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Reati contro l'economia pubblica

Trasferimento fraudolento di valori: non è sufficiente dar conto della fittizia attribuzione della titolarità o disponibilità di denaro, beni o altre utilità

Trasferimento fraudolento di valori: non è sufficiente dar conto della fittizia attribuzione della titolarità o disponibilità di denaro, beni o altre utilità

Cassazione penale sez. II, 21/06/2023, (ud. 21/06/2023, dep. 04/10/2023), n.40407

Il delitto previsto dall'art. 512-bis c.p. richiede che tutti i concorrenti nel reato abbiano agito con il dolo specifico di eludere le disposizioni di legge in materia di prevenzione patrimoniale, per la cui prova in giudizio non è sufficiente dar conto della fittizia attribuzione della titolarità o disponibilità di denaro, beni o altre utilità, sicché è imprescindibile, ai fini della sua punibilità, che l'intestatario fittizio sia a conoscenza del fine di eludere le disposizioni di legge in materia di misure di prevenzione con il dolo specifico di aggirarle

Norme di riferimento

Art. 216 legge fallimentare -Bancarotta Fraudolenta

È punito con la reclusione da tre a dieci anni, se è dichiarato fallito, l'imprenditore, che:

1) ha distratto, occultato, dissimulato, distrutto o dissipato in tutto o in parte i suoi beni ovvero, allo scopo di recare pregiudizio ai creditori, ha esposto o riconosciuto passività inesistenti;

2) ha sottratto, distrutto o falsificato, in tutto o in parte, con lo scopo di procurare a sè o ad altri un ingiusto profitto o di recare pregiudizi ai creditori, i libri o le altre scritture contabili o li ha tenuti in guisa da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio o del movimento degli affari.

La stessa pena si applica all'imprenditore, dichiarato fallito, che, durante la procedura fallimentare, commette alcuno dei fatti preveduti dal n. 1 del comma precedente ovvero sottrae, distrugge o falsifica i libri o le altre scritture contabili.

È punito con la reclusione da uno a cinque anni il fallito, che, prima o durante la procedura fallimentare, a scopo di favorire, a danno dei creditori, taluno di essi, esegue pagamenti o simula titoli di prelazione.

Salve le altre pene accessorie, di cui al capo III, titolo II, libro I del codice penale, la condanna per uno dei fatti previsti nel presente articolo importa per la durata di dieci anni l'inabilitazione all'esercizio di una impresa commerciale e l'incapacità per la stessa durata ad esercitare uffici direttivi presso qualsiasi impresa.

