RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza del 5 marzo 2024 la Corte di appello di Roma ha ritenuto sussistenti le condizioni per l'esecuzione del mandato di arresto europeo nei confronti di Me.An., emesso il 12 luglio 2023 dalla Procura Distrettuale di Lisbona in ordine al reato di traffico internazionale di stupefacenti aggravato e punito dagli artt. 21 e 24, lett. b) e c), del Decreto Legge n. 15/93 del 22 gennaio con riferimento alla tabella 1-B, dal 28 settembre 2022 al giugno 2023.
La Corte di appello ha apprezzato il dato relativo alla pendenza di una richiesta di estradizione da parte dell'Uruguay per gli stessi fatti per cui procede l'Autorità portoghese ed ha fatto riferimento alla consistenza degli addebiti in ordine ai quali era stata altresì emessa misura cautelare in carcere a carico del Me.An., accusato di aver acquistato dall'Uruguay sostanza stupefacente per un quantitativo di circa cinquanta chilogrammi di sostanza stupefacente del tipo cocaina, che era stata fatta arrivare in Portogallo.
La Corte di appello ha, inoltre, condiviso la necessità, conformemente alla richiesta ministeriale, di dare precedenza alla richiesta di consegna in favore dell'Autorità portoghese, nel cui territorio erano stati arrestati due cittadini italiani all'atto del ritiro dello stupefacente fatto recapitare a Lisbona e proveniente dall'Uruguay con consegna controllata delle Autorità uruguaiane e portoghesi, con transito dalla Spagna, in quanto la consegna al Paese europeo richiedente, contrariamente a quanto si verificherebbe nell'ipotesi della consegna estradizionale in favore dell'Uruguay, consentirebbe, se del caso, l'espiazione della pena in Italia ex art. 19, comma 2, legge n. 69 del 2005.
I Giudici di merito hanno escluso, infine, la rilevanza dell'eccepita simultanea pendenza di altro procedimento per gli stessi fatti in Italia, segnatamente presso la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Velletri, e hanno disposto la consegna del cittadino italiano all'Autorità giudiziaria portoghese, condizionandola, a pena eventualmente irrogata, al rinvio in Italia per l'espiazione della stessa.
2. Avverso la decisione ha proposto ricorso Me.An. che, per il tramite del difensore, deduce che l'esecuzione del mandato di arresto si era resa possibile grazie ad indagini condotte anche dalle Procura della Repubblica presso i Tribunali di Reggio Calabria e di Velletri, dovendosi pertanto ritenere che presso quelle sedi giudiziarie penda un procedimento penale in ordine al quale è stata sollecitata una richiesta di notizie alla Corte di appello, che tuttavia si disinteressava del tema ed ometteva ogni motivazione sul punto.
II ricorrente evidenzia l'anomalia insita nel fatto che il mandato di arresto europeo sia stato eseguito dopo circa sette mesi dalla sua emissione.
Deve altresì rilevarsi, ad avviso del ricorrente, che, a fronte di tale ritardo, la Corte di appello si è affrettata ad emettere la sentenza senza svolgere gli accertamenti pur richiesti ed impedendo la predisposizione di un'adeguata difesa del cittadino italiano, specie nella parte in cui è stata rappresentata la pendenza di un procedimento penale per lo stesso fatto di reato.
Si evidenzia, infine, il fatto che la consegna è stata disposta solo per la fase cautelare e che, qualora venisse condannato, il ricorrente sconterebbe in Italia la pena. Tali elementi impongono di annullare la sentenza della Corte di appello, atteso che il Me.An. è soggetto incensurato, ben inserito nel tessuto sociale e lavorativo, avendo finanche ricoperto cariche pubbliche.
3. Con memoria difensiva del 6 aprile 2024, la difesa del ricorrente rileva, a conferma della pendenza presso la Procura della Repubblica di Reggio Calabria di altro procedimento afferente gli stessi fatti, come ciò emerga dalla nota - di cui si è avuta la disponibilità solo dopo la decisione della Corte di appello - del Ministero dell'Interno che era presente negli atti del fascicolo pendente presso l'Autorità portoghese.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è fondato per quanto di ragione.
2. In disparte il dedotto irrilevante tema connesso al presunto ritardo con cui sarebbe stato eseguito il mandato di arresto europeo in uno al manifestamente infondato rilievo attraverso cui si assume la eccessiva celerità con cui la Corte di appello avrebbe adottato la decisione in ordine alla consegna (la cui scansione cronologica risulta rigorosamente disciplinata proprio dalla legge n. 69 del 2005), fondata risulta la dedotta violazione dell'art. 18-bis, comma 1, lett. b), l. n. 69 del 2005.
