Tribunale Nola, 09/09/2024, n.1271
L’assoluzione ai sensi dell’art. 530, co. 2, c.p.p., viene pronunciata quando le prove raccolte non dimostrano oltre ogni ragionevole dubbio che l’imputato abbia commesso il fatto o abbia agito con la consapevolezza e l’intenzione di partecipare al reato. Nel caso specifico, è emerso che l'imputato aveva trasmesso alla società di fornitura energetica dati ricevuti via messaggio da un collega senza sapere o partecipare al loro eventuale utilizzo fraudolento.
RAGIONI IN FATTO E IN DIRITTO DELLA DECISIONE
Con decreto di citazione emesso dal p.m. sede il 30 giugno 2022 Al.Bo. venne tratto a giudizio davanti a questo Tribunale per rispondere dei reati a lui ascritti nell'imputazione riportata in epigrafe.
All'udienza del 26 gennaio 2023, dichiarata l'assenza dell'imputato, regolarmente citato e non comparso senza addurre alcun impedimento, il giudice dichiarò aperto il dibattimento e, ammesse le prove indicate dalle parti, rinviò il processo, per l'esame dei testi d'accusa, al 15 giugno 2023, data in cui, letto il decreto presidenziale n. 39/2023, con il quale era stata disposta la sua assegnazione all'Ufficio Gip/Gup sede, a decorrere dal 22 luglio 2023, rimise le parti davanti allo scrivente per la già fissata udienza del 18 dicembre 2023.
Nel corso di tale udienza, reiterate le formalità di apertura del dibattimento ed ammesse le prove indicate dalle parti, venne escusso l'appuntato Lu.Se., in servizio, all'epoca dei fatti, presso la Stazione CC di Terzigno, all'esito della cui deposizione il p.m. produsse la documentazione sottoposta in visione al teste nel corso dell'esame.
Alla successiva udienza del 6 maggio 2024 venne acquisito al fascicolo per il dibattimento, con l'accordo delle parti, il verbale delle sommarie informazioni rese da Ga.Ca., il 25 marzo 2020, presso la Stazione CC di Terzigno. Il p.m. rinunciò, quindi, all'esame del Campanile, revocata l'ammissione del quale venne chiamata a deporre la persona offesa Pa.Pa., che nel corso del suo esame dichiarò di voler rimettere la querela.
Vennero acquisiti al fascicolo per il dibattimento, quindi, su richiesta delle parti, la documentazione contrattuale e le foto sottoposte in visione alla teste nel corso della sua escussione, nonché il verbale delle sommarie informazioni rese alla p.g., il 5 agosto 2020, dall'altro teste d'accusa, Vi.Bi., al cui esame il p.m. dichiarò di rinunciare. Revocata l'ammissione del suddetto teste, lo scrivente rinviò il processo all'udienza del 6 maggio 2024, nel corso della quale si procedette all'esame dell'imputato e della teste a difesa Sa.D'A.; vennero acquisite al fascicolo per il dibattimento, quindi, su.
richiesta del p.m., le stampe degli screenshot sottoposte in visione all'imputato nel corso del suo esame, al termine del quale il Bo. dichiarò di accettare la remissione della querela.
Le parti, a questo punto, chiesero concordemente che venisse chiamato a deporre, ex art. 507 c.p.p., Vi.Bi. - omonimo del soggetto erroneamente inserito nella propria lista testi dal p.m., le cui esatte generalità erano state indicate dall'imputato; ritenuto che l'esame del Bi. non fosse assolutamente necessario ai fini della decisione, lo scrivente rigettò la richiesta di integrazione probatoria rinviando, per la sola discussione, al 10 giugno 2024.
Nel corso dell'udienza odierna, infine, questo giudice ha dichiarato chiusa l'istruttoria dibattimentale, invitando le parti a formulare ed illustrare le proprie conclusioni, ascoltate le quali, dopo essersi ritirato in camera di consiglio per deliberare, ha reso pubblica la sentenza dando lettura del dispositivo allegato al verbale.
Prima di esporre (e per meglio comprendere) le ragioni di fatto e di diritto poste a fondamento della decisione, è senz'altro opportuno dar conto degli esiti dell'istruttoria dibattimentale, ripercorrendola nei suoi tratti salienti.
