La tossicodipendenza non basta da sola a fondare l’unicità del disegno criminoso in sede esecutiva (Cass. Pen. n.35855/25)
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La tossicodipendenza non basta da sola a fondare l’unicità del disegno criminoso in sede esecutiva (Cass. Pen. n.35855/25)

La tossicodipendenza non basta da sola a fondare l’unicità del disegno criminoso in sede esecutiva (Cass. Pen. n.35855/25)

In tema di riconoscimento della continuazione ex art. 671 c.p.p., lo stato di tossicodipendenza è indice rilevante — ma non autosufficiente — ai fini dell’accertamento dell’unicità del disegno criminoso.

Il giudice dell’esecuzione deve procedere ad una verifica concreta e complessiva degli indicatori sintomatici (omogeneità del bene protetto, contiguità spazio-temporale, modalità delle condotte, sistematicità, “programmazione” dei fatti successivi già presente al momento del primo reato): se tali indicatori non emergono, lo stato di dipendenza degrada a mero indice di “abitualità a delinquere” e non consente il riconoscimento del vincolo della continuazione.


La sentenza integrale

Cassazione penale sez. I, 22/10/2025, (ud. 22/10/2025, dep. 03/11/2025), n.35855

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza in data 03/06/2025, il Tribunale di Roma in funzione di giudice dell'esecuzione ha respinto l'istanza avanzata da Gr.Da., volta ad ottenere l'applicazione della continuazione tra i fatti oggetto della sentenza emessa dal Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Velletri in data 27/06/2023, irrevocabile dal 19/07/2023, che lo aveva ritenuto responsabile dei reati di spaccio di sostanze stupefacenti, tentata rapina e lesioni commessi in Castel Gandolfo il 06/02/2023, e quelli oggetto della sentenza emessa dal Tribunale di Roma in data 28/03/2023, irrevocabile dal 21/06/2024, che lo aveva ritenuto responsabile dei reati di cui agli art. 612-bis e 629 cod. pen., commessi in Roma il 27/07/2021 e il 18/10/2021.

Secondo il provvedimento impugnato, la certificazione di dipendenza dalla cocaina, prodotta a sostegno dell'istanza, rappresentava soltanto uno degli indici alla stregua dei quali doveva essere compiuto l'accertamento della continuazione, da solo non sufficiente, e che le condotte non erano omogenee, erano state commesse a distanza di due anni l'una dall'altra e in epoca successiva al periodo in cui era attestata la tossicodipendenza, senza che vi fossero altri elementi diversi da quelli che manifestano una generica inclinazione a commettere reati.

2. Ha proposto ricorso il difensore di Gr.Da. e con un unico articolato motivo ha denunciato violazione dell'art. 606, comma 1 lett. b) ed e), cod. proc. pen. in relazione all'art. 671 cod. proc. pen., ove la motivazione dell'ordinanza impugnata risulta apparente e manifestamente illogica.

Il provvedimento impugnato non aveva svolto una complessiva valutazione degli elementi dedotti e non ha tenuto conto del fatto che la condotta estorsiva fu determinata proprio dalla condizione di tossicodipendenza certificata non solo dalla struttura riabilitativa che lo prese in carico sino all'aprile 2018, ma anche dalla struttura penitenziaria dove sta espiando la pena.

Il preordinato stato di tossicodipendenza era stato certamente il presupposto determinante e propulsivo dei reati commessi a distanza temporale limitata, aventi lo stesso bene giuridico tutelato e identità di modus operandi.

3. Il Procuratore Generale, Alessandro Cimmino, ha chiesto rigettarsi il ricorso.


CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è inammissibile.

2. Ai fini dell'esame dell'unico motivo di censura proposto, con il quale si lamenta violazione degli artt. 81, comma secondo, cod. pen. e 671, comma 1, ultimo periodo, cod. proc. pen., bisogna premettere che, in tema di reato continuato, le Sezioni Unite di questa Corte hanno ribadito che il riconoscimento della continuazione necessita, anche in sede di esecuzione, non diversamente che nel processo di cognizione, di una approfondita verifica della sussistenza di concreti indicatori, quali l'omogeneità delle violazioni e del bene protetto, la contiguità spazio-temporale, le singole causali, le modalità della condotta, la sistematicità e le abitudini programmate di vita, e del fatto che, al momento della commissione del primo reato, i successivi fossero stati programmati almeno nelle loro linee essenziali, non essendo sufficiente, a tal fine, valorizzare la presenza di taluno degli indici suindicati se i successivi reati risultino comunque frutto di determinazione estemporanea (Sez. U, n. 28659 del 18/05/2017, Gargiulo, Rv. 270074).

L'unicità del disegno criminoso richiede, dunque, un'anticipata ideazione di più violazioni della legge penale, tutte presenti nella mente del reo nella loro specificità, ancorché nelle linee essenziali, desumibili da indici esteriori sintomatici del dato progettuale sottostante alle condotte poste in essere(Sez. 4, n. 16066 del 17/12/2008, dep. 2009, Di Maria, Rv. 243632).

Peraltro, a seguito della modifica dell'art. 671, comma primo, cod. proc. pen. ad opera della L. n. 49 del 2006, nel deliberare in ordine al riconoscimento della continuazione il giudice deve verificare che i reati siano frutto della medesima e preventiva risoluzione criminosa, tenendo conto se l'imputato, in concomitanza della relativa commissione, fosse tossicodipendente e se il suddetto stato abbia influito sulla commissione delle condotte criminose alla luce di specifici indicatori quali la distanza cronologica tra i fatti criminosi, le modalità della condotta, la sistematicità ed abitudini programmate di vita, la tipologia dei reati, il bene protetto, l'omogeneità delle violazioni, le causali, lo stato di tempo e di luogo, la consumazione di più reati in relazione allo stato di tossicodipendenza.

Ne consegue che lo stato di tossicodipendenza deve essere valutato come elemento idoneo a giustificare l'unicità del disegno criminoso con riguardo a reati che siano ad esso collegati e dipendenti, sempre che sussistano le altre condizioni individuate dalla giurisprudenza per la configurabilità dell'istituto previsto dall'art. 81, comma secondo, cod. pen. (Sez. 1, n. 50716 del 07/10/2014, Rv. 261490).

Pertanto, il giudice dell'esecuzione nel pronunciarsi a seguito di istanza di riconoscimento del vincolo della continuazione è chiamato a effettuare un completo accertamento di tutti gli indicatori e a valorizzare gli stessi nel riconoscimento o meno del vincolo. Lo stesso, dunque, dovrà confrontarsi con gli elementi addotti dalla difesa nell'istanza e motivare adeguatamente le ragioni dell'esclusione, qualora gli elementi non siano espressivi di un medesimo disegno criminoso, bensì di un'abitualità a delinquere.

3. Il Tribunale di Roma ha dato corretto applicazione a questi principi, sottolineando, alla luce della tipologia e delle modalità esecutive di ciascuna condotta oggetto della richiesta di riconoscimento del vincolo, che esse non sono omogenee né sono riducibili ad un'unica programmazione, anche in relazione alla distanza temporale apprezzabile che separa le une dalle altre.

Sicché, con percorso logico aderente alle caratteristiche delle condotte consacrate nelle sentenze irrevocabili, con sintetici ma puntuali riferimenti il giudice dell'esecuzione non ravvisava indizi di una previa programmazione alla luce dei contrari indicatori fattuali sintomatici dell'estemporaneità delle deliberazioni criminose.

A fronte di specifica allegazione sullo stato di tossicodipendenza del condannato, ha poi analizzato tale fattore e motivatamente ne ha escluso la sufficienza e la rilevanza (cfr. Sez. 1, n. 50686 del 18/09/2019, Rv. 277864-01).

Gli argomenti posti a fondamento del ricorso sono meramente controvalutativi e si risolvono nell'inammissibile doglianza circa il fatto che il giudice dell'esecuzione non ha considerato lo stato di tossicodipendenza da solo sufficiente a dare conto della preordinazione dei reati di stalking ed estorsione commessi nel 2021 in un territorio e di quelli di spaccio di stupefacenti, lesioni e rapina, commessi nel 2023 in altro territorio.

Senza tuttavia che il ricorrente individui altri elementi che il provvedimento impugnato abbia omesso di valutare.

3. Il ricorso deve, pertanto, essere dichiarato inammissibile e il ricorrente deve essere condannato al pagamento delle spese del procedimento e - non ravvisandosi ipotesi di esclusione della colpa nella determinazione della causa di inammissibilità ai sensi della sentenza della Corte Costituzionale n. 186 del 07/06/2000 - anche della condanna al pagamento della somma, ritenuta congrua, di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende.


P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della cassa delle ammende.

In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità e gli altri dati identificativi a norma dell'art. 52 D.Lgs. 196/03 e ss.mm.

Così deciso in Roma il 22 ottobre 2025.

Depositata in Cancelleria il 3 novembre 2025.


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