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Vizio di motivazione:La sentenza va annullata se manca una risposta seria alle deduzioni delle parti

Sentenze

Indice:



La massima

Cassazione penale sez. VI, 04/11/2020, (ud. 04/11/2020, dep. 11/02/2021), n.5465

Con la sentenza in argomento, la Suprema Corte ha affermato che compito del giudice di legittimità nel sindacato sui vizi della motivazione non è tuttavia quello di sovrapporre la propria valutazione a quella compiuta dai giudici di merito, ma quello di stabilire se questi ultimi abbiano esaminato tutti gli elementi a loro disposizione, se abbiano fornito una corretta interpretazione di essi, dando completa e convincente risposta alle deduzioni delle parti, e se abbiano esattamente applicato le regole della logica nello sviluppo delle argomentazioni che hanno giustificato la scelta di determinate conclusioni a preferenza di altre.


La sentenza

Fatto

1. La Corte di appello di Genova ha confermato, limitatamente al periodo 2016/2017 la sentenza con cui F.G. è stato condannato per il reato di maltrattamenti in famiglia; all'imputato è contestato di avere maltrattato la propria moglie ed il figlio F., affetto da invalidità al 100%. 2. Ha proposto ricorso per cassazione il difensore dell'imputato articolando due motivi. 2.1. Con il primo si lamenta vizio di motivazione quanto al giudizio sulla attendibilità dei testimoni- persone offese, C.R., moglie dell'imputato, e F.F., figlio; si tratterebbe di dichiarazioni contraddittorie che avrebbero indotto in primo grado lo stesso Pubblico Ministero a chiedere l'assoluzione; sul punto sarebbe stato articolato uno specifico motivo di appello e la risposta fornita dalla Corte di merito sarebbe viziata. Si fa riferimento all'episodio del 7.2.2017 ed alle incongruenze fra le dichiarazioni rese dalla moglie dell'imputato in giudizio rispetto a quelle riportate in un'annotazione di polizia giudiziaria in cui la donna non aveva in realtà fatto riferimento al fatto che nell'occasione avesse ricevuto uno schiaffo; si aggiunge, con riguardo all'episodio in esame, che i carabinieri non avevano riscontrato segni di violenza sulla donna e che, diversamente da quanto affermato dalla questa- che aveva dichiarato di "portarsi" in ospedale- vi fosse solo documentazione medica relativa ad un episodio accaduto cinque giorni prima. Anche le dichiarazioni rese in relazione all'episodio in esame dai testi A. e F.F. sarebbero state valutate in modo non approfondito, atteso che, se così non fosse stato, sarebbe emersa la inattendibilità del dichiarato. Si evidenzia inoltre che: a) la Corte avrebbe ritenuto attendibili i testimoni e tuttavia avrebbe poi assolto l'imputato quanto ai fatti contestati per gli anni 2014-2015 proprio in ragione degli elementi di contraddizione esistenti nelle dichiarazioni della stessa C.; b) anche in relazione all'episodio avvenuto il 2.2.2017 vi sarebbero significative divergenze fra le dichiarazioni rese in giudizio rispetto a quelle contenute nella querela; 2.2. Con il secondo motivo si deduce violazione di legge processuale; il tema attiene alla acquisizione, ai sensi dell'art. 236 c.p.p., da parte della Corte di appello, e su richiesta del Pubblico Ministero non impugnante, della sentenza di condanna dello stesso ricorrente per lo stesso reato per fatti commessi dal 2005 al 2010. Si tratterebbe di un documento non acquisito ritualmente e soprattutto utilizzato dalla Corte per attribuire attendibilità alle dichiarazioni testimoniali accusatorie.


