianto con manovre di trazione e di spinta, mentre nelle altre due era stato costretto a rimuovere l'introduttore e a ripetere la procedura collocandovi un nuovo catetere; b) che in tali circostanze era sempre assistito da almeno due infermieri e che poteva accadere di dover richiedere, a supporto del medico impegnato nell'operazione, il diretto intervento di collaborazione da parte del personale infermieristico; c) che tali problematiche, peraltro, vennero da lui segnalate alla casa produttrice, tanto che nei dispositivi di nuova produzione si cercò di eliminare il rischio di blocco del catetere apportandovi delle modifiche. 3. Analoghe considerazioni devono svolgersi, con riferimento al terzo motivo di ricorso, per quel che attiene all'omessa disamina dei plurimi profili di doglianza (v., in narrativa, il par. 2.3.) che in sede di gravame hanno specificamente investito non solo l'attendibilità, soggettiva ed oggettiva, delle dichiarazioni rese da M.G., ma le stesse modalità di formazione delle riprese video poi confluite in un "CD" trasmesso anche agli autori di un programma televisivo d'inchiesta. Al riguardo, invero, la sentenza impugnata ne ha ritenuto credibile la deposizione, valorizzando, fra l'altro, il riferimento ad un'attività di piena e prolungata "sostituzione" del cardiologo da parte del T. nel corso dell'intervento chirurgico del 18 novembre 2013. Ciò non di meno, nel ritenere "altamente probabile", in risposta ad una specifica deduzione difensiva dell'appellante, la circostanza che l'autore delle riprese fosse stato proprio il M., la Corte distrettuale ha illogicamente omesso di considerare, ai fini del necessario apprezzamento di merito sulla sua contestata attendibilità, il fatto che nel corso dell'istruttoria dibattimentale egli aveva negato di esserne l'autore: profilo ricostruttivo, questo, che avrebbe imposto una più ampia ed approfondita verifica non solo sulle modalità di realizzazione della videoregistrazione in atti acquisita, ma anche sulle ragioni, sui tempi e sullo specifico comportamento che ne avevano caratterizzato la presenza in loco, argomentandone criticamente le risultanze in relazione al complesso dei divergenti elementi di prova dalla difesa puntualmente prospettati in sede di gravame. 4. Analoghi vizi della motivazione sono rilevabili in merito alla apodittica valutazione di inattendibilità della deposizione resa dalla teste oculare C.C., infermiera presente in sala durante l'intero svolgimento dell'intervento, il cui contributo dichiarativo - niente affatto smentito dalla allegata deposizione del paziente, né obiettivamente confutabile, a fronte di un intervento tecnicamente complesso e della durata di alcune ore, sulla base di inferenze temporalmente circoscrivibili alla visione di spezzoni di immagini di un filmato della breve durata di sessantacinque secondi - non è stato adeguatamente considerato, sebbene ella avesse puntualmente ricostruito la scansione cronologica e la dinamica dei fatti, dichiarando in particolare: a) che il medico aveva condotto direttamente l'intervento sino al momento in cui aveva riscontrato il problema derivante dal blocco dell'elettrocatetere nell'introduttore, mentre il coimputato vi assisteva, nella sua qualità di specialista, vestito con abiti non sterili; b) che nel paziente, tuttavia, contestualmente ai tentativi del medico di risolvere il problema con l'inserimento dell'elettrocatetere in quel frangente inceppatosi, insorgevano fenomeni di dispnea e di calo pressorio, affrontati indicando all'infermiera sia la somministrazione dei farmaci necessari che l'esigenza di controllare i parametri vitali del paziente e il monitoraggio della saturazione dell'ossigeno; c) che il medico, quindi, chiedeva supporto al T. per l'espletamento della manovra di sblocco, dicendogli di vestirsi in abiti sterili; d) che il T. veniva coadiuvato nella vestizione dalla stessa C.; e) che nel corso dell'intervento il medico riusciva, con l'aiuto del T., a sbloccare con successo il dispositivo, portando poi a termine la procedura operatoria, complessivamente svoltasi per la durata di circa quattro ore. Ulteriori, e non compiutamente vagliati elementi probatori di conferma, riguardo alla ricostruzione dei fatti e all'effettivo manifestarsi della complicazione operatoria, cui lo stesso imputato ha fatto riferimento per giustificare la richiesta di ausilio rivolta in quel delicato frangente allo specialista, ed infermiere professionale, presente in sala, dovevano trarsi non solo dalle dichiarazioni rese dal consulente tecnico di parte A.M. - che ha spiegato come dall'esame delle immagini oggetto della videoripresa acquisita in atti era desumibile l'effettuazione delle attività di sblocco del catetere all'interno dell'introduttore lungo del tipo di quelle indicate dall'imputato - ma anche dalla testimonianza di un medico, C.A., il quale ha, per un verso, escluso, sulla base delle immagini tratte dalla visione del filmato, che il T. sia intervenuto nel campo operatorio e sul corpo umano, per altro verso dichiarato che il G.M. gli aveva riferito, nei giorni immediatamente successivi all'intervento del 18 novembre 2013, della situazione di emergenza che aveva dovuto affrontare, con il supporto