FATTI DI CAUSA
1. Con sentenza del 28 gennaio 2021 il Giudice di Pace di Pistoia ha assolto l'imputato Mo.Ri. dal reato di cui all'art. 612 cod. pen. per avere minacciato di un male ingiusto Lo.Mo., pronunciando nei suoi confronti le seguenti parole: "Ti sparo alle gambe...", ripetendolo tre volte. A seguito dell'appello proposto dalla costituita parte civile avverso la decisione del Giudice di pace, il Tribunale di Pistoia in composizione monocratica, con sentenza del 10 novembre 2021, in riforma della impugnata sentenza, ha dichiarato l'imputato Mo.Ri. civilmente responsabile del reato ascrittogli, condannandolo al risarcimento del danno in favore della costituita parte civile e alla liquidazione delle spese processuali.
2. Avverso detta sentenza ha proposto ricorso l'imputato, con atto sottoscritto dal difensore di fiducia, deducendo un unico motivo enunciato nei limiti di cui all'art. 173, comma primo, disp. att. cod. proc. pen.
È stata denunziata la violazione di legge in relazione all'art. 603 comma 3 bis cod. proc. pen.
In particolare, evidenzia il ricorrente che il Tribunale ha ribaltato il precedente giudizio, sia pure ai soli effetti civili, senza procedere alla rinnovazione della istruttoria con riguardo al contributo dichiarativo determinante ai fini della decisione, in violazione del disposto di cui all'art. 603 comma 3 bis cod. proc. pen.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il ricorso è fondato per le ragioni e i motivi di seguito espressi.
1. In relazione al caso in esame occorre premettere la elaborazione giurisprudenziale di questa Corte formatasi in relazione alla riforma della sentenza di primo grado anche ai soli fini civili in senso sfavorevole per l'imputato.
In particolare, il giudice d'appello che riformi, ai soli fini civili, la sentenza assolutoria di primo grado sulla base di un diverso apprezzamento dell'attendibilità di una prova dichiarativa ritenuta decisiva, è obbligato a rinnovare l'istruzione dibattimentale, anche d'ufficio (Sez. 5, n. 38082 del 04/04/2019, Rv. 276933, che in motivazione ha precisato che il disposto dell'art. 603, comma 3-bis, cod. proc. pen., nel disciplinare il caso di riforma della decisione di primo grado su appello del pubblico ministero, non esclude l'obbligo di rinnovazione dell'istruttoria dibattimentale nel caso di ribaltamento di tale decisione ai soli effetti civili e su impugnazione della parte civile).
Dunque, la giurisprudenza di questa Corte ha ravvisato come necessaria la riedizione della prova dichiarativa anche nella ipotesi in cui l'impugnazione abbia determinato la riforma ai soli effetti civili.
2. Ritiene il Collegio che siffatta opzione interpretativa debba essere condivisa anche con riferimento all'ipotesi in esame relativa ad una sentenza pronunciata in primo grado dal Giudice di pace, con conseguente deducibilità della questione sub specie di violazione di legge.
Al riguardo la pronunzia delle Sezioni Unite "Dasgupta", nell'enucleare la questione - nel previgente sistema ordinamentale privo di apposita prescrizione non esclude, nel suo tenore argomentativo la rilevanza del vizio di violazione di legge ai sensi dell'art. 603, comma 3, cod. proc. pen., soffermandosi, invece, sul difetto di motivazione, anche in logica consequenzialità con lo standard giustificativo rafforzato.
Di guisa che, decontestualizzata dal panorama normativo in cui è intervenuta, la sentenza indicata non esclude - ma anzi afferma con ampia latitudine l'obbligatorietà della rinnovazione della prova dichiarativa decisiva anche in caso di ribaltamento agli effetti civili e, dunque, la deducibilità della relativa inosservanza ex art. 606 lett. e) cod. proc. pen.
Ulteriori argomenti a sostegno della generalizzante portata dell'obbligo di rinnovazione si rinvengono anche nella pronunzia Sez. IJ., n. 18620 del 19/01/2017, rie. Patalano (Rv. 269787).
Occupandosi proprio della riforma, ai soli fini civili, della sentenza assolutoria di primo grado, il ragionamento svolto dalle Sezioni Unite in tale ultima pronunzia ha preso le mosse dalla costituzionalizzazione del giusto processo e, quindi, dal canone di giudizio dell'" oltre ogni ragionevole dubbio", elaborato dalla giurisprudenza di legittimità già prima della sua codificazione nell'art. 533, comma 1, cod. proc. pen. (ad opera della legge n. 46 del 20 febbraio 2006), in quanto "criterio generalissimo" del processo penale, direttamente collegato alla presunzione d'innocenza. Si è dunque sottolineato come la (ri)valutazione meramente cartolare del materiale probatorio già valutato dal primo giudice non potrebbe non risultare distonica rispetto al canone dell'art. 533, comma primo, essendo insito nell'avvenuta adozione di decisioni contrastanti il "dubbio ragionevole".
