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Prove

Inutilizzabilità: è consentito ricorrere alla cd. "prova di resistenza", valutando se, espunte le prove inutilizzabili, la decisione sarebbe rimasta invariata

Inutilizzabilità: è consentito ricorrere alla cd. "prova di resistenza", valutando se, espunte le prove inutilizzabili, la decisione sarebbe rimasta invariata

Cassazione penale sez. IV, 14/12/2023, n.50817

Nel giudizio di legittimità, laddove risulti l'inutilizzabilità di prove illegalmente assunte, è consentito ricorrere alla cd. "prova di resistenza", valutando se, espunte le prove inutilizzabili, la decisione sarebbe rimasta invariata in base a prove ulteriori, di per sé sufficienti a giustificare la medesima soluzione adottata. (Fattispecie in tema di guida in stato di ebbrezza e di alterazione psicofisica dovuta all'assunzione di sostanze stupefacenti, in cui la Corte ha ritenuto la decisione immune da censure, non risultando la condanna pregiudicata dall'espunzione dal compendio probatorio delle dichiarazioni confessorie rese dall'imputato nell'immediatezza del fatto, erroneamente ritenute utilizzabili, posto che il giudizio di primo grado era stato definito con rito ordinario).

Norme di riferimento

La sentenza integrale

RITENUTO IN FATTO 1. Con sentenza in data 07/02/2023, la Corte di appello di Firenze ha confermato la sentenza del precedente 01/03/2022, con cui il Tribunale di Lucca aveva affermato la penale responsabilità di S.R. in ordine alle contravvenzioni di guida in stato di ebbrezza e di guida in stato di alterazione psicofisica dovuta all'assunzione di sostanze stupefacenti, aggravate dall'aver causato un sinistro stradale e, per l'effetto, lo aveva condannato alla pena ritenuta di giustizia. 2. Avverso l'ordinanza ha proposto ricorso per cassazione il difensore di fiducia dello S., avv.to Francesco Stefani, che ha articolato un unico motivo di ricorso, di seguito sintetizzato conformemente al disposto dell'art. 173 disp. att. c.p.p.. 2.1. Con tale motivo lamenta, ai sensi dell'art. 606 c.p.p., comma 1, lett. c) ed e), l'inosservanza di norme processuali stabilite a pena di inutilizzabilità e, in specie, del disposto di cui agli artt. 63 e 191 c.p.p. e il vizio di motivazione per contraddittorietà e manifesta illogicità in punto di ritenuta utilizzabilità delle dichiarazioni rese dall'imputato nell'immediatezza dei fatti. Rileva, in proposito, che nella decisione della Corte territoriale l'affermazione della penale responsabilità dello S. sarebbe stata illegittimamente basata, oltre che sul fatto che costui era l'unico individuo trasportato in ospedale per le cure rese necessarie dal sinistro, anche sul contenuto delle dichiarazioni, di tenore confessorio, dallo stesso rese nell'immediato, contraddittoriamente ritenute utilizzabili, posto che il verbale in cui risultavano trasfuse non è incluso nel novero degli atti irripetibili ex art. 431 c.p.p. e che il giudizio di primo grado era stato definito con rito ordinario. 3. Il medesimo difensore ha depositato poi, in data 29/11/2023, una memoria di replica alle conclusioni scritte rassegnate dal pubblico ministero, insistendo per l'accoglimento del ricorso presentato. 4. Il procedimento è stato trattato in udienza camerale con le forme e con le modalità di cui al D.L. n. 137 del 2020, art. 23, commi 8 e 9, convertito dalla L. n. 176 del 2020, i cui effetti sono stati prorogati dal D.L. n. 105 del 2021, art. 7 convertito dalla L. n. 126 del 2021 e, ancora, dal D.L. n. 228 del 2021, art. 16 convertito dalla L. n. 15 del 2022. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Il ricorso presentato nell'interesse di S.R. risulta infondato per le ragioni che, di seguito, si espongono. 