del T., nel corso della predetta operazione. Ne', diversamente da quanto affermato nella sentenza impugnata, è possibile attribuire alla visione delle immagini di un video della durata di pochi secondi alcuna valenza probatoria in ordine a fasi della procedura ivi non rappresentate, e, segnatamente, con riguardo alla ricostruzione di fatti e comportamenti, antecedenti e successivi, non oggetto delle relative riprese, a fronte di un intervento operatorio tecnicamente complesso e protrattosi per la durata di circa quattro ore. 5. Travisato, ancora, deve ritenersi il contenuto delle dichiarazioni rese da V.R., consulente tecnico della difesa, con riferimento al passaggio motivazionale ove si assume che la problematica emersa nel corso dell'intervento di riposizionamento dell'elettrocatetere ventricolare svoltosi nel novembre 2013 sarebbe la stessa già verificatasi nel corso dell'iniziale intervento di posizionamento del catetere effettuato sul paziente nell'agosto del medesimo anno, laddove l'unica analogia tra le due vicende operatorie era stata dal predetto consulente tecnico individuata non in relazione alla complicazione che, secondo la tesi prospettata dalla difesa, richiese l'ausilio del T. (ossia il blocco dell'elettrocatetere nell'introduttore), bensì alla tendenza del paziente a sviluppare fenomeni di ipotensione e bradicardia, tanto che, già in occasione del primo intervento, gli vennero somministrati i farmaci necessari al caso. Nel corso del precedente intervento, di contro, si era verificata una diversa complicazione (la dissezione della vena coronarica laterale sinistra), che aveva imposto, per come spiegato dal predetto consulente tecnico nella sua deposizione, un differimento di almeno quaranta giorni dell'intervento di riposizionamento del catetere, per non provocare danni al paziente. La ricostruzione della dinamica dei fatti, sì come inizialmente prospettata dalla difesa del ricorrente, è stata poi pienamente confermata, per quel che interessa in questa Sede, non solo dal convergente contributo dichiarativo reso dalla teste C., ma, altresì, dalla deposizione del predetto consulente tecnico, sia in relazione alle modalità di esecuzione dell'intervento effettuato dal medico (che, una volta posizionata la guida metallica nella vena laterale, tentò di far scorrere il catetere all'interno del cd. delivery, lungo la guida che era nella vena prescelta), sia in relazione alle circostanze del blocco del catetere - che non avanzava all'interno del delivery - e del contestuale manifestarsi del richiamato fenomeno di dispnea, cui fecero seguito, da parte del medico, la richiesta di somministrazione di farmaci all'infermiera ed un ulteriore tentativo di avanzamento del catetere, con il duplice rischio, tuttavia, di perdere la buona posizione della guida, già raggiunta dal medico all'interno della vena, e di dover altresì fronteggiare il concreto pericolo di peggioramento della situazione clinica del paziente (con il calo della pressione arteriosa e della frequenza cardiaca). Evenienza storico-fattuale, quella ricostruita dal teste, non solo connotata da un particolare grado di pericolosità in un paziente anziano che, affetto da cardiomiopatia dilatativa, aveva già subito precedenti interventi, ma altresì produttiva di una situazione di fatto obbligata, non potendo il medico far altro, in quel frangente, se non affrontare rapidamente il problema e chiedere il supporto di qualcuno che lo aiutasse a risolverlo spingendo il catetere mentre egli manteneva ferma la guida metallica nella favorevole posizione già ottenuta. Ne', avuto riguardo alla peculiare condizione clinica del paziente, era in concreto percorribile, come dal teste spiegato nella sua deposizione, una soluzione alternativa basata sull'interruzione della procedura operatoria in corso, con la rimozione dell'introduttore e la conseguente riprogrammazione dell'intervento, che avrebbe potuto rivelarsi gravemente pregiudizievole per le sue condizioni di salute, in considerazione del rischio di una "....evoluzione verso una cardiomiopatia dilatativa ancor più grave". Di qui, come dichiarato dal predetto testimone, l'esigenza di rivolgersi al T., cui il G.M. chiese pertanto di lavarsi, indossare guanti ed abiti sterili, perché prestasse il suo materiale supporto al fine di far avanzare il catetere, a fronte di una situazione in quel momento "non altrimenti risolvibile", anche in considerazione del fatto che il T. ben conosceva la strumentazione in uso, che nessun altro medico dotato delle necessarie competenze era presente nel reparto e che di tali competenze non era in possesso l'infermiera presente in sala, a sua volta impegnata nell'assistere e monitorare il paziente. Nell'affiancare il medico alla sua destra, il T., alla stregua di quanto chiarito nella richiamata deposizione testimoniale: a) si limitò a manovrare il catetere all'interno del delivery, mentre il medico manteneva ferma la guida metallica, il che consentì di risolvere in tempi rapidi il problema, ottenendo l'immediato miglioramento delle condizioni cliniche del paziente; b) si limitò ad effettuare "esclusivamente.....alcune manovre sulla strumentazione necessaria ad eseguire la procedura già in precedenza posizionata dal medico senza toccare, se non indirettamente, il paziente". L'intervento, nelle sue successive fasi, fu portato correttamente a termine, con il riposizionamento, fra l'altro, del catetere atriale destro, che invece avvenne senza alcuna difficoltà. 