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Frode in commercio e non punibilità per particolare tenuità del fatto (Giudice Mariangela Luzzi)

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Tribunale Nola, 25/05/2022, n.466

La particolare tenuità del fatto esclude la punibilità del reato di frode in commercio qualora l'offesa sia di lieve entità, valutata in base alle modalità della condotta e al pericolo concreto, e non ricorrano ipotesi di abitualità o aggravanti.

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La sentenza integrale

Svolgimento del processo
Con decreto di citazione diretta, emesso in data 19.8.2020 dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Nola, Ma. Di Ge. veniva chiamato in giudizio per il reato di cui all'imputazione. Il 23.3.2021, dichiarata l'assenza dell'imputato - non comparso senza addurre alcun legittimo impedimento anche se regolarmente citato -, il processo era rinviato per l'apertura del dibattimento. Il 15.6.2021, aperto il dibattimento ed ammesse le prove richieste dalle parti, erano escussi i testi dell'accusa Da. Tr. e Ma. Li. Pi.; il processo era rinviato per l'esame dell'imputato e dei testi a discarico nonché la discussione. Il 14.7.2021 il processo era rinviato per l'assenza dei testi. Il 3.11.2021 rinnovato il dibattimento, essendo intervenuta la modifica della persona fisica dell'organo giudicante, le parti si riportavano alle loro richieste istruttorie già avanzate e prestavano il consenso all'utilizzabilità dell'attività già svolta dinanzi ad altro magistrato; erano escussi i testi a discarico Di Ge. An. e Di Ge. Fe.; il processo era rinviato per la discussione. Il 1.3.20221 dichiarata chiusa l'istruttoria, le parti rassegnavano le loro conclusioni (in particolare, il pubblico ministero chiedeva la condanna dell'imputato alla pena di Euro 1.000 di multa; la difesa chiedeva l'assoluzione perché il fatto non sussiste o non costituisce reato; in via subordinata il minimo della pena e le attenuanti generiche) e il giudice, all'esito della camera di consiglio, pronunciava la sentenza dando lettura del dispositivo e indicando in giorni novanta il termine per il deposito della motivazione, avuto riguardo al carico complessivo di lavoro dell'ufficio che non permetteva la redazione dei motivi.

Motivi della decisione
Alla luce dell'espletata istruttoria e della documentazione regolarmente acquisita l'imputato deve essere assolto dal reato ascrittogli perché non punibile per la particolare tenuità del fatto ai sensi dell'art. 131 bis c.p.

Dalle risultanze istruttorie è emerso che, il (omissis), il personale della Compagnia Guardia di Finanza di (omissis) si recò in (omissis) alla via (omissis) n. (omissis) presso la sede legale e operativa della società Cr. Mo. Do. s.r.l., avente ad oggetto l'attività di confezionamento di abbigliamento esterno, al fine di eseguire un decreto di perquisizione su delega della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Tempo Pausania per la ricerca di capi di abbigliamento prodotti con composizione diversa rispetto a quella riportata sull'etichetta.

In base alla indicazione ricevuta i capi da sottoporre a sequestro erano esclusivamente quelli riportanti in etichetta i seguenti filati: lana, alpaca, angora, mohair, cashmere, merinos e seta.

All'esito della perquisizione i finanzieri rinvennero 67 capi di abbigliamento riportanti sull'etichetta percentuali variabili di lana.

I capi sequestrati furono dunque sottoposti ad analisi per le verifiche del caso, all'esito delle quali risultò che in quindici rapporti di prova la percentuale di lana riportata sull'etichetta o era non rilevabile o presente in quantità inferiore a quella dichiarata.

I finanzieri pertanto deferirono Ma. Di Ge., all'epoca rappresentante legale della società Cr. Mo. Do. s.r.l., per il reato in contestazione.

A fronte di questo quadro fattuale, i testi della difesa escussi, fratelli dell'imputato nonché dipendenti della società Cr. Mo. Do. S.r.l, hanno contestato la riconducibilità dei capi in questione alla società, evidenziando come dai rapporti di prova in atti la partita iva riprodotta sul cartellino degli stessi non corrisponde a quella di Cr. Mo. Do. s.r.l. ma ad altre aziende. A dire dei testi infatti i capi in questione sarebbero dei campioni forniti dagli stessi clienti della società come modelli per ulteriori creazioni.

Orbene, sulla scorta delle esposte risultanze dibattimentali, l'editto accusatorio deve ritenersi provato oltre ogni ragionevole dubbio, dovendosi ritenere altamente credibili le dichiarazioni dei testi dell'accusa escussi, tenuto conto della particolare qualifica rivestita nonché dell'assenza di interesse a rendere dichiarazioni sfavorevoli all'imputato.

Quanto asserito dai testi a discarico invece non ha trovato riscontro nelle risultanze istruttorie, evincendosi dai rapporti di prova in atti che solo alcuni dei capi in contestazione recavano un cartellino e/o una partita IVA diversa da quella della società Cr. Mo. Do. s.r.l.

Per quanto attiene alla qualificazione giuridica dei fatti, senz'altro dunque ricorre nei confronti dell'imputato il reato ascritto di frode in commercio, essendo stata accertata una difformità delle caratteristiche dei beni rispetto a quelle dichiarate.

Deve ritenersi del resto provata la destinazione alla vendita dei beni in contestazione, tutti già muniti di cartellini.

Ai fini della punibilità dell'imputato, tuttavia, alla luce delle risultanze dibattimentali e della richiesta avanzata dalla difesa, appare necessario verificare l'eventuale sussumibilità della fattispecie all'ipotesi di cui all'art. 131 bis c.p., introdotto dal d.lgs. 16 marzo 2015 n. 28, rilevato che, in base alla cornice edittale del delitto in contestazione (punito con una pena detentiva non superiore nel massimo a cinque anni), l'istituto in parola non è precluso.

In via preliminare deve osservarsi che, benché il legislatore abbia espressamente disciplinato l'operatività dell'istituto de quo solo per la fase delle indagini preliminari (cfr.: art. 411 c.p.p.) e della cosiddetta fase predibattimentale (cfr.: art. 469 c.p.), alcun dubbio si può nutrire i sull'applicabilità della norma in questione anche all'esito del dibattimento, sulla scorta dell'introduzione dell'art. 651 bis c.p.p. ("la sentenza penale irrevocabile di proscioglimento pronunciata per particolare tenuità del fatto in seguito a dibattimento ha efficacia di giudicato quanto all'accertamento della sussistenza del fatto, della sua illiceità penale e dell'affermazione che l'imputato lo ha commesso, nel giudizio civile o amministrativo, per le restituzioni e il risarcimento del danno promosso nei confronti del prosciolto e del responsabile civile che sia stato citato ovvero sia intervenuto nel processo penale").

Ciò detto, i criteri individuati dal legislatore su cui il giudice deve basare la valutazione della particolare tenuità del fatto, al fine di escludere la punibilità, sono due: la particolare tenuità dell'offesa e la non abitualità del comportamento.

Quanto alla particolare tenuità dell'offesa, tale presupposto va valutato - precisa l'art, 131 bis c.p.p. - sulla base della modalità della condotta e sull'esiguità del pericolo, elementi che devono essere a loro volta vagliati alla luce dei criteri di "gravità del reato" di cui all'art. 133, co. 1, c.p.

Applicando questi principi al caso che ci occupa, la condotta dell'imputato appare connotata da un'offensività ridotta, avuto riguardo al numero esiguo di capi in contestazione rispetto al volume di affari della società nonché alla tipologia di difformità riscontrata (si fa riferimento alla circostanza per cui nelle etichette la percentuale di lana dichiarata era comunque particolarmente bassa).

Si evidenzia inoltre che, nel caso di specie, non ricorre nessuna delle ipotesi espressamente indicate dall'art. 131 bis c.p. in cui l'offesa non può mai ritenersi tenue (l'avere agito per motivi abietti o futili, o con crudeltà, anche in danno di animali, o ha adoperato sevizie o, ancora, ha approfittato delle condizioni di minorata difesa della vittima, anche in riferimento all'età della stessa ovvero quando la condotta ha cagionato o da essa sono derivate, quali conseguenze non volute, la morte o le lesioni gravissime di un persona).

Per quanto attiene poi al requisito della non abitualità del comportamento, rilevato che il legislatore non specifica il significato di tale concetto, ma si limita a indicare quando il comportamento debba ritenersi abituale (cioè quando l'autore: 1) sia stato dichiarato delinquente abituale, professionale o per tendenza, 2) abbia commesso più reati della stessa indole - anche se ciascun fatto, isolatamente considerato, sia di particolare tenuità -; 3) quando abbia commesso più reati che abbiano ad oggetto condotte plurime, abituali e reiterate), l'abitualità del comportamento in capo a Re. sembra potersi ragionevolmente escludere dal fatto che l'imputato risulta incensurato. Ritenuta dunque sussistente nell'ipotesi che ci occupa la particolare tenuità del fatto, riguardo alla formula da adottare per il proscioglimento dell'imputato si osserva che tale questione è strettamente connessa alla natura giuridica dell'istituto in parola, rispetto alla quale - all'indomani della sua introduzione nell'ordinamento giuridico - sono state formulate due diverse tesi: quella della natura di condizione di procedibilità e quella della natura di causa di esclusione della punibilità in senso stretto.

Questo giudicante - alla luce delle giurisprudenza della Corte di legittimità che ha escluso la natura processuale dell'istituto in questione (cfr.: Cass., sez. III, n. 8 aprile 2015 n. 15449) - ritiene di dovere aderire alla seconda delle tesi indicate, rilevato che a favore di questa soluzione sembrano deporre: 1) il tenore letterale dell'art. 131 bis c.p., che afferma che "la punibilità è esclusa", oltre che la rubrica della stessa disposizione che parla di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto; 2) la relazione e i pareri espressi dalle Camere sullo schema di decreto che si riferiscono all'istituto sempre in termini di causa di esclusione della punibilità; 3) la collocazione della norma all'interno del codice penale, che si colloca appena prima degli articoli che regolano il potere discrezionale del giudice nell'applicazione della pena, dunque dopo che il fatto è stato accertato in tutti i suoi elementi costitutivi; 4) l'efficacia del giudicato nel giudizio civile, che si evince dal già citato art. 651 bis c.p.

Sulla scorta delle considerazioni esposte, pertanto, si deve ritenere che il fatto accertato in capo all'imputato sia di particolare tenuità e che dunque l'imputato debba essere assolto dal reato ascritto perché non punibile ai sensi dell'art. 131 bis c.p.

P.Q.M.
Letti gli artt. 530 c.p.p. -131 bis c.p. assolve Ma. Di Ge. dal reato ascrittogli perché non punibile per la particolare tenuità del fatto.

Letto l'art. 544 c.p.p. indica in novanta giorni il termine per il deposito della motivazione.

Così deciso in Nola, il 1 marzo 2022

Depositata in Cancelleria il 25 maggio 2022

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