Tribunale Lecce sez. I, 31/07/2024, n.1267
Integra il reato di truffa aggravata ex art. 640 c.p. la condotta di colui che, abusando della fiducia della vittima mediante artifici e raggiri (come l’indicazione di conti correnti non riconducibili alla parte offesa e l’utilizzo di false rassicurazioni), ottiene un indebito profitto con altrui danno. L’aggravante della minorata difesa si configura quando la vittima, a causa di età avanzata o altre condizioni personali, risulta maggiormente vulnerabile e incapace di percepire e reagire prontamente all’inganno.
RAGIONI IN FATTO E IN DIRITTO DELLA DECISIONE
In data 4.02.2022 è stato emesso decreto penale di condanna di DE.PA.
L'imputato ha proposto opposizione e con il decreto del 3.03.2022 è stato citato a giudizio per rispondere del reato di truffa. Ma.Ma. si è costituita parte civile.
Sono state ammesse le prove ed escussi Ma.Ma. ed altri (…).
Le parti hanno proceduto alla discussione nell'udienza del 3.05.2024.
Nel corso del suo esame, la Ma.Ma. ha spiegato che in seguito al decesso del fratello Ma.Fr., lei e le sorelle si erano rivolte a tale Pu.Da. (si tratta del teste successivamente escusso perché indicato dalla difesa dell'imputato) per gli adempimenti amministrativi relativi alla successione ed alla percezione del trattamento di fine rapporto del fratello.
Tramite il Pu., la Ma. sarebbe pervenuta al DE.PA.
Nel preparare la documentazione relativa all'accredito del trattamento di fine rapporto, sarebbero stati indicati due conti correnti che non erano riconducili alle sorelle Ma.
La titolare dello studio commerciale a cui le Ma. si erano rivolte (si tratta di tale Fe., poi deceduta) comunicò però comportamenti illeciti del Pu.
Nei controlli successivi le Ma. appurarono che le somme dovute al fratello (e per lui agli eredi) erano andate a confluire su due conti correnti: uno a Monterotondo e l'altro a (…). Quelle a Monterotondo non erano state corrisposte dall'INPS che le aveva successivamente accreditate su conto corrente aperto dalle Ma.; quelle invece indicate come da accreditare su conto corrente aperto a (…), erano state affettivamente accreditate su detto conto corrente. Tale ultimo conto corrente era intestato al DE.PA. che così si era appropriato della somma di circa Euro 44.200,00.
Soffermandosi su tale terza rata, la Ma. ha spiegato che aveva ricevuto continue rassicurazioni:
"Noi sapevamo che doveva arrivare una terza rata, la quale rata non arrivava mai, e allora abbiamo messo l'Avvocato e l'Avvocato è andato all'INPS, e abbiamo scoperto la delega falsa e che questi soldi erano stati mandati a (…), perché anche la dottoressa Pe., Fr.Pe. che era dell'Inps, per lei aveva chiuso la pratica, perché aveva pagato tutto. Però lo abbiamo scoperto che erano andati a finire a (…)." (così la Ma., pag. 10 della trascrizione della fonoregistrazione dell'udienza del 26.01.2024).
Le dichiarazioni della Ma.Ma. sono chiare, precise e concordanti. Il teste non ha mai mostrato esitazioni o dubbi che possano esser sintomatici della possibilità di stare a riferire circostanze difformi dal vero. La verità ricostruita ha poi trovato conferma nel restante materiale probatorio acquisito.
Nell'udienza del 26.01.2024 la parte civile ha prodotto: un prospetto rilasciato dall'INPS che indica in Euro 132.562,93 le somme complessivamente dovute a Ma.Fr.; altro prospetto rilasciato dall'INPS e relativo all'accredito delle somme (Euro 25.493,63 più Euro 15.526,18 più Euro 3.196,75 uguale a 44.216,56) dovute a Ma.Ma. - quale erede di Ma.Fr., su di un conto corrente aperto presso un filiale (…) di (…). Il teste Ca.Vi. (cognato della Ma.Ma.) ha confermato l'incarico conferito al Pu. ed al DE.PA. e tutte le incombenze relative all'accredito del tfs, cosa che se ne è occupato il De. (così il teste Ca., pag. 15 della trascrizione della fonoregistrazione dell'udienza del 26.01.2024). Ha spiegato che le prime due rate erano state regolarmente ricevute e la quota di Ma. (Ma., ndr.) l'aveva intascata il signor Pa., (così il teste Ca., pag. 15 della trascrizione della fonoregistrazione dell'udienza del 26.01.2024). Ha aggiunto che quando noi abbiamo ricevuto dall'Inps il prospetto della liquidazione con questi Iban sbagliati, subito ci siamo chiesti. Ho chiesto a De.Pa., il quale De.Pa. ha detto: "Sì, questa è una prassi per accelerare gli accrediti da parte dell'Inps", cosa che ingenuamente abbiamo creduti noi. (così il teste Ca., pag. 18 della trascrizione della fonoregistrazione dell'udienza del 26.01.2024).
Il teste Pu.Da. ha confermato che della questione inerente il trattamento di fine rapporto del Ma.Fr. si occupò il DE.PA. che lavorava in maniera autonoma, ma era un collaboratore esterno, diciamo, della società, dove io prestavo servizio, (così il teste Pu., pag. 6 della trascrizione della fonoregistrazione dell'udienza del 05.04.2024).
Nell'udienza del 5.04.2024 la parte civile ha prodotto copia delle comunicazioni per posta elettronica intervenute fra il teste Ca. ed il DE.PA.
Quindi tutta l'istruttoria porta a conclusione univoca. La realtà va ricostruita come indicato dalla Ma.Ma.
Il DE.PA. incaricato di occuparsi degli adempimenti necessari ad ottenere il trattamento di fine rapporto di Ma.Fr., ha inoltrato all'INPS una richiesta di accredito su di un conto corrente a lui riconducibile e con una falsa firma di chi poteva richiedere il dovuto. Così facendo si è appropriato della somma di Euro 44.216,56 di pertinenza della persona offesa Ma.Ma., con pari danno per quest'ultima. Poiché il tutto è avvenuto traendo in errore la persona offesa e nel contempo con false rassicurazioni sulla bontà dell'operazione e quindi il fatto che la Ma.Ma. avrebbe percepito quanto le spettava, sussiste il reato di truffa come contestato.
Il reato è aggravato dalla minorata difesa della persona offesa. Ciò perché l'istruttoria ha dimostrato come la Ma.Ma. a causa della sua età avanzata, aveva più difficoltà a rendersi conto dell'azione truffaldina che stava subendo e reagire adeguatamente (risolutiva è l'affermazione del teste Corallo secondo cui l'imputato aveva superato il dubbio sull'indicazione di codici IBAN di estranei, con la semplice affermazione che si trattasse di una prassi consolidata per accelerare la liquidazione).
Nella individuazione della pena da irrogare, varranno i criteri di cui all'art. 133 c.p.
Il reato è grave sia per le modalità dell'azione (l'intervento di un professionista che forniva rassicurazioni, induceva la persona offesa a fidarsi) e sia per il danno causato. L'assenza però di ulteriori condanne (in tal senso il certificato del casellario giudiziale in atti), è sintomatico di minima capacità a delinquere. Per tali motivi, pena equa per il reato di cui all'art. 640 c.p. sarà quella di anni uno di reclusione ed Euro 200,00 di multa; aumentata per l'aggravante contestata diverrà anni uno e mesi quattro di reclusione ed Euro 300,00 di multa. L'imputato dovrà corrispondere le spese processuali.
La natura di quanto posto in essere e l'assenza di ulteriori condanne, portano a pensare che l'imputato si asterrà dal commettere ulteriori reati; la pena dovrà pertanto esser sospesa ex art. 163 c.p., subordinando però il beneficio al risarcimento dei danni come di seguito liquidati in favore della parte civile, nel termine di giorni novanta dal passaggio in giudicato di questa sentenza. Per gli stessi motivi, il DE.PA. è meritevole del beneficio di cui all'art. 175 c.p.
Il DE.PA. dovrà poi risarcire i danni causati alla parte civile. Gli stessi vanno individuati nella somma di Euro 44.216,56 di cui l'imputato si è appropriato, oltre al danno morale. Quest'ultimo va ricondotto allo stato di sofferenza ed ansia prodotti dapprima dai dubbi su quanto stesse succedendo e poi dalla presa di coscienza di esser stata truffata.
La liquidazione complessiva dovrà pertanto esser pari ad Euro 55.000,00 (cinquantacinquemila/00).
Dovrà infine il DE.PA. corrispondere le spese processuali alla parte civile. In ragione di un'istruttoria semplice ma considerate anche le udienze e quindi gli adempimenti difensivi resisi necessari, la liquidazione dovrà esser operata come in dispositivo.
P.Q.M.
Visti gli artt. 533 - 535 c.p.p.
dichiara DE.PA. colpevole del reato contestato e considerata l'aggravante lo condanna alla pena di anni uno e mesi quattro di reclusione ed Euro 300,00 di multa oltre al pagamento delle spese processuali;
Visto l'art. 163 c.p.,
sospende la pena irrogata subordinando il beneficio al risarcimento dei danni in favore della parte civile, come di seguito liquidato, nel termine di giorni novanta dal passaggio in giudicato di questa sentenza; Visto l'art. 175 c.p., dispone la non menzione della condanna nel certificato del casellario giudiziale di DE.PA., spedito a richiesta di privati, non per ragione di diritto elettorale;
Visti gli artt. 538 e segg. c.p.p., condanna GI.CO. al risarcimento dei danni in favore della parte civile, liquidandoli nella somma di Euro 55.000,00;
condanna DE.PA. al pagamento delle spese processuali in favore della parte civile, liquidandole in Euro 2.500,00 per compensi oltre 15 per cento rimb. forf., spese ed accessori come per legge;
riserva gg. 90 per il deposito della motivazione.
Così deciso in Lecce il 3 maggio 2024.
Depositata in Cancelleria il 31 luglio 2024.