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Misure cautelari

Nullità dell'Interrogatorio di Garanzia: Non Determina la Nullità dell'Ordinanza di Custodia Cautelare

Cassazione penale sez. III, 16/03/2024, n.13226

La nullità dell'interrogatorio di garanzia in sede di udienza di convalida dell'arresto non determina la nullità dell'ordinanza che dispone la misura della custodia cautelare, essendo quest'ultima un provvedimento distinto ed autonomo rispetto a quello di convalida, ma determina esclusivamente la necessità di compiere un valido interrogatorio nel termine previsto dall'art. 294 cod. proc. pen., a pena di inefficacia della misura.

La sentenza integrale

RITENUTO IN FATTO 1. Ko.Er. ricorre per cassazione avverso l'ordinanza del Tribunale del riesame di Milano, con la quale è stato rigettato l'atto di impugnazione dell'ordinanza applicativa della misura cautelare inframuraria, disposta dal Gip del Tribunale di Milano in relazione alla contestazione provvisoria del reato di cui agli art. 74, commi 1, 2, e 3, 73, comma 4, D.P.R. 309/1990. Al riguardo, si premette che il Gip del Tribunale di Teramo, con ordinanza del 20 ottobre 2023, pur rigettando la richiesta di convalida del fermo, ritenendo insussistente il pericolo di fuga, ha applicato la custodia cautelare in carcere, ravvisando il pericolo di reiterazione del reato. Il Gip del Tribunale di Teramo ha altresì dichiarato la propria incompetenza, indicando quale giudice competente il Tribunale di Milano, e ha disposto la trasmissione degli atti al giudice di Milano. Ko.Er., in sede di riesame innanzi al Tribunale di Milano, ha eccepito l'inefficacia del titolo cautelare a causa della mancata rinnovazione dell'interrogatorio di garanzia che il Gip del Tribunale di Milano avrebbe dovuto effettuare, avendo ravvisato esigenze cautelari differenti rispetto a quelle indicate dal Gip di Teramo in sede di convalida del fermo. Ha pertanto, con l'atto di impugnazione, dedotto la mancata celebrazione dell'interrogatorio di garanzia innanzi al Gip del Tribunale di Milano e l'inefficacia dell'ordinanza genetica applicativa della misura cautelare. Il ricorso per cassazione è affidato a due motivi. 2.1. Il ricorrente deduce, con il primo motivo di ricorso, vizio della motivazione e violazione di legge, posto che il giudice a quo ha ritenuto, erroneamente, che la doglianza difensiva relativa all'omesso interrogatorio da parte del Gip del Tribunale di Milano e alla nullità dell'interrogatorio tenutosi in occasione dell'udienza di convalida innanzi al Gip del Tribunale di Teramo non dovesse essere dedotta in sede cautelare, ma innanzi al giudice procedente. Rappresenta il ricorrente di non aver censurato unicamente il vizio afferente all'interrogatorio di garanzia ma di aver sollevato anche questioni inerenti alle esigenze cautelari, ragione per la quale, unitamente a tali doglianze, anche l'eccezione di nullità dell'interrogatorio ex art. 294 cod. proc. pen. avrebbe dovuta essere valutata dal giudice del riesame. Cita al riguardo giurisprudenza secondo la quale l'eccezione di nullità dell'interrogatorio ex art. 294 cod. proc. peno è proponibile anche innanzi al Tribunale del riesame ove l'eccezione si accompagni a ulteriori motivi di doglianza inerenti al contenuto dell'atto impugnato o siano volti a dedurre vizi genetici dell'atto. Altresì, il ricorrente rappresenta che il Gip di Milano ha rettificato la valutazione del giudice dichiaratosi incompetente, ravvisando il pericolo di fuga che invece il Gip del Tribunale di Teramo aveva negato in sede di emissione della misura cautelare. Tale differente valutazione comporta la necessità di un nuovo interrogatorio di garanzia da parte del Gip di Milano, onde permettere all'indagato di svolgere le sue difese, interrogatorio che è stato invece omesso. Infine, il ricorrente lamenta la nullità dell'interrogatorio reso in sede di convalida del fermo celebratosi avanti al innanzi al Gip di Teramo in carcere, non essendo stato video-registrato ma unicamente fono-registrato, senza indicazione di alcuna circostanza che avrebbe reso impossibile la registrazione audiovisiva, in violazione dell'art. 141 bis cod. proc. pen. 2.2. Con il secondo motivo di ricorso, il ricorrente lamenta violazione di legge e vizio della motivazione, avendo il Gip del Tribunale di Milano affermato il pericolo di fuga, sebbene il giudice di Teramo abbia affermato l'assoluta insussistenza di quest'ultimo, ritenendo che non possa costituire elemento valutabile la disponibilità da parte dell'indagato di auto di grossa cilindrata e facendo richiamo all'attività lavorativa svolta presso la società agricola Ba. di T, elemento da cui ha desunto un radicamento dell'indagato nel territorio dello Stato italiano. 3. Il Procuratore Generale presso questa Corte ha chiesto dichiararsi l'inammissibilità del ricorso. 4. Con memoria difensiva il ricorrente ha ulteriormente illustrato i motivi di ricorso, insistendo per l'ammissibilità in particolare del primo motivo, in quanto supportato dall'orientamento giurisprudenziale richiamato nel ricorso, e in via subordinata, stante il contrasto giurisprudenziale citato, chiede che ai sensi dell'art. 618 c. 1 cod. proc. pen. il ricorso venga rimesso alle Sezioni Unite della Suprema Corte. Diritto CONSIDERATO IN DIRITTO 1. La prima doglianza è inammissibile. 1.1. Il ricorrente lamenta violazione di legge con riferimento agli artt. 294-302-309 cod. proc. pen. per omesso interrogatorio dell'imputato in sede di convalida all'esito della dichiarazione di incompetenza del giudice che aveva originariamente emesso la misura. Tale assunto si riconnette a un orientamento affermatosi secondo il quale, allorché la questione di inefficacia sia stata proposta, insieme ad altre concernenti l'originaria legittimità del provvedimento, con il ricorso per cassazione, deve ritenersi attratta da questo e può quindi essere direttamente esaminata dal giudice di legittimità affinché non sia ritardata la decisione de libertate che si sarebbe dovuto richiedere in altra sede. Questa precisazione concerne soprattutto il caso in cui l'assunto della perdita di efficacia del provvedimento sia fondato, affinché non si ritardi ulteriormente una decisione che si sarebbe dovuto richiedere in altra sede subito dopo l'intervento della ordinanza del tribunale. Si è quindi affermato che occorre distinguere il caso in cui la violazione sia stata fatta valere come unico motivo di riesame da quello in cui siano state anche mosse censure volte ad aggredire il provvedimento custodiale o a farne valere vizi genetici. (Sez. 6, n. 42308 del 29/10/2009 Cc. (dep. 03/11/2009); Rv. 245479; Sez. 6, n. 6761 del 07/11/2013, Rv. 258994). Tale orientamento risulta superato da un recente indirizzo giurisprudenziale secondo cui, nel procedimento di riesame, non è deducibile, né rilevabile d'ufficio, la questione inerente all'inefficacia della misura coercitiva per asserita mancanza, tardività o comunque invalidità dell'interrogatorio previsto dall'art. 294 cod. proc. pen., a nulla rilevando che essa sia proposta unitamente ad altre questioni relative a vizi genetici del provvedimento impugnato, sicché la stessa non può costituire oggetto di ricorso per cassazione ex art. 311 cod. proc. peno (Sez. 2, n. 33775 del 04/05/2016, Rv. 267851; Sez. 2, n. 4817 del 23/10/2012, Rv. 254447, Sez. 3, n. 16386 del 10/02/2010 Rv. 246768; Sez. 6, Sentenza n. 29564 del 10/06/2003 Rv. 226222). Il suddetto orientamento richiama una non recente decisione delle Sezioni Unite penali di questa Corte Suprema (Sez. U, n. 26 del 5 luglio 1995, Galletto, Rv. 202015), secondo cui "poiché il procedimento di riesame è preordinato alla verifica dei presupposti legittimanti l'adozione del provvedimento cautelare, e non anche di quelli incidenti sulla sua persistenza, non è consentito dedurre con tale mezzo di impugnazione la successiva perdita di efficacia della misura derivante dalla mancanza o invalidità di successivi adempimenti; ne consegue che esulano dall'ambito del riesame le questioni relative a mancanza, tardività o comunque invalidità dell'interrogatorio previsto dall'art. 294 cod. proc. pen., le quali, inerendo a vicende del tutto avulse dall'ordinanza oggetto del gravame, si risolvono in vizi processuali che non ne intaccano l'intrinseca legittimità ma, agéndo sul diverso piano' della persistenia della misura, ne importano l'estinzione automatica che deve essere disposta, in un distinto procedimento, con l'ordinanza specificamente prevista dall'art. 306 cod. proc. pen., suscettibile di appello ai sensi dell'art. 310 dello stesso codice". Il principio è stato ribadito da Sez. U, n. 7 del 17 aprile 1996, Moni, Rv, 205255, che ha precisato che "le cause che determinano la perdita di efficacia dell'ordinanza cautelare, secondo le previsioni contenute nel titolo primo del libro quarto del codice di procedura penale, non intaccando l'intrinseca legittimità del provvedimento ma agendo sul piano della persistenza della misura coercitiva, devono essere fatte valere avanti al giudice di merito in un procedimento distinto da quello di impugnazione, attraverso la richiesta di revoca contemplata dall'art. 306 cod. proc. pen.". Pertanto, la questione inerente all'inefficacia della misura coercitiva per la omissione o la nullità dell'interrogatorio di garanzia ex art. 294 cod. proc. peno (costituente atto successivo all'adozione del provvedimento cautelare) risulta del tutto estranea all'ambito del riesame, dovendo, invece, formare -per espressa previsione di legge - oggetto di istanza al giudice del procedimento principale, il cui provvedimento, pronunciato ai sensi degli artt. 302 e 306 cod. proc. pen., è soggetto all'appello previsto dall'art. 310 cod. proc. pen., con possibilità successivo ricorso per cassazione in forza dell'art. 311 del codice di rito. 1.2. In questa prospettiva va altresì rilevato come le più recenti pronunce abbiano ribadito che la nullità dell'interrogatorio di garanzia in sede di udienza di convalida dell'arresto non determina la nullità dell'ordinanza che dispone la misura della custodia cautelare, essendo quest'ultima un provvedimento distinto ed autonomo rispetto a quello di convalida, ma determina esclusivamente la necessità di compiere un valido interrogatorio nel termine previsto dall'art. 294 cod. proc. pen., a pena di inefficacia della misura (Sez. 6, n. 29214 del 06/07/2021, Rv. 281826). Il suddetto orientamento è stato recentemente ribadito anche da Sez. 1, n. 430 del 18/10/2022, Rv. 283861 che ha affermato che, in tema di procedimento di convalida dell'arresto, la nullità di ordine generale a regime intermedio dell'interrogatorio e dell'ordinanza di convalida, sebbene ritualmente eccepita in udienza, non può essere dedotta nel giudizio di riesame del provvedimento applicativo di misura cautelare, essendo rilevabile esclusivamente con l'impugnazione della decisione sulla convalida, in assenza della quale deve ritenersi sanata. 1.3.Infine, e con specifico riferimento al caso in disamina, si ricorda che nel caso in cui una misura cautelare disposta dal giudice incompetente sia rinnovata dal giudice competente ai sensi dell'art. 27 cod. proc. pen., non è necessario procedere a un nuovo interrogatorio di garanzia ex art. 294 cod. proc. pen., conservando piena efficacia quello effettuato nel corso dell'udienza di convalida del fermo a norma dell'art. 391, comma 3, cod. proc. pen. e ciò anche qualora il provvedimento di fermo di indiziato di delitto, cui la misura si ricolleghi, non sia stato convalidato (Sez. 2, n. 46440 del 15/09/2023, Rv. 285521; Sez. 3, n. n. 46029 del 06/11/2008, Rv. 241773), a meno che la misura rinnovata non si fondi su fatti nuovi o individui indizi di colpevolezza o esigenze cautelari diverse da quelle poste a sostegno dell'ordinanza emessa dal giudice incompetente. Pertanto, del tutto inammissibile è la doglianza secondo la quale il Gip di Milano avrebbe dovuto espletare un nuovo interrogatorio di garanzia in quanto, come meglio verrà esposto in ordine alla disamina del secondo motivo di ricorso, il giudice che si è dichiarato incompetente, pur escludendo il pericolo di fuga, ha in ogni caso riconosciuto la sussistenza del pericolo di reiterazione di reati analoghi a quelli per i quali si procede. Il Gip del Tribunale di Milano, a sua volta, ha affermato, oltre alle esigenze cautelari di cui all'art. 274 lett. b) cod. proc. pen., anche il pericolo di reiterazione del reato già affermato dal giudice incompetente, senza fondare la valutazione su fatti nuovi o 'su esigenze cautelari diverse da quelle poste a sostegno' dell'ordinanza emessa dal giudice incompetente. 