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Diritto penale internazionale

Mandato di Arresto Europeo: Partecipazione dell'Imputato al Processo

Cassazione penale sez. VI, 09/04/2024, (ud. 09/04/2024, dep. 10/04/2024), n.14886

Finalità processuale del Mandato di Arresto Europeo (MAE): La sentenza chiarisce che il MAE può essere emesso non solo per eseguire una pena definitivamente irrogata, ma anche per consentire la partecipazione dell'imputato a un processo in corso in un altro Stato membro.

Limiti della competenza del giudice dello Stato di esecuzione: Il giudice dello Stato di esecuzione non può sindacare le valutazioni discrezionali che hanno portato all'adozione del MAE da parte del giudice dello Stato emittente.

Necessità della presenza dell'imputato: La presenza dell'imputato può essere richiesta per compiere atti istruttori che richiedono la sua partecipazione o anche solo per esercitare l'azione penale nei suoi confronti.

Esclusione della verifica della necessità della presenza: Non compete al giudice dello Stato di esecuzione verificare la necessità della presenza dell'imputato al processo in corso, poiché tale valutazione spetta all'Autorità giudiziaria dello Stato emittente.

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La sentenza integrale

RITENUTO IN FATTO 1. Con il provvedimento in epigrafe, la Corte di appello di Firenze ha disposto la consegna di Me.Ma. all'autorità giudiziaria della Francia in esecuzione del mandato di arresto europeo processuale emesso in data 6 febbraio 2024 dal Tribunale di Grasse, relativo ad un reato di truffa, commesso nella città di N dal 27 febbraio 2017 al 31 dicembre 2018, attraverso l'emissione di fatture per operazioni inesistenti oggetto di un contratto di factoring per la cessione dei relativi crediti per l'importo corrispondente ed un danno stimato in euro 266.483,44. La Corte di appello con la sentenza impugnata ha disposto la consegna alla competente A.G. dello Stato emittente subordinatamente alla condizione che la persona dopo essere stata sottoposta a processo, sia rinviata nello Stato italiano per scontarvi la pena o la misura di sicurezza privative della libertà personale, eventualmente applicate nei suoi confronti nello Stato membro di emissione. 2. Il ricorrente deduce i seguenti motivi di ricorso. 2.1. Violazione di legge essendo il mandato di arresto europeo (MAE) stato emesso sulla base del presupposto erroneo che il Me.Ma. si sia reso latitante sottraendosi alla citazione disposta per procedere al suo interrogatorio da parte dell'A.G. francese nell'ambito del processo pendente nei suoi confronti per il reato di truffa ascrittogli in concorso con altri nell'imputazione posta a fondamento del MAE. Si rappresenta che il Me.Ma. ha provveduto a nominare un proprio difensore di fiducia francese nel processo in oggetto e che ha documentato la sua mancata comparizione per rendere interrogatorio per ragioni di salute, come da documentazione prodotta dall'avvocato francese al Giudice francese (allegata al ricorso), e che in tale situazione processuale non si giustifica l'emissione o l'esecuzione del MAE potendosi il processo, di cui l'imputato è perfettamente a conoscenza, svolgersi in assenza o in contumacia dell'imputato. 2.2. Con il secondo motivo si rappresenta che il MAE è privo di adeguata motivazione in considerazione del fatto che nel periodo da febbraio 2017 a dicembre 2018 il Me.Ma., come anche i suoi coimputati Ma. e Fa., non si trovavano in Francia, né hanno mai avuto domicilio o residenza in Francia. Inoltre, si censura la genericità del capo di imputazione difettando gli elementi costitutivi del reato di truffa, trattandosi dì fatti di esclusivo rilievo civilistico con conseguente illegittimità del MAE perché privo di adeguata motivazione. 