RITENUTO IN FATTO
1. Con ordinanza del 22/04/2024, il Tribunale di Napoli rigettava la richiesta di riesame che era stata proposta dal difensore di Antonio Ma.An. contro l'ordinanza del 02/04/2024 del G.i.p. del Tribunale di Napoli con la quale era stata disposta, nei confronti del Ma.An. , la misura della custodia cautelare in carcere per essere egli gravemente indiziato del reato di estorsione aggravata ex art. 416 - bis. 1 cod. pen. (sotto il duplice profilo del metodo mafioso e dell'agevolazione mafiosa) in concorso (con Lu.Ci. e con An.Ma.) ai danni della titolare dell'Hotel Cohiba di V e in relazione al pericolo che egli commettesse delitti della stessa specie di quello per il quale si stava procedendo.
Come è stato precisato dal Tribunale di Napoli, in sede di discussione nel corso dell'udienza camerale del 22/04/2024, i ricorrenti Ma.An. e Lu.Ci. , "circoscritte, entrambi, le doglianze al solo profilo delle esigenze cautelari, chiedevano, la sostituzione della misura disposta con quella auto custodiate da eseguirsi nei domicili che provvedevano ad indicare" (prima pagina dell'ordinanza impugnata).
2. Avverso tale ordinanza del 22/04/2024 del Tribunale di Napoli, ha proposto ricorso per cassazione, per il tramite del proprio difensore, Ma.An. , affidato a un unico motivo, con il quale deduce, in relazione all'art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen. , "(violazione di legge e di motivazione", con riferimento all'art. 274, comma 1, lett. c), dello stesso codice, "per non avere identificato il requisito della "attualità e concretezza" del pericolo di reiterazione del reato - motivazione carente - motivazione apparente".
Nel richiamare alcuni orientamenti della Corte di cassazione sul tema della necessaria concretezza e attualità del pericolo di recidiva nel reato, il ricorrente contesta la motivazione che è stata fornita al riguardo dal Tribunale di Napoli, lamentando, in particolare, che lo stesso Tribunale avrebbe trascurato - oltre che la propria dichiarazione di consenso all'utilizzo del cosiddetto braccialetto elettronico, con esecuzione degli arresti domiciliari "in un luogo diverso dal territorio di V " - gli elementi "specializzanti" costituiti dalle circostanze che egli era "sostanzialmente incensurato" e che, prima dei contestati fatti di reato, aveva svolto un'attività lavorativa che lo aveva allontanato dalle dinamiche delinquenziali, essendo stato "solo colto da un momento difficile della propria vita".
Il ricorrente lamenta altresì che il Tribunale di Napoli abbia differenziato il suo trattamento cautelare rispetto a quello del coindagato Lu.Ci. - per il quale lo stesso Tribunale ha invece disposto la sostituzione della custodia cautelare in carcere con gli arresti domiciliari - e contesta che, a giustificazione di tale differenziazione, il Tribunale di Napoli abbia valorizzato: la sua provenienza familiare, atteso che non si dovrebbe "pagare il proprio cognome"; il fatto che egli avrebbe intimato alla titolare dell'Hotel Cohiba di pagare il "pizzo" entro 15 giorni, laddove "nel file audio come recita l'ordinanza genetica il Ma.An. avrebbe riferito non che gli avrebbe detto di pagare nei 15 giorni, ma per il 15 (ovvero 15.3.2024 file del 12.2.24) sarebbe passato un compagno e nessun altro"; il fatto che egli aveva detto alle vittime che, insieme con i propri complici, non avevano riscosso i ratei estorsivi "dovuti" a Natale a causa degli arresti che erano stati effettuati nel
dicembre 2023 (tra cui quello di tale "Marco"), atteso che il Tribunale di Napoli non avrebbe accertato se tale affermazione fosse "stat(a) o meno un maldestro tentativo di un soggetto che proprio in quanto non legato ad un ambiente criminale, ha riferito una circostanza non riscontrata e che comunque da sola capace di far comprendere la caratura sicuramente non attinente a colui che si pensi legato ad un clan".
