Tribunale Potenza, 27/09/2024, (ud. 16/09/2024, dep. 27/09/2024), n.1047
In un contesto di intermediazione commerciale multilivello, l’assenza di un obbligo giuridico diretto di controllo sui contratti da parte di subagenti o collaboratori intermedi non può fondare una responsabilità penale per condotte illecite eventualmente compiute. La mancata verifica sulla genuinità dei contratti è imputabile esclusivamente all'operatore finale obbligato per legge al controllo.
Svolgimento del processo
Con decreto del 21.01.2020 il PM del Tribunale di Potenza citava a giudizio gli imputati DE.Mi. e TE.Ra., chiamati a rispondere, dinanzi al G.M. di questo Tribunale, dei reati di cui in rubrica all'udienza del 18.05.2020, ore di rito. Intervenivano rinvii d'ufficio per situazione emergenziale all'udienza del 12 aprile 2021, nella quale l'avv. Ca. sollevava questione preliminare relativa alla competenza territoriale in favore del Tribunale di Bologna, poiché il reato più grave contestato agli imputati, la truffa, si era consumato nel luogo ove la società Il. aveva sede legale e amministrativa, come si evinceva da contratto che depositava.
Il PM riteneva infondata l'eccezione ed il Giudice, rilevato che la consumazione del reato di cui all'art. 640 c.p., trattandosi di reato istantaneo, era avvenuta nel luogo nel quale l'agente si era procurato un ingiusto profitto, visto il capo di imputazione e rilevato che l'ingiusto profitto risultava coincidere con l'intestazione a nome di Pa.Le. di un contratto con la società di fornitura di elettricità Il., e rilevato, altresì, dagli atti depositati anche dalla stessa difesa, che il contratto intestato a nome di Pa.Le. era stato stipulato in data 14 febbraio 2017 in Avigliano, provincia di Potenza, rigettava l'eccezione sollevata e rilevava la competenza territoriale di questo Tribunale, disponendo procedersi oltre. Stante l'assenza di questioni preliminari, si dichiarava aperto il dibattimento. Le parti formulavano le loro richieste di prova.
Il Giudice ammetteva le prove dichiarative così come articolate dalle parti, in quanto pertinenti e rilevanti, disponendo, altresì, l'acquisizione del contratto in originale di cui al capo A) di imputazione, con rinvio al 29 novembre 2021.
In tale data perveniva certificato medico relativo all'imputato Te. ed il Giudice, ritenendo legittimo l'impedimento, previa sospensione dei termini di prescrizione per la durata di giorni sessanta, più ulteriori quattro come da prognosi, differiva il procedimento all'udienza del 31 gennaio 2022.
Nella predetta data iniziavano le attività istruttorie e venivano escussi la p.o., Pa.Le. ed il teste di P.G., il Mar. Ord. Sa.Ba.
Alla successiva udienza del 12 settembre 2022 il teste della Procura, Fa.St., era assente, come anche i due testi della difesa, e veniva loro irrogata sanzione pecuniaria di Euro 200,00.
Questa A.G. rinviava al 20 marzo 2023, giorno in cui si dava atto dell'impedimento del Giudice Titolare del Ruolo e si rendeva necessario ulteriore differimento. Alla successiva udienza del 10 luglio 2023 veniva escusso il teste Fa.St., al quale veniva revocata la sanzione.
L'imputato De.Mi. si sottoponeva ad esame.
Si rinviava all'udienza del 18 dicembre 2023, nella quale il teste della difesa, Fi., già ammendato, era assente e veniva disposta la rinnovazione della citazione al nuovo indirizzo da egli fornito all'avv. Ca.
Alla successiva udienza dell'8 aprile 2024 il teste Fi.Al. era nuovamente assente e la difesa, nella persona dell'avv. Ca., faceva pervenire istanza di rinvio per legittimo impedimento professionale. Il Giudice, preso atto dell'istanza della difesa e ritenuto legittimo l'impedimento, rinviava al 3 giugno 2024, udienza nella quale il teste Fi., ritualmente citato, era assente ed il Giudice gli irrogava sanzione pecuniaria di Euro 200,00.
Infine, all'udienza del 16 settembre 2024 veniva escusso il predetto teste e gli veniva revoca la sanzione inflitta.
Si dichiarava chiusa l'istruttoria ed utilizzabili tutti gli atti acquisiti.