La persona offesa Pa.Pa., ha riferito che nell'anno 2018 un ragazzo si era presentato nella sua caffetteria, in via (...), a San Giuseppe Vesuviano, e le aveva proposto "un cambio di corrente", la conclusione, cioè, di un contratto di fornitura di energia elettrica con una compagnia diversa da quella - EN. - che fino a quel momento aveva assicurato l'erogazione del servizio all'esercizio commerciale. Essendo impegnata, in quel momento, al banco del bar, la Pa. aveva rifiutato la proposta, invitando il giovane a ripassare in un altro momento, ma, ciononostante, dopo qualche tempo si era vista recapitare una fattura emessa da una società (la So., secondo quanto risulta dalla documentazione acquisita in copia al fascicolo per il dibattimento), a lei completamente sconosciuta, con la quale risultava aver concluso, nella sua veste di titolare del bar "Linda", un contratto per la fornitura di energia elettrica al locale da lei gestito.
La persona offesa ha disconosciuto espressamente la firma apposta in calce al suddetto contratto, apparentemente concluso il 5 luglio 2018, sul quale erano riportati, tra l'altro, l'indirizzo del bar, il suo codice fiscale, la partita iva ed un'utenza mobile che non le apparteneva, affermando di essersi limitata a dare le proprie generalità al ragazzo che le aveva proposto il "cambio di corrente", da lei descritto come un soggetto "bassino con la barba" piuttosto simile all'individuo calvo e barbuto ritratto in una delle cinque foto sottopostele in visione dalla difesa (estrapolate tramite screenshot dal profilo facebook di tale Do.Ca.).
L'appuntato scelto Luca Sepe, in servizio presso la Stazione CC di Terzigno, invitato a riferire sugli esiti delle indagini delegate dalla Procura sede, ha dichiarato di aver acquisito il contratto di fornitura apparentemente concluso tra la "So. s.p.a." ed il "(...)e di aver accertato che lo stesso era stato "attivato" dalla "(...) s.r.l.", avente sede a Nocera, per il tramite dell'agente Al.Bo., che le fatture emesse dalla società fornitrice erano state successivamente stornate e che l'utenza mobile trascritta sul contratto (ed associata alla Pa.) era priva di intestatario.
Nel corso del suo esame l'imputato ha dichiarato, innanzitutto, che all'epoca dei fatti lavorava come agente, promuovendo la conclusione di contratti per conto delle società "En." e "So."
Il Bo. ha riferito, quindi, di non aver mai avuto alcun contatto diretto con la signora Pasqualina Pa. e di averla conosciuta solo "per sentito dire", precisando, più in particolare, che il 5 luglio 2018 un suo collega, Vi.Bi., originario di Casal di Principe, aveva inviato sulla sua utenza mobile, tramite whattsapp, un messaggio contenente le generalità della Pa., il suo numero di telefono e la richiesta di inoltrare i dati alla "So.", che avrebbe dovuto, poi, ricontattare la cliente per avere conferma dell'avvenuta conclusione del contratto.
Aderendo alla richiesta ricevuta dal Bi., che aveva trascorso parte della giornata lavorativa insieme a lui e ad un'altra loro collega, Sa.D'A., prima di fermarsi a San Giuseppe Vesuviano, l'imputato, servendosi del proprio telefono cellulare, aveva inoltrato, quindi, il messaggio alla "So.", dalla quale avrebbe successivamente appreso che il contratto risultava essere stato concluso con la sua intermediazione. Il Bo. ha riconosciuto, quindi, i messaggi riprodotti sui fogli sottopostigli in visione dal suo difensore, recanti le generalità della Pa., un numero di cellulare ed un "codice contratto", come quelli inviatigli il 5 luglio 2018 dal Bi., da lui estrapolati, tramite screenshot, dal proprio telefono cellulare e mostrati già in sede di interrogatorio agli inquirenti per dimostrare la propria estraneità ai fatti.
L'imputato ha spiegato, inoltre, che nel momento in cui il Bidognetti gli aveva chiesto di inoltrare il messaggio alla So. aveva immaginato che lo stesso non fosse ancora abilitato a fare "questo instant cali", avendo iniziato a lavorare da poco per conto di quella società.