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. L'unico motivo non è consentito.
2. Si devono anzitutto ribadire alcuni principi che sono stati affermati dalla Corte di cassazione in tema di misure cautelari personali.
2.1. La Corte ha anzitutto asserito che l'insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza ex art. 273 cod. proc. pen. e delle esigenze cautelari di cui all'art. 274 dello stesso codice è rilevabile in cassazione soltanto se si traduce nella violazione di specifiche norme di legge o in mancanza o manifesta illogicità della motivazione, risultante dal testo del provvedimento impugnato (Sez. F, n. 47748 del 11/08/2014, Contarini, Rv. 261400 - 01, con la quale la Corte ha altresì chiarito che il controllo di legittimità non concerne né la ricostruzione dei fatti, né l'apprezzamento del giudice di merito circa l'attendibilità delle fonti e la rilevanza e concludenza dei dati probatori, onde sono inammissibili quelle censure che, pur investendo formalmente la motivazione, si risolvono nella prospettazione di una diversa valutazione di circostanze già esaminate dal giudice di merito).
2.2. Con riguardo al pericolo di reiterazione di delitti della stessa specie di quello per cui si procede, esigenza cautelare che viene qui in rilievo, la Corte di cassazione ha chiarito che il pericolo di reiterazione del reato di cui all'art. 274, comma 1, lett. c), cod. proc. pen. , deve essere non solo concreto - fondato cioè su elementi reali e non ipotetici - ma anche attuale, nel senso che si possa formulare una prognosi in ordine alla continuità del periculum libertatis nella sua dimensione temporale, fondata sia sulla personalità dell'accusato, desumibile anche dalle modalità del fatto per cui si procede, sia sull'esame delle sue concrete condizioni di vita. Tale valutazione prognostica non richiede, tuttavia, la previsione di una "specifica occasione" per delinquere, che esula dalle facoltà del giudice (Sez. 5, n. 33004 del 03/05/2017, Cimieri, Rv. 271216 - 01).
Costituisce, inoltre, un principio consolidato della giurisprudenza di legittimità quello secondo cui la pericolosità sociale, rilevante ai fini dell'applicazione delle misure cautelari, deve risultare congiuntamente dalle specifiche modalità del fatto e dalla personalità dell'indagato, desunta da comportamenti o atti concreti o dai suoi precedenti penali; è, pertanto, legittima l'attribuzione alle medesime modalità e circostanze del fatto di una duplice valenza, sia sotto il profilo della valutazione della gravità del fatto, sia sotto il profilo dell'apprezzamento della capacità a delinquere, in quanto la condotta tenuta in occasione del reato costituisce un elemento specifico significativo per valutare la personalità dell'agente (Sez. 5, n. 49373 del 05/11/2004, Esposito, Rv. 231276-01; Sez. 1, n. 6359 del 18/11/1999, Bianchi, Rv. 215337 - 01). Le specifiche modalità e circostanze del fatto ben possono essere prese in considerazione anche per il giudizio sulla pericolosità dell'indagato, costituendo ia condotta tenuta in occasione del reato un elemento specifico assai significativo per valutare la personalità dell'agente (Sez. 1, n. 6359 del 18/11/1999, Bianchi, Rv. 215337 - 01, cit.).
Si deve altresì ribadire che l'ultimo periodo della lettera c) del comma 1 dell'art. 274 cod. proc. pen. , periodo aggiunto dall'art. 2, comma 1, lett. c), della legge 16 aprile 2015, n. 47, impedisce di desumere il pericolo di reiterazione dalla sola gravità del "titolo di reato", astrattamente considerato, ma non già dalla valutazione della gravità del fatto nelle sue concrete manifestazioni, in quanto le modalità e le circostanze del fatto restano elementi imprescindibili di valutazione che, investendo l'analisi di comportamenti concreti, servono a comprendere se la condotta illecita sia occasionale o si collochi in un più ampio sistema di vita, ovvero se la stessa sia sintomatica di un'incapacità del soggetto di autolimitarsi nella commissione di ulteriori condotte criminose (Sez. 5, n. 49038 del 14/06/2017, Rv. 271522 - 01, Silvestrin; Sez. 1, n. 37839 del 02/03/2016, Biondo, Rv. 267798 - 01; Sez. 1, n. 45659 del 13/11/2015, Restuccia, Rv. 265168 - 01).
