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Stupefacenti: L'accusa deve provare, al di là di ogni ragionevole dubbio, la finalità di spaccio.

La massima

Il giudice monocratico di Lecce - Dott.ssa Maddalena Torella, in tema di reato di spaccio di stupefacenti ex art. 73 D.P.R. 309/1990, ha affermato che "è sempre a carico dell'accusa l'onere di dimostrare, al di là di ogni ragionevole dubbio, che lo stupefacente la cui detenzione si contesta fosse destinato anche solo in parte alla illecita cessione a terzi".


La sentenza

Svolgimento del processo

All'udienza del 4.2.2020, il Tribunale, verificata la regolare notifica del decreto che dispone il giudizio all'imputato e quindi dichiarata l'assenza dello stesso, dichiarava aperto il dibattimento e invitava alle parti alle richieste di prova. Con il consenso delle parti, veniva inoltre acquisita la consulenza tecnica disposta dal pubblico ministero.


L'udienza del 13.4.21 veniva rinviata d'ufficio per esigenze di priorità nella trattazione di altri procedimenti e in forza della normativa emanata in relazione all'emergenza sanitaria da Covid-19.


All'udienza del 25.1.2022 si procedeva all'esame di un teste dell'accusa, il pubblico ministero produceva la scheda dattiloscopica di identificazione e il casellario centrale identità dell'imputato e, inoltre, con il consenso delle parti, veniva revocata l'ordinanza di ammissione dei restanti testi del pubblico ministero. Sicché, il Tribunale dichiarava chiusa l'istruttoria dibattimentale e invitava le parti a concludere.


IN FATTO


Dalle dichiarazioni rese dal teste Schiattino, agente di p.g. in servizio presso la Stazione dei Carabinieri di Poggiar do e dalla consulenza tecnica del pubblico ministero (utilizzabile poiché acquisita su consenso delle parti), si possono ricostruire i fatti di cui al capo di imputazione nei termini che seguono.


In data 25.08.2018, nel corso del servizio, in abiti simulati, di prevenzione e repressione del traffico illecito di sostanze stupefacenti e in occasione della "(…)" di Melpignano, l'agente di p.g. Schiattino, mentre percorreva via (…) a poca distanza dagli altri colleghi in servizio, verso le ore 21.15, veniva avvicinato da un soggetto "di colore", il quale gli offriva in vendita sostanza stupefacente dicendogli "erba, erba". Osservato ciò, dunque, gli ufficiali di p.g. intervenivano procedendo all'arresto e alla perquisizione di Ng.Di. il quale veniva trovato in possesso di circa 1 gr. di sostanza stupefacente del tipo marijuana in mano e di ulteriori 4 gr. della medesima sostanza nel marsupio (pari a circa 6,6 dosi così come emerso dall'analisi quali - quantitativa della sostanza), nonché di una somma di denaro contante pari a 150 Euro nelle tasche dello stesso.


Motivi della decisione

Orbene, il Tribunale ritiene che dagli atti si possa ricavare con certezza la responsabilità dell'imputato seppur nell'ipotesi meno grave di cui al V comma dell'art. 73 D.P.R. 309/90.


