RITENUTO IN FATTO
1. Il Tribunale di Genova, in composizione monocratica, a seguito dell'eccezione sollevata dal difensore di H.A. per non aver il Pubblico ministero sottoposto l'imputato all'interrogatorio da lui richiesto dopo l'avviso ex art. 415-bis c.p.p., all'udienza del 26 gennaio 2023, dopo aver rilevato la tempestività della richiesta di interrogatorio e l'inadempienza della pubblica accusa a riguardo, con ordinanza dichiarava la nullità del decreto di citazione diretta a giudizio emesso in data 4 novembre 2021 nei confronti non solo di H.A. ma anche degli altri tre coimputati in ordine ai delitti di cui all'art. 81 c.p., art. 61 c.p., n. 1, artt. 110,582,585 c.p. e art. 612 c.p., comma 2, ritenendo necessario non separare le posizioni per l'accertamento dei fatti contestati in concorso, disponendo così la trasmissione degli atti al Pubblico ministero.
2. Il ricorso per cassazione proposto dal Pubblico ministero della Procura presso il Tribunale di Genova consta di unico motivo, enunciato nei limiti strettamente necessari per la motivazione, secondo quanto disposto dall'art. 173 disp. att. c.p.p..
3. Il motivo deduce vizio di abnormità della ordinanza impugnata in ragione della indebita regressione del processo che essa determina.
Il ricorrente lamenta che il Giudice abbia completamento omesso di considerare che la nullità rilevata dal difensore poteva riguardare solo la posizione di uno degli imputati e che, quindi, il conseguente ordine di trasmissione degli atti al Pubblico ministero avrebbe determinato una regressione processuale non prevista dalla legge per gli altri tre imputati, per i quali, invece, la pubblica accusa aveva provveduto regolarmente a tutti gli adempimenti di legge.
4. Il Pubblico ministero, nella persona del Sostituto Procuratore generale, riteneva inammissibile o, in subordine, infondato il ricorso, rilevando come la errata dichiarazione di nullità sia da collocarsi nell'ambito dei poteri del Giudice e dunque non possa ritenersi viziata da abnormità.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Rispetto alla fattispecie in esame, esistono due orientamenti giurisprudenziali che giungono a conclusioni opposte.
Per un verso è stato ritenuto non abnorme il provvedimento con il quale il tribunale, rilevata la nullità della notifica dell'avviso di conclusione delle indagini preliminari e del decreto di citazione a giudizio rispetto ad alcuni dei coimputati, disponga la restituzione degli atti al pubblico ministero anche per coloro nei cui confronti detta nullità non è ravvisabile sul presupposto della connessione esistente tra le condotte di tutti, atteso che detto provvedimento, per quanto illegittimo, costituisce comunque espressione di un potere riconosciuto al giudice dall'ordinamento, né produce un'indebita stasi del procedimento, potendo il pubblico ministero procedere di nuovo all'esercizio dell'azione penale (Sez. 2, n. 28302 del 25/06/2021, Rv. 281798 - 01; nello stesso senso Sez. 2, n. 50135 del 10/10/2017, Rv. 271185 - 01; Sez. 5, n. 28230 del 18/04/2017, Rv. 270452 - 01; Sez. 6, Ord. n. 478 del 26/10/2005, dep. 2006, Rv. 232841 - 01).
Per altro verso, invece, è stata ritenuta abnorme l'ordinanza con cui il giudice, previa declaratoria di nullità di atti concernenti la posizione di taluni imputati, disponga la restituzione degli atti al p.m. anche in relazione alle posizioni soggettive non attinte dalle predette nullità, determinando così un'indebita regressione del procedimento, in contrasto con il principio di irretrattabilità dell'azione penale e con il principio logico che non consente di ripetere atti già validamente e utilmente compiuti (Sez. 2, n. 18653 del 20/04/2021, Rv. 281200 - 01; nello stesso senso Sez. 1, n. 20011 del 02/02/2016, Rv. 266895 - 01; Sez. 2, n. 46640 del 10/09/2015, Rv. 265204 01; Sez. 5, n. 610 del 13/12/2011, dep. 2012, Rv. 251939 - 01).
