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Stalking: è configurabile il concorso con il reato di danneggiamento

Stalking, Danneggiamento

Cassazione penale sez. V, 23/09/2016, n.52616

Il delitto di atti persecutori può concorrere con quello di danneggiamento anche quando la condotta dannosa costituisce la modalità esclusiva di consumazione degli atti persecutori, trattandosi di reati che tutelano differenti beni giuridici. (Nella fattispecie la Corte ha ritenuto immune da censure la qualificazione come atti persecutori della reiterazione di cinquantuno atti di danneggiamento realizzati dall'imputato tramite la foratura delle gomme dell'auto della persona offesa, a seguito dei quali la stessa aveva riportato uno stato d'ansia ed aveva mutato le sue abitudini di vita, ritenendo tali atti idonei a configurare sia la molestia, per i ripetuti danni in sé, sia la minaccia, in relazione alla probabilità di analoghi atti dannosi desumibile dalle precedenti condotte).

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La sentenza integrale

RITENUTO IN FATTO Con la sentenza impugnata la Corte d'Appello di Torino ha confermato la sentenza di primo grado nei confronti dell'imputato, che lo aveva condannato a pena di giustizia, per il delitto di cui all'art. 612 bis c.p., epoca del fatto da (OMISSIS). 1. Ha presentato ricorso la difesa dell'imputato, che con il primo motivo ha lamentato la violazione di legge in relazione alla norma incriminatrice ex art. 612 bis c.p., poichè la sentenza aveva ritenuto che la reiterazione di più delitti di danneggiamento, qualificata alla stregua di molestie, avrebbe provocato nella vittima uno stato di ansia e quindi aveva integrato il delitto di stalking. Sostiene il ricorso che la semplice ripetizione dei danneggiamenti agli pneumatici della persona offesa non integrerebbe nè le molestie, nè potrebbe essere qualificata come attività minacciosa, come invece opinato erroneamente dalla Corte territoriale. 1.1 Tramite il secondo motivo, che richiama il primo sotto un diverso aspetto, si è censurata la violazione dell'art. 15 c.p., poichè l'imputato sarebbe stato condannato due volte per i medesimi fatti, poichè le condotte descritte nelle due imputazioni erano identiche. 1.2 Nel terzo motivo ci si è doluti del mancato riconoscimento delle attenuati generiche e della mancata sospensione condizionale della pena, entrambe giustificate con l'atteggiamento di contrapposizione mantenuto dall'imputato e con la violazione delle misura cautelare mentre non erano stati ponderati l'atteggiamento collaborativo fin dalla fase dell'arresto, la costante partecipazione al processo, la tenuità della trasgressione della misura e l'incensuratezza dell'imputato, che lo rendeva meritevole del beneficio della sospensione. All'odierna udienza il Pg, Dr. DI LEO, ha concluso per l'inammissibilità. CONSIDERATO IN DIRITTO Il ricorso è inammissibile. 1. Deve, in primis, precisarsi che l'imputato è stato condannato per più condotte di danneggiamento nei confronti della parte civile, consistite nel forare una pluralità di volte gli pneumatici della sua auto, comportamenti tramite i quali i Giudici del merito hanno ritenuto integrato anche il delitto di cui all'art. 612 bis c.p., del quale pure doveva rispondere. 2. La Corte territoriale, nel replicare alle osservazioni difensive, ha tenuto conto della giurisprudenza di legittimità, che ha ravvisato il concorso di reati nel caso di attività persecutoria realizzata tramite comportamenti a loro volta integranti autonomi reati, quando le norme incriminanti tutelino beni/oggetti giuridici differenti. In tal senso, Sez. 5 Sentenza n. 51718 del 05/11/2014 Ud. (dep. 11/12/2014) Rv. 262635: Il delitto di atti persecutori, avendo oggetto giuridico diverso, può concorrere con quello di diffamazione anche quando la condotta diffamatoria rappresenta una delle molestie costitutive del reato previsto dall'art. 612 bis c.p.. In senso conforme, Sez. 5, Sentenza n. 4011 del 27/10/2015 Ud. (dep. 29/01/2016) Rv. 265639: E' configurabile il concorso tra il reato di violenza privata e quello di atti persecutori, trattandosi di reati che tutelano beni giuridici diversi, in quanto l'art. 610 c.p. protegge il processo di formazione e di attuazione della volontà personale, ovvero la libertà individuale come libertà di autodeterminazione e di azione; mentre l'art. 612 bis c.p. è preordinato alla tutela della tranquillità psichica - ed in definitiva della persona nel suo insieme - che costituisce condizione essenziale per la libera formazione ed estrinsecazione della predetta volontà. (In motivazione, la S.C. ha precisato che l'"alterazione delle abitudini di vita" non può considerarsi una peculiare ipotesi di violenza privata, avendo la prima una ampiezza di molto maggiore rispetto al fare, omettere o tollerare qualcosa per effetto della coartazione esercitata sulla volontà della vittima). 2.1 In armonia con i suddetti principi i Giudici torinesi hanno ritenuto che nella fattispecie posta al loro giudizio il numero esorbitante di danneggiamenti agli pneumatici, indicato in 51, e, quindi, la loro reiterazione ossessiva avesse provocato sulla parte offesa il duplice effetto di molestia, per i ripetuti danni in sè, e di minaccia futura, poichè la ripetizione dei danneggiamenti aveva lasciato ragionevolmente presagire che altri analoghi ve ne sarebbero stati. Pertanto avevano giudicato integrata la condotta degli atti persecutori. 2.2 La sentenza impugnata ha poi dato conto del verificarsi degli eventi alternativi, osservando che era stata raggiunta la prova del cambiamento di consuetudini di vita, per l'abitudine che la persona offesa aveva preso di farsi sempre accompagnare da qualcuno in grado di proteggerla e per l'insorgere di disturbi dell'umore, curati con apposita terapia, elemento che ha razionalmente valorizzato per ritenere provato lo stato d'ansia, altro evento previsto dall'incriminazione ex art. 612 bis c.p.. 3. Per tali chiare ragioni alcuna violazione del principio di specialità ex art. 15 c.p. è ravvisabile nelle predette argomentazioni, nè, per quanto ipotizzabile, nessuna doppia condanna per il medesimo fatto, come ha, invece, sostenuto il ricorrente nel secondo motivo ma un semplice caso di concorso di reati, correttamente ritenuto in armonia col consolidato orientamento di legittimità innanzi ricordato. 4. Il terzo motivo è inammissibile, in quanto la censura sub 1.2 è stata svolta sul pieno merito dell'argomentazione riguardante il trattamento sanzionatorio, proponendo, tramite i riferimenti all'atteggiamento collaborativo dell'imputato, alla sua costante partecipazione al processo ed alla tenuità della trasgressione della misura cautelare, occasioni per una rivalutazione sul merito dei dati probatori, inammissibile in questa fase. 4.1 Deve, in ogni caso osservarsi che la Corte ha adeguatamente chiarito i motivi che avevano reso impossibile il riconoscimento delle attenuanti generiche, la diminuzione di pena e la sospensione ex art. 163 c.p., individuandoli razionalmente ed in modo aderente agli atti, nell'atteggiamento di contrapposizione con le vittime e nella violazione delle misura cautelare. La motivazione in proposito risulta plausibile, non illogica e coerente col disposto normativo di cui all'art. 62 bis c.p., comma 3, per il quale l'assenza di precedenti penali non può da sola giustificare il riconoscimento delle circostanze attenuanti ex art. 62 bis c.p.. Alla luce delle considerazioni che precedono il ricorso va dichiarato inammissibile ed il ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali ed al versamento della somma di Euro duemila in favore della Cassa delle Ammende, nonchè alla refusione delle spese in favore della parte civile costituita, che si ritiene di liquidare in Euro duemila oltre accessori di legge. Ai sensi del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52 va disposto l'oscuramento delle generalità e degli altri dati identificativi delle parti in caso di diffusione del presente provvedimento. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali oltre alla somma di Euro duemila in favore della Cassa delle Ammende. Dispone l'oscuramento delle generalità e degli altri dati identificativi a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52. Così deciso in Roma, il 23 settembre 2016. Depositato in Cancelleria il 13 dicembre 2016
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