Si osserva che l'attuale testo della norma incriminatrice (risultante dal combinato disposto degli articoli 73, primo comma, dPR 309/1990: chiunque senza l'autorizzazione di cui all'articolo 17, coltiva, produce, fabbrica, estrae, raffina, vende, offre o mette in vendita, cede o riceve, a qualsiasi titolo, distribuisce, commercia, acquista, trasporta, esporta, importa, procura ad altri, invia, passa o spedisce in transito, consegna per qualunque scopo o comunque illecitamente detiene, fuori dalle ipotesi previste dall'articolo 75 e76, sostanze stupefacenti o psicotrope di cui alle tabelle I e III previste dall'articolo 14, è punito …; e 75, comma 1-bis, del medesimo Testo Unico: ai fini dell'accertamento della destinazione ad uso esclusivamente personale della sostanza stupefacente o psicotropa o del medicinale di cui al comma 1, si tiene conto delle seguenti circostanze: a) che la quantità di sostanza stupefacente o psicotropa non sia superiore ai limiti massimi indicati con decreto del Ministro della salute, di concerto con il Ministro della giustizia, sentita la Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento per le politiche antidroga, nonché della modalità di presentazione delle sostanze stupefacenti o psicotrope, avuto riguardo al peso lordo complessivo o al confezionamento frazionato ovvero ad altre circostanze dell'azione, da cui risulti che le sostanze sono destinate ad un uso esclusivamente personale), assegna rilevanza penale, per quanto in questa sede rileva, alle sole condotte di detenzione di sostanze stupefacenti poste in essere per un uso diverso da quello del consumo esclusivamente personale.


Così come sotto il vigore della precedente normativa, anche oggi - grazie all'espresso richiamo all'art. 75 contenuto nella norma incriminatrice - la destinazione della sostanza ad un uso non personale è elemento costitutivo del reato; essa rientra nel fatto tipico, è cioè tra quegli elementi che delineano il volto del reato, poiché è penalmente rilevante solo la condotta tenuta "fuori dalle ipotesi previste dall'art. 75", e dunque fuori dalle ipotesi di uso personale (cfr., per tutte, Cassazione penale, sez. IV, 26 giugno 2013, n. 36404: la destinazione della sostanza allo "spaccio" è elemento costitutivo del reato di illecita detenzione della stessa e, come tale, deve essere provata dalla pubblica accusa, non spettando all'imputato dimostrare la destinazione all'uso personale della sostanza stupefacente di cui sia stato trovato in possesso); con la conseguenza che - fermo restando l'onere di allegazione del difensore che intenda far emergere circostanze idonee ad escludere la rilevanza penale della condotta - è sempre a carico dell'accusa l'onere di dimostrare, al di là di ogni ragionevole dubbio, che lo stupefacente la cui detenzione si contesta fosse destinato anche solo in parte alla illecita cessione a terzi.


Riproponendo la scelta già fatta propria dalla L. 49/2006, con la più recente novella introdotta con la L. 79/2014 il legislatore ha elencato una serie di elementi indiziari (peraltro già abbondantemente individuati ed enunciati dalla copiosa giurisprudenza di merito e di legittimità formatasi fin dall'introduzione dell'art. 73 D.P.R. 309/1990), ossia di elementi che - pur rimanendo evidentemente fuori dalla struttura del fatto tipico - consentono di argomentare l'illecita destinazione alla cessione a terzi della sostanza stupefacente detenuta.


Essi non introducono nel procedimento probatorio presunzioni assolute, né, più in generale, vincolano il giudice nel momento della valutazione della prova (nel senso che la ritenuta sussistenza di uno o più degli elementi sintomatici non impone inderogabilmente l'affermazione della penale responsabilità dell'imputato), ma di certo impongono al giudice di procedere alla loro rigorosa valutazione e di dare sul punto adeguata e rassicurante motivazione.


Tra essi vi è anche il dato ponderale, prefigurandosi una sorta di presunzione semplice (e dunque non invincibile) di illecita detenzione di sostanze stupefacenti, laddove risultino in concreto superati i limiti massimi quantitativi indicati nel decreto del Ministero della Salute dell'11 aprile 2006: trattasi di presunzione che giammai può intendersi come assoluta ed insuperabile, poiché anche il dato ponderale non può che essere valutato come mero elemento indiziario della detenzione a fini non di uso personale, la cui gravità, precisione e concordanza deve essere valutata nel caso concreto dal giudice di merito, insieme agli altri elementi emersi nel corso del dibattimento.