Le parti illustravano le proprie conclusioni come in epigrafe ed il Giudice decideva all'esito della Camera di Consiglio come da separato dispositivo di sentenza.
Motivi della decisione
Ritiene questa A.G. che le risultanze processuali non consentano di addivenire all'affermazione della penale responsabilità degli imputati DE.Mi. e TE.Ro. per il reato loro ascritti, perché il fatto non sussiste.
Preliminarmente, si evidenzia che l'impianto probatorio si fonda essenzialmente sulle dichiarazioni rese in udienza dai testi della Procura e della difesa, nonché sulla documentazione prodotta dalla difesa ed acquisita al fascicolo del dibattimento. Per ciò che concerne l'istruttoria orale, si menziona, dunque, il contributo reso dalla p.o., Pa.Le., all'udienza del 31 gennaio 2022.
L'uomo riferiva di aver ricevuto, nel 2017, la visita di un incaricato che lo aveva convinto a cambiare società di fornitura elettrica e "da Enel sono passato ad Il."
Tuttavia, il tariffario praticato gli era subito apparso economicamente svantaggioso e la p.o., nei trenta giorni previsti ex lege, aveva disdetto quanto sottoscritto ed effettuato un ulteriore passaggio alla En., ritrovandosi, però, dopo 4-5 mesi, di nuovo vincolato alla soc. Il.
A quel punto, il Pa. aveva contattato il servizio clienti della suindicata società, per chiedere spiegazioni, e gli era stato detto che il rapporto negoziale era ancora in essere e che vigeva regolare contratto da lui sottoscritto, sul quale, però, le firme apposte erano false. Aveva, dunque, sporto denuncia e si era rifiutato di pagare la fattura emessa dalla Il., con scadenza in data 04.08.2017.
Il Mar. Sa.Ba., escusso nella medesima udienza, riferiva di aver raccolto la denuncia del Pa. e di aver effettuato alcuni accertamenti sulla soc. Il., tramite deleghe a varie Autorità, accertamenti poi esitati nell'escussione a s.i.t. del sig. Sa.Al., amministratore della Illumina, dinanzi alla Stazione di Recco.
All'udienza del 10 luglio 2023 veniva escusso il teste della Procura Fa.St., autista alle dipendenze della ditta Au., il quale riferiva semplicemente di non sapere nulla della vicenda.
Nella medesima udienza rendeva poi l'esame l'imputato De.Mi., il quale riferiva di essere socio unico e amministratore della soc. Se. s.r.l., operante nel settore dell'energia e della telefonia: "Noi procacciamo i clienti per conto di questi operatori o di altre agenzie, nel caso lavoriamo come subagenzie.
Spiegava, infatti, l'imputato che nel settore telefonico la sua società aveva rapporti commerciali con la B., operatore telefonico inglese, mentre nel settore energetico aveva rapporti con la Il., per conto di un'altra agenzia di Genova, "lavoravamo indirettamente".
C'erano, dunque, nel mondo del procacciamento per l'energia e telefonia, diversi livelli di persone operative: "Ci sono le agenzie principali e poi esistono delle subagenzie che a loro volta possono avvalersi di collaboratori, come nel caso nostro". La società del De. non operava direttamente sul territorio nazionale, la sede legale era a Brescia, ma si serviva di collaboratori esterni, società o persone fisiche per operare. "In questo caso poi noi, a nostra volta, non lavoravamo direttamente per Il., ma per conto di una agenzia che aveva il mandato di Il., che è la società Ne.", in qualità di società subagente, motivo per il quale compariva il nome del giudicabile sui contratti sottoscritti. Aggiungeva il giudicabile che il suo nominativo era stato inserito dalla società "che collaborava con noi e che realmente mi ha passato il contratto, che è la società Si. s.r.l., il titolare il signor Al.Fi."
Il De. aveva poi cercato di ricostruire i vari passaggi del contratto in questione, apprendendo che la soc. Si., a sua volta, aveva ricevuto il suindicato contratto dalla Di., "che è un'altra società che io non conosco, perché non avevamo alcun rapporto diretto, la quale a sua volta l'aveva ricevuto dal signor Te."
Vi erano stati, dunque, molteplici passaggi, sconosciuti al De., che conosceva solo il suo interlocutore, colui che gli aveva trasmesso contratto, "insieme a tanti altri, perché è un mio collaboratore storico da tanti anni".
