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Risarcimento e attenuante: sì al pagamento dell’assicurazione, se voluto dall’imputato e integrale verso tutte le persone offese (Cass. Pen. n. 32174/25)

Risarcimento e attenuante: sì al pagamento dell’assicurazione, se voluto dall’imputato e integrale verso tutte le persone offese (Cass. Pen. n. 32174/25)

Indice:


Introduzione

La pronuncia in commento chiarisce due profili spesso intrecciati nell’applicazione dell’attenuante del risarcimento (art. 62 n. 6 c.p.):

(i) la riconducibilità soggettiva del pagamento effettuato da un terzo (impresa assicuratrice) alla volontà dell’imputato;

(ii) la necessità di un risarcimento integrale in favore di tutte le persone offese identificabili prima del giudizio, comprendendovi, ove ricorrano i presupposti, anche enti esponenziali legittimamente costituiti parte civile.

La Corte, pur reputando ammissibile in astratto la "via assicurativa" quando espressiva dell’autodeterminazione riparatoria dell’imputato, nega in concreto l’attenuante per il mancato ristoro di una Onlus costituita parte civile, valorizzandone lo status di persona offesa in ragione della coerenza statutaria con il bene giuridico inciso.


1. Oggetto e perimetro della questione

Il ricorso interroga il perimetro applicativo dell’art. 62 n. 6 c.p. su due assi:

a) se e quando il pagamento del terzo (assicuratore RC) possa valere come condotta riparatoria “propria” dell’imputato;

b) quali conseguenze derivino, ai fini dell’attenuante, dal mancato risarcimento di un ente esponenziale (Onlus) regolarmente costituito parte civile.

L’imputato – condannato per omicidio colposo da circolazione – invoca la diminuzione per aver l’assicurazione liquidato i danni prima dell’ammissione al rito; la Corte d’appello aveva escluso l’attenuante ritenendo “terzo” il pagamento e lamentando la mancata integrale riparazione (assenza di ristoro alla Onlus).

La Cassazione qualifica corretta la tesi astratta sulla validità della via assicurativa, ma conferma l’esito di inammissibilità perché il risarcimento non ha raggiunto tutti i soggetti qualificati persone offese.


2. Cornice normativa essenziale: struttura bifasica dell’attenuante ex art. 62 n. 6 c.p.

L’attenuante in questionepostula:

(i) requisito oggettivo – un risarcimento effettivo (o integrale riparazione) del danno cagionato dal reato;

(ii) requisito soggettivo – la riconducibilità del ristoro alla volontà dell’imputato (non mera occasionalità eteronoma).

Ne discendono tre corollari:

  1. il quantum e il perimetro soggettivo della riparazione devono essere completi rispetto alla platea delle persone offese identificabili prima del giudizio;

  2. il pagamento può provenire materialmente da un terzo (assicuratore), purché sia espressione della decisione riparatoria dell’imputato (attivazione, incarico, adesione, ratifica) e non di automatismi estranei alla sua sfera;

  3. il giudice valuta secondo criteri sostanziali la serietà e completezza della condotta riparatoria, senza irrigidimenti formalistici ma con attenzione alla prova della volontà e alla completezza dei destinatari.


3. Il doppio binario giurisprudenziale sul “pagamento del terzo” e la sua ricomposizione

Dalla prassi giurisprudenziale emergono due linee interpretative.

La prima ammette l’attenuante quando il pagamento dell’assicuratore sia riferibile all’imputato (denuncia del sinistro, attivazione della polizza, collaborazione alla liquidazione, manifestazione di adesione all’offerta, integrazione di franchigie/scoperti).

La tutela dell’eguaglianza (art. 3 Cost.) evita che l’accesso all’attenuante dipenda dal patrimonio dell’imputato piuttosto che dall’effettività del ristoro; si valorizza la funzione riequilibratrice dell’assicurazione obbligatoria RC auto.

Un secondo indirizzo nega l’attenuante quando la provvista derivi da contratti assicurativi non riferibili all’imputato (p.es. polizza del datore di lavoro o del proprietario non conducente) o da enti previdenziali (INAIL), in assenza di spendita o ratifica da parte dell’imputato.

La sentenza in nota ricompone in chiave non dicotomica: il criterio dirimente non è “chi paga”, bensì “chi vuole” e “quanto integralmente”.

L’assicurazione è un mezzo; la volizione dev’essere dell’imputato.


4. La decisione

La Corte afferma che il pagamento dell’assicuratore può soddisfare il requisito soggettivo se e perché riconducibile all’imputato: l’assicuratore agisce, in sostanza, come “longa manus” di una scelta riparatoria consapevole.

È dunque erronea la preclusione “di principio” fondata sulla mera “terzietà” dell’istituto.

La richiesta difensiva è inammissibile perché non tutte le persone offese identificabili prima del giudizio sono state risarcite.

In specie, la Onlus costituita parte civile – ente esponenziale con finalità statutarie coincidenti con il bene giuridico leso – è persona offesa e, come tale, necessario destinatario del ristoro ai fini dell’attenuante. Manca, quindi, la integralità soggettiva della riparazione.


5. La “riconducibilità alla volontà dell’imputato”

Sono sufficienti condotte che manifestino una opzione riparatoria personale, anche se il pagamento materiale avviene tramite terzo:

  • attivazione della procedura liquidativa (denuncia, collaborazione istruttoria, messa a disposizione di documenti, accettazione dell’offerta);

  • incarico espresso all’assicuratore/legale di definire transattivamente;

  • ratifica di pagamenti già effettuati, con assunzione del relativo effetto estintivo/riparatorio;

  • integrazioni a copertura di scoperti/franchigie (indice qualificante di assunzione personale dell’obbligo risarcitorio).

L’onere di prova grava sulla difesa che invoca l’attenuante.

A tal fine, è necessario documentare:

  • la catena decisionale (istanze, corrispondenza con il liquidatore, procure/mandati);

  • la conoscenza e accettazione dell’imputato dell’accordo risarcitorio (liberatorie che menzionino l’imputato; quietanze con richiamo alla polizza attivata su sua iniziativa);

  • eventuali componenti a carico personale (assegni per franchigia, bonifici integrativi).


6. “Integralità soggettiva” e nozione di persona offesa

Ai fini dell’art. 62 n. 6 c.p. rileva la persona offesa in senso sostanziale (titolare dell’interesse protetto inciso dal fatto concreto).

La platea può includere più soggetti; l’attenuante presuppone il ristoro di ciascuno.

In particolare, un ente è “persona offesa” se:

  • i suoi fini statutari proteggono l’interesse specificamente leso dalla fattispecie concreta;

  • la costituzione come parte civile interviene prima del giudizio, rendendo la sua posizione conoscibile e l’obbligo risarcitorio esigibile ai fini dell’attenuante.

Venendo al caso che ci occupa, la Onlus, regolarmente costituita, tutelava interessi coincidenti con la protezione dei beni coinvolti dall’omicidio stradale (vita, sicurezza stradale, tutela delle vittime).

È dunque persona offesa; la mancata soddisfazione impedisce l’attenuante.

La Corte ancora la pretesa di integralità alla conoscibilità ex ante: l’imputato non può essere gravato di un obbligo verso soggetti emersi solo dopo. Di qui la centralità della tempestiva costituzione (o, comunque, dell’emersione processuale) del preteso offeso.

La soluzione della Corte ha il pregio di disancorare l’attenuante da un feticismo soggettivistico (“deve pagare solo l’imputato”), valorizzando la funzione riparatoria effettiva e il principio di uguaglianza verso chi si avvale di coperture assicurative.

Al contempo, rafforza la serietà dell’istituto esigendo integralità soggettiva: chi chiede la riduzione di pena deve chiudere il cerchio dei pregiudizi riconoscibili prima del giudizio. È un bilanciamento che riduce arbitri e premialità “parziali”, e incentiva condotte realmente compositive del conflitto.


7. Massima

L’attenuante di cui all’art. 62 n. 6 c.p. può essere riconosciuta anche quando il risarcimento sia eseguito dall’assicuratore, purché la prestazione sia riconducibile alla volontà dell’imputato (attivazione, incarico, ratifica, integrazioni), ma resta preclusa ove il risarcimento non copra tutte le persone offese identificabili prima del giudizio, ivi compresi gli enti esponenziali legittimamente costituiti parte civile in ragione della coincidenza statutaria con l’interesse protetto. (avvocatodelgiudice.com)


8. La sentenza integrale

Cass. pen., sez. III, ud. 18 giugno 2025 (dep. 29 settembre 2025), n. 32174

Ritenuto in fatto

1. Con sentenza del 29 aprile 2024, la Corte di appello di Bari ha confermato la sentenza del 03 ottobre 2019, con la quale il gup del Tribunale ha condannato P.G. in relazione al reato di cui all'art. 589, cod. pen., per aver cagionato colposamente la morte di altro soggetto, essendosi posto alla guida in stato di alterazione e avendo intrapreso contromano la superstrada, ove si è verificata la collisione con il veicolo della persona offesa.


2. Avverso la sentenza ha presentato ricorso per cassazione il difensore di fiducia dell'imputato.


2.1. Con un unico motivo di doglianza si lamenta la violazione di legge per aver omesso il giudice di appello di riconoscere l'attenuante di cui all'art. 62, n.6), cod. pen., a seguito del rinvio da parte della Quarta Sezione di questa Corte, che, affermata la tempestività del risarcimento in momento precedente all'ordinanza di ammissione al rito abbreviato, aveva devoluto al giudice dell'appello solo l'accertamento in ordine al momento in cui era intervenuta la richiesta nel giudizio in esame. Tuttavia, la Corte di appello, pur avendo constatato la tempestività del risarcimento, ha comunque negato l'applicazione dell'attenuante rilevando che il risarcimento proveniva da soggetto diverso dall'imputato e che mancava una volontà di questo di risarcire il danno, poiché il pagamento era effettuato dall'assicurazione. Invece proprio il pagamento fatto dall'assicuratore, che agisce in nome e per conto dell'imputato, prova che il pagamento proviene da questo soggetto e, data la natura del contratto di assicurazione, che quello stesso pagamento risulta evidentemente espressione della sua volontà. Si lamenta, inoltre, che l'applicazione dell'attenuante è stata esclusa dal giudice del merito per il mancato risarcimento della fondazione "(OMISSIS) Onlus", costituitasi in giudizio, la quale tuttavia, trattandosi di ente esponenziale, non potrebbe riconoscersi quale persona offesa dal reato, né che l'imputato avrebbe potuto sapere che si trattava di persona offesa dal reato, come prova la circostanza di non essere stata menzionata quale persona offesa nella richiesta di rinvio a giudizio.


2.2. Con requisitoria, depositata in data 24 maggio 2025, il procuratore generale ha chiesto l'annullamento con rinvio della sentenza, ritenendo fondato il motivo nella parte in cui ritiene che il pagamento effettuato dall'assicurazione debba ritenersi sostanzialmente opera dell'imputato.


2.3. Con memoria, depositata in data 11 giugno 2025, la parte civile contesta l'applicabilità dell'attenuante al caso di specie, in quanto l'imputato non ha risarcito il danno a tutte le parti civili regolarmente costituite, e in particolare alla fondazione "(OMISSIS) Onlus", e non aver partecipato ad alcun programma di giustizia riparativa.

Considerato in diritto

1. Il motivo, che si articola in due distinti profili, è inammissibile.


1.1. Il primo profilo, ove si afferma la compatibilità del pagamento operato dall'assicurazione con l'attenuante di cui all'art. 62, n.6), cod. pen., è sostanzialmente corretto. La norma, dal punto di vista oggettivo, si accontenta del ristoro del danno patito in capo alla vittima, mentre, dal punto di vista soggettivo, esige, pur implicitamente, che tale ristoro sia il frutto di comportamento volontario imputabile all'autore del reato. Tale ultimo dato, in particolare, evidenzia che la riparazione deve provenire dall'autore del reato, e che, pertanto, l'attenuante non può essere applicata se proviene invece da un terzo. Tuttavia, occorre specificare che in determinati casi può ammettersi anche questo tipo di pagamento. Con riguardo al profilo soggettivo la disposizione non specifica con quali modalità deve volgersi il comportamento riparatorio, escludendo così eventualmente alcuni modi in cui questo può manifestarsi. Se, dunque, un terzo paga il prezzo del risarcimento al posto dell'autore, questo non significa autonomamente che l'attenuante non può essere concessa, ma deve verificarsi, prima del rigetto della richiesta, se tale pagamento non sia, in realtà, il frutto della volontà dell'autore del reato. Vero è che tale volontà, si apprezza in modo manifesto quanto l'autore paga direttamente di tasca propria l'ammontare del risarcimento; tuttavia, il pagamento risulta ugualmente riconducibile alla sua volontà anche quando questi ha incaricato un terzo di effettuarli. Il terzo, infatti, in questo caso, non agisce autonomamente, ma, al contrario, quale strumento dell'autore del reato. Pertanto, in tali casi, pur provenendo il pagamento da un soggetto diverso dall'autore del reato, non potrebbe dubitarsi che esso sia frutto della volontà di quest'ultimo.


1.2. Con riguardo al risarcimento del danno, praticato dalla compagnia assicuratrice, deve rilevarsi la presenza di due orientamenti contrapposti. In relazione al risarcimento eseguito dalla società assicuratrice, la Corte costituzionale ha affermato la configurabilità dell'attenuante anche quando l'intervento risarcitorio, comunque riferibile all'imputato, sia stato compiuto prima del giudizio dall'ente assicuratore. La decisione è stata fondata sul rilievo che l'orientamento contrario alla applicazione dell'attenuante, interpretata in chiave meramente soggettiva, si pone in contrasto con l'art. 3 Cost. e conduce ad una arbitraria svalutazione dell'istituto dell'assicurazione obbligatoria della responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli a motore e dei natanti, istituto che svolge nel nostro ordinamento una insostituibile funzione riequilibratrice, in attuazione degli imperativi contenuti nell'art. 3 Cost. (C. Cost., 23.4.1998, n. 138, che ha dichiarato non fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 62, n. 6 prima parte). Per la configurabilità dell'attenuante si esprime anche una parte della giurisprudenza, che riconosce l'attenuante sul rilievo che il risarcimento deve ritenersi effettuato personalmente dall'imputato tutte le volte in cui egli ne abbia conoscenza e mostri la volontà di farlo proprio (Sez. IV, 6-29.12.2023, n. 51603; Sez. VI, 15.9-9.10.2023, n. 40948; Sez. IV, 14.12.2022-23.3.2023, n. 12121; Sez. IV, 22.2-18.5.2018, n. 22022; Sez. IV, 6.2.2009, n. 13870; Sez. IV, 4.10.2004, n. 46557). Sono state ritenute insufficienti le sollecitazioni operate dal difensore dell'Imputato per dimostrare che egli avesse avuto conoscenza dell'intervento dell'assicuratore e manifestato la volontà di farlo proprio (Sez. IV, 28.11.2017-8.2.2018, n. 6144). Analogamente si è affermato che l'attenuante anche quando la riparazione del danno è stata effettuata dalla compagnia assicuratrice del veicolo di proprietà di un datore di lavoro e il fatto è stato realizzato da un dipendente che era alla guida del veicolo (Sez. IV, 11.6.2015, n. 36475 e S.U., 22.1.2009, n. 5941).


1.3. Non mancano, tuttavia, pronunce di senso contrario (Sez. VI, 9.11.2005, n. 46329; Sez. IV, 3.6.2004, n. 39065; S.U., 23.11.1988). Si è affermato che l'attenuante non può essere riconosciuta in favore del responsabile in materia di sicurezza e prevenzione allorquando il risarcimento del danno sia stato effettuato dalla compagnia assicuratrice del datore di lavoro in virtù di contratto stipulato da quest'ultimo (Sez. IV, 9.6.2015, n. 27006) ; secondo l'attenuante non è integrata quando il risarcimento del danno derivante dalla circolazione stradale sia intervenuto per effetto di un contratto assicurativo concluso dal soggetto titolare della automobile diverso dal conducente (Sez. III, 19.2-7.6.2019, n. 25326). Analogo principio è stato affermato per l'esclusione dell'attenuante in caso di risarcimento da parte dell'Inail (Sez. IV, 7-21.9.2023, n. 38470; Sez. IV, 27.6.2017, n. 45806).


1.4. Alla luce di quanto più su esposto, deve rilevarsi che tale contrasto risulta, nei fatti, più apparente che reale. Il primo orientamento, infatti, afferma che il pagamento dell'assicurazione è ammesso in quanto può considerarsi espressione della volontà dell'autore del reato, che l'ha incaricata al pagamento, o, in alternativa, ha scelto successivamente di farlo proprio. Si sostiene, in altri termini, quanto detto in precedenza, ovvero che il pagamento operato dal terzo può ritenersi ammissibile ai fini dell'applicazione dell'art. 62, n.6), se questo può ritenersi riconducibile alla volontà dell'autore del reato. Il secondo orientamento, a ben guardare non sconfessa questa conclusione, in quanto ha escluso l'applicazione dell'attenuante nei casi in cui il pagamento proveniva da un'assicurazione o da un ente previdenziale che aveva stipulato un contratto, con soggetto diverso dall'imputato, es. il datore di lavoro (e non il lavoratore danneggiante), il proprietario dell'automobile (e non il conducente danneggiante). Tale conclusione non fa che ribadire la premessa che il pagamento del terzo deve risultare riconducibile alla volontà del danneggiante: se così è, quel risarcimento è riconducibile alla volontà dell'autore del reato, che agisce utilizzando il terzo come strumento per il pagamento del debito risarcitorio, e si applica l'attenuante; se invece il terzo non esegue la volontà dell'autore del reato, quel pagamento si atteggia come quello di un terzo, non può essere ricondotto all'autore del reato, e l'attenuante non può trovare applicazione.


1.5. In definitiva, deve affermarsi il principio secondo cui ai fini dell'applicazione dell'attenuante di cui all'art. 62 n.6), è ammesso il pagamento dell'impresa assicuratrice, a patto che esso si atteggi come il pagamento di un terzo incaricato dall'autore del reato, e dunque riconducibile alla volontà di quest'ultimo, mentre deve escludersi l'ammissibilità dei pagamenti operati da compagnie assicuratrici o enti previdenziali, che non operano su incarico di tale soggetto, trattandosi in questo caso di pagamenti non riconducibili alla sua volontà.


1.6. Nel caso in esame, essendo provenuto il pagamento da compagnia assicuratrice che agiva su incarico dell'imputato, sarebbe stato corretto riconoscere l'applicazione dell'attenuante. Ha errato, pertanto, la Corte d'appello a negarla facendo leva sulla terzietà dell'istituto assicurativo e sull'impossibilità di rinvenire la volontà risarcitoria propria dell'imputato.


2. Il secondo profilo della doglianza, relativo al mancato risarcimento dell'associazione "(OMISSIS) Onlus", è tuttavia inammissibile. Al riguardo merita premettere che l'art. 62, n.6), riferisce il risarcimento alla persona "offesa", ovvero che ha subito le conseguenze negative del reato, senza limitare l'effetto attenuante al caso in cui il risarcimento sia prestato, invece, in favore del soggetto passivo del reato, ovvero di un soggetto determinato. Se ne ricava che la fattispecie attenuante si riferisce al soggetto cui risulta attribuibile la qualifica di "offeso" dal reato concretamente verificatosi. Tale qualifica può pertanto essere riferita ad un unico soggetto, se il reato ne ha offeso solo uno, ovvero a più soggetti, se ne ha offesi più. Nel quale ultimo caso l'attenuante potrà applicarsi solamente quando il risarcimento abbia riparato il torto subito da ciascuno di essi.


2.1. La qualifica di persona offesa dal reato è stata inoltre riconosciuta non solo alle persone fisiche, ma anche agli enti esponenziali di interessi collettivi a patto che gli interessi statutariamente tutelati dagli enti corrispondano a quelli protetti dal reato in contestazione, da valutarsi in stretta e specifica aderenza con la struttura e la natura della fattispecie criminosa (Sez. 1 n. 39243 del 04.07. 2024 Rv. 287131 - 01, e in precedenza, Sez. II, 27.09.2016, n. 43494).


2.2. Inoltre, va rilevato che l'onere dell'autore del reato di risarcire il danno nei confronti di tutte le persone offese, per ottenere l'effetto attenuante, è che queste siano identificabili "prima del giudizio". L'imputato, cioè, se ha interesse alla riduzione della pena, è tenuto a risarcire ogni soggetto, al quale possa attribuirsi la qualifica di persona offesa, ma questo onere logicamente vale solamente nei confronti dei soggetti che possano essere riconosciuti come tali prima del giudizio, e non, invece, nei confronti di quelli che si disvelino in un momento successivo. Infatti, solo la costituzione prima del giudizio permette al soggetto offeso di assumere anche la qualifica giuridica di parte offesa dal reato. Tale fenomeno si verifica anche nel caso in cui questi si costituisca come parte civile, giacché il termine per la costituzione, prevista per tale qualifica dal diritto processuale, è, comunque, il momento del giudizio.


2.3. Tale costituzione, inoltre, non solo guadagna al soggetto costituito la qualifica poc'anzi menzionata, ma permette anche all'imputato di venire a conoscenza di tale status, sapendo così nei confronti di chi deve essere indirizzato il risarcimento.


2.4. Nel caso in esame, deve rilevarsi che l'associazione "(OMISSIS) Onlus", era legittimata a costituirsi persona offesa, quale ente collettivo, e che si era correttamente costituita come parte civile nel giudizio, risultando perciò destinataria della qualifica di persona offesa, e in particolare danneggiata, e riconoscibile come tale dall'imputato quale destinatario del risarcimento del danno. Pertanto, il mancato risarcimento nei confronti della stessa, rilevato dalla Corte d'appello, rende inapplicabile l'attenuante risarcitoria, e inammissibile il motivo di ricorso dell'imputato.


4. Il ricorso, per tali motivi, deve essere dichiarato inammissibile. Tenuto conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che "la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità", alla declaratoria dell'inammissibilità medesima consegue, a norma dell'art. 616 cod. proc. pen., l'onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in € 3.000,00.


P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di € 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.


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