La norma, in altri termini, non pone una (inammissibile) presunzione assoluta di punibilità per i fatti di detenzione di quantitativi superiori ai limiti massimi indicati nei decreti ministeriali attuativi, poiché - da un lato-lato - sarà possibile ritenere la destinazione a terzi anche in presenza di quantitativi esigui ed inferiori ai minimi previsti dai decreti medesimi (si pensi al caso di scuola del soggetto colto ili flagranza di spaccio di un quantitativo di sostanza stupefacente esiguo e comunque inferiore alla c.d. quantità massima detenibile), così come - dall'altro - sarà possibile escludere la destinazione illecita in presenza di quantitativi superiori, ma in assenza di ulteriori elementi indiziari valorizzagli dal giudicante.


E' invero copiosa la giurisprudenza - sviluppatasi sotto il vigore della precedente normativa, proprio in relazione al parametro del superamento del quantitativo massimo detenibile - secondo cui la accertata sussistenza di uno solo degli elementi sintomatici può essere ritenuta insufficiente ad argomentare la penale rilevanza della condotta: cfr. per tutte Cassazione penale, sez. IV, 23 maggio 2013, n. 27346, nelle cui motivazioni può leggersi che tali parametri non vanno considerati singolarmente e isolatamente, sicché non è sufficiente la sussistenza di uno solo di essi (in ipotesi, il superamento quantitativo dei limiti tabellarmente previsti) affinché la condotta di detenzione sia penalmente rilevante: pur in presenza di quantità non esigue, il giudice può e deve valutare se le modalità di presentazione e le altre circostanze dell'azione siano tali da escludere un uso non esclusivamente personale. Correlativamente si è sostenuto che l'accertata insussistenza del principale elemento sintomatico (il superamento del quantitativo massimo detenibile) non è di ostacolo all'affermazione della penale responsabilità dell'imputato, ove sussistano ulteriori elementi sintomatici che inducono a ritenere che quel piccolo quantitativo di stupefacente fosse destinato alla illecita cessione a terzi: in termini, per tutte, Cassazione penale, sez. III, 20 settembre 2012, n. 6512 (anche laddove il quantitativo di droga detenuto sia inferiore al limite stabilito con il Decreto Ministeriale .., laddove vi siano altre circostanze che inducano a ravvisare una finalità illecita della detenzione, non può essere esclusa la destinazione penalmente rilevante).


Rimangono dunque ancora valide ed attuali le motivazioni di una non recente pronuncia della Suprema Corte (Cassazione penale, sez. VI, 29 gennaio 2008, n. 17899), perfettamente aderente al caso di specie, che ha tra l'altro statuito che la fattispecie incriminatrice di cui si discute .. indica ora dei parametri sulla base dei quali apprezzare la destinazione ad uso "non esclusivamente personale": e cioè, la "quantità", le "modalità di presentazione" o "altre circostanze dell'azione". Ma si tratta di indici che già in passato venivano giudiziariamente impiegati per stabilire la destinazione della sostanza detenuta, e quindi di meri criteri probatori idonei a orientare la valutazione del giudice e, prima ancora, quella della polizia giudiziaria e del pubblico ministero; dovendosi peraltro notare che l'ultimo di essi, per la sua vaghezza, rende di per sé inane l'intento di rigida tipizzazione formalizzato nella norma. Potrebbe a prima vista opinarsi che i tre parametri della "quantità" o delle "modalità di presentazione" o delle "altre circostanze dell'azione" siano reciprocamente autonomi, sicché basterebbe che uno solo di essi sia accertato perché la condotta di detenzione sia penalmente rilevante. Ma non può essere in via di stretta logica così da intendersi, perché l'oggetto dell'accertamento penale .. resta esclusivamente quello di una detenzione destinata "ad un uso non esclusivamente personale"; sicché, pur in presenza di date "quantità" o di "modalità di presentazione", di per sé tali da autorizzare l'ipotesi di una destinazione "ad un uso non esclusivamente personale", tale ipotesi può bene essere smentita sulla base di "altre circostanze dell'azione" (tra le quali, è bene precisare, non potrebbe non essere compreso l'eventuale stato di tossicodipendenza o anche solo l'uso abituale di droghe), considerate dalla norma paritariamente rispetto ai primi due indici, non potendosi considerare ermeneuticamente significativo .. il fatto che i tre parametri siano sintatticamente separati nella disposizione normativa dalla disgiuntiva "ovvero". Così, pur in presenza di quantità non esigue, o di confezioni plurime, o di entrambe le situazioni, potrebbero essere apprezzate "altre circostanze dell'azione" tali da radicalmente escludere un uso non strettamente personale (ad esempio, potrebbe risultare accertato indiscutibilmente che il detentore, forte consumatore di droga, fosse solito acquistarla in quantitativi non modesti frazionatamente pre-confezionati).


