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Truffa online: esclusione automatica dell’aggravante della minorata difesa

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Tribunale Genova sez. II, 21/05/2024, n.1759

In tema di truffa online, l'aggravante della minorata difesa prevista dall'art. 61, n. 5, c.p., non può essere applicata automaticamente a tutte le transazioni commerciali condotte via internet. È necessario accertare in concreto che l'utilizzo della rete abbia creato una situazione specifica di vulnerabilità per la vittima, effettivamente sfruttata dall'agente per ostacolare le possibilità di difesa. In mancanza di tale dimostrazione, il reato si qualifica come truffa semplice e torna soggetto a procedibilità a querela, salvo altre aggravanti rilevanti.

Assoluzione per insussistenza di dolo in falso e truffa assicurativa: criteri di valutazione del concorso (Giudice Ester Ricciardelli)

Truffa tramite uso fraudolento delle piste Telepass: condanna e risarcimento danni (Giudice Francesco Saverio Martucci di Scarfizzi)

Truffa ai danni della società autostradale: utilizzo abusivo del varco Telepass (Giudice Gemma Sicoli)

Truffa nei pedaggi autostradali: rilevanza degli artifici e raggiri nel mancato pagamento (Giudice Raffaele Muzzica)

Assoluzione per mancanza di prova certa: contributo accidentale nella presunta truffa contrattuale (Giudice Martino Aurigemma)

Truffa online: accertamento della responsabilità mediante riscontri documentali e comportamenti fraudolenti (Giudice Mariangela Luzzi)

Frode in commercio e non punibilità per particolare tenuità del fatto (Giudice Mariangela Luzzi)

Esclusione di responsabilità per truffa in assenza di prova certa del dolo e del contributo causale (Giudice Raffaele Muzzica)

Truffa contrattuale: rilevanza degli artifici e raggiri nella fase precontrattuale ed esecutiva (Giudice Raffaele Muzzica)

Esclusa la responsabilità penale del subagente per difetto di obbligo di controllo sui contratti

La sentenza integrale

Svolgimento del processo
A seguito di udienza preliminare, con decreto emesso in data 29.11.2022, Gi.NE. veniva rinviato a giudizio innanzi a questo Tribunale in composizione monocratica per rispondere del reato indicato in epigrafe, a lui ascritto nel procedimento penale n. 11341/2021 R.G.N.R.

Alla prima udienza del 12.10.2023 l'imputato non compariva e il giudice ne dichiarava l'assenza avendo l'imputato ricevuto a mani l'avviso di fissazione di udienza preliminare; il difensore di ufficio chiedeva un breve termine a difesa per essere stato nominato solo due giorni prima.

All'udienza del 12.1.2024 il difensore depositava documentazione medica comprovante la malattia dell'imputato, ma rinunciando ad avanzare richiesta di rinvio per legittimo impedimento, chiedeva la possibilità di un rinvio per contattare la persona offesa al fine del risarcimento del danno.

All'udienza del 14.5.2024 l'imputato era presente, di talché il giudice revocava la dichiarazione di assenza; era, altresì, presente la persona offesa Mi.Pa. la quale dichiarava di essere stata risarcita dall'odierno imputato con la somma di Euro 600,00 e manifestava la volontà di rimettere la querela sporta nei confronti del predetto. Quest'ultimo accettava la remissione e rendeva spontanee dichiarazioni; le parti concordavano l'acquisizione al fascicolo del dibattimento degli atti delle indagini, ai sensi dell'art. 493, comma 3, c.p.p., e rassegnavano le proprie conclusioni come da verbale d'udienza; il giudice pronunciava sentenza, dando lettura del dispositivo e riservando nel termine legge il deposito della motivazione.

Motivi della decisione
Gi.NE. è stato tratto a giudizio per rispondere del reato di truffa aggravata che egli avrebbe commesso in data 25.5.2020 in danno della signora Mi.Pa.