Ancora, aggiungeva l'imputato che coloro che agivano come agenti e subagenti non avevano alcun potere decisionale sul contratto da presentare all'operatore: "Noi facciamo semplicemente sottoscrivere cioè i nostri collaboratori. Noi lo passiamo all'operatore, il quale è lui che fa tutte le verifiche nei confronti del cliente e decide se accettare o non accettare il contratto", e nel caso di specie l'operatore era la soc. Il.
In pratica, era il suindicato operatore ad effettuare le verifiche attraverso delle telefonate al cliente, per avere la conferma dei dati, dell'effettiva identità del sottoscrittore del contratto, nonché della volontà di attivare o meno il servizio.
Gli operatori della soc. Il. erano, peraltro, obbligati a registrare ogni telefonata, per la normativa sulla privacy.
Riguardo alle contestazioni, aggiungeva il De. che, gestendo migliaia di contratti, poteva accadere che ve ne fosse uno "che non andava bene", tanto che egli più volte era stato convocato dai Carabinieri per fornire una dichiarazione, nonché i dati di quella che era la persona o la società che cedeva i contratti: "Io fornisco i dati di chi mi ha dato il contratto a me, che in questo caso è la Si. o altri che possano essere. Perché, non conoscendo quelli successivi, poi sono andati sempre a chiedere al nostro collaboratore, il quale ha fornito i dati della persona reale che ha fatto sottoscrivere il contratto". L'imputato confermava di conoscere il sig. Sa.Al., amministratore unico della Ne. s.r.l., società che aveva il mandato diretto con la Il., "e noi eravamo in subagenzia da Ne. s.r.l.", mentre non aveva mai incontrato il coimputato Te.
All'udienza del 16 settembre 2024 veniva escusso il teste Fi.Al., il quale riferiva di essere amministratore della soc. Si. che aveva mandato di agenzia con diversi gestori per il procacciamento di clienti nel settore luce e gas. Aggiungeva che nel 2017 aveva avuto rapporti commerciali con il De. e spiegava che l'inserimento del suo nominativo nei contratti avveniva in virtù del rapporto di subagenzia in essere, ad opera del back office dell'agenzia Se. - con la presenza, quindi, di quattro soggetti giuridici interposti tra il Pa., utente finale, e la soc. Il.: la soc. Se., la soc. Si., la soc. Di. e l'agente finale che aveva stipulato il contratto.
Aggiungeva il Fi. che con la sua società aveva effettuato controlli sui contratti stipulati, contattando gli utenti finali, ma tale prassi non veniva applicata sempre dalle altre operatrici, perché nel 2017 non vi era un sistema di verifica obbligatorio. Neppure sapeva se la soc. Il. aveva proceduto alle predette verifiche sugli utenti finali. Concludeva, infine, asserendo di non conoscere il Te.
Questo, dunque, il contributo della compiuta istruttoria orale, già di per sé suscettibile di radicare un pronunciamento assolutorio a carico dell'odierna imputata. Dello stesso tenore le modeste risultanze documentali, che convergono sulla sostanziale insussistenza dei fatti contestati e non forniscono alcuno spunto accusatorio.
In particolare, per ciò che concerne la produzione della difesa, si menziona il contratto per adesione della soc. Il. - ID (...) - del 14.02.2017 sottoscritto dal Pa. dalla Ag. s.r.l. di Genova per conto della Il. s.p.a., corredata da relativo regolamento sulle tariffe praticate e dal documento di identità della p.o. Vi è, altresì, in atti bolletta emesse dalla soc. En. s.p.a. di fornitura di gas e luce relativa al periodo 17 settembre 2016 - 28.10.2016.
Questa, dunque, la piattaforma probatoria posta alla base del pronunciamento, che nel suo complesso indirizza verso una sentenza ampiamente assolutoria nei confronti dei giudicabili.
Per ciò concerne le prove dichiarative, ed in particolar modo il narrato offerto dal teste di P.G. escusso, il Mar. Sa.Ba., questa A.G. ritiene di uniformarsi al principio consolidato nella giurisprudenza di legittimità (ribadito da Cass. Sez. I, 16 dicembre 1999, 14 aprile 2000) in base al quale "se deve ritenersi esclusa la possibilità di recepire acriticamente una testimonianza senza un vaglio critico dell'attendibilità della stessa, svolto assumendo a riscontro tutti gli elementi della vicenda, la prova deve ritenersi sussistente e raggiunta quando la testimonianza risulti logicamente e armonicamente inserita nel contesto dell'intera vicenda".