2. Questa Corte ritiene di aderire al secondo orientamento, ravvisando nel caso in esame una ipotesi di assenza di potere.
A ben vedere la nozione di abnormità è stata chiarita da plurimi interventi delle Sezioni Unite di questa Corte. Per un verso è stato ritenuto non abnorme il provvedimento con cui il giudice del dibattimento - rilevata (erroneamente) l'invalidità della notifica dell'avviso di conclusione delle indagini di cui all'art. 415 bis c.p.p., in realtà ritualmente eseguita - dichiari la nullità del decreto di citazione a giudizio, disponendo la trasmissione degli atti al P.M., trattandosi di provvedimento che, lungi dall'essere avulso dal sistema, costituisce espressione dei poteri riconosciuti al giudice dall'ordinamento e che non determina la stasi del procedimento, potendo il P.M. disporre la rinnovazione della notificazione del predetto avviso (Sez. U, n. 25957 del 26/03/2009 - dep. 22/06/2009, P.M. in proc. Toni e altro, Rv. 243590)
E' stata ritenuta l'abnormità nel diverso caso in cui, rilevata la nullità della notificazione del decreto di citazione o di inosservanza del termine stabilito dall'art. 552 c.p.p., comma 3, il giudice del dibattimento non abbia provveduto egli stesso a rinnovare la notifica, disponendo la restituzione degli atti al pubblico ministero con un provvedimento che, determinando una indebita regressione del processo, si configura come abnorme (Sez. U, n. 28807 del 29/05/2002, Manca, Rv. 221999 - 01).
In sostanza tale ultima decisione, in ordine alla problematica della ritualità del decreto di citazione a giudizio nel procedimento davanti al Tribunale in composizione monocratica, distingue, da un verso, la citazione a giudizio valida con rapporto processuale correttamente instaurato e semplice necessità di ricitare l'imputato, e, dall'altra, la ricorrenza di invalidità e carenze incidenti sulla regolarità della costituzione del rapporto processuale.
Secondo le S.U., dunque, il regresso del procedimento è atipico e comporta l'abnormità del relativo provvedimento se consegua ad un atto adottato dal giudice in carenza di potere (restituzione degli atti nei casi ex art. 552 c.p.p., comma 3, allorché questi doveva provvedere direttamente a rinnovare la citazione a giudizio o la relativa notifica); invece, non è abnorme il provvedimento con cui il giudice, dichiarata la nullità del decreto di citazione, restituisca gli atti al P.M., ancorché si tratti di declaratoria originata da un suo errore, in quanto l'atto rientra nella sfera di competenza del giudice e comporta tipicamente la regressione.
Ulteriori pronunce delle Sezioni Unite va fatto riferimento alla decisione 266-2008, Corna, che, come già espressamente avevano fatto le sentenze S.U.10-12-1997, Di Battista e S.U. 24-11-1999, Magnani, fa richiamo all'abnormità c.d. funzionale, la quale comporta una crisi di funzionamento (stasi o indebita regressione) del processo.
Va, altresì, evidenziato che la Corte Costituzionale ha sottolineato che il sistema è complessivamente improntato, per esigenze di speditezza e di economia, al principio di non regressione del procedimento (v. Corte Costit. Ord. 22-6-2005 N. 236).
3. A fronte di tale ricostruzione nel caso concreto la regressione del procedimento in ordine agli imputati per i quali non si era verificata alcuna invalidità dell'atto di citazione a giudizio costituisce non un atto illegittimo, determinato dall'errore del giudice, bensì un atto collocato fuori del sistema difettando un potere attribuito al giudice di ordinare la regressione in assenza di una causa di nullità.
Si verte, pertanto, in ipotesi di abnormità strutturale per l'esercizio da parte del giudice di un potere non attribuitogli dall'ordinamento processuale (carenza di potere in astratto).