2. Privo di pregio è l'unico motivo di ricorso, con cui si lamenta l'inosservanza di norme processuali stabilite a pena di inutilizzabilità e, in specie, del disposto di cui agli artt. 63 e 191 c.p.p. e il vizio di motivazione per contraddittorietà e manifesta illogicità in punto di ritenuta utilizzabilità delle dichiarazioni rese dall'imputato nell'immediatezza dei fatti, sostenendo che nella decisione della Corte territoriale l'affermazione della penale responsabilità dello S. sarebbe stata illegittimamente basata, oltre che sul dato di fatto che costui era stato l'unico soggetto trasportato in ospedale per le cure rese necessarie dal sinistro, anche sul contenuto delle dichiarazioni, di tenore confessorio, dallo stesso rese nell'immediato, erroneamente ritenute utilizzabili, posto che il giudizio di primo grado era stato definito con rito ordinario e che il verbale in cui tali dicta risultavano trasfusi non è incluso nel novero degli atti irripetibili ex art. 431 c.p.p.. Rileva al riguardo il Collegio che sussiste effettivamente il denunziato vizio di inosservanza norme processuali stabilite a pena di inutilizzabilità, avendo la Corte territoriale posto a fondamento della pronunzia di conferma della sentenza di condanna di primo grado anche le dichiarazioni di tenore autoaccusatorio rese dall'imputato nell'immediatezza dei fatti, ovvero un elemento di prova radicalmente inutilizzabile ai sensi del combinato disposto di cui all'art. 63 c.p.p., comma 2, e art. 191 c.p.p., atteso che il giudizio di primo grado era stato celebrato con rito ordinario. L'indicato vizio di inosservanza di norma procedurale non mina, tuttavia, la tenuta del tessuto argomentativo a fondamento della pronunzia della Corte territoriale, ove solo si consideri che i giudici di secondo grado, con percorso motivazionale lineare, logico e tutt'altro che contraddittorio, hanno basato la conferma della pregressa decisione di condanna anche su elementi ulteriori, quali, in specie, i rilievi effettuati dal personale di polizia sul luogo del sinistro automobilistico in cui era rimasto coinvolto lo S., l'avvenuto trasferimento in ospedale, per le cure necessarie, di un solo individuo, identificato nel predetto e i test indicativi della previa assunzione, da parte sua, di sostanze alcooliche e stupefacenti, utilizzando le menzionate dichiarazioni confessorie a mò di riscontro. Peraltro, la tenuta dell'impianto argomentativo non risulta in alcun modo pregiudicata dall'espunzione dal compendio probatorio del solo elemento da ultimo indicato. Ritiene, infatti, il Collegio che anche nel giudizio di legittimità vada esperita la cd. prova di resistenza, in aderenza al consolidato insegnamento della Suprema Corte secondo cui "Allorché con il ricorso per cassazione si lamenti l'illegale assunzione di una prova, è consentito procedere in sede di legittimità alla cd. "prova di resistenza", e cioè valutare se gli elementi di prova acquisiti illegittimamente abbiano avuto un peso reale sulla decisione del giudice di merito, mediante il controllo della struttura della motivazione, al fine di stabilire se la scelta di una certa soluzione sarebbe stata la stessa senza l'utilizzazione di quegli elementi, per la presenza di altre prove ritenute sufficienti" (così, ex multis, Sez. 5, n. 569 del 18/11/2003, dep. 12/01/2004, Bonandrini e altro, Rv. 226972-01). Per altro verso, deve poi evidenziarsi che la doglianza agitata con il motivo in disamina, nella parte incentrata sul vizio motivazionale, appare del tutto generica, non essendosi indicate le ragioni per le quali, in tesi, l'impianto argomentativo franerebbe a seguito dell'espunzione dell'elemento di prova utilizzabile. Costituisce, infatti, consolidato insegnamento del giudice di legittimità - al quale il Collegio intende dare continuità - quello secondo cui "Nell'ipotesi in cui con il ricorso per cassazione si lamenti l'inutilizzabilità di un elemento a carico, il motivo di impugnazione deve illustrare, a pena di inammissibilità per aspecificità, l'incidenza dell'eventuale eliminazione del predetto elemento ai fini della cosiddetta "prova di resistenza", in quanto gli elementi di prova acquisiti illegittimamente diventano irrilevanti ed ininfluenti se, nonostante la loro espunzione, le residue risultanze risultino sufficienti a giustificare l'identico convincimento" (così Sez. 2, n. 7986 del 18/11/2016, dep. 20/02/2017, La Gumina e altro, Rv. 269218-01, nonché, in precedenza, Sez. 3, n. 3207 del 02/10/2014, dep. 23/01/2015, Calabrese, Rv. 262011-01 e Sez. 6, n. 18764 del 05/02/2014, Barilari, Rv. 259452-01). 3. Alla stregua delle considerazioni che precedono, risultando insussistenti i vizi denunziati, il ricorso deve essere rigettato, con conseguente onere per il ricorrente di sostenere, ai sensi dell'art. 616 c.p.p., le spese del procedimento. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Così deciso in Roma, il 14 dicembre 2023. Depositato in Cancelleria il 20 dicembre 2023
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