Applicando al caso di specie la esposta regola di giudizio, ritiene questo Giudice che non vi sia motivo di dubitare dell'attendibilità della testimonianza resa dal suindicato teste, attesa la sostanziale assenza di incongruenze o di altri vizi logici che hanno caratterizzato le dichiarazioni rese.
Il militare ha indicato in dibattimento, con sufficiente precisione, gli atti di indagine compiuti e le evidenze raccolte ed il suo resoconto deve ritenersi genuino, considerando che la qualifica di pubblico ufficiale rivestita e la sicura mancanza di interesse privato all'esito del processo.
Probatoriamente non dirimente è il contributo orale reso dalla p.o., Pa.Le., il quale offriva una sintetica ricostruzione dei fatti, senza, tuttavia, veicolare in dibattimento informazioni suscettibili di radicare un pronunciamento di condanna a carico del De. e del Te.
Decisamente più pregnanti e significative sono, invece, le dichiarazioni rese dall'imputato De. e dal teste Fi. in sede di esame dibattimentale.
Si sottolinea, infatti, come il De. abbia offerto una chiave di lettura radicalmente divergente dall'ipotesi accusatoria, e ne abbia, di fatto, incrinato la tenuta con la propria precisa e circostanziata ricostruzione dei fatti.
In primis, si evidenzia come il narrato del giudicabile sia intrinsecamente armonico, sufficientemente dettagliato e complessivamente collimante con le dichiarazioni rese da altre voci testimoniali (cfr. deposizione del Fiorentini), nonché con la documentazione in atti.
Il giudicabile asseriva, infatti, di non operare direttamente, con la propria ditta, sul territorio nazionale, ma di servirsi di collaboratori esterni, società o persone fisiche, in assenza di una diretta collaborazione con la soc. Il.; operava, dunque, per conto di una agenzia che aveva ricevuto mandato dalla suindicata soc. Il., la società Ne., subagente commerciale, motivo per il quale compariva il nome del giudicabile sui contratti sottoscritti. Tale circostanza enunciata trovava ampio ed univoco riscontro nella deposizione del Fiorentini, che pure spiegava i meccanismi commerciali sottesi alla stipulazione del contratto con l'utente finale e che vedevano avvicendarsi diversi soggetti giuridici. Si evidenzia la presenza di molteplici livelli di persone operative e di molteplici passaggi commerciali, sconosciuti al De., il quale si interfacciava solo con il proprio interlocutore, il sig. Salomone Alessandro, amministratore unico della Ne. s.r.l., soggetto beneficiario del mandato diretto con la Il. che aveva trasmesso il contratto, "insieme a tanti altri".
Vera è anche la circostanza in virtù della quale coloro che agivano come agenti e subagenti non avevano alcun potere decisionale sul contratto da presentare all'operatore, poiché era l'operatore nel settore dell'energia e del gas ad effettuare le verifiche nei confronti del cliente "e decide se accettare o non accettare il contratto", e, nel caso di specie, l'operatore era la soc. Il.
In sintesi, il De. esponeva la ricostruzione dei fatti in causa con una determinazione e precisione tali da ingenerare un giudizio di attendibilità e credibilità. Per ciò che concerne, dunque, la valutazione delle dichiarazioni resa dal predetto, questo Giudice si conforma al principio di diritto enunciato dalla Suprema Corte in base al quale "l'esame dell'imputato non costituisce un mezzo di prova che possa assumere valore decisivo ai fini del giudizio, dovendo intendersi come tale solo quella prova che, confrontata con le ragioni poste a sostegno della decisione, risulti determinante per una diversa conclusione del processo, e non anche quella insuscettibile di incidere sulla formazione del convincimento del giudice, in quanto costituente una diversa prospettazione valutativa nell'ambito della normale dialettica tra le differenti tesi processuali (cfr. Cass. Pen., Sez. II, 44945/2013).