Dalla lettura degli atti di indagine acquisiti ai sensi dell'art. 493, comma 3, c.p.p. e, segnatamente dalla denuncia querela sporta dalla persona offesa in data 26.5.2020, emerge come la Pa., dopo aver notato un annuncio sul sito internet di auto usate in merito alla vendita dell'autovettura Fiat 500 cabrio 1.3 tg. (…) per la somma di Euro 3.700,00, contattava l'utenza telefonica (…) cui rispondeva il venditore presentatosi come Gi. il quale le riferiva che l'auto era già stata opzionata da altro cliente. Qualche giorno dopo, tuttavia, veniva ricontattata da quel soggetto il quale le riferiva che la vendita era saltata, di talché le inviava una mail in cui era indicato il codice IBAN su cui fare il bonifico di acconto di Euro 500,00. La stessa provvedeva ad eseguire il bonifico richiesto in favore dell'IBAN indicato sulla mail trasmessa dal venditore che si firmava NE.Gi. e BE.Pa.

Successivamente all'operazione l'interlocutore faceva perdere le sue tracce e la Pa. si rendeva conto di essere stata vittima di una truffa.

La querelante allegava la ricevuta del bonifico eseguito in favore di NE.Gi. per la somma di Euro 500.00 in data 26.5.2020 e le mail intercorse con il truffatore.

La p.g. acquisiva la documentazione dal portale (…) inerente all'intestazione del numero di telefono utilizzato dal sedicente venditore, risultato intestato a soggetto pakistano inesistente; verificava che l'anagrafica della mail (…) - utilizzata dal venditore - era associata ad un'utenza intestata a soggetto pakistano; la Fiat 500 oggetto di vendita risultava intestata a tale Be.Pa., estranea ai fatti; che l'attivazione della carta postepay evolution correlata al codice IBAN cui era stato indirizzato il bonifico era avvenuta a nome di NE.Gi. mediante la presentazione del suo documento di identità, non denunciato come rubato o smarrito.

L'imputato, presente all'udienza del 14.5,2024, ammetteva il fatto, mostrandosi pentito e riferendo che in quel periodo stava affrontando un momento di depressione per la morte della moglie ed era affetto da dipendenza da alcool. Chiedeva scusa alla persona offesa, cui aveva risarcito l'intera somma, e riferiva di avere in corso un programma di recupero presso il Sert.

Gli elementi acquisiti consentono di ritenere provato il fatto descritto in imputazione e di attribuirlo alla responsabilità dell'odierno imputato.

Si è infatti in presenza della tipica condotta ingannatoria posta in essere da un soggetto che, prospettando la disponibilità di un bene offerto ad un prezzo allettante - in questo caso si trattava di un'autovettura - dapprima attirava l'attenzione della vittima e la convinceva della bontà dell'affare, inducendola a pagare l'acconto senza tuttavia poi consegnare il bene offerto e senza restituire alcunché.

Occorre, a questo punto, evidenziare come il narrato reso in denuncia dalla persona offesa e le risultanze degli accertamenti di polizia giudiziaria non lascino alcun dubbio in ordine alla natura fraudolenta dell'intera contrattazione, protrattasi per il tempo necessario a trarre in inganno la persona offesa e poi prontamente interrotta nel momento in cui la vittima aveva effettuato il pagamento richiesto.

Dal punto di vista oggettivo, quanto sopra ricostruito integra senza alcun dubbio tutti gli elementi costitutivi del reato di truffa, ricorrendo sia la condotta costituita da tranelli e avvolgimenti verbali pienamente integranti la nozione di artifizi e raggiri, sia l'induzione in errore della persona offesa, sia il conseguente atto di disposizione patrimoniale che aveva determinato il doppio evento di ingiusto profitto e correlativo danno.