Inoltre, secondo la prevalente e più recente giurisprudenza della Corte di cassazione, che è condivisa dal Collegio, il requisito dell'attualità del pericolo di reiterazione del reato sussiste a prescindere dalla positiva ricognizione di effettive e immediate opportunità di ricadute a portata di mano dell'indagato, essendo necessario e sufficiente formulare una valutazione prognostica sulla possibilità di condotte reiterative, alla stregua di un'analisi accurata della fattispecie concreta, che tenga conto delle modalità realizzative della condotta, della personalità del soggetto e del contesto socio - ambientale, la quale deve essere tanto più approfondita quanto maggiore sia la distanza temporale dai fatti, ma non anche la previsione di specifiche occasioni di recidivanza (Sez. 3, n. 9041 del 15/02/2022, Gizzi, Rv. 282891 - 01; Sez. 2, n. 6593 del 25/01/2022, Mungiguerra, Rv. 28276701; Sez. 5, n. 12869 del 20/01/2022, Iordachescu, Rv. 282991-01; Sez. 5, n. 1154 del 11/11/2021, dep. 2022, Magliulo, Rv. 282769 - 01; Sez. 2, n. 5054 del 24/11/2020, Barletta, dep. 2021, Rv. 280566 - 01; Sez. 1, n. 14840 del 22/01/2020, Oliverio, Rv. 279122 - 01).
2.3. Con riguardo alla scelta della misura della custodia cautelare in carcere, secondo la Corte di cassazione, nella scelta discrezionale delle misure cautelari personali, l'art. 275 cod. proc. pen. impone al giudice di valutare se la misura che intende adottare sia idonea a soddisfare le specifiche esigenze di cautela ravvisate nel caso concreto. La discrezionalità del giudice, ancorché ampia, non è assoluta e la formulazione del giudizio di adeguatezza e proporzionalità della misura alle esigenze che si intendono soddisfare è incensurabile in sede di legittimità solo se sorretta da adeguata motivazione, immune da vizi logici e giuridici (Sez. 6, n. 2995 del 20/07/1992, Stefanucci, Rv. 192222 - 01).
Con riguardo, in particolare, alla motivazione dell'inadeguatezza della misura degli arresti domiciliari anche con applicazione del cosiddetto braccialetto elettronico, la Corte di cassazione ha affermato il principio - che il Collegio condivide - secondo cui il giudizio del tribunale del riesame sull'inadeguatezza degli arresti domiciliari a contenere il pericolo della reiterazione criminosa, per la sua natura di valutazione assorbente e pregiudiziale, costituisce pronuncia implicita sull'inopportunità di impiego di uno degli strumenti elettronici di controllo a distanza previsti dall'art. 275 - bis cod. proc. pen. (Sez. 2, n. 43402 del 25/09/2019, Marsili, Rv. 277762-01; Sez. 2, n. 31572 del 08/06/2017, Caterino, Rv. 270463 - 01). La prima di tali sentenze ha precisato che deve ritenersi assolto l'onere motivazionale sull'assoluta proporzionalità della misura carceraria quando si esclude in radice l'idoneità del regime cautelare fiduciario, ordinariamente caratterizzato dal controllo elettronico.
3. Il Tribunale di Napoli ha rispettato tali principi.
Esso ha formulato la propria prognosi in ordine al periculum libertatis del Ma.An. sulla gravità del fatto da lui commesso - il quale era stato realizzato mediante ripetute richieste estorsive, avanzate da più persone in concorso tra loro nel periodo dal dicembre 2023 al marzo 2024, anche facendo riferimento (come aveva fatto specificamente anche il Ma.An.) alla circostanza che il "pizzo" richiesto era destinato al sostentamento dei detenuti - e sulla capacità a delinquere dei due indagati, desumendola, del tutto legittimamente, dalle stesse indicate modalità e circostanze del fatto, le quali avevano evidenziato la pervicacia e la protervia dei due indagati e, in particolare, del Ma.An. .
