Attenuanti generiche: non bastano incensuratezza e collaborazione post delictum (Cass. Pen. n. 35857/25)
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Attenuanti generiche: non bastano incensuratezza e collaborazione post delictum (Cass. Pen. n. 35857/25)

Attenuanti generiche: non bastano incensuratezza e collaborazione post delictum (Cass. Pen. n. 35857/25)

La massima

Il mancato riconoscimento delle attenuanti generiche è legittimo ove non emergano concreti elementi positivi ex art. 62-bis c.p.; non sono sufficienti né l’incensuratezza, né condotte “collaborative” successive al fatto, soprattutto in presenza di modalità esecutive di particolare efferatezza.


La sentenza integrale

Cassazione penale sez. I, 22/10/2025, (ud. 22/10/2025, dep. 03/11/2025), n.35857

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza in data 12/02/2025, la Corte di assise di appello di Bari, in parziale riforma della sentenza della Corte di assise di Bari, ha ridotto ad anni quattordici e mesi otto di reclusione la pena inflitta a Ok.Ro., ritenuto responsabile dell'omicidio di Ab.Ab., commesso presso la stazione ferroviaria di Bari, percuotendolo e colpendolo al collo mediante un coltello della lunghezza complessiva di 33 centimetri e lama di 19 centimetri e così cagionandone la morte per shock emorragico secondario a scannamento.

L'imputato, identificato come l'autore dell'aggressione grazie alla presenza di videocamere, aveva ammesso le condotte contestategli.

2. Ha proposto ricorso il difensore dell'imputato, denunciando erronea applicazione della legge penale ex art. 606, comma 1 lett. b), cod. proc. pen. e nullità della sentenza per mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione ex art. 125, comma 3, ed ex art. 606, comma 1 lett. e), cod. proc. pen. con riferimento al mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche ex art. 62-bis cod. pen.

Si lamenta che i giudici di merito non abbiano adeguatamente esaminato gli elementi dedotti dalla difesa, senza dar conto delle ragioni per le quali erano state ritenute irrilevanti.

Non hanno tenuto conto del comportamento ampiamente collaborativo dell'imputato, che non si è allontanato dal luogo del delitto, non ha cancellato tracce, non si è disfatto dell'arma, era peraltro affetto da riconosciute patologie psichiatriche e aveva scarsa capacità di affrontare situazioni stressanti o difficili, come emerso dalla perizia disposta in giudizio.

3. Il Procuratore Generale, Gabriele Mazziotta, ha chiesto il rigetto del ricorso.


CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è infondato.

2. Com'è noto, "il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche può essere legittimamente motivato dal giudice con l'assenza di elementi o circostanze di segno positivo, a maggior ragione dopo la riforma dell'art. 62-bis, disposta con il D.L. 23 maggio 2008, n. 92, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 luglio 2008, n. 125, per effetto della quale, ai fini della concessione della diminuente, non è più sufficiente il solo stato di incensuratezza dell'imputato" (Sez. 4, n. 32872 del 08/06/2022, Guarnieri, Rv. 283489-01; Sez. 1, n. 39566 del 16/02/2017, Starace, Rv. 270986-01; Sez. 3, n. 44071 del 25/09/2014, Papini, Rv. 260610-01).

Oltre alla preclusione che impedisce al giudice di limitarsi a prendere atto dell'incensuratezza per fondare la sua decisione di concedere le circostanze attenuanti generiche, dopo la riforma dell'art. 62-bis cod. pen. (che ha superato la presunzione di meritevolezza del beneficio in favore dell'imputato incensurato in assenza di elementi negativi), deve rilevarsi che la disposizione normativa, come riformulata e come costantemente interpretata dalla giurisprudenza di legittimità, richiede concreti elementi positivi a favore dell'imputato per giustificare la concessione delle circostanze attenuanti generiche, tanto che il giudice, dopo averne constatato l'assenza, non è tenuto nemmeno a motivare sulla mancata concessione del beneficio (tra le tante, sez. 4, n. 32872 dell'08/06/2022, Guarnieri, Rv. 283489-01).

Orbene la Corte territoriale nel presente giudizio non si è limitata a constatare l'assenza di elementi favorevoli per l'imputato, ma ha evidenziato la particolare gravità della sua condotta, caratterizzata da efferatezza, completata con protervia e seguita da comportamenti volti a sottrarsi all'accertamento delle proprie responsabilità, così smentendo l'asserzione difensiva circa l'emersione di profili indicativi di una sua limitata pericolosità sociale.

Il ricorso, peraltro, deduce come elementi favorevoli all'imputato, che imporrebbero l'applicazione dell'art. 62-bis cod. pen. a suo beneficio, snodi della sua condotta successiva al delitto e condizioni personali e di salute che sono stati già presi in esame nel provvedimento impugnato, sebbene in una più complessiva valutazione generale di tutti i dati acquisiti nel corso dell'istruttoria dibattimentale.

I giudici di merito hanno ritenuto assenti i concreti segni di ravvedimento, ricavati dalla difesa dalla condotta successiva al delitto e hanno sottolineato anzi che l'imputato ha ammesso i fatti cercando di accreditare l'ipotesi che avesse agito sotto l'effetto di sostanza stupefacente, circostanza smentita dai successivi accertamenti medici. Hanno poi considerato recessiva ogni altra considerazione rispetto alla gravità delle modalità di esecuzione della condotta, repentina e violenta.

Hanno sottolineato che l'imputato ha agito dopo avere indotto la vittima a seguirlo in luogo appartato; hanno evidenziato che la persona offesa è stata sopraffatta in una condizione di incapacità di opporre qualsivoglia forma di resistenza, trovandosi in stato di ubriachezza e di debolezza fisica; hanno formulato negativo apprezzamento sulle modalità delle condotta portata a termine in ora notturna, in luogo riservato e in condizioni che hanno impedito qualsivoglia intervento di aiuto o anche solo dissuasivo; hanno infine dato rilievo alla condotta post delictum dell'imputato che ha trascinato e denudato il cadavere.

Il percorso logico argomentativo che ha sorretto la decisione di negare il beneficio risulta, così, aderente ai dati fattuali, valutati con coerenza, e conseguentemente deve considerarsi del tutto immune da censure.

3. Il ricorso deve essere pertanto respinto e il ricorrente deve essere condannato al pagamento delle spese processuali.


P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Così è deciso in Roma il 22 ottobre 2025.

Depositata in Cancelleria il 3 novembre 2025.


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