
Con la sentenza n. 9279/2025, la Seconda Sezione Penale della Corte di Cassazione ha stabilito che la prescrizione del reato non impedisce la condanna al risarcimento del danno se vi è prova sufficiente della condotta fraudolenta, e che la normativa straniera deve essere interpretata alla luce della lex loci, ma con onere della prova a carico del ricorrente.
La decisione ha rigettato il ricorso di F., confermando la sentenza della Corte d’Appello di Roma, che lo aveva condannato al risarcimento delle parti civili per truffa contrattuale relativa al pagamento delle "community fees" dovute in un progetto immobiliare a Dubai.
Il caso: truffa contrattuale per richