Tribunale Vicenza, 02/05/2024, n.401
In tema di occultamento o distruzione di documenti contabili ex art. 10 D.lgs. 74/2000, il reato si configura come permanente, protraendosi fino al momento dell’accertamento fiscale. È richiesta la prova del dolo specifico di evadere le imposte o di agevolare l’evasione altrui. L’impossibilità di ricostruire il volume d’affari derivante dall’occultamento non è esclusa dalla possibilità di reperire la documentazione presso terzi, mentre spetta all’imputato dimostrare l’eventuale distruzione dei documenti.
RAGIONI IN FATTO E IN DIRITTO DELLA DECISIONE
1. Con decreto del 24.6.2022, il G.U.P. ha disposto il giudizio di On.An., rinviandolo dinnanzi a questo Tribunale in composizione monocratica per rispondere dei reati di cui agli artt. 5 d.lgs. 74/2000 commesso in Chiuppano il 29.1.2019 (capo A) e 10 d.lgs. 74/2000 accertato in Thiene il (…) (capo B).
All'udienza del 6.10.2022 il Tribunale ha dichiarato l'assenza dell'imputato e il difensore e procuratore speciale ha chiesto la definizione del processo nelle forme del patteggiamento.
All'udienza del 12.1.2023 il Giudice ha rilevato la tardività dell'istanza di rito alternativo ex art. 448 c.p.p.
All'udienza del 13.4.2023 il Giudice ha confermato l'ordinanza con la quale ha dichiarato la tardività dell'istanza di patteggiamento, ha aperto il dibattimento e le parti hanno prestato il consenso all'acquisizione degli atti d'indagine.
All'udienza del 7.3.2024 la difesa ha prodotto documenti, indi il Giudice ha dichiarato chiusa l'istruttoria e le parti hanno concluso. Dopo essersi ritirato in camera di consiglio, ha pronunciato sentenza dando lettura del dispositivo.
2. In data 15/09/2020 militari della Tenenza della Guardia di Finanza di Thiene intraprendeva un controllo fiscale nei confronti della società Ft. s.r.l.s. con sede legale ed amministrativa in Chiuppano, via (…) relativamente al periodo dal 2017 al 15/09/2020. L'attività scaturiva a seguito di autonoma attività informativa finalizzata al contrasto dell'evasione fiscale nei confronti di soggetti economici che non avevano presentato le prescritte dichiarazioni annuali ai fini delle imposte dirette e del l'IVA.
Dagli accertamenti esperiti emergeva che la società, avente quale oggetto principale l'attività di riparazione e manutenzione di computer e periferiche, aveva esercitato l'attività d'impresa omettendo di presentare le previste dichiarazioni ai fini fiscali relativamente alle annualità di imposta 2017, 2018 e 2019 c non aveva mai istituito i registri IVA.
In merito alla documentazione amministrativo-contabile della società verificata, i) legale rappresentante On.An. dichiarava quanto segue: "le dichiarazioni annuali per gli anni che mi richiedete non sono state presentate. Rappresento che la mia azienda ha operato fino al mese di dicembre 2017. Le ultime fatture emesse sono relative al 2017. Per gli anni a seguire non ho posto in essere alcuna operazione economica. Per i periodi che mi chiedete non ho mai istituito alcun registro obbligatorio e non ho conservato alcuna fattura sia ricevuta che emessa, né riesco a reperirle. Non ho altro da aggiungere.
L'imputato, pertanto, non esibiva alcun documento relativamente alle annualità dal 2017 al 2020. e gli unici dati venivano ricavati dalle banche dati "Spesometro - integrato" e "Portale fatture e corrispettivi" in uso alla Guardia di Finanza, nonché dai controlli dì coerenza esterna effettuati nei confronti di parte dei clienti della società.
i militari provvedevano pertanto ad inviare ai clienti dì maggiore rilevanza richieste di dati e notizie in relazione alla sola annualità 2017 ed i relativi dati rilevati risultavano sostanzialmente corrispondenti con le dichiarazioni dei clienti presenti nello spesometro integrato.
Gli operanti procedevano a ricostruire il volume d'affari relativo all'anno di imposta 2017 sia sulla base di quanto contenuto nello spesometro integrato, sia sulla base di quanto rilevato dai controlli di coerenza esterna, individuando un volume d'affari complessivo pari ad Euro 227.114,35, di cui Euro 34.955,56 rilevati da Spesometro Integrato, con un'IVA a debito pari ad Euro 7.690,24; ed Euro 192.158,79 rilevati dai controlli di coerenza esterni (questionari inviati ai maggiori clienti della società Ft. srl), con un'IVA a debito pari ad Euro 42.274.93.
I militari verificavano inoltre che On. non esibiva alcuna documentazione relativa a costì sostenuti, né alcun registro obbligatorio, rendendo così di fatto impossibile una quantificazione dei costi sostenuti dalla società nell'esercizio dell'attività di impresa. Per tale ragione i militari non prendevano in considerazione le voci dì spesa in parola poiché prive del requisito della certezza e della determinabilità. Immergeva, inoltre, che nel periodo sottoposto a controllo la società Ft. aveva emesso quantomeno ottanta fatture attive relative all'anno 2017 (avendo riguardo esclusivamente alle Iatture reperite tramite i questionari, che venivano acquisite dalla Guardia di Finanza e che sono presenti in atti) per un ammontare imponibile pari ad Euro 192.158,79 ed un'IVA pari ad euro 42.274,93.
La Polizia Giudiziaria procedente ipotizzava, pertanto, un'evasione dell'imposta ai fini 1RES pari ad Euro 54.507,44, calcolata applicando l'aliquota del 24% all'ammontare complessivo dei redditi conseguiti e non dichiarati pari ad Euro 227.114,35; nonché un'evasione dell'iva pari ad Euro 42.274,93, prendendo a riferimento il volume d'affari ricavabile dalle sole ottanta fatture rinvenute per un ammontare complessivo pari ad Euro 192.158,79. Ipotizzava, altresì, la violazione dell'articolo 10 del decreto legislativo 74/2000 in ragione dell'occultamento della documentazione contabile della quale era obbligatoria la conservazione in ragione della parziale ricostruzione dell'attività d'affari.
3. Dal compendio probatorio, costituito dagli atti di indagine, utilizzabili in ragione del consenso prestato dalle partì ex art. 493 co. 3 c.p.p., è provata oltre ogni ragionevole dubbio la responsabilità di On.An. per il reato a lui ascritto al capo B) d'imputazione, mentre in relazione al capo A) d'imputazione si impone una pronuncia assolutoria per le ragioni di seguito indicate.
3.1. In ordine al reato di cui all'art. 5 d.lgs. 74/2000 contestato all'imputato {capo A), difatti, la lettura degli atti d'indagine ha consentito di apprezzare che il volume d'affari della società Ft. s.r.l. accertato per il 2017 è di Euro 227.114,35 totali. In particolare, dalla CNR (cfr. pag. 4) si evince che il volume d'affari relativo al 2017 è stato cosi accertato:
- Euro 34.955,56 rilevati da Spesometro Integrato, con un'IVA a debito pari ad Euro 7.690,24;
- Euro 192.158.79 rilevati dai controlli di coerenza esterni (questionari inviati ai maggiori clienti della società Ft. srl), con un'IVA a debito pari ad Euro 42.274,93.
La Polizia Giudiziaria operante ha rappresentato che, non avendo l'imputato esibito alcuna documentazione relativa ai costi sostenuti, tali voci di spesa non sono state considerate a favore della società (cfr. pag. 3 CNR).
Orbene, stanti le emergenze processuali, l'imputato deve essere assolto ai sensi del secondo comma dell'art. 530 c.p.p. perché non è provato oltre ogni ragionevole dubbio il superamento della soglia di punibilità in relazione all'IRES: difatti, la somma contestata supera di Euro 4.507,44 la soglia di punibilità prevista dall'art. 5 d.lgs. 74/2000, pertanto di poco superiore. La Guardia di Finanza nei propri calcoli non ha inserito i costi, rappresentando che l'imputato non ha prodotto documentazione al riguardo.
La circostanza che non siano stati detratti i costi non può, però, non essere valutala: giova, difatti, fare richiamo dell'orientamento del giudice dì legittimità secondo cui i costi possono non essere detratti soltanto laddove ci sia l'assenza di elementi che facciano ritenere l'esistenza di costi aziendali (così Cass. Sez. 3, Sentenza n. 35858 del 07/06/2011; ma si veda anche la recente Cass. Sez. 3, Sentenza n. 17214 del 14/03/2023).
Orbene, nel caso di specie è la stessa Guardia di Finanza nel processo verbale di constatazione a dare atto del fatto che attraverso la banca-dati Spesometro integralo sono stati rilevati costi per un importo complessivo pari ad Euro 34.869,75 segnalati dai fornitori della società Ft., dei quali, tuttavia, "non è stato possibile valutarne la corrispondenza ai principi di inerenza, coerenza, competenza e determinabilità e, pertanto, non considerati" (cfr. pag. 7 del PVC).
Il principio del favor rei oltreché lo standard probatorio richiesto dal codice di rito impongono al giudice penale nella propria valutazione di calcolare (ali costì, dei quali viene comunque data un'evidenza, nell'accertamento delle imposte dirette evase. Il calcolo deve essere fatto nei seguenti termini: da Euro 227.114,35 devono essere sottratti Euro 34.869,75, per un totale di Euro 192.244,60. Da tale somma deve essere calcolata l'imposta diretta pari al 24%, pertanto pari ad Euro 46.138,704, al dì sotto della soglia di punibilità prevista dalla legge. Ne consegue una pronuncia assolutoria ex art. 530 co. 2 c.p.p. perché il fatto (come accertato) non è previsto dalla legge come reato.
La medesima pronuncia si impone altresì in relazione alla dichiarazione IVA 2017: manca difatti, già dalla contestazione, il superamento della soglia di punibilità (viene contestata un'evasione IVA pari ad Euro 42.274,94).
3.2. A diversa conclusione deve giungersi in relazione al capo B) d'imputazione. Dai controlli di coerenza esterni (questionari inviati ai maggiori clienti della società Ft. s.r.l.) sono emerse almeno ottanta fatture (che sono state raccolte dalla Guardia di Finanza e acquisite al fascicolo e sono quelle provenienti dai terzi acquirenti) che l'imputato non ha prodotto e che ha dichiarato di non aver tenuto. Emerge all'evidenza la prova dell'occultamento, che è reato a condotta permanente, mentre grava sull'imputato la prova dell'eventuale distruzione (sul punto si veda Cass. Sez. 3, Sentenza n. 1446) del 25/05/2016). La tesi difensiva secondo cui le scritture contabili erano tenute ma in maniera meramente irregolare è destituita di fondamento, essendo pacificamente emerso che le ottanta fatture fomite alla Guardia di Finanza dai clienti con i questionari non sono state prodotte da On. e, pertanto, sono state dallo stesso occultate (e l'eventuale distruzione avrebbe dovuti essere stata provata dall'imputato). Peraltro, giova sottolineare come l'indagine abbia riguardato non solo l'anno d'imposta 2017, ma anche il 2018 c il 2019 e l'accertamento è stato svolto nel 2020: pertanto trattasi di un unico reato la cui condotta è permanente (occultamento) e si protrae fino al momento dell'accertamento (il 14.10.2020, si veda Cass. Sez. 3, Sentenza n. 14461 del 25/05/2016). Quindi, a prescindere dalle scritture contabili, è emersa la piena prova dell'occultamento delle ottanta fatture (si veda Cass. Sez. 3, Sentenza n. 41683 del 02/03/2018 secondo cui "in tema di reati tributari, poiché la fattura deve essere emessa in duplice esemplare, il rinvenimento di uno dì essi presso il terzo destinatario dell'alto può far desumere che il mancato rinvenimento dell'altra copia presso l'emittente sia conseguenza della sua distruzione o del suo occultamento").
4. Corretta appare la qualificazione giuridica del fatto. Dall'attività ispettiva svolta dalla Guardia di Finanza di Thiene (VI) è emerso che l'imputato non ha esibito alcuna documentazione fiscale che era obbligato ex lege a tenere; non ha neppure esibito le fatture emesse nei diversi anni di attività, che sono state recuperale dagli agenti solo tramite l'invio da parte dei clienti della Ft. S.r.l. e lo strumento applicativo denominato "Spesometro integrato".
Secondo il consolidato indirizzo giurisprudenziale dì legittimità, l'impossibilità di ricostruire il reddito od il volume d'affari derivante dalla distruzione o dall'occultamento di documenti contabili non deve essere intesa in senso assoluto e sussiste anche quando è necessario procedere all'acquisizione presso terzi della documentazione mancante o quando a tale ricostruzione si possa pervenire aliunde (cfr. Cass. Sez. 3, 15 gennaio 2019, n. 7051; Cass. Sez. 3, 2 marzo 2018, n. 41638; Cass. Sez. III, 6 dicembre 2016, n. 13212; Cass. Sez. III, 18 luglio 2012, n, 36624; Cass. Sez. III, 4 giugno 2009, n. 39711).
Tale orientamento è stato recentemente confermato dalla Suprema Corte di Cassazione. la quale ha ribadito la sussistenza del reato di occultamento o distruzione di documenti contabili di cui all'art. 10 d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74, anche qualora risulti possibile ricostruire il quadro reddituale solo attraverso il reperimento della documentazione mancante presso terzi, a nulla rilevando che tale ricostruzione a posteriori sia agevolata dalle indicazioni dello stesso imputato. Il reato, quindi, è escluso solo nel caso in cut il fatturato possa essere ricostruito in base alla documentazione conservata dall'imprenditore interessato (cfr. Cass. pen. sez. III, 23.11.2022, n. 14278).
Nel caso di specie. On. non solo non ha tenuto alcuna scrittura contabile e non ha presentato alcuna dichiarazione fiscale (sul punto si vedano le dichiarazioni dello stesso imputato alla Guardia di Finanza in sede di accertamento, pag. 3 CNR: "Le dichiarazioni annuali per gli anni che mi richiedete non sono state presentate (…)"), ma non ha neppure esibito alla Guardia di Finanza le ottanta fatture emesse ai clienti della società (si richiamano sempre le dichiarazioni di On. alla Guardia di Finanza, pag. 3 della CNR: "per i periodi che mi chiedete non ho mai istituito alcun registro obbligatorio e non ho conservalo alcuna fattura sia ricevuta che emessa, né riesco a reperirle"), che egli avrebbe dovuto certamente avere nella sua disponibilità, che, pertanto, sono certamente state quantomeno occultate ai militari operanti.
Alla luce di ciò, appare del tutto integrato il delitto di cui all'art. 10 d.lgs. n. 74/2000, anche sotto il profilo soggettivo, per il quale è richiesto il dolo specifico di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto o di consentire l'evasione fiscale di terzi, essendo irrilevanti, per contro, l'interesse o il movente che abbiano eventualmente spinto l'agente a commettere il reato (così da ultimo Cass. pen. Sez. VII, Ordinanza n. 9439 del 06/12/2019). Tale fine è plasticamente attestato dalle modalità della condotta, concretatesi nel totale occultamento delle scritture contabili che ha reso oggettivamente difficoltosa la ricostruzione del volume d'affari e la conseguente quantificazione delle imposte relative all'anno 2017. Inoltre, seppure non determinabile in ragione della non chiara determinazione dei costi, è emersa un'effettiva evasione di IRFS ed IVA.
5.1. Passando alla determinazione del trattamento sanzionatorio, preliminarmente, appare necessario individuare il momento consumativo del delitto al fine di individuare i limiti edittali di pena cui fare riferimento, alla luce delle modifiche legislative che hanno interessato nei diversi anni l'art. 10 d.lgs. n. 74/2000.
All'uopo, deve richiamarsi la giurisprudenza di legittimità che, se pure facendo riferimento al tema della prescrizione del reato, ha chiarito ripetutamente che "il reato di occultamento della documentazione contabile previsto e punito dall'art. 10 del D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74, consistente nella temporanea o definitiva indisponibilità della documentazione richiesta dagli organi verificatori, ha natura di reato permanente, posto che la condotta di occultamento perdura sino al momento dell'accertamento fiscale, poiché il reato si manifesta nel momento dell'ispezione, quando i verificatori chiedono di esaminare detta documentazione, che l'imprenditore è tenuto a conservare ed esibire, per cui è a tale momento che deve essere fatto riferimento per l'individuazione del dies a quo del decorso del termine di prescrizione" (Cass. Sez. 3, sent. n. 5974 del 7.2.2013; Cass. Sez. 3, sent. n. 14461 del 25.5.2016).
Ciò posto, e considerato che deve ritenersi che l'imputato abbia occultato e non già distrutto la documentazione contabile (sul punto si fa nuovamente richiamo a quanto chiarito da Cass. Sez. 3, Sentenza n. 14461 del 25/05/2016 a mente della quale "la condotta del reato previsto dall'art. 10 del D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74, può consistere sia nella distruzione che nell'occultamento delle scritture contabili o dei documenti di cui è obbligatoria la conservazione, in modo da non consentire la ricostruzione dei redditi o del volume di affari, con conseguenze diverse rispetto al momento consumativo, giacché la distruzione realizza un'ipotesi dì reato istantaneo, che si consuma con la soppressione della documentazione, mentre l'occultamento - consistente nella temporanea o definitiva indisponibilità della documentazione da parte degli organi verificatori - costituisce un reato permanente, che si protrae sino al momento dell'accertamento fiscale, dal quale soltanto inizia a decorre il termine di prescrizione. (Nella fattispecie, relativa alla contestazione dell'occultamento "o comunque" della distruzione delle scritture contabili, la S.C., nel ritenere che detta contestazione concernesse in via principale l'occultamento, ha assentito che l'imputato, per avvalersi della dedotta maturazione della prescrizione in conseguenza della qualificazione della condotta come distruttiva, avrebbe dovuto dimostrare sia la circostanza che la documentazione contabile era stata distrutta, e non semplicemente occultata, sia l'epoca di tale distruzione)"), ne consegue che occorre prendere in considerazione i limiti edittali di pena previsti dall'art. 10 d.lgs. n. 74/2000 alla data del 14.10.2020 - momento dell'accertamento fiscale da parte della Guardia di Finanza - ossia la pena della reclusione da tre a selle anni.
Ritenendo, quindi, di poter riconoscere le circostanze attenuanti generiche in ragione del comportamento processuale tenuto dall'imputato che, con il consenso prestato all'acquisizione degli atti d'indagine, ha consentito uno snellimento dell'istruttoria dibattimentale, e, considerati i criteri di cui all'art. 133 c.p., deve reputarsi adeguata una pena base pari al minimo edittale di anni 3 di reclusione, ridotta di un terzo per il riconoscimento delle circostanze attenuanti di cui all'art. 62 bis c.p., alla pena finale di anni 2 di reclusione.
Alla condanna consegue il pagamento delle spese processuali ai sensi dell'art. 535 c.p.p. Trattandosi di soggetto incensurato, la pena può essere condizionalmente sospesa e può essere ordinata la non menzione nel certificato del casellario giudiziale in ragione della prognosi favorevole di astensione dal commettere ulteriori reati, ben potendosi ritenere che la presente condanna costituirà un valido deterrente, nella consapevolezza clic in caso di commissione di ulteriori reati il presente beneficio potrà essere revocato.
5.2. L'imputato va, altresì, condannato alle pene accessorie previste dall'art. 12 d.lgs. n. 74/2000 per la durata minima prevista da legge, considerata l'irrogazione della pena principale nel minimo edittale.
5.3. Infine, poiché il reato contestato ad On. risulta commesso successivamente all'entrata in vigore dell'art. 12 bis d.lgs. n. 74/2000, che prevede, al comma 1, la confisca obbligatoria per tutti i delitti previsti dal d.lgs. n. 74/2000 ivi compreso, quindi, anche il reato di occultamento o distruzione di documenti contabili, in conseguenza della condanna va obbligatoriamente disposta la confisca del profitto del reato, ma sul punto la Suprema Corte ha costantemente chiarito che: "in tenui di reati tributari, è confiscabile, in via diretta o per equivalente, a condizione che sia possibile determinare l'importo dell'evasione, il profitto del reato di occultamento o distruzione di documenti contabili previsto dall'art. 10 d.lgs. n. 74 del 2000, che consiste nell'indebito vantaggio economico commisurato al debito di imposta, maggiorato delle eventuali sanzioni e degli interessi maturati sino al momento della commissione del fatto, e di cui la condotta delittuosa ha ostacolato la scoperta", (cfr. Cass. Sez. III, Sent. n. 166 del 09/10/2019). Nel caso che qui interessa, dagli atti a disposizione del Tribunale non è possibile determinare l'esatto ammontare sia delle imposte effettivamente evase che delle sanzioni e degli interessi eventualmente maturati, pertanto non può procedersi alla confisca.
4.4. Visto l'art. 544 c.p.p., il termine per il deposito della motivazione è stato indicato in giorni novanta in ragione del carico dei ruoli monocratico e collegiale.
P.Q.M.
Visti gli artt. 533, 535 c.p.p.
DICHIARA
On.An. responsabile del reato ascritto al capo B) d'imputazione e. riconosciute le circostanze attenuanti generiche, lo
CONDANNA
alla pena di anni due di reclusione, oltre al pagamento delle spese processuali.
Visti gli art. 163, 164, 175 c.p.
CONCEDE
all'imputato i benefici della sospensione condizionale della pena e della non menzione nel certificato del casellario giudiziale.
Visto l'art. 12 d.lgs. 74/2000
APPLICA
all'imputato le pene accessorie ivi previste per la durata minima.
Visto l'art. 530 c.p.p.
ASSOLVE
l'imputato dai reati ascritti al capo A) d'imputazione perché il fatto non è previsto dalla legge come reato.
Indica in giorni novanta il termine per il deposito della motivazione.
Così deciso in Vicenza il 7 marzo 2024.
Depositata in Cancelleria il 2 maggio 2024.