Né può essere ritenuta rilevante la circostanza che, nell'attuale formulazione dell'art. 75 dPR 309/1990 il dato ponderale e gli altri elementi sintomatici sono separati non più da un ovvero, ma da un nonché: tanto non ha certamente introdotto la necessità di fornire adeguata prova in relazione alla contestuale sussistenza di tutti gli elementi sintomatici elencati dalla norma, ed anzi, la sostituzione di una congiunzione disgiuntiva con una congiunzione correlativa rafforza il convincimento che - in relazione a parametri che rimangono alternativi e di per sé non esaustivi - persiste, così come sotto il vigore della precedente normativa, la possibilità di trarre elementi decisivi per la valutazione della condotta dalla valorizzazione anche solo di uno di essi, così come persiste la possibilità di confutare la rilevanza di uno dei parametri suddetti ritenendo più pregnanti e significativi altri elementi sintomatici ricavabili dalla condotta oggetto di contestazione.


Quanto, infine, alla determinazione dei limiti massimi di principio attivo, essi sono stati individuati partendo dall'unico dato certo dal punto di vista scientifico che la Commissione di studio all'uopo istituita presso il Ministero della Salute è stata in grado di fornire: quello della dose media singola, intesa come la quantità di principio attivo per singola assunzione idonea a produrre in un soggetto tollerante e dipendente un effetto stupefacente e psicotropo. Il dato quantitativo della dose media singola è stato poi convenzionalmente aumentato avendo riguardo a un moltiplicatore variabile calibrato in relazione alle caratteristiche di ciascuna sostanza, con particolare riferimento al potere di indurre alterazioni comportamentali e scadimento delle capacità psicomotorie, e dunque in relazione alla pericolosità della singola sostanza: ciò spiega perché il moltiplicatore varia a seconda della sostanza stupefacente, più alto (20) per i derivati della cannabis (hashish e marijuana), più basso per eroina (10), cocaina (5), ecstasy (5), lsd (3).


Orbene, riportando i principi fin qui rassegnati al caso di specie, si osserva quanto segue. Sebbene il quantitativo della marijuana non sia superiore al quantitativo massimo detenibile, le circostanze di tempo e luogo in cui maturò l'azione delittuosa appaiono dirimenti per escludere un uso personale della sostanza: l'odierno imputato Ng.Di., infatti, avvicinava mio degli ufficiali di p.g. proponendogli inequivocabilmente l'acquisto di sostanza stupefacente (in particolare, dicendogli espressamente "erba, erba"); peraltro, i fatti si svolgevano nel corso di una notissima manifestazione musicale, che si tiene ogni anno a fine agosto nel Comune di Melpignano, e che vede la partecipazione di migliaia di persone, soprattutto giovani, provenienti da altri luoghi d'Italia e dall'estero.


Si ritiene, tuttavia, di poter riqualificare i fatti a lui ascritti nella meno grave ipotesi delittuosa di cui all'art. 73, quinto comma, dPR 309/1990: ed invero il dato ponderale non appare particolarmente significativo, i mezzi, le modalità e le altre circostanze dell'azione appaiono rudimentali, e, comunque, il giro di affari appare limitato (anche tenuto conto del numero di dosi ricavabili e dalla esigua somma di denaro rinvenuta), cosicché - in assenza di elementi di segno contrario ricavabili dall'indagine - è concretamente configurabile nel caso di specie un fatto di lieve entità (cfr. Cassazione penale, sez. III, 16 aprile 2014, n. 31163: la fattispecie di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 5, può essere riconosciuta solo nell'ipotesi di minima offensività penale della condotta, deducibile sia dal dato qualitativo e quantitativo, sia degli altri parametri espressamente richiamati dalla disposizione (mezzi, modalità, circostanze dell'azione); con la conseguenza che, ove uno di detti indici risulti negativamente assorbente, ogni altra considerazione resta priva di incidenza sul giudizio).


L'imputato va dunque condannato in relazione al delitto a lui ascritto, così come riqualificato, in relazione allo stupefacente complessivamente ceduto.


L'abitualità della condotta (in particolare, avuto riguardo ai numerosi precedenti penali per fatti analoghi, tutt' altro che risalenti nel tempo, come si evince dal casellario giudiziario del Ng.Di.) preclude l'applicazione dell'istituto di cui all'art. 131 bis c.p., invocato dal difensore nel corso della sua odierna discussione,


TRATTAMENTO SANZIONATORIO


Tanto premesso, questo Giudice ritiene di non poter concedere all'imputato le circostanze attenuanti generiche. Attraverso l'art. 62 bis c.p. il legislatore ha dato al giudice il potere discrezionale di valorizzare circostanze non specificamente previste come attenuanti ovvero elementi compresi tra quelli indicati nell'art. 133 c.p., quando si presentino con connotazioni tanto peculiari e di tale rilevante peso da incidere in maniera particolare ed esclusiva sulla quantità, oggettiva e soggettiva, del reato e, quindi, tali da giustificare l'attribuzione ad essi della potenzialità di concorrere, quali circostanze attenuanti generiche, alla determinazione della pena nella misura meglio adeguata ai parametri di legge. Tuttavia le circostanze attenuanti generiche - come da tempo statuisce la Suprema Corte - non possono essere intese come oggetto di benevola e discrezionale "concessione" del giudice, ma come il riconoscimento di situazioni non contemplate specificamente, non comprese tra le circostanze da valutare ai sensi dell'art. 133 c.p. e che presentano connotazioni tanto rilevanti e speciali da esigere una più incisiva, particolare considerazione ai fini della quantificazione della pena (così, tra le tante, Cassazione penale, sez. III, 18 giugno 2008, n. 37592; nello stesso senso, tra le più recenti, sez. VI, 16 giugno 2010, n. 34364 e, da ultimo, sez. VI, 28 ottobre 2010, n. 41365: tali attenuanti non vanno intese come oggetto di una benevola concessione da parte del giudice, né l'applicazione di esse costituisce un diritto in assenza di elementi negativi, ma la loro concessione deve avvenire come riconoscimento della esistenza di elementi di segno positivo, suscettibili di positivo apprezzamento). Ne consegue che il diniego delle stesse può essere legittimamente fondato anche sull'apprezzamento di un solo dato negativo, oggettivo o soggettivo, che sia ritenuto prevalente rispetto ad altri elementi (Cassazione penale, sez. VI, 28 maggio 1999, n. 8668).


In applicazione di tale principio la Suprema Corte ha ad esempio ritenuto legittimo il diniego delle circostanze attenuanti generiche motivato con lo status di recidivo infraquinquennale dell'imputato, ritenuto indice di una effettiva capacità a delinquere e di vera pericolosità sociale (sez. H, 10 agosto 2000, n. 12394), ovvero con i reiterati e specifici precedenti e con il negativo comportamento processuale dell'imputato (sez. VI, 16 giugno 2010, n. 34364), ovvero con il comportamento processuale, il grado di coinvolgimento dell'imputato … l'assenza di indici di resipiscenza derivanti dalla mancanza di qualsiasi forma di collaborazione con gli inquirenti e la carenza di altri elementi di meritevolezza idonei al riconoscimento delle chieste attenuanti (sez. IV, 18 febbraio 2010, n. 9195), ovvero ancora con la gravità del fatto ed i precedenti penali dell'imputato (sez. II, 10 maggio 2012, n. 31065), Si è peraltro chiarito che ai fini della concessione o del diniego delle circostanze attenuanti generiche, è sufficiente che il giudice di merito prenda in esame, tra gli elementi indicati dall'art. 133 c.p., quello (o quelli) che ritiene prevalente e atto a consigliare o meno la concessione del beneficio (sez. II, 17 maggio 2012, n. 33530), sicché ove il giudice ritenga di escludere un trattamento sanzionatorio più mite non è tenuto ad esaminare ogni possibile profilo circostanziale del fatto per escludere le generiche (sez. III, 27 giugno 2012, n. 26864).


Orbene, nel caso di specie, l'istruttoria dibattimentale non ha messo in luce alcun significativo elemento di segno positivo che il Tribunale possa valorizzare ai fini della concessione delle circostanze attenuanti generiche: il Ng.Di., infatti, non presenziando ad alcuna udienza, non si è mai sottoposto ad esame o reso dichiarazioni spontanee al fine di fornire una versione dei fatti differente da quella contestatagli o consentire a questo giudice di poterne valutare il comportamento processuale o una sua eventuale resipiscenza. In più, i suoi plurimi precedenti penali specifici sono negativamente valutabili in relazione alle attenuanti in parola. Una complessiva valutazione della vicenda per la quale è processo - ed, in particolare, in considerazione del tipo di sostanza ceduta, del quantitativo della stessa, delle modalità dell'azione (aver agito in luogo frequentato da giovani e nel corso di uno spettacolo che vede la presenza di un numero elevato di partecipanti); nonché dell'abitualità della condotta, quale indice della capacità a delinquere dell'imputato ricavabile dalla lettura del suo casellario penale - fa ritenere congrua, alla stregua dei criteri di cui all'art. 133 c.p., una condanna che si discosti dai minimi edittali, quantificata in complessivi anni uno di reclusione ed Euro 2.000 di multa, oltre al pagamento delle spese processuali.


La sussistenza di cinque precedenti sentenze di condanna a carico dell'imputato ostano alla concessione dei benefici della sospensione condizionale della pena e della non menzione della presente condanna, in relazione ai limiti e ai presupposti previsti, rispettivamente, gli articoli 164 e 175 c.p..


Alla luce dei predetti elementi (condanna ad una pena detentiva entro il limite di due anni e mancanza delle condizioni per ordinare la sospensione condizionale della pena), si dispone l'applicazione, nei confronti del Ng.Di., della sanzione sostitutiva dell'espulsione dal territorio dello Stato italiano.


Dalla presente pronuncia deriva, per legge, la confisca e distruzione dello stupefacente in sequestro nonché la confisca del denaro, trattandosi evidentemente di provento del reato di cessione dello stupefacente, non essendo, fra l'altro emersa alcuna attività lavorativa lecita dell'imputato.


PQM

Letti gli artt. 521, 533 e 535 cpp, dichiara Ng.Dj. colpevole del reato ascrittogli e, riqualificato lo stesso nell'ipotesi di cui al V comma dell'art. 73 D.P.R. 309/90, lo condanna alla pena di anni uno di reclusione ed Euro 2.000 di multa, oltre al pagamento delle spese processuali.


Confisca di tutto quanto in sequestro con distruzione dello stupefacente.


Visto l'art. 16 D.Lgs. 286/98, sostituisce la predetta pena con la misura dell'espulsione del Ng.Dj.


Motivazione contestuale.


Così deciso in Lecce il 25 gennaio 2022.


Depositata in Cancelleria il 25 gennaio 2022.

 

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