Diritto

1. Il ricorso è infondato, ai limiti della inammissibilità. 2. E' inammissibile il primo motivo di ricorso. La Corte, anche richiamando la sentenza di primo grado, ha: a) ripercorso le risultanze processuali, spiegato perchè le dichiarazioni della persona offesa e dei figli dell'imputato debbano considerarsi attendibili, nonostante una loro non completa sovrapponibilità contenutistica; b) chiarito in modo non manifestamente illogico - con riferimento all'episodio del 2.2.2017 - le ragioni per cui non assume rilievo la circostanza che la donna il 7.2.2017 non riferì ai carabinieri di essere stata percossa in precedenza e neppure quella per cui essa non si recò nell'occasione in ospedale nella immediatezza ma solo dopo qualche giorno; c) valorizzato correttamente l'episodio accaduto il 26.12.2017 in cui l'imputato minacciò prima il figlio, che voleva entrare in cucina, con un martello, e, successivamente, la moglie, intervenuta per difendere il ragazzo, con una forchetta puntata alla gola; d) rappresentato il contesto generale in cui i fatti debbano collocarsi; e), ricostruito l'episodio del 7.2.2017 e spiegato perchè la ricostruzione alternativa lecita non consenta di scalfire il quadro accusatorio e perchè i fatti debbano essere giuridicamente ricondotti alla fattispecie di reato contestata. Rispetto a tale trama argomentativa nulla di specifico è stato rappresentato dall'imputato, che, da una parte, non si è confrontato con la motivazione del provvedimento impugnato, e, dall'altra, ha sollecitato di fatto una diversa valutazione in punto di fatto del materiale probatorio acquisito. Le censure dedotte si sviluppano infatti sul piano della ricostruzione fattuale e sono sostanzialmente volte a sovrapporre un'interpretazione delle risultanze probatorie diversa da quella recepita dai giudici di merito, piuttosto che a far emergere un vizio della motivazione rilevante ai sensi dell'art. 606 c.p.p.. Secondo i principi consolidati dalla Corte di cassazione la sentenza non può essere annullata sulla base di mere prospettazioni alternative che si risolvano in una rilettura orientata degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, ovvero nell'assunzione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, da preferire rispetto a quelli adottati dal giudice del merito, perchè considerati maggiormente plausibili, o perchè assertivamente ritenuti dotati di una migliore capacità esplicativa nel contesto in cui la condotta delittuosa si è in concreto realizzata (Sez. 6, n. 47204 del 7/10/2015, Musso, rv. 265482; Sez. 6, n. 22256 del 26/04/2006, Bosco, rv. 234148). L'odierno ricorrente ha riproposto con il ricorso per cassazione la versione dei fatti dedotta in primo e secondo grado e disattesa dai Giudici del merito; compito del giudice di legittimità nel sindacato sui vizi della motivazione non è tuttavia quello di sovrapporre la propria valutazione a quella compiuta dai giudici di merito, ma quello di stabilire se questi ultimi abbiano esaminato tutti gli elementi a loro disposizione, se abbiano fornito una corretta interpretazione di essi, dando completa e convincente risposta alle deduzioni delle parti, e se abbiano esattamente applicato le regole della logica nello sviluppo delle argomentazioni che hanno giustificato la scelta di determinate conclusioni a preferenza di altre. Nel caso di specie, i giudici di appello, che pure hanno fatto riferimento alle argomentazioni sviluppate nella sentenza di primo grado, hanno fornito una valutazione analitica ed autonoma sui punti specificamente indicati nell'impugnazione di appello, di talchè la motivazione risulta esaustiva ed immune dalle censure proposte. 3. E' infondato il secondo motivo di ricorso, avendo la Corte di appello utilizzato correttamente la sentenza acquisita ai sensi dell'art. 236 c.p.p., non solo al fine di ribadire la ritenuta recidiva e di formulare il giudizio di sola equivalenza della aggravante in questione rispetto alle circostanze attenuanti generiche, ma anche-peraltro in un rivolo non decisivo della motivazione e del ragionamento probatorio - al solo fine di delineare la personalità dell'imputato- descritto come un "padre padrone". 4. Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

PQM

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Così deciso in Roma, il 4 novembre 2020. Depositato in Cancelleria il 11 febbraio 2021

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