1.3. Va in ultimo affermato che manifestamente infondata è anche la questione relativa alla violazione dell'art. 141 bis cod. proc. pen., posto che la norma che il ricorrente assume sia stata violata richiede che l'interrogatorio di persona in stato di detenzione venga documentato, a pena di inutilizzabilità, con mezzi di riproduzione audiovisiva o, se ciò non è possibile, con mezzi di riproduzione fonografica. Nel caso in disamina, come emerge dalle medesime prospettazioni del ricorrente, l'interrogatorio è stato fonoregistrato. Né la mancata indicazione delle ragioni per le quali non è stata possibile la videoregistrazione induce alcun vizio. 2. Nemmeno il secondo motivo può trovare accoglimento poiché la valutazione delle esigenze cautelari di cui all'art 274 cod. proc. peno integra un giudizio di merito che, se supportato da motivazione esente da vizi logico-giuridici, è insindacabile in cassazione (Cass. 02/08/1996, Colucci). In presenza, al riguardo, di motivazione adeguata, anche in relazione all'indicazione delle ragioni per le quali eventuali misure gradate vengano ritenute inidonee e non proporzionate all'entità e gravità dei fatti di reato (Casso 21/07/1992, Giardino, Rv. 191652; Casso 26/05/1994, Montaperto, Rv. 199030), le determinazioni del giudice a quo sfuggono infatti al sindacato di legittimità, al quale è estraneo ogni profilo di rivalutazione nel merito delle relative statuizioni. Nel caso in disamina, il Tribunale ha preso in esame tutte le deduzioni difensive ed ha proceduto ad una disamina completa ed approfondita delle risultanze processuali, in nessun modo censurabile sotto il profilo della razionalità, e sulla base di apprezzamenti non qualificabili in termini di contraddittorietà o di manifesta illogicità e perciò insindacabili in questa sede. Il giudice che si è dichiarato incompetente, pur escludendo il pericolo di fuga, ha infatti, riconosciuto la sussistenza del pericolo di reiterazione di reati analoghi a quelli per i quali si procede, affermando, dunque, la sussistenza di esigenze cautelari e l'adeguatezza della custodia intramuraria. Il giudice competente e cioè il Gip del Tribunale di Milano ha affermato, oltre alle esigenze cautelari di cui all'art. 274 lett. b) cod. proc. pen., anche il pericolo di reiterazione di reati della 'stessa specie di quello per cui si procede, facendo richiamo all'esistenza di una struttura organizzata che dispone di ingenti somme di danaro e che si avvale di radicati collegamenti con soggetti criminali operanti in Italia all'estero, mediante il reclutamento di autisti e di corrieri, mediante l'uso di telefoni criptati, ritenendo quindi attuale il pericolo di recidivanza, considerato il coinvolgimento dell'indagato anche in passato in traffici di stupefacente. Nel caso di specie, l'apparato giustificativo a sostegno della decisione è adeguato, esente da vizi logico-giuridici ed aderente alle linee concettuali in tema di motivazione del provvedimento cautelare appena richiamate, segnatamente in relazione al parametro di cui all'art. 275 cod. proc. pen., in quanto ancorato a specifiche circostanze di fatto (Sez. 3, n. 306 del 3/12/2003 n. dep. 2004, Scotti) e pienamente idoneo ad individuare, in modo puntuale e dettagliato, gli elementi atti a denotare l'attualità e la concretezza del pericolo di reiterazione criminosa, non fronteggiabile con misure meno gravose di quella disposta (Cass., 24/05/1996, Aloè, Rv. 205306); con esclusione di ogni congettura (Cass., 19/09/1995, Lorenzetti) e attenta focalizzazione dei termini dell'attuale ed effettiva potenzialità di commettere determinati reati, connessa alla disponibilità di mezzi e alla possibilità di fruire di circostanze che renderebbero altamente probabile la ripetizione di delitti della stessa specie (Cass. 28/11/1997, Filippi, Rv. 209876; Casso 09/06/1995, Biancato, Rv. 202259). 3.11 ricorso va dunque dichiarato inammissibile, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila, determinata secondo equità, in favore della Cassa delle ammende. Vanno infine espletati gli adempimenti di cui all'art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle Ammende. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all'art. 94, comma 1 ter, disp. att. cod. proc. pen. Così deciso in Roma, il 16 febbraio 2024. Depositata in Cancelleria il 2 aprile 2024.
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