Tribunale Bologna sez. I, 17/07/2024, n.3332
Il reato di truffa si configura quando l'agente, mediante artifici e raggiri, induce la vittima in errore, determinandola a compiere un atto di disposizione patrimoniale che comporta un danno economico. La responsabilità concorsuale si desume dalla titolarità e dall'effettiva disponibilità di strumenti finanziari utilizzati per realizzare il profitto, salvo dimostrazione di furto o smarrimento non denunciati. La recidiva reiterata specifica aggrava il trattamento sanzionatorio in presenza di condotte criminali sistematiche che denotano pericolosità sociale.
RAGIONI IN FATTO E IN DIRITTO DELLA DECISIONE
Con decreto ex art. 552 c.p.p., Ci.Va. era tratto a giudizio in ordine al reato descritto in epigrafe. All'udienza dell'8/02/2023 erano disposte le ricerche ex art. 420 bis comma 5 c.p.p. e all'udienza successiva, del 20/09/2023, il Giudice, pur dando atto del pervenimento di verbale di vane ricerche, rilevava che vi era certezza circa la conoscenza del processo da parte dell'imputato, atteso che quest'ultimo aveva fatto pervenire nuova nomina del difensore in data 22/07/2023, con indicazione del numero del presente procedimento. Nel corso della medesima udienza il Giudice disponeva infine la rinnovazione della notifica all'imputato presso il difensore quale domiciliatario eletto, ai soli fini della regolarità formale della stessa. Alla successiva udienza del 13/0312024, il Giudice, vista la regolarità formale della notifica all'imputato, disposta all'udienza precedente, dichiarava procedersi in sua assenza. Era poi aperto il dibattimento ed ammesse le prove richieste dalle parti. Nel corso della medesima udienza era escussa la persona offesa Di.Ca. e il PM produceva copia delle ricevute delle ricariche effettuate, nonché screenshot whatsapp del numero di cellulare (…). Il Giudice acquisiva. Alla successiva udienza del 26/06/2024 si escuteva l'operante di P.G. Giuseppe Mellone e il PM produceva documentazione (…) e carta di identità e tessera sanitaria dell'odierno imputato. Il Giudice acquisiva e rinviava per discussione a nuova data.
All'udienza del 17/07/24 le parti concludevano come da verbale e il Giudice pronunciava sentenza contestuale dandone lettura integrale.
Dal compendio probatorio è emerso che la persona offesa Di.Ca., in data 23/11/2019, aveva inserito sul sito internet (…) annuncio di vendita di un divano, di cui era proprietaria, per la cifra di Euro 185,00. Il giorno seguente aveva ricevuto una chiamata - dal numero di cellulare (…) - da una donna, che si era dimostrata interessata all'acquisto del bene. Nel corso di tale telefonata, le due raggiungevano un accordo in merito al prezzo di vendita del divano, per Euro 185,00, da versare con pagamento immediato. Immediatamente dopo, la Di.Ca., su indicazioni della propria interlocutrice, che le aveva riferito di vivere a Bolzano, si era recata presso lo sportello della (…), (circuito indicatole espressamente dall'interlocutrice) di via (…), a San Lazzaro di Savena (BO), dove, seguendo le istruzioni telefoniche di quest'ultima, aveva effettuato tre ricariche sulla carta avente numero (…), ciascuna di Euro 500, nell'errata convinzione di ricevere invece da quest'ultima il pagamento della somma pattuita per la vendita/acquisto del divano.
Al termine dell'ultima operazione era pervenuto sul cellulare della p.o. un messaggio della propria banca che la informava di aver esaurito il budget di prelievo e movimentazione mensile (fissato a 1.500 euro). Iniziando a insospettirsi, Di.Ca. effettuava allora anche un controllo del proprio estratto conto online e così si era avveduta del fatto che non vi era alcun accredito, bensì tre operazioni in uscita, per un totale di 1.506 Euro (comprensivi di Euro 2 di commissioni per ciascuno dei tre pagamenti). A quel punto, la p.o. aveva tentato di ricontattare la propria interlocutrice all'utenza telefonica di cui sopra, ma le rispondeva un uomo, con accento pugliese, il quale, dichiarandosi del tutto estraneo alla vicenda e, dunque, disconoscendola, aveva subito interrotto la telefonata. Da quel momento si era poi reso irreperibile. In data 4/12/2019, quindi, la p.o. si era recata presso la Stazione dei Carabinieri di Monterenzio e aveva sporto formale denuncia querela.
Nel corso della propria deposizione, l'operante di P.G. Me.Gi. dichiarava che, a seguito della querela della Di.Ca., con la quale quest'ultima le aveva fornito sia il numero della carta ricaricata ((…)) sia quello dell'utenza mobile dalla quale era stata contattata (…), aveva provveduto a richiedere alla (…) di Bari di procedere ad effettuare accertamenti sull'identità dell'intestatario della carta a favore della quale risultavano effettuate le tre ricariche da parte della p.o.
Dal controllo effettuato sulla carta n. (…), era stato poi possibile risalire all'intestatario formale della stessa, che corrispondeva all'odierno imputato Ci.Va.
Alla risposta della banca era poi allegato tabulato attestante le ricariche avvenute il 23/11/2019 per un importo complessivo di Euro 1.500 (escluse le commissioni), nonché carta di identità e tessera sanitaria intestate a quest'ultimo, fomite al momento dell'apertura del conto. A domanda del Giudice se fossero state appurate le modalità di apertura del conto (se online o allo sportello) il teste rispondeva negativamente. Erano poi stati eseguiti anche controlli sull'utenza telefonica avente numero (…), dai quali era tuttavia emerso come essa fosse intestata a soggetto straniero non censito in banca dati.
Dalla lettura della documentazione prodotta emerge inequivocabilmente quanto segue:
la cifra complessiva di 1.500 Euro di provenienza dal conto dell'odierna persona offesa è confluita sulla carta n. (…), mediante tre ricariche, effettuate in data 23/11/2019 - ciascuna di Euro 500 (come da ricevute delle tre operazioni);
la carta n. (…) era intestata a Ci.Va.;
l'utenza telefonica n. (…) era intestata a soggetto straniero non censito in banca dati, e dunque non identificato.
Alla carta n. (…) intestata all' odierno imputato era associato il numero di telefono (…) (come da allegato 17).
Al momento dell'apertura del conto associato alla carta n. (…) era stata fornita copia della carta di identità e della tessera sanitaria intestate all'odierno imputato (vedi allegati 19, 20, 21, nonché dichiarazioni testimoniali dell'operante di P.G.).
Dunque, alla luce del compendio probatorio raccolto, costituito dalle testimonianze e dalle produzioni documentali, deve essere affermata la penale responsabilità dell'imputato nei termini che seguono. Non v'è dubbio, anzitutto, della veridicità della versione resa da Di.Ca. So., siccome supportata dalla documentazione prodotta, quale, nella fattispecie, le ricevute delle tre operazioni effettuate. Ciò posto, si osserva quanto segue. Che la Di.Ca. sia stata vittima di una vicenda truffaldina non v'è alcun dubbio, dal momento che, con gli artifici e i raggiri posti in essere dall'interlocutrice telefonica che l'aveva contatta fingendosi interessata all'acquisto del divano dalla stessa posto in vendita, era stata indotta ad effettuare operazioni mediante sportello di una filiale del circuito (…), nell'erronea convinzione di ricevere un bonifico per l'importo pattuito; operazioni che, tuttavia, si erano poi rivelate essere ricariche eseguite in favore di altri, con conseguente danno economico subìto dalla p.o.
La condotta della truffa appare pertanto integrata in tutti i suoi elementi costitutivi. Quanto all'attribuibilità soggettiva della stessa all'odierno imputato si osserva quanto segue. Nessun dubbio che la carta n. (…) beneficiaria delle ricariche effettuate dalla persona offesa sia intestata all'odierno imputato, come da documentazione prodotta. Se è pur vero non è stato prodotto alcun contratto di attivazione della summenzionata carta e che nulla è stato accertato in ordine alle relative modalità di attivazione (se online o allo sportello), è pur vero che la (…) di Bari, presso la quale era stato acceso il conto associato a detta carta, ha dichiarato (con email prodotta in atti), in risposta alle richieste degli operanti di P.G., che al momento dell'attivazione della carta n. (…) era stata fornita la carta di identità e la tessera sanitaria - prodotte anch'esse - dell'odierno imputato. A ciò si aggiunga che nessuna spiegazione logica alternativa all'ipotesi accusatoria è stata resa dall'imputato, mai comparso in udienza. Si evidenzi inoltre che, seppur l'interlocutore della Di.Ca. non fu certo l'odierno imputato - dal momento che si trattava di una donna -e il numero di cellulare utilizzato per contattare la p.o. (…) risulta intestato a soggetto straniero non censito in banca dati, dalla scheda anagrafica - prodotta in atti - della carta n. (…), formalmente intestata all' odierno imputato, si evince chiaramente che la stessa era associata, oltre che alle generalità di Ci.Va., proprio al numero di cellulare (…), utilizzato per contattare la Di.Ca.