Dal punto di vista soggettivo, risulta innanzitutto assolutamente evidente, alla luce della documentazione acquisita, il fatto che la carta prepagata su cui era confluito il denaro della vittima fosse stata regolarmente attivata da NE.; in occasione dell'attivazione della carta prepagata era stata esibita una carta d'identità in corso di validità intestata proprio a NE.Gi. non denunciata né smarrita né rubata.

Tali elementi sono da questo Tribunale ritenuti ampiamente sufficienti per giungere ad una attribuzione di penale responsabilità in capo all'odierno imputato che, peraltro, ha ammesso il fatto in sede di spontanee dichiarazioni.

A fronte di un fatto pienamente integrante il contestato reato di truffa dal punto di vista sia oggettivo che soggettivo, benché in imputazione sia stata contestata la circostanza aggravante della minorata difesa ex art. 61, n. 5), c.p., la scrivente ritiene che le concrete circostanze in cui le parti avevano contrattato tra loro impongano una diversa valutazione della vicenda e dunque, come conseguenza, l'esclusione dell'aggravante in parola.

È perfettamente noto a questo giudice il consolidato orientamento giurisprudenziale secondo cui "sussiste l'aggravante della minorata difesa, con riferimento alle circostanze di luogo, note all'autore del reato e delle quali egli, ai sensi dell'art. 61. n. 5, cod. pen., abbia approfittato. nell'ipotesi di truffa commessa attraverso la vendita di prodotti "on-line", poiché, in tal caso, la distanza ira il luogo ove si trova la vittima, che di norma paga in anticipo il prezzo del bene venduto, e quello in cui, invece, si trova l'agente, determina una posizione di maggior favore di quest'ultimo, consentendogli di schermare la sua identità, di non sottoporre il prodotto venduto ad alcun efficace controllo preventivo da parte dell'acquirente e di sottrarsi agevolmente alle conseguenze della propria condotta" (Cass. Pen., sez. VI, n. 17937 del 22.03.2017, dep. 10.04.2017, Rv. 269893 - 01).

Il rigore di tale orientamento è stato però posto in discussione non soltanto dalla giurisprudenza di merito (si richiama ad esempio Trib. Pescara, n. 1676 del 13.05.2019. dep. 13.05.2019), ma anche dalla stessa Corte di Cassazione, la quale ha recentemente affermato come "il principio enunciato nella massima sopra citata non comporta affatto la generalizzazione della ricorrenza dell'aggravante in tutti i casi di truffe on line, generalizzazione per la quale sì finirebbe, in realtà per attribuire carattere "circostanziato" ad una delle possibili modalità della condotta di truffa; si richiede sempre la prova del concreto e consapevole approfittamento, da parte del colpevole, delle opportunità decettive offerte dalla rete, non potendosi escludere che nel singolo caso la truffa sia realizzata bensì con lo strumento on line, ma senza che ciò comporti una reale, specifica situazione di vantaggio per l'autore" (Cass. Pen., sez. II, n. 40045 del 17.07.2018. dep. 06.09.2018, pronunciatasi in relazione ad una vicenda nella quale l'indagato, attinto da misura cautelare, aveva posto in essere una condotta truffaldina mediante il "sostanziale occultamento della propria identità agli acquirenti, che, tra l'altro, nella maggior parte dei casi egli contattava via mail utilizzando generalità incomplete").

Ritiene la scrivente che l'indiscriminata contestazione dell'aggravante di cui all'art. 61, n. 5), c.p. in relazione a qualsiasi episodio di truffa commessa mediante inserimento su un sito internet di un annuncio di compravendita, al quale faccia seguito un breve scambio di comunicazioni tra soggetto agente e vittima all'esito del quale quest'ultima venga convinta ad eseguire un atto di disposizione patrimoniale che poi si rivelerà per lei dannoso, finisca per connotare come di maggior gravità anche vicende che in realtà non si caratterizzano per una particolare e più intensa insidiosità.

Il ricorso a forme di commercio e scambio di beni a distanza, reso possibile dalla rete internet e dalla moltitudine di siti e applicazioni realizzati a tal fine, ha ormai raggiunto un livello di diffusione nella vita di qualunque cittadino tale che non può più verosimilmente ritenersi che chi si approcci ad un annuncio di vendita online lo faccia in una condizione di svantaggio, tale da esigere perciò una più rafforzata e attenta tutela sul piano penale.

Al giorno d'oggi, chi si approccia al commercio via internet lo fa nella verosimile consapevolezza dei vantaggi che tale strumento comporta: maggiore possibilità di scelta, rapidità, comodità, spesso anche maggiore convenienza dal punto di vista economico. Al tempo stesso, è insito nella natura della compravendita a distanza il fatto di non poter avere un diretto e tangibile contatto con il bene che ci si propone di acquistare: ma si tratta, anche in questo caso, di un fattore di cui qualunque utente di media avvedutezza è certamente ben conscio e con il quale inevitabilmente occorre confrontarsi prima di decidere di procedere ad un eventuale pagamento per un bene di cui non si è materialmente potuta constatare l'esistenza.

In questo senso, in conformità al più cauto indirizzo espresso dalla Corte di Cassazione nella sentenza n. 40045/2018 sopra riportata, il giudice ritiene che la circostanza aggravante contestata dal Pubblico Ministero debba essere riservata ad ipotesi nelle quali l'uso della rete internet abbia davvero consentito al reo di superare le difese che ciascuna persona ordinariamente può mettere in campo rispetto a potenziali tentativi di inganno altrui.

Nel caso di specie, la condotta dell'imputato, così come apprezzata alla luce delle dichiarazioni della persona offesa, non sembra aver assunto una particolare e più intensa attitudine decettiva, posto che la denunciante si è determinata ad acquistare un'autovettura accontentandosi del mero nome di battesimo fornito telefonicamente dal sedicente venditore, allorché proprio all'odierno imputato è intestata la carta postepay sulla quale perveniva il prezzo della presunta vendita: elemento questo che, a seguito della proposizione della denuncia, consentiva alla polizia giudiziaria di identificarlo senza particolari difficoltà.

In questo senso, si ritiene di dare applicazione al principio di carattere più generale secondo cui "la valutazione della sussistenza dell'aggravante della minorata difesa va operata dal giudice, caso per caso, valorizzando situazioni che abbiano ridotto o comunque ostacolato, cioè reso più difficile, la difesa del soggetto passivo, pur senza renderla del tutto o quasi impossibile, agevolando in concreto la commissione del reato" (Cass. Pen., sez. II, n. 6608 del 14.11.2013, dep. 12.02.2014, Rv. 258337 - 01).

In senso più generale, è stato espressamente richiamato il principio di diritto poco prima affermato dalle Sezioni Unite - ancorché in relazione ad una diversa ipotesi di minorata difesa, cioè quella dell'esser stato un delitto di furto commesso in ora notturna - secondo cui "ai fini dell'integrazione della circostanza aggravante della minorata difesa, prevista dall'art. 61, primo comma, n. 5, cod. pen., le circostanze di tempo, di luogo o di persona, di cui l'agente abbia profittato, devono tradursi, in concreto, in ima particolare situazione di vulnerabilità del soggetto passivo del reato, non essendo sufficiente l'idoneità astratta delle predette condizioni a favorire la commissione dello stesso" (Cass. Pen., SS.UU., n. 40275 del 15.07.2021, dep. 08.11.2021, Rv.282095 - 02).