In risposta all'osservazione della Sezione remittente, le Sezioni Unite hanno rimarcato che la revisione del giudizio liberatorio espresso in primo grado, implicando il superamento di ogni dubbio sull'innocenza dell'imputato, postula il ricorso al "metodo migliore per la formazione della prova", id est all'oralità ed all'immediatezza mediante l'esame diretto delle fonti dichiarative. In altri termini, il principio secondo il quale il ribaltamento del giudizio assolutorio impone il metodo orale nella formazione della prova (purché "decisiva") assume valenza generale, in quanto corollario della regola di giudizio dell' "al di là di ogni ragionevole dubbio", espressione dei valori costituzionali del giusto processo e della presunzione d'innocenza, affermandone la necessaria attuazione anche nel caso in cui la decisione da ribaltare sia stata resa all'esito del giudizio "negoziale", "a prova contratta".
Del resto, il tentativo di sperimentare una interpretazione costituzionalmente e convenzionalmente conforme dell'art. 603, commi 3 e 3-bis, cod. proc. pen. si impone nei casi - come quello in disamina - in cui all'imputato sia preclusa la deduzione del vizio di motivazione, quando l'opzione ermeneutica prescelta sia in linea con i canoni sopra indicati, a maggior ragione quando quella, pur a fronte di un testo che lascia aperte più soluzioni, sia l'unica plausibile e, dunque, il frutto di uno sforzo che si rende necessario per giungere ad un risultato costituzionalmente adeguato.
Donde un'interpretazione convenzionalmente orientata degli artt. 603, comma 3 e comma 3-bis cod. proc. pen. induce ad affermare il principio di diritto per cui costituisce violazione di legge ed è, dunque, deducibile ex art. 606 lett. c) cod. proc. pen. con il ricorso avverso la sentenza d'appello pronunciata per reati di competenza del Giudice di pace, la riforma, agli effetti civili, della sentenza assolutoria di primo grado, sulla base di un diverso apprezzamento dell'attendibilità di una prova dichiarativa ritenuta decisiva, non preceduta in appello dalla rinnovazione dell'istruzione dibattimentale, anche d'ufficio.
Va, ulteriormente, rilevato come la rinnovazione della prova orale decisiva, in ipotesi di progressione sfavorevole agli effetti civili, possa refluire nel vizio di violazione di legge ai sensi dell'art. 125 cod. proc. pen., ove la motivazione sia mancante o apparente rispetto alla necessaria riconsiderazione degli elementi dimostrativi fondanti la responsabilità.
3. Ai due profili evidenziati, inerenti tanto alla generalizzata portata dell'obbligo di rinnovazione della prova che alla necessaria motivazione su ogni punto involgente l'affermazione di responsabilità, consegue che la riforma sfavorevole della pronuncia liberatoria, agli effetti civili, possa essere sindacata, in sede di legittimità, nei procedimenti per reati di competenza del Giudice di pace entro i limiti declinati dall'art. 606, co. 2-bis cod. proc. pen.
4. La sentenza impugnata non si è conformata ai principi enunciati.
4.1. Nel ribaltare la pronuncia liberatoria, agli effetti civili, sulla base di un diverso apprezzamento della prova dichiarativa rappresentata dalla testimonianza della persona offesa e di An.Sa., ritenute decisive, il Tribunale ne ha svolto una riconsiderazione meramente cartolare, omettendo di rinnovarne la riassunzione, in violazione dei principi di oralità ed immediatezza.
Dal testo della sentenza impugnata emerge la diversa (ri)valutazione d'attendibilità della prova dichiarativa alla quale il giudice d'appello ha assegnato valore determinante del proprio convincimento, in riforma della sentenza assolutoria fondata sulle medesime prove, impugnata dalla parte civile.
5. Sulla scorta delle considerazioni sopra svolte la sentenza impugnata deve, pertanto, essere annullata agli effetti civili, con rinvio al giudice civile competente per valore in grado di appello.
Con riferimento al giudice del rinvio e alla disciplina applicabile, va al riguardo richiamato il principio fissato dalle Sezioni Unite di questa Corte secondo cui l'art. 573, comma 1-bis, cod. proc. pen., introdotto dall'art. 33 d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, si applica alle impugnazioni per i soli interessi civili proposte relativamente ai giudizi nei quali la costituzione di parte civile sia intervenuta in epoca successiva al 30 dicembre 2022, quale data di entrata in vigore della citata disposizione (SU, n. 38481 del 25/05/2023, Rv. 285036) e, quindi, non nel caso in esame.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata e rinvia al giudice civile competente per valore in grado d'appello.
Così deciso in Roma il 17 novembre 2023.
Depositato in Cancelleria il 17 gennaio 2024.