Questo perché "l'esame dell'imputato, disciplinato dagli arti. 495 e 503 c.p.p., è un mezzo istruttorio atipico che opera come mezzo di difesa, quando è dall'imputato medesimo richiesto, e come mezzo di prova, quando è dedotto dalla controparte. L'esame, nell'ima e nell'altra prospettazione, è sempre riconducibile, a differenza delle spontanee dichiarazioni e dell'interrogatorio imposto da specifica disposizione, non allo ius dicendi, ma allo ius postidandi che incontra limiti nella discrezionalità del giudice che ne deve apprezzare la rilevanza. In conseguenza, l'omesso esame non è motivo di nullità (se non siano state violate forme essenziali del procedimento), ma eventualmente d'illegittimità, per l'errore di valutazione in ordine alla superfluità del mezzo" (cfr. risalente e consolidata giurisprudenza: Cass. Pen., Sez. V, sent. n. 5421 del 9 giugno 1997). Stante l'incontrovertibilità delle evidenze raccolte in dibattimento, non si ha motivo di dubitare della versione offerta dal De.
Analoghe considerazioni di attendibilità e credibilità valgono anche per il contributo orale del teste Fi.
Emerge, dunque, ictu oculi, la totale estraneità ai fatti del De. ma anche del Te., in virtù dei suesposti meccanismi di intermediazione commerciale, che non permettevano controlli sulla validità e genuinità dei contratti stipulati, controlli evidentemente demandati all'operatore finale di turno che non li effettuava poiché non obbligatori all'epoca dei fatti. Anche il compendio documentale dimostra l'insussistenza del fatto contestato, dal momento che l'unico elemento di raccordo tra i fatti in causa e gli odierni giudicabili è il nominativo inserito nel contratto riconducibile alla società Il.
Si rendono necessarie alcune considerazioni sulla natura del rapporto giuridico venuto in rilievo nella vicenda de qua.
In base a quanto stabilito dalla Suprema Corte, sez. civile, con la sentenza n. 23973 del 26 settembre 2019, il contratto di subagenzia consiste in una peculiare ipotesi di contratto derivato, unilateralmente e funzionalmente collegato al contratto principale di agenzia, per il quale trovano applicazione le norme dettate in tema di contratto di agenzia, ad esclusione di quelle relative al potere rappresentativo del preponente (art. 1745 cod. civ.).
II contratto di agenzia e di subagenzia, nonostante la sostanziale sovrapponibilità dell'oggetto, si differenzia con riguardo alla persona del preponente, posto che nel secondo caso è l'agente a ricoprire il ruolo di preponente nei rapporti con il subagente.
Sussiste una tendenziale autonomia tra i due rapporti esistenti, da un lato, tra preponente e agente, e tra agente e subagente dall'altro.
Il subagente è un ausiliario dell'agente (nel caso di specie, del sig. Sa.Al., amministratore unico della Ne. s.r.l., beneficiario del mandato dalla soc. Il.) che non risponde del proprio operato al preponente, ma direttamente all'agente, operando sotto la responsabilità di quest'ultimo.
Dunque, nel caso di specie, né il De., né il Te. avrebbero potuto esercitare, in virtù del proprio ruolo commerciale, alcuna forma di controllo e di verifica sui contratti stipulati e facenti capo all'operatore finale, unico destinatario degli obblighi di controllo ed impeditivi di condotte illecite; non operando, i due giudicabili, neppure in maniera diretta sul territorio nazionale (cfr. dichiarazioni del De.: "Io fornisco i dati di chi mi ha dato il contratto a me, che in questo caso è la Sinergetica o altri che possano essere").
In difetto, dunque, di qualsivoglia elemento probatorio suffragante l'ipotesi accusatoria e comprovante, anche in minima parte, la sussistenza dei fatti in causa, non può che negarsi il presupposto storico dell'accusa con la più ampia formula assolutoria.
Tanto premesso, i giudicabili, DE.Mi. e TE.Ra., devono essere assolta ex art. 530 c.p.p. dai reati ascritti perché il fatto non sussiste.
Da ultimo, la previsione del più ampio termine per il deposito dei motivi è giustificata dal carico di ruolo che grava questo giudice.
P.Q.M.
Letto l'art. 530 c.p.p.,
assolve gli imputati DE.Mi. e TE.Ra. dai reati ascritti perché il fatto non sussiste.
Motivi in giorni trenta.
Così deciso in Potenza il 16 settembre 2024.
Depositato in Cancelleria il 27 settembre 2024.