Corte appello Napoli sez. III, 04/09/2024, (ud. 27/06/2024, dep. 04/09/2024), n.7876
Nel reato di crollo colposo (art. 434 c.p.), la posizione di garanzia dei proprietari di un immobile li obbliga a eseguire interventi di manutenzione e messa in sicurezza, anche in presenza di concause, come atti vandalici o inerzia dell’amministrazione pubblica. La responsabilità non viene esclusa da offerte non perfezionate di donazione dell’immobile o dalla mancata demolizione da parte dell’ente pubblico, poiché tali circostanze non incidono sull’obbligo di prevenire eventi disastrosi.
RAGIONI IN FATTO E IN DIRITTO DELLA DECISIONE
In data 16.9.2022 il Tribunale di Torre Annunziata, in composizione monocratica, ha emesso sentenza con la quale ha ritenuto gli imputati responsabili del reato di cui in rubrica e li ha condannati, concesse le circostanze attenuanti generiche ed esclusa per Mo.Ge. la contestata recidiva, alla pena di mesi otto di reclusione, con il beneficio della sospensione condizionale della pena.
Contro tale sentenza hanno proposto appello i difensori degli imputati chiedendo l'assoluzione dei propri assistiti per motivi attinenti al merito, come di seguito specificati.
In data odierna si è celebrato il giudizio di appello, nel corso del quale il P.G. chiedeva la conferma della sentenza e i difensori si riportavano ai motivi.
All'esito il giudizio veniva deciso mediante lettura del dispositivo.
L'ECCEZIONE DI PRESCRIZIONE DEL REATO
Preliminarmente rileva la Corte che - diversamente da quanto eccepito da taluni appellanti - il reato ascritto agli odierni imputati non si è estinto per decorso della prescrizione. Invero, il termine di prescrizione per detto reato, punito con la reclusione da uno a cinque anni, ex art 449 c.p., a norma dell'art 157 c.p. sesto comma, è raddoppiato.
Ebbene, considerato che il fatto si è verificato il 28.8.2014, epoca in cui era già vigente il raddoppio dei termini di prescrizione, è agevole rilevare che non è ancora decorso né il termine breve (pari a dieci anni) né il termine lungo di prescrizione (pari a 15 anni); quest'ultimo decorrerà solo in data prossima al 08.01.2030, dovendo tenersi conto anche della sospensione dei termini di prescrizione disposta all'udienza del 14.7.2017, durata fino al 27.11.20Ì7(pari a 130 giorni). Ciò premesso, il giudice impugnato ha accertato la responsabilità degli imputati per aver colposamente cagionato il crollo di un edificio sito in Torre Annunziata alla Via (...) - (...) Via (...), in data 28.8.2014, intorno alle ore 13.30 circa, a seguito del quale due persone, Ci.Ca. e Lo.An., rimanevano intrappolate tra le macerie. Tanto sulla base della documentazione prodotta dal P.M. (rapporto di intervento dei Vigili del Fuoco, ordinanze rese dal Comune di Torre Annunziata il 08.03.2011 avente ad oggetto l'ingiunzione di immediata esecuzione dei lavori, relazione tecnica di accertamento dello stato dei luoghi, rilievi fotografici), delle dichiarazioni rese dai testi qualificati Ma. e La. e dalle persone offese Ci.Ca. e Lo.An., da cui emergeva lo stato di abbandono e fatiscenza dell'immobile e l'inottemperanza, da parte degli imputati, delle ordinanze sindacali con cui si era disposta l'immediata messa in sicurezza dell'edificio pericolante, condizioni queste che avevano determinato il crollo dell'edificio.
Verranno trattati di seguito le posizioni dei singoli appellanti e i rispettivi motivi di appello.
APPELLO NELL'INTERESSE DI PA.FR.
Il difensore di Pa.Fr. si duole dell'affermazione di responsabilità del proprio assistito, per essere carente la prova della condotta colposa dello stesso.
In particolare, l'appellante, premessa la genericità della motivazione della sentenza di condanna, rileva che il crollo aveva interessato unicamente i civici dal n. (...) al n. (...), mentre il Pa. era proprietario di un appartamento situato al civico (...); inoltre, quest'ultima zona era già interdetta per cui difetterebbe l'attitudine del fatto a ledere o a mettere in pericolo un numero non individuabile di persone.
Il rilievo è infondato.
Invero, nel caso di specie non rileva che la parte o l'ala dell'edificio ove insisteva l'appartamento di proprietà del Pa. non fosse stata interessata dal crollo perché già transennata, in quanto non vi è dubbio che il Pa., in qualità di proprietario di un appartamento sito all'interno dell'edificio che subiva il crollo, e quindi di una porzione dell'edificio, era certamente titolare di una posizione di garanzia che comportava in capo al predetto l'obbligo giuridico di eseguire i lavori di manutenzione e di messa in sicurezza dell'intero immobile, a prescindere dal numero civico corrispondente alla sua residenza; peraltro lo stesso art. 434 c.p. contempla il caso in cui un edificio sia stato danneggiato solo in parte e non richiede, quindi, la distruzione totale dell'immobile. Inoltre, la qualità di proprietario dell'edificio in oggetto (identificato al foglio 9 p.lle 116 e 118 del Comune di Torre Annunziata, occupante una superfice di m. 22 mt 18, 13 mt di altezza), veniva riscontrata documentalmente alla luce delle visure in atti dell'agenzia del territorio e della relazione tecnica redatta dal Comune di Torre Annunziata, a cui seguivano le ordinanze comunali nn. 1 e 2 del 08.03.2011.
Con il secondo motivo di appello, il difensore ha chiesto il proscioglimento dell'imputato per la particolare tenuità del fatto. Anche tale motivo non può essere accolto.
Invero, non è possibile ritenere la speciale tenuità del fatto, difettando nel caso di specie le condizioni previste dalla norma con particolare riferimento all' esiguità del danno o del pericolo, risultando il danno provocato dal crollo di una certa entità, anche alla luce del coinvolgimento di due persone, il Longobardi e la Cirillo, che venivano colpiti dalle macerie.
APPELLO NELL'INTERESSE DI BI.SA.
Il difensore di Bi.Sa. invoca l'assoluzione del proprio assistito perché il fatto non sussiste difettando, a suo dire, l'elemento soggettivo e oggettivo del reato.
In particolare, rileva il difensore l'impossibilità da parte del proprio assistito di ottemperare all'ordinanza del Comune di Torre Annunziata del 08.03.2011 (notificata alla moglie dello stesso il 21.3.2011, quindi dopo la sua spontanea donazione) in quanto egli era proprietario solo di una porzione del predetto corpo di fabbrica sito in Torre Annunziata alla Via (...) nn. 9-11-13 per cui non aveva la disponibilità materiale e giuridica dell'intero edificio e non avrebbe potuto intervenire sulle porzioni di fabbricato comuni o appartenenti ad altri proprietari. Inoltre, l'imputato da anni si era trasferito al Nord Italia e non era a conoscenza delle precarie condizioni dell'immobile.
Altresì, rileva il difensore che mancherebbe la prova circa il nesso di causalità tra l'omessa manutenzione e il crollo, che si verificava oltre tre anni dopo rispetto alla notifica dell'ordinanza. Inoltre, a conferma della sua buona fede, rileva l'appellante che appena due giorni dopo l'emissione dell'ordinanza, in data 10.3.2011, il Bi. inviava al comune di Torre Annunziata un atto di "Donazione volontaria del fabbricato dissestato" (in atti) con il quale offriva in donazione l'immobile la cui porzione insisteva nel fabbricato in argomento, trovandosi nell'impossibilità di provvedere alla manutenzione dell'immobile. Le doglianze sono prive di pregio.
Quanto a quest'ultimo punto, secondo le disposizioni civilistiche, la donazione deve essere fatta per atto pubblico, sotto pena di nullità e ai fini del suo perfezionamento è necessaria l'accettazione dell'atto di donazione che può essere fatta nell'atto stesso o con atto pubblico posteriore; in quest'ultimo caso la donazione non è perfetta se non dal momento in cui l'atto di accettazione è notificato al donante.
Ciò premesso, nella vicenda in esame, l'imputato si è limitato ad "offrire" in donazione al Comune il proprio immobile, evidentemente per non eseguirne la manutenzione, offerta a cui non seguiva alcuna accettazione da parte del Comune, per cui la donazione non si perfezionava.
Ne consegue che l'aver proposto in donazione l'immobile non esonerava in alcun modo l'imputato dall'adempiere all'onere di provvedere alla manutenzione dello stesso, così come gli era stato intimato dal Comune di Torre Annunziata, avendo il Pa. ancora la piena disponibilità e titolarità della sua porzione di edificio.
Né rileva la circostanza che il Bi. non fosse l'unico proprietario dell'immobile, in quanto, ove in buona fede, egli ben avrebbe potuto fornire la prova di essersi attivato, anche solo per la sua parte, per porre in essere interventi di manutenzione dell'immobile; al contrario egli restava, come i correi, del tutto inadempiente, non potendosi giustificare le sue omissioni neppure con il fatto di risiedere in altro comune.
Anche in merito alla dedotta assenza del nesso di causalità, la doglianza è infondata.
Appare evidente, infatti, che il crollo sia stata la conseguenza di anni di incuria e di abbandono dell'immobile da parte dei suoi proprietari, situazione questa che era già stata riscontrata tre anni prima in sede di relazione tecnica redatta per conto del Comune di Torre Annunziata, quando si dava atto, tra l'altro, della mancanza di protezioni impermeabilizzanti, la cui assenza aveva indebolito la struttura, favorendo l'infiltrazione delle acque meteoriche, e della mancata manutenzione straordinaria dopo le sollecitazioni tellurgiche del 1980, condizioni queste che unitamente all'inottemperanza, da parte degli imputati, delle ordinanze sindacali con cui si era disposta l'immediata messa in sicurezza dell'edificio pericolante, avevano determinato il crollo dell'edificio.
APPELLO NELL'INTERESSE DI MO.GE.
Il difensore di Mo.Ge. ha chiesto l'assoluzione del proprio assistito per carenza di prova circa la sussistenza del reato in quanto nel caso che ci occupa non vi sarebbero le condizioni oggettive per ritenere configurabile il reato di crollo colposo, in quanto il crollo avrebbe interessato esclusivamente una porzione limitata del fabbricato, senza neanche causare pregiudizi alla statica dell'edificio o alle sue strutture portanti, per cui alcuna situazione di pericolo per l'incolumità delle persone si sarebbe verificata; al più la fattispecie andrebbe ricondotta nell'ipotesi contravvenzionale di rovina di edifici o di altre costruzioni ai sensi dell'art 676 c.p.
L'appello è infondato.
È noto, invero che: "Integra il delitto di crollo colposo di costruzione, totale o parziale, non qualsiasi distacco con caduta al suolo di singoli elementi costruttivi di un edificio, bensì il crollo che assuma la fisionomia del disastro, cioè di un avvenimento che, valutato "ex ante", assume tale gravità da porre in concreto pericolo la vita delle persone, indeterminatamente considerate, in conseguenza della diffusività degli effetti dannosi nello spazio circostante, mentre non è necessaria una tale capacità diffusiva nè si richiede che dal crollo derivi un pericolo per un numero indeterminato di persone ai fini della configurabilità della contravvenzione di rovina di edifici, (cfr. Sentenza n. 29595 del 13/07/2021).
Orbene, nella vicenda in esame, come correttamente ritenuto dal giudice di primo grado, l'evento verificatosi è senz'altro riconducibile al delitto in contestazione, quale avvenimento grave e complesso, in quanto il crollo di parte dell'edificio in oggetto, in ragione delle sue dimensioni, era stato certamente idoneo a mettere in pericolo la pubblica incolumità, tenuto conto che si trattava del crollo di un'intera ala intera di un immobile di tre piani e che il pericolo si concretizzava nella circostanza che due persone restavano intrappolate tra le macerie ed una delle quali riportava delie ferite alla testa che imponevano l'apposizione di dieci punti di sutura.
Ne consegue dunque l'infondatezza della richiesta di riqualificazione del delitto in contestazione nella contravvenzione di cui all'art 676 c.p.
APPELLO NELL'INTERESSE DI CA.VI.
Il difensore di Ca.Vi. ha chiesto l'assoluzione del proprio assistito, non risultando le prove acquisite dal giudice di primo grado sufficienti a dimostrare la responsabilità dell'imputato In particolare il giudice di primo grado non avrebbe tenuto conto del fatto che l'immobile in oggetto, nel corso degli anni, sarebbe stato oggetto di atti vandalici, furti e danneggiamenti anche ad opera di appartenenti alla criminalità organizzata e che, quindi, ingiustamente lo stato di abbandono sarebbe stato addebitato all'imputato e non anche all'incuria del Comune; altresì, a detta dell'appellante, l'ordinanza del 08.03.2011 era illegittima così come dimostrato dalla sentenza del TAR n. 8101/21 - depositata in atti - che dichiarava illegittima un' ordinanza sindacale successiva ma dal contenuto analogo (in particolare il provvedimento oggetto della sentenza amministrativa era stato adottato in difetto di istruttoria e dei presupposti di contingibilità e urgenza previsti dall'art 54 TUEL ed, inoltre, si dava atto del fatto che lo stato di pericolo era imputabile anche all'amministrazione resistente che aveva omesso i necessari interventi di manutenzione dopo gli eventi tellurgici del 1980). I motivi sono infondati.
In primo luogo la circostanza che l'immobile sia stato oggetto di atti vandalici e danneggiamenti ad opera di terzi non ha trovato alcun riscontro in atti e in ogni caso, anche a voler ritenere verosimile tale circostanze, si tratterebbe di concause di per sé non idonee ad escludere la responsabilità degli odierni imputati che, in qualità di proprietari, avevano l'obbligo di adempiere alla manutenzione dell'edificio, obbligo sugli stessi gravante in forza di detta qualità.
Inoltre, la presunta illegittimità dell'ordinanza del 08.03.2011 non trova alcun fondamento, trattandosi di un provvedimento distinto rispetto a quello oggetto della sentenza TAR menzionata, per la quale, peraltro, neppure vi è prova di definitività.
In ogni caso, come si è già osservato, lo stato di fatiscenza dell'immobile era già stato acclarato dalla relazione tecnica comunale redatta tempo prima dal Comune di Torre Annunziata e ciò, già di per sé, avrebbe imposto agli imputati di adottare misure di sicurezza per scongiurare l'evento disastroso poi verificatosi.
Infine, diversamente da quanto sostenuto dall'appellante, la ricostruzione della vicenda si fonda su prove univoche e qualificate, costituite dalle deposizioni dei testi qualificati, dalle testimonianze di Cirillo e Longobardi e dalla documentazione ufficiale del Comune di Torre Annunziata, elementi questi che non sono stati scalfiti da alcuna prova contraria prodotta dalla difesa.
APPELLO NELL'INTERESSE DI DI.VA. e DI.VA.
Il difensore dei predetti imputati ha chiesto, nel merito, l'assoluzione dei suoi assistiti per insussistenza del fatto.