Si assume, al riguardo, che il provvedimento di consegna sarebbe stato emesso in presenza di cause ostative in ragione della pendenza, sul territorio italiano, di indagini afferenti allo stesso fatto di reato che ha portato le Autorità portoghesi a richiedere l'esecuzione del mandato di arresto europeo.
3. La Corte ribadisce sul punto l'orientamento consolidato, formatosi già nel vigore dell'art. 18, comma 1, lett. p), legge cit. - e tenuto fermo anche a seguito dell'introduzione, da parte della legge n. 117 del 2019, della causa facoltativa di rifiuto di cui all'art. 18-bis, lett. b), legge cit. - in forza del quale anche il motivo di rifiuto per fatti commessi in parte nel territorio dello Stato si fonda
sull'individuazione di un concreto interesse, legato ad una situazione oggettiva, attestata dalla sussistenza di indagini sul fatto oggetto della richiesta di consegna, sintomatiche della volontà di affermare la propria giurisdizione; giurisprudenza di legittimità del medesimo tenore sussiste anche in ordine ai limiti della consegna quanto all'esistenza di un procedimento pendente in Italia (Sez. 6, n. 5929 del 11/02/2020, Pennisi, Rv. 278329; Sez. 6, n. 27992 del 13/06/2018, H., Rv. 273544).
Specie per quel che concerne la pendenza di analogo procedimento per gli stessi fatti, risulta doverosa una preliminare verifica degli elementi da cui poter desumere la sussistenza di un concreto interesse tale da essere significativo della volontà di affermare la propria giurisdizione e, se del caso, rifiutare la consegna.
Ed infatti, questa Corte ha rilevato che quando la richiesta di consegna riguardi fatti commessi in tutto o in parte nel territorio dello Stato o in altro luogo assimilato, il motivo facoltativo di rifiuto previsto dall'art. 18-bis, comma 1, lett. b), della legge 22 aprile 2005, n. 69, sussiste solo se, al momento della ricezione della richiesta di consegna, risulti l'effettivo e pregresso esercizio della giurisdizione nazionale sul medesimo reato oggetto del mandato (Sez. 6, n. 20539 del 24/05/2022, Radulovic, Rv. 283600).
4. Proprio quanto allegato nel ricorso e nella memoria difensiva trasmessa il 6 aprile 2024, che ha evidenziato la contestuale pendenza, in ordine agli stessi fatti, di un procedimento iscritto presso la Procura della Repubblica di Reggio Calabria, come emergente dalla nota del Ministero dell'Interno che di detta attività dà esplicito conto nella parte in cui si accenna a consistenti investigazioni, anche di natura tecnica, di cui al procedimento n. 2290/2023 R.G.N.R. Mod. 21 D.D.A. (da cui si desume il coinvolgimento delle medesime persone, tra cui il Me.An., in ordine agli stessi fatti afferenti un traffico internazionale di sostanza stupefacente per cui procede l'Autorità giudiziaria portoghese richiedente la consegna), impone alla Corte del merito una compiuta verifica della volontà da parte dell'Autorità procedente di affermare la propria giurisdizione e, se del caso, rifiutare la consegna.
Poiché il dato non risulta esaminato dalla Corte di appello, che ha fatto riferimento al solo procedimento pendente presso la Procura della Repubblica di Velletri (certamente relativo alla esecuzione della perquisizione nel contesto territoriale ove vive il Me.An., resasi necessaria per la esecuzione della misura cautelare emessa nell'ambito della richiesta estradizionale da parte dell'Uruguay), consegue la necessità di annullare la sentenza con rinvio alla Corte di appello di Roma che dovrà accertare la sussistenza o meno di "un concreto interesse, legato ad una situazione oggettiva, attestata dalla sussistenza di indagini sul fatto oggetto della richiesta di consegna", significativo della volontà di affermare la giurisdizione italiana.
5. La Cancelleria curerà l'espletamento degli adempimenti di cui all'art. 22, comma 5, legge n. 69 del 2005.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata e rinvia per nuovo giudizio alla Corte di appello di Roma.
Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all'art. 22, comma 5, legge n. 69 del 2005.
Così deciso il 11 aprile 2024.
Depositato in Cancelleria il 12 aprile 2024.