Il Bo. ha riferito, infine, di aver interrotto il suo rapporto di lavoro con la "So." tra il 2020 ed il 2021 e di aver provato più volte a contattare il suo ex collega (soltanto omonimo del Vincenzo Bidognetti erroneamente indicato nella propria lista testimoniale dal p.m., detenuto ininterrottamente tra il 2017 ed il 2021 e del tutto estraneo, quindi, ai fatti in contestazione), dopo aver appreso di essere indagato, ma senza successo, in quanto lo stesso non aveva risposto a nessuno suoi messaggi ed alle sue chiamate. Il racconto dell'imputato ha trovato piena conferma (oltre che, come detto, nel contenuto dei messaggi estrapolati dal suo telefono cellulare e riprodotti sui fogli acquisiti al fascicolo per il dibattimento), nelle dichiarazioni della sua ex collega Sa.D'A.
Quest'ultima ha riferito, innanzitutto, di aver lavorato con il Bo., tra il 2017 ed il 2019, confermando, inoltre, di aver trascorso parte della giornata lavorativa, il 5 luglio 2018, con l'imputato e con il Bi., che ad un certo punto si era fermato a San Giuseppe Vesuviano, mentre lei ed il Bo. avevano continuato a girare in auto per il napoletano.
La D'A. ha spiegato, sul punto, che ogni mattina lei ed i suoi colleghi formavano una squadra che si muoveva sul territorio in macchina, capeggiata da un trainer, ruolo che, in quella circostanza, era stato affidato all'imputato.
La teste ha ricordato, inoltre, che il Bi., dopo essersi separato da loro, aveva inviato un messaggio all'imputato, nel quale erano contenuti "il nome della signora del baril codice del contratto e la richiesta, rivolta al Bo. - l'unico dei tre abilitato ad effettuare una "instant cali" - di inviare questi dati a "So.", sì da consentire agli operatori della società di contattare la cliente per avere conferma delle sue generalità e dell'esattezza dei dati riportati nel contratto.
Tenuto conto degli esiti dell'istruttoria dibattimentale, ritiene il giudice che l'imputato debba essere mandato assolto dai reati a lui ascritti, ai sensi dell'art. 530, co. 2, c.p.p., per non aver commesso i fatti, apparendo, se non del tutto mancante, quanto meno incerta e contraddittoria la prova del suo coinvolgimento, anche soltanto concorsuale, nella consumazione degli stessi.
Il racconto del Bo., che ha riferito di non aver mai incontrato la persona offesa e di essersi limitato ad inoltrare alla "So." il messaggio inviatogli via whattsapp dal suo collega, Vi.Bi., nel quale erano riportati il nome della Pa., il numero di un'utenza mobile ed il codice del contratto appena concluso con la stessa, ha trovato pieno riscontro, come detto, prim'ancora che nei messaggi estrapolati dal telefono cellulare in uso all'imputato, nelle dichiarazioni della D'A., apparsa pienamente attendibile in quanto chiara, coerente e precisa nella rievocazione dei fatti di causa, da lei esposti in modo, al tempo stesso sicuro e distaccato, senza tradire intenti "protettivi" nei confronti del suo ex collega.
Ciò posto, deve ritenersi quanto meno verosimile che l'imputato sia rimasto realmente estraneo alla consumazione dei reati in contestazione, al cui perfezionamento potrebbe aver offerto, al più, un contributo del tutto accidentale ed involontario.
Tenuto conto della (relativa) complessità delle questioni di fatto e di diritto sottese alla stesura della presente sentenza e del carico di lavoro che grava sul ruolo di questo giudice, si ritiene opportuno fissare in novanta giorni il termine per il deposito della motivazione.
P.Q.M.
Letto l'art. 530, co. 2, c.p.p.,
assolva Al.Bo. dai reati a lui ascritti per non aver commesso i fatti.
Letto l'art. 544, co. 3, c.p.p., fissa in novanta giorni il termine per il deposito della motivazione.
Così deciso in Nola il 10 giugno 2024.
Depositato in Cancelleria il 9 settembre 2024.