In primo luogo, rileva il difensore che non può escludersi che il fatto abbia avuto origine dalla condotta di terze persone che, piazzando dell'esplosivo, avrebbero cagionato l'evento, così come appreso da alcune fonti confidenziali e riportato in un'annotazione di PG acquisita al fascicolo del dibattimento; inoltre, rileva l'appellante, non vi sarebbe la prova del nesso di casualità tra il comportamento negligente degli imputati e l'evento.
In ogni caso, a parere della difesa, la fattispecie in contestazione ricadrebbe nell'ipotesi di cui al primo comma dell'art 434 c.p. e si chiede pertanto la riqualificazione in tal senso della condotta e per l'effetto dichiararsi l'intervenuta prescrizione.
Infine, rileva l'appellante che i fratelli Di.Va. avevano donato l'immobile al Comune di Torre Annunziata e, quanto all'ordinanza del 08.03.2011, osserva che la sanzione della demolizione coatta intimata non era mai stata eseguita, lamentando al riguardo la circostanza che il giudice di primo grado aveva rigettato la richiesta di escutere il sindaco sul punto. Le doglianze sono tutte infondate.
In primo luogo, la circostanza relativa al co involgimento di terzi nel crollo è meramente assertiva e le presunte fonti confidenziali menzionate non hanno trovato alcun riscontro negli esiti investigativi. Ciò posto, come già osservato nei precedenti paragrafi, dalle univoche prove assunte è agevole desumere che Di.Va. e Di.Va. hanno agito incautamente e negligentemente, non adottando, a fronte di un evidente stato di fatiscenza e abbandono dell'immobile e sebbene destinatari dell'ordinanza ingiunzione del 08.3.2011, le adeguate misure per mettere in sicurezza l'immobile, misure che erano obbligati ad adottare in ragione della loro qualità di proprietari, cooperando così, unitamente agli altri imputati, a cagionare il crollo dell'immobile. Sul punto, pertanto, neppure può accolta la richiesta di riqualificazione del reato nell'ipotesi di cui al primo comma dell'art. 434 c.p. (in relazione all'art. 449 c.p.) in ragione del verificarsi del crollo e della accertata riconducibilità dell'evento alle condotte omissive degli imputati. Infine, quanto alla donazione dell'immobile al Comune di Torre Annunziata, si osserva che non vi è alcuna prova di tale donazione risultando presente in atti unicamente un atto a firma di Di.Va. - redatto su delega degli eredi Di.Va. - in cui egli "propone" in donazione l'immobile in oggetto, trovandosi nell'impossibilità di provvedere alla manutenzione dell'immobile. Ma, come già si è osservato con riferimento alla posizione di Bi.Sa., detta donazione non si era perfezionata, non essendo stata provata alcuna accettazione della stessa da parte del Comune di Torre Annunziata.
Né tantomeno l'offerta di donazione assume alcun significato in termini di buona fede, in quanto gli appellanti proponeva in donazione l'immobile solo dopo aver ricevuto l'ordinanza ingiunzione del 08.03.2011 (cfr. documentazione in atti), per cui a tale data, gli imputati erano già gravati dell'onere di effettuare i lavori di manutenzione e che, tuttavia, non avevano posto in essere, agevolando così, colposamente, l'evento disastroso.
Quanto poi alla circostanza dell'omessa esecuzione dell'ordinanza di demolizione da parte del Comune, si tratta di fatti successivi e comunque irrilevanti ai fini della valutazione della responsabilità degli odierni imputati per cui, come correttamente ritenuto dal giudice di primo grado, l'escussione del sindaco sul punto è da ritenersi superflua.
In conclusione la sentenza deve essere interamente confermata e gli imputati vanno condannati al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Letto l'art. 605 c.p.p. conferma la sentenza emessa in data 16.09.2022 dal Tribunale di Torre Annunziata nei confronti di Pa.Fr. ed altri (...), ed appellata dagli stessi che condanna al pagamento delle spese del presente grado di giudizio.
Motivi in giorni 90.
Così deciso in Napoli il 27 giugno 2024.
Depositato in Cancelleria il 4 settembre 2024.