2.3. Deduce con il terzo motivo violazione dell'art. 18-bis I. 22 aprile 2005, n. 69 trattandosi di fatti rispetto ai quali il Me.Ma. ed il Ma. erano stati già chiamati a rendere interrogatorio avanti alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Firenze con apertura di un procedimento in Italia per gli stessi fatti. Al riguardo si osserva, inoltre, che, trattandosi della falsificazione di fatture, il reato deve ritenersi commesso in territorio italiano. 3. Si deve dare atto che i difensori hanno depositato memoria scritta allegando il decreto di riconoscimento dell'OIE in forza del quale la Procura di Firenze su ordine dell'AG francese ha proceduto all'interrogatorio, insistendo nell'accoglimento dei motivi di ricorso. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile. Il primo motivo di ricorso è manifestamente infondato. Nella motivazione della sentenza impugnata si dà conto della natura processuale del MAE, e della mancanza di elementi per ritenere che la finalità della sua emissione sia stata solo quella di procedere all'interrogatorio della persona richiesta. Al riguardo, tuttavia, si deve rimarcare l'irrilevanza della questione, atteso che, per giurisprudenza consolidata di legittimità, può essere data esecuzione ad una richiesta di consegna nei confronti di persona imputata di un reato per procedere al suo interrogatorio, poiché l'art. 6, comma primo, lett. c), della legge n. 69 del 2005 consente il ricorso alla procedura in esame con riferimento ad ogni provvedimento di natura coercitiva emesso dall'Autorità giudiziaria dello Stato di emissione, quali che ne siano i motivi, purché inerenti al processo (Sez. 6, n. 43386 del 11/10/2016, Berdzik, Rv. 268305; Sez. 6, n. 20282 del 24/04/2013, Radosavljevic, Rv. 252867; Sez. 6, n. 45043 del 20/12/2010, Velardi, Rv. 249211). È stato già affermato che: a) una tale tipologia di mandato di arresto non è fondata su ragioni incompatibili con diritti fondamentali dell'imputato, in relazione sia ai principi della Costituzione sia a quelli enunciati nella C.E.D.U. e considerato che dall'autorità giudiziaria dello Stato di esecuzione non possono essere sindacate le valutazioni discrezionali che hanno condotto l'autorità giudiziaria dello Stato emittente alla sua adozione; b) non compete all'autorità giudiziaria italiana verificare la sussistenza delle esigenze cautelari previste dall'art. 274 cod. proc. pen. per l'adozione del provvedimento cautelare "interno" da parte dell'autorità giudiziaria estera, rilevando unicamente il fatto che il mandato d'arresto europeo sia una decisione giudiziaria emessa al fine dell'esercizio di azioni giudiziarie in materia penale (Sez. 6, n. 22223 del 9/6/2010, Liberati, Rv. 247820). Nello specifico, con le precedenti decisioni si è dato corso alla consegna in esecuzione di mandato di arresto europeo (c.d. processuale) in relazione al provvedimento volto a consentire la presenza dell'imputato in udienza (n. 20282/2013) ed al mandato eli accompagnamento a fini investigativi per l'espletamento dell'interrogatorio (n. 45043/2010). A conforto di tale orientamento, va considerato che, al fine di armonizzare e adeguare la normativa nazionale rispetto a quella europea, con le modifiche apportate dal D.Lgs. 2 febbraio 2021, n. 10 sono state eliminate quelle disposizioni che facevano riferimento all'emissione di un provvedimento cautelare, in particolare quella di cui all'art. 1, comma 3, legge n. 69 del 2005 che stabiliva che "l'Italia darà esecuzione al mandato d'arresto europeo alle condizioni e con le modalità stabilite dalla presente legge, sempre che il provvedimento cautelare in base al quale il mandato è stato emesso sia stato sottoscritto da un giudice, sia motivato, ovvero che la sentenza da eseguire sia irrevocabile". Ed ancora è stato soppresso, tra le cause di rifiuto, l'art. 18, comma 1, lett. q), della legge cit. che faceva riferimento all'emissione di un provvedimento cautelare mancante di motivazione. Non si ignora che dopo l'introduzione dell'Ordine europeo d'indagine è stato anche