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Spaccio lieve e confisca allargata: il terzo deve provare la lecita origine, non contestare il sequestro (Cass. pen. n. 18185/2025)

spaccio di droga - Avvocato penalista

1. Premessa

La Corte torna a pronunciarsi sul tema dei rapporti tra la posizione del terzo estraneo e la legittimità del sequestro preventivo.

In particolare, la Corte si pronuncia in materia di sequestro preventivo finalizzato alla confisca diretta o allargata, adottato nell’ambito di un procedimento per detenzione illecita di stupefacenti ex art. 73, comma 5, d.P.R. 309/1990, a seguito delle modifiche introdotte dal d.l. n. 123/2023, conv. in l. n. 159/2023.


2. La vicenda processuale

All’esito di una perquisizione domiciliare, venivano rinvenute sostanze stupefacenti e somme di denaro suddivise in due ambienti diversi: una parte era nella disponibilità diretta dell’indagato, la restante in quella della convivente, che ne rivendicava la legittima provenienza.

Il sequestro era motivato anche alla luce dell’applicabilità della confisca allargata ex art. 85-bis d.P.R. 309/1990, come novellato.

La richiesta di riesame era stata rigettata dal Tribunale, e la Suprema Corte ha dichiarato inammissibili i ricorsi per violazione dei limiti di legittimazione e dei motivi deducibili.


3. I limiti del terzo nella fase cautelare reale

Uno dei nodi centrali della decisione riguarda il ruolo del terzo interessato che si oppone al sequestro del bene, rivendicandone la titolarità.

La Cassazione ribadisce un principio consolidato: il terzo non può censurare i presupposti della misura cautelare, ma solo provare:

  • la propria effettiva titolarità o disponibilità del bene,

  • l’estraneità rispetto al fatto reato oggetto del procedimento.

Tale assetto è coerente con la natura strumentale e cautelare del sequestro, che non può essere sindacato nei suoi presupposti generali da chi non è parte del rapporto processuale principale. La motivazione si rifà espressamente ai precedenti Sez. 4, n. 4170/2024, Pezzi e Sez. 3, n. 23713/2024, Ruggiero, richiamando anche la giurisprudenza delle Sezioni Unite in materia di confisca di prevenzione (notizia di decisione del 27 marzo 2025), che rafforza la simmetria tra i due piani.


4. Il rapporto tra dolo dell’indagato e confisca allargata

Un ulteriore aspetto di rilievo della pronuncia riguarda la possibilità di disporre il sequestro finalizzato alla confisca allargata anche in relazione ai reati di cui all’art. 73, comma 5, d.P.R. 309/1990, a seguito della riforma operata con il d.l. n. 123/2023. In passato, tale possibilità era esclusa per effetto della natura contravvenzionale del reato; oggi, invece, viene ammessa anche per tali fattispecie, ampliando in modo significativo l’ambito di operatività della confisca di cui all’art. 240-bis c.p.

La Cassazione sottolinea che l’errore contenuto nel decreto di convalida del sequestro — laddove si riteneva inapplicabile la confisca allargata — non ha inciso sulla legittimità della misura, comunque sorretta da una motivazione congrua e fondata su elementi oggettivi (ritrovamento della somma accanto allo stupefacente, tracciabilità discutibile, assenza di riscontri documentali credibili).


5. L’onere probatorio del terzo e la verifica della legittima provenienza

Un ulteriore profilo di interesse è l’affermazione secondo cui il terzo che rivendica un bene sottoposto a sequestro ha l’onere di fornire prova puntuale e convincente della sua titolarità e della liceità della sua provenienza. Tale prova — osserva la Corte — non può consistere in mere allegazioni generiche, ma richiede documentazione attendibile, coerente e completa.

Nel caso in esame, la ricorrente aveva fornito:

  • un contratto di vendita di un’autovettura, risalente a oltre un anno prima, non collegato logicamente alla somma sequestrata;

  • un contratto di lavoro firmato solo da lei, privo di riscontri (buste paga), e non sufficiente a fondare un’attività lavorativa continuativa e redditizia.

La Corte, in coerenza con quanto già affermato in altri arresti (Cass., sez. 6, n. 6589/2013, Gabriele), ribadisce che il difetto di prove concrete esclude la restituzione dei beni al terzo, anche laddove questi non sia sospettato di partecipazione al reato.


6. Conclusioni

La sentenza consolida l’orientamento restrittivo in ordine alla legittimazione e ai motivi deducibili dal terzo interessato nei procedimenti relativi al sequestro preventivo, confermando che la verifica della legittimità della misura cautelare resta prerogativa dell’indagato, mentre il terzo può intervenire esclusivamente a tutela del proprio diritto reale sul bene, purché adeguatamente documentato.

Sotto altro profilo, la decisione riafferma la piena operatività della confisca allargata nei reati ex art. 73, comma 5, d.P.R. 309/1990, come modificati dalla l. 159/2023, e costituisce un importante precedente destinato ad incidere sulla prassi dei sequestri patrimoniali in materia di stupefacenti di lieve entità, ampliando significativamente lo spazio della risposta patrimoniale penale anche in relazione a fattispecie precedentemente escluse.

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