Dato questo che, all'evidenza, collega con certezza la persona dell'odierno imputato al caso de quo. Sebbene la Di.Ca. sia stata formalmente raggirata da soggetto diverso dall' odierno imputato, non può certo dirsi che quest'ultimo fosse estraneo alla condotta truffai dina posta in essere. Ragionare in senso contrario condurrebbe, infatti, a ritenere che il Ci. si sia avvalso del profitto conseguito dall'azione truffai dina altrui, senza alcun accordo pregresso in tal senso con terzi, e che tali terzi, ancor prima, avrebbero commesso una truffa senza esser d'accordo con chi ne avrebbe ricevuto il profitto, il che ovviamente è un assurdo. Ciò posto, è del tutto evidente che Ci.Va., se non diretto e unico autore della condotta truffaldina, quantomeno si è reso complice dell'intera operazione, attuata in concorso, appunto, con l'ipotetico altro soggetto (o più soggetti) che intrattenne i rapporti telefonici con la Di.Ca.
Quanto, infine, al fatto che altri, al di là dell'intestazione formale, potrebbero essere i reali utilizzatori della carta in esame, deve ricordarsi che non solo non è stata prospettata dall'imputato alcuna allegazione al riguardo, ma anche che non risulta sporta alcuna denuncia di furto o smarrimento della stessa, si che è naturale ritenere che di detta carta, incriminata, egli fosse effettivamente in possesso. Quanto alla tesi difensiva, peraltro esposta solo nel corso della discussione odierna, secondo la quale il contratto di apertura della carta incriminata recherebbe una firma diversa da quella autentica dell'odierno imputato si osserva innanzitutto che nessun contratto è mai stato prodotto, né risulta stato effettuato alcun disconoscimento della firma apposta sullo stesso da parte del Ci., né, infine, quest'ultimo si è mai presentato in udienza al fine di sostenere tale argomentazione difensiva. Simile prospettazione, pertanto, non può essere - né è stata - minimamente provata. Per quanto sinora affermato, va dunque dichiarata la responsabilità penale di Ci.Va.
Quanto al trattamento sanzionatorio, si osserva quanto segue. Va anzitutto senz'altro riconosciuta la contestata recidiva. Invero, i numerosi e significativi precedenti penali, anche prossimi nel tempo rispetto ai fatti oggetto del processo de quo (si veda, al riguardo il punto 3 del casellario: condanna divenuta irrevocabile nei cinque anni precedenti la commissione del delitto oggetto del presente processo), sono tali da confortare il giudizio di maggiore pericolosità dell'imputato: prova ne è anche la biografia penale successiva - costellata da numerose ulteriori condanne per truffa, divenute irrevocabili in seguito e, tuttavia, una di esse anche relativa a fatti anteriori a quello oggi in esame (si veda, nello specifico, il punto 5 del casellario) - che, seppur appunto successiva, e come tale non valevole ai fini in esame, segna l'infondatezza di un giudizio eventualmente diverso in punto di insussistenza di detta recidiva. Non si ravvisano inoltre motivi di sorta per la concessione delle attenuanti generiche, né sotto il profilo del contegno processuale, non essendo l'imputato mai comparso nel processo, né sotto il profilo dell'adeguatezza della pena, anche in relazione all'entità del danno, non certo di modico valore. Infine, la biografia penale, antefatta e successiva al reato (si vedano anche molteplici condanne per altri reati di truffa), deve condurre a un discostamento dal minimo edittale. Così, valutate la gravità del fatto e la personalità dell'imputato alla stregua dei criteri di cui all'art. 133 c.p., si stima congrua la pena di anni uno, mesi uno e giorni 10 di reclusione ed Euro 250 di multa (così calcolata: p.b. mesi 8 di reclusione ed Euro 150 di multa, aumentata, per la recidiva ex art. 99 c. 4, ad anni 1, mesi 1 e giorni 10 di reclusione ed Euro 250 di multa). Segue per legge la condanna al pagamento delle spese processuali. La biografia penale preclude all'evidenza il riconoscimento di qualsivoglia beneficio di legge.
La pena inflitta, superiore ad anni uno, determina l'inapplicabilità della pena pecuniaria sostitutiva. Nessuna altra pena sostitutiva è stata richiesta in udienza, né, in ogni caso, potrebbe essere concessa, non essendovi margini, anche alla luce della biografia penale, per una prognosi favorevole circa l'ottemperanza alle prescrizioni, prevista dall'art. 58 L. 689/81.
P.Q.M.
Vigli gli artt. 533 - 535 c.p.p.,
dichiara l'imputato Ci.Va. responsabile del reato ascrittogli e, riconosciuta la contestata recidiva, lo condanna alla pena di anni uno, mesi uno e giorni 10 di reclusione ed Euro 250 di multa, oltre al pagamento delle spese processuali.
Motivazione contestuale
Così deciso in Bologna il 17 luglio 2024.
Depositata in Cancelleria il 17 luglio 2024.