affermato che non può essere data esecuzione ad un mandato di arresto europeo emesso per esclusive finalità investigative, disancorate dall'esercizio dell'azione penale, dovendosi garantire un uso proporzionale dell'euromandato ed essendo possibile il ricorso, ai detti fini, a strumenti di cooperazione non coercitivi alla stregua della Direttiva 2014/41/UE (cfr. Sez. 6, n. 7861 del 21/02/2023, Arciszewski Rv. 284251, relativa ad un mandato emesso dall'Autorità giudiziaria polacca, del tutto carente della indicazione degli atti istruttori da compiere in una fattispecie in cui risultava mancante l'esercizio di un'azione penale nei confronti della persona richiesta). Tuttavia, è rimasto fermo il principio della piena legittimità del mandato di arresto europeo emesso allorché una persona debba essere trasferita in un altro Stato membro ai fini di un procedimento penale pendente nei suoi confronti, anche solo per comparire dinanzi a un organo giurisdizionale ed essere processata, in conformità della decisione quadro 2002/584/GAI del Consiglio. L'art. 6, comma primo, lett. c), della legge n. 69 del 2005 consente, infatti, il ricorso alla procedura in esame con riferimento ad ogni provvedimento di natura coercitiva emesso dall'Autorità giudiziaria dello Stato di emissione, qualunque ne siano i motivi, purché inerenti al processo, essendo la finalità del mandato non solo quella di dare esecuzione ad una pena definitivamente irrogata dall'A.G. di uno Stato membro ma anche di dare corso all'esercizio dell'azione penale. Quindi, ove la comparizione della persona sia richiesta in funzione della partecipazione ad un processo in corso, il mandato è legittimamente emesso, anche se non risulti emessa una misura cautelare ma l'A.G. procedente abbia ritenuto necessaria la presenza dell'imputato per compiere un atto istruttorio che richiede la sua partecipazione o anche soltanto in funzione dell'esercizio dell'azione penale nei suoi confronti. Non compete allo Stato di esecuzione la verifica della necessità o meno della presenza della persona richiesta al processo in corso di svolgimento nei suoi confronti davanti all'A.G. dello Stato emittente in base alla normativa processuale vigente in quello Stato, non essendo il presupposto del MAE processuale l'emissione di una ordinanza cautelare, ma qualunque provvedimento giudiziario coercitivo che ne disponga l'arresto per dare corso all'esercizio dell'azione penale nei suoi confronti. Peraltro, avendo l'A.G. francese già disposto una prima audizione degli imputati tramite l'emissione di un ordine di indagine europeo (OIE), come emerge dal riferimento operato in sentenza a tale profilo trattato per escludere la esistenza di un autonomo procedimento penale pendente davanti all'A.G. italiana, si deve ritenere soddisfatto quel principio di ragionevolezza secondo cui per garantire un uso proporzionato del Mae "L'autorità di emissione dovrebbe esaminare, in particolare, se l'emissione di un OEI ai fini dell'audizione di una persona sottoposta a indagini o di un imputato mediante videoconferenza possa costituire una valida alternativa" (cfr. il considerando 26 della Direttiva 2014/41/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 3 aprile 2014, relativa all'ordine europeo di indagine penale). 2. Manifestamente infondati sono gli altri motivi di ricorso. La Corte di appello ha ritenuto correttamente insussistente il motivo di rifiuto di cui all'art. 18-bis, lett. b, legge cit. evidenziando che non risulta a carico del ricorrente la pendenza di alcun procedimento per gli stessi fatti davanti all'Autorità giudiziaria italiana, atteso che l'interrogatorio disposto dalla Procura della Repubblica di Firenze è avvenuto in esecuzione di un ordine di indagine europeo emesso dalla stessa A.G. francese, l'unica procedente. Quanto, poi, al motivo di rifiuto di cui alla lett. a) del medesimo art. 18-bis legge cit., è manifestamente infondata