5.1. Ne consegue che lo specialista, diversamente da quanto affermato nella sentenza impugnata (là dove si fa rifermento al fatto che gli imputati "concordemente facevano espletare la procedura interventistica al T.", in assenza, peraltro, di "qualsivoglia situazione di estrema urgenza che lo potesse giustificare"), non ha affatto inserito il dispositivo nel corpo del paziente, ma si è limitato ad aiutare il chirurgo - per un breve lasso temporale - al fine di sbloccarne il malfunzionamento e risolvere in tal modo la complicazione insorta durante l'intervento. Ne' risulta adeguatamente valorizzato, sotto tale specifico versante ricostruttivo della regiudicanda, l'intero arco degli elementi sintomatici dell'oggettiva imprevedibilità della complicazione insorta durante lo svolgimento dell'operazione, ove si consideri che: a) lo stesso imputato, nelle sue dichiarazioni in sede dibattimentale, aveva rimarcato il fatto che la richiamata evenienza non gli si era mai presentata nel corso dei numerosi (oltre settecento) interventi da lui con successo espletati; b) il suo collega, C., anch'egli medico esperto del settore, non aveva sperimentato analoghe complicazioni; c) il Dott. P., nel corso di oltre un decennio, aveva dovuto fronteggiare la richiamata situazione solo in tre occasioni. Erroneamente denegata deve pertanto ritenersi l'evocata situazione di necessità, a fronte della rilevata insorgenza di fenomeni di dispnea e calo della pressione sanguigna in un paziente anziano con grave quadro anamnestico, all'interno di una sequenza temporale già caratterizzata dall'imprevedibile manifestarsi di una complicazione operatoria non determinata dall'agente e non altrimenti fronteggiabile se non attraverso la richiesta di un ausilio materialmente offerto da persona dotata di specifiche competenze tecniche, e positivamente dispiegatosi in un breve lasso di tempo, in condizioni di obiettiva emergenza, sotto il diretto controllo del medico operante e con l'esclusiva finalità di tutelare la salute del paziente dai concreti rischi di un suo pericoloso aggravamento. E' infatti pacifica, nell'insegnamento giurisprudenziale di questa Suprema Corte, l'affermazione del principio secondo il quale, perché sussista lo stato di necessità, occorre che la condotta sia determinata non solo dalla incombenza di un pericolo grave, cui l'agente non abbia dato causa, ma anche dalla imminenza e dalla attualità del pericolo stesso, di guisa che l'agente medesimo non abbia, in quel momento, altra scelta all'infuori di quella di subire il conseguente danno o di porre in essere l'azione che gli si imputa come reato e sempre che tra il pregiudizio temuto e l'azione di difesa sussista un giusto rapporto di proporzione (da ultimo v. Sez. 6, n. 24255 del 16/03/2021, Degji Gift, Rv. 281526; v., inoltre, Sez. 4, n. 8471 del 29/03/1973, De Cales, Rv. 125559): nesso, quello or ora indicato, agevolmente rilevabile nel caso in esame, sulla base di quanto dianzi esposto in relazione alle riscontrate condizioni di emergenza e di pericolo per la salute del paziente. 5.2. Più in generale, tuttavia, deve rilevarsi come nel caso in esame non sia propriamente configurabile la responsabilità a titolo concorsuale nell'abusivo esercizio di un'attività propria della professione medica, tale non potendosi ritenere, in presenza delle condizioni date, il supporto materialmente prestato da un infermiere professionale attraverso un intervento meccanico di sblocco del funzionamento di uno strumento o dispositivo sanitario situato nella sfera corporea del paziente e rivelatosi difettoso, o per qualsiasi altra ragione inceppatosi, nel corso di un'operazione condotta dal medico, su richiesta di quest'ultimo e sotto il suo personale ed esclusivo controllo, senza agire direttamente sul corpo del paziente, ma limitandosi a svolgere un'attività meramente ausiliaria ed oggettivamente funzionale all'espletamento della professione medica. Questa Corte, invero, ha già affermato, sotto tale profilo, che l'attività professionale tipica è spesso preceduta, accompagnata o seguita da atti necessari od utili, ma non tipici, che spetta al giudice di merito valutare in punto di fatto, al fine di stabilire se possano comunque ritenersi espressione della competenza e del patrimonio di conoscenze che il legislatore ha specificamente inteso tutelare attraverso l'individuazione della professione protetta (Sez. 6, n. 17702 del 03/03/2004, Bordi, Rv. 228472). 6. Logicamente assorbite, pertanto, devono ritenersi le residue ragioni di doglianza prospettate nel ricorso. 7. Sulla base delle su esposte considerazioni s'impone, conclusivamente, l'annullamento senza rinvio della sentenza impugnata, secondo la correlativa formula in dispositivo indicata. P.Q.M. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata, perché il fatto non sussiste. Così deciso in Roma, il 28 aprile 2022. Depositato in Cancelleria il 22 giugno 2022
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