La peculiarità, sotto il profilo della "abnormità", del caso in esame analogamente al caso valutato da Sez. 2, n. 18653 del 20/04/2021, Carli, Rv. 281200 - 01, in ordine alla regressione per la posizione dell'ente che determinava anche quella per i coimputati persone fisiche - sta proprio nella mancanza di ogni e qualsivoglia giustificazione delle ragioni per le quali la nullità relativa alla posizione dell'imputato Halili abbia avuto riflessi ed abbia coinvolto anche i coimputati, determinando anche per questi ultimi la regressione del procedimento in una fase anteriore imponendo al pubblico ministero di rinnovare una serie di adempimenti in maniera in tal modo del tutto gratuita ed ingiustificata (cfr., sul punto, Cass. Pen., 1, 16.5.2018 n. 39.850, PM in proc. Assimi).
Come nel caso di Sez. 2, Carli, anche in questo caso si deve escludere che sussista una automatica e necessaria "estensione" alla posizione dei coimputati della pronuncia di nullità che ha investito la posizione di un unico imputato, in virtù della esigenza del "simultaneus processus".
In vero l'art. 18 c.p.p. evidenzia come la separazione dei processi sia obbligatoria nel caso di pronta definizione nei confronti di un imputato e non di altro, anche nel caso specifico di nullità dell'atto di citazione (art. 18 c.p.p., comma 1, lett. c), a meno che "il giudice ritenga la riunione assolutamente necessaria per l'accertamento dei fatti".
La natura obbligatoria della separazione imposta dall'art. 18 c.p.p. nel caso in esame evidenzia ancor di più l'assenza di potere del giudice a riguardo, limitatosi a rilevare l'ordinanza impugnata ragioni di opportunità poste a fondamento del regresso collettivo del processo: il che integra non un esercizio illegittimo del potere, bensì l'esercizio di un potere in carenza dello stesso, in violazione del principio costituzionale della ragionevole durata del processo, che deve essere assicurato in relazione agli imputati per i quali non vi era alcuna invalidità nella citazione a giudizio, principio che ritiene configurabile il vizio dell'abnormità in ogni fattispecie di indebita regressione del procedimento.
Difatti, è stato autorevolmente osservato, ogni fattispecie di indebita regressione costituisce "un serio vulnus all'"ordo processus", inteso come sequenza logico-cronologica coordinata di atti, in spregio dei valori di rilievo costituzionale (art. 111 Cost., comma 2: regola precettiva e interpretativa, a un tempo) dell'efficienza e della ragionevole durata del processo. (Sez. U, n. 5307 del 20/12/2007, dep. 2008, Battistella, Rv. 238240 - 01). Pertanto anche in questo caso la ratio decidendi dell'ordinanza impugnata non risulta coerente col principio di diritto suindicato, in quanto la retrocessione in tal caso disposta non appare giuridicamente corretta, palesandosi incompatibile con le linee fondanti del sistema.
4. Va in conclusione disposto l'annullamento senza rinvio della ordinanza impugnata con riguardo alla posizione degli imputati diversi da H.H., ove la nullità del decreto di citazione a giudizio ex art. 552 c.p.p., comma 2, scaturisca dall'omesso interrogatorio richiesto ai sensi dell'art. 415-bis c.p.p. per uno degli imputati, in relazione a quelli concorrenti nel medesimo reato non si verifica alcuna invalidità che imponga la regressione del procedimento alla fase antecedente, cosicché è abnorme il provvedimento del giudice del dibattimento che estenda invece tale regressione anche agli altri imputati, determinando in tal modo la retrocessione dell'intero procedimento alla fase precedente, in violazione del principio costituzionale della ragionevole durata del processo, che impone di ravvisare il vizio dell'abnormità in ogni fattispecie di indebita regressione del procedimento in grado di alterarne l'ordinata sequenza logico-cronologica.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio il provvedimento impugnato, disponendosi la trasmissione degli atti al Tribunale di Genova, per l'ulteriore corso.
Così deciso in Roma, il 27 aprile 2023.
Depositato in Cancelleria il 18 luglio 2023