la censura difensiva che altera la descrizione dei fatti-reato oggetto dell'imputazione posta a base del MAE per affermare una differente collocazione territoriale del reato, che non investe evidentemente la falsificazione delle fatture ma il loro impiego per commettere la truffa consumata attraverso la cessione del credito. Va, peraltro, rammentato che secondo l'interpretazione consolidata, in linea con l'art. 4, par. 7, lett. a) della Decisione Quadro 2002/584/GAI, anche prima della modifica apportata con la legge 4 ottobre 2019, n. 117, che ha trasformato il motivo di rifiuto da obbligatorio in facoltativo, il rifiuto poteva essere giustificato solo quando sussistesse non un potenziale interesse dell'ordinamento interno ad affermare la giurisdizione, ma una situazione oggettiva, dimostrata dalla presenza di indagini sul fatto oggetto del mandato di arresto, sintomatica dell'effettiva volontà della Stato di affermare la propria giurisdizione (Sez. 6, 3/06/2018, Rv. 273544, cit.). Essendo state articolate da parte del ricorrente deduzioni assolutamente generiche sul punto, in assenza di elementi concreti che possano suffragare l'ipotesi della pendenza sul territorio nazionale di un procedimento per gli stessi fatti a carico dell'indagato, appare evidente la insussistenza della condizione da cui sarebbe conseguita la facoltà di opporre il predetto motivo di rifiuto, considerata la manifesta infondatezza dell'assunto secondo cui il l'esecuzione dell'OIE implicherebbe di per sé l'iscrizione di un procedimento penale per lo stesso fatto presso lo Stato di esecuzione, essendo al contrario implicito il riconoscimento dell'esercizio della giurisdizione da parte dello Stato di emissione sui fatti oggetto dell'indagine delegata con la richiesta di collaborazione giudiziaria sottesa all'ordine europeo di indagine. 3. Ugualmente generiche sono, infine, le censure sulla descrizione del fatto-reato e sulla valutazione dei gravi indizi, atteso che il carattere decettivo della condotta si ricava in modo evidente dal riferimento alla natura fittizia dei crediti oggetto della cessione, e la Corte di appello ha comunque dato atto di aver vagliato il requisito della doppia punibilità dei fatti di cui all'art. 7 della legge cit. in assenza di censure specifiche articolate sul punto da parte della difesa. Mentre, rispetto alla verifica della fondatezza dell'accusa, per quanto sopra osservato sugli interventi normativi operati per l'adeguamento della normativa nazionale a quella europea, nessuna interferenza è ora ammessa da parte dell'A.G. dello Stato di esecuzione, essendo tale verifica di esclusiva competenza del giudizio penale pendente davanti all'A.G. dello Stato di emissione. Va rammentato, peraltro, che dopo le modifiche introdotte dal D.Lgs. 2 febbraio 2021, n. 10, il ricorso per cassazione è proponibile, solo per i motivi di cui all'art. 606, comma 1, lett. a), b) e c) cod. proc. pen., dunque solo per violazione di legge. Rispetto alla previgente disciplina normativa è stata soppressa la possibilità, ammessa invece dalla precedente disposizione di cui al comma 1 dell'art. 22, di proporre ricorso "anche per il merito". Pertanto, è davanti alla Corte di appello che devono essere sottoposte le questioni afferenti ai presupposti di fatto del mandato dì arresto europeo, che non possono essere dedotte davanti alla Corte di Cassazione senza passare attraverso il preliminare vaglio della Corte di appello. Da qui la manifesta infondatezza del ricorso. 4. All'inammissibilità del ricorso conseguono a carico del ricorrente le pronunce di cui all'art. 616 cod. proc. pen. La Cancelleria darà corso agli adempimenti di cui all'art. 22, comma 5, legge n. 69/2005. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all'art. 22, comma 5, legge n. 69/2005. Così deciso il 9 aprile 2024. Depositato in Cancelleria il 10 aprile 2024.
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