Quanto alla conferma, per il Ma.An. , della misura della custodia cautelare in carcere, diversamente che per il concorrente nel reato Lu.Ci. - per il quale il Tribunale di Napoli ha invece sostituito la suddetta misura cautelare con quella, meno afflittiva, degli arresti domiciliari -, si deve anzitutto ribadire il principio, che è stato più volte affermato dalla Corte di cassazione, secondo cui, in tema di esigenze cautelari, la posizione processuale di ciascun coindagato o coimputato è autonoma, in quanto la valutazione da esprimere ex art. 274 cod. proc. pen. , con particolare riguardo al pericolo di recidivanza, si fonda, oltre che sulla diversa entità del contributo materiale e/o morale assicurato da ognuno dei concorrenti alla realizzazione dell'illecito, anche su profili strettamente attinenti alla personalità del singolo, sicché può risultare giustificata l'adozione di regimi difformi, pur a fronte della contestazione di un medesimo fatto di reato (Sez. 4, n. 13404 del 14/02/2024, Nisi, Rv. 286363 - 01; Sez. 3, n. 7784 del 28/01/2020, Mazza, Rv. 278258 - 02).
Posto tale principio, si deve rilevare che il Tribunale di Napoli ha adeguatamente motivato con riguardo alla conferma, per il Ma.An. , della misura della custodia cautelare in carcere, evidenziando anche le ragioni per le quali ha ritenuto inidonea, per lo stesso Ma.An. , la misura degli arresti domiciliari con le procedure di controllo di cui all'art. 275 - bis, comma 1, cod. proc. pen. , rappresentando come quest'ultima meno gravosa misura, oltre a non essere ex se ostativa alla reiterazione di condotte analoghe a quella per la quale si stava procedendo, non era in grado di recidere i contatti che il Ma.An. aveva dimostrato di avere con il contesto criminale organizzato sottostante alla condotta da lui commessa.
Il Tribunale di Napoli ha in proposito evidenziato non solo il contesto socio-ambientale del Ma.An. (la cui famiglia era già risultata ben ancorata alle trame camorristiche del territorio, come era dimostrato dal fatto che suo padre era stato arrestato per un reato di analoga natura commesso sempre per agevolare lo stesso clan camorristico Fe./Ca.) ma anche, e soprattutto: a) la speciale pervicacia che egli aveva dimostrato nel perseguire l'obiettivo, essendosi presentato in più occasioni (due) alle vittime; b) il fatto che egli aveva detto alle stesse vittime che, insieme con i propri complici, non avevano riscosso i ratei estorsivi "dovuti" a Natale a causa degli arresti che erano stati effettuati nel dicembre 2023, tra cui quello di tale "Ma." (trovando così conferma il suo inserimento nel contesto della locale criminalità organizzata); c) la perentorietà dell'intimazione alle vittime di pagare il "pizzo", avendo egli richiesto loro di provvedere entro un ben preciso termine.
Tali motivazioni, oltre a essere rispettose dei principi, affermati dalla Corte di cassazione, che si sono richiamati al punto 2, risultano del tutto prive di contraddizioni e di illogicità, tanto meno manifeste, mentre, a fronte di ciò, le doglianze del ricorrente si risolvono, nella sostanza, nella richiesta di rivalutare gli stessi elementi che sono stati già esaminati dal giudice del merito, per giungere a conclusioni differenti e a sé più favorevoli, il che non è possibile fare in questa sede di legittimità.
4. Pertanto, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la conseguente condanna del ricorrente, ai sensi dell'art. 616, comma 1, cod. proc. pen. , al pagamento delle spese del procedimento, nonché, essendo ravvisabili profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al pagamento della somma di Euro 3.000,00 in favore della cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all'art. 94, comma 1 - ter, disp. att. cod. proc. pen.
Cosi deciso il 25 giugno 2024.
Depositato in Cancelleria il 9 luglio 2024.