Riaffermata dunque la necessità di un'interpretazione in grado di cogliere i reali profili di offensività in concreto delle condotte oggetto di imputazione, la Suprema Corte ha chiarito che '"ai fini dell'integrazione della circostanza aggravante della c.d., "minorata difesa", l'interprete deve rifuggire dalla prospettiva anche implicita della valorizzazione di presunzioni assolute, e non può limitarsi a richiamare il dato astratto della commissione del reato in tempo di notte, ovvero on line, dovendo considerare lo specifico contesto spazio-temporale in cui si sono verificate le vicende storico-fattuali oggetto d'imputazione, sì da enucleare, in concreto, l'effettivo ostacolo alla pubblica e privata difesa che sia, in ipotesi, derivato dalla commissione del reato nella circostanza in concreto valorizzata (in questo caso, di luogo "virtuale"), nonché l'approfittamento di essa da parte del soggetto agente".

A livello operativo "l'interprete è chiamato ad operare tre verifiche, riguardanti, nell'ordine:

a) l'esistenza di una circostanza di tempo, di luogo o dì persona in astratto idonea ad ingenerare una situazione di "ostacolo alla pubblica o privata difesa";

b) la produzione in concreto dell'effetto di "ostacolo alla pubblica o privata difesa" che ne sia effettivamente derivato;

c) il fatto che l'agente ne abbia concretamente "profittato" (avendone, quindi, consapevolezza).

Ai fini della sussistenza della circostanza aggravante di cui all'art. 61, primo comma, n. 5, cod. pen., non è, tuttavia, sufficiente ritenere l'astratta idoneità dì una situazione. quale l'effettuazione di una transazione commerciale on line, ad incidere sulle capacità di difesa, riducendole (il che va, in astratto, ammesso, valorizzando la distanza tra il luogo ove si trova la vittima, che di norma paga in anticipo il prezzo del bene venduto, e quello in cui, invece, si trova l'agente, con conseguente determinazione di una posizione di maggior favore a vantaggio dì quest'ultimo, che può "schermare" la sua identità, non sottoporre il prodotto venduto ad alcun efficace controllo preventivo da parte dell'acquirente e sottrarsi agevolmente alle conseguenze della propria condotta), ma occorre "individuare ed indicare in motivazione tutte quelle ragioni che consentano di ritenere che in una determinata situazione si sia in concreto realizzata una diminuita capacità di difesa sia pubblica che privata" (Sez. 5, n. 8819 del 02/02/2010, Maero, Rv. 246160), e, in particolare, che la commissione del reato on line abbia in concreto agevolato il soggetto agente nell'esecuzione del reato stesso, ostacolando (pur senza annullarle del tutto) le possibilità di difesa pubblica o privata".

Esclusa, dunque, la sussistenza della contestata aggravante ci si ritrova in presenza di una fattispecie di truffa semplice, con conseguente ritorno ad un regime di procedibilità a querela di parte, non essendo contestate altre circostanze aggravanti tra quelle che, in base alla nuova versione dell'art. 649-bis c.p. vigente a partire dal 30.12.2022, comporterebbero doversi procedere d'ufficio.

Nel caso di specie occorre evidenziare che la persona offesa si è presentata in udienza e ha dichiarato di rimettere la querela sporta nei confronti dell'imputato per essere stata integralmente risarcita e l'imputato, da parte sua, ha accettato detta remissione che, in quanto tale, incide - esclusa l'aggravante contestata - sulla procedibilità del reato così riqualificato.

A fronte di tutto ciò, si impone la declaratoria di estinzione del reato di truffa ascritto all'imputato per remissione di querela.

P.Q.M.
Il Tribunale di Genova, Visto l'art. 529 c.p.p.,

DICHIARA NON DOVERSI PROCEDERE

Il Tribunale di Genova,

visti gli artt. 152 c.p., 340 e 531 c.p.p.,

DICHIARA NON DOVERSI PROCEDERE

nei confronti di NE.Gi. per essere il reato a lui ascritto, esclusa l'aggravante contestata, estinto per sopravvenuta remissione di querela.

Visto l'art. 340, c. 4, c.p.p.,

PONE

le spese del procedimento a carico del querelato.

Così deciso in Genova il 14 maggio 2024.

Depositata in Cancelleria il 21 maggio 2024.

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