La sentenza integrale

RITENUTO IN FATTO 1. T.R. e T.G., per il tramite del comune difensore e con ricorsi congiunti, impugnano l'ordinanza in data 28/02/2023 del Tribunale di Brescia che, in sede di riesame, ha confermato l'ordinanza del 07/02/2023, con cui il G.i.p. del Tribunale di Mantova ha applicato la misura cautelare della custodia cautelare in carcere per i reati di concussione, tentativo di concussione, corruzione, trasferimento fraudolento di valori. Deducono: 1.1. Violazione di legge e vizio di motivazione in relazione all'art. 512-bis c.p.. Con il primo d'impugnazione i ricorrenti sostengono che il tribunale ha omesso di motivare con riguardo al dolo specifico richiesto per la configurabilità del reato di cui all'art. 512-bis c.p., non essendo a tal fine sufficiente un brano estrapolato da un'intercettazione che lo stesso tribunale definiva non compiutamente dettagliata. Denuncia anche la contraddittorietà della motivazione. 1.2. Violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alle esigenze cautelari. A tale proposito si denuncia la contraddittorietà della motivazione che, pur escludendo l'aggravante della mafiosità, valorizza la mentalità ‘ndranghetistica e al contempo non considera che T.G. non è più pubblico ufficiale dal 2021 e non spiega come tale circostanza non abbia interferito sulle esigenze cautelari. Aggiunge che il tribunale non ha spiegato le ragioni per cui non poteva essere applicata una misura meno afflittiva. CONSIDERATO IN FATTO 1. I ricorsi sono inammissibili. 1.1. Il primo motivo d'impugnazione -con cui si denuncia il vizio di omessa motivazione e la violazione di legge con riguardo al requisito del dolo specifico- è manifestamente infondato. Va premesso che la giurisprudenza di legittimità ha in più occasioni chiarito che "il delitto previsto dall'art. 512-bis c.p. richiede che tutti i concorrenti nel reato abbiano agito con il dolo specifico di eludere le disposizioni di legge in materia di prevenzione patrimoniale, per la cui prova in giudizio non è sufficiente dar conto della fittizia attribuzione della titolarità o disponibilità di denaro, beni o altre utilità, sicché è imprescindibile, ai fini della sua punibilità, che l'intestatario fittizio sia a conoscenza del fine di eludere le disposizioni di legge in materia di misure di prevenzione con il dolo specifico di aggirarle" (Sez. 2, n. 45080/2021, Rv. 28243701). La motivazione del provvedimento impugnato è conforme all'enunciato principio di diritto, in quanto i giudici hanno ricavato la sussistenza del dolo specifico del reato contestato in capo ai T., sulla base delle intercettazioni ambientali che indicavano il timore degli stessi di subire un blocco dei beni e la volontà di sottrarre il denaro da eventuali misure di prevenzione patrimoniali, evidenziando così una serie di elementi idonei a giustificare, in fase cautelare, la valutazione degli stessi in termini di superamento della soglia di gravità indiziaria. La sussistenza di una puntuale motivazione sul punto e la sua conformità ai principi di diritto che disciplinano la materia mostra la manifesta infondatezza del primo motivo d'impugnazione. 1.2. A eguale conclusione di inammissibilità per manifesta infondatezza si perviene anche in relazione al secondo motivo d'impugnazione, con il quale i ricorrenti lamentano l'omessa motivazione e la violazione di legge in relazione all'art. 274 c.p.p., lett. c), e alla sussistenza di esigenze cautelari. Anche in questo caso la motivazione del provvedimento impugnato è conforme ai principi di diritto fissati dalla giurisprudenza di legittimità in relazione alla configurabilità del requisito dell'attualità del pericolo di reiterazione del reato in caso di pubblico agente sospeso o dimesso dal servizio (cfr. Sez. 6, Sentenza n. 55113 del 08/11/2018, Lupelli, Rv. 274648 - 01). In tal senso il tribunale ha sottolineato che la perdita della qualità di pubblico ufficiale da parte di T.G. non escludeva il pericolo, concreto ed attuale, di recidiva, non risultando reciso il rapporto organico tra il ricorrente e l'ufficio, stante la pluralità di contatti degli indagati e, conseguentemente, la permanenza del potere di influenza esercitabile dal ricorrente, grazie alla manifestata capacità di interrelazione e la sua tendenza all'uso fraudolento degli strumenti a disposizione, tale da travalicare la funzione ricoperta al momento del fatto. Il provvedimento risulta altresì puntualmente motivato anche in relazione alla scelta della misura cautelare, spiegando che "i contatti ramificati ed estesi e la capacità di infiltrarsi fraudolentemente nel sistema economico, rimasta intatta nonostante i decreti interdittivi antimafia emessi dalle Prefetture competenti per territorio, danno conto della pericolosità sociale degli indagati in esame, che non appare, pertanto, fronteggiabile con misura diversa da quella carceraria, inidonea a recidere i legami criminali intrattenuti dagli indagati". Anche in questo caso, la sussistenza di una puntuale motivazione e la sua conformità ai principi di diritto che disciplinano la materia mostra la manifesta infondatezza del secondo motivo d'impugnazione. 1.3. Infine, deve rilevarsi come, a fronte di una motivazione adeguata, logica e non contraddittoria, entrambi i motivi d'impugnazione innanzi sintetizzati sollevino censure in relazione alla valutazione del tribunale, che viene contrastata con apprezzamenti di fatto non scrutinabili in questa sede, in quanto non riconducibili ai vizi di contraddittorietà o di manifesta illogicità per cui è ammesso il ricorso per cassazione. Va a tal proposito ricordato che in tema di misure cautelari personali "il ricorso per cassazione è ammissibile soltanto se denuncia la violazione di specifiche norme di legge, ovvero la manifesta illogicità della motivazione del provvedimento secondo i canoni della logica ed i principi di diritto, ma non anche quando propone censure che riguardino la ricostruzione dei fatti ovvero si risolvano in una diversa valutazione delle circostanze esaminate dal giudice di merito", (Sez. 2, Sentenza n. 31553 del 17/05/2017, Paviglianiti, Rv. 270628 - 01; Sez. 4, Sentenza n. 18795 de 02/03/2017, Di Iasi, Rv. 269884 - 01; Sez. 6, Sentenza n. 11194 del 08/03/2012, Lupo Rv. 252178). 2. Quanto esposto porta alla declaratoria di inammissibilità dei ricorsi e a ciò segue, ai sensi dell'art. 616 c.p.p., la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese del procedimento nonché, ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al pagamento in favore della Cassa delle Ammende della somma di Euro tremila ciascuno, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti. 3. Una copia del presente provvedimento deve essere trasmessa, a cura della Cancelleria, al Direttore dell'Istituto penitenziario, ai sensi dell'art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter, in quanto dalla sua pronuncia non consegue la rimessione in libertà del detenuto. P.Q.M. Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all'art. 94 disp. Att. c.p.p., comma 1 ter. Così deciso in Roma, il 21 giugno 2023. Depositato in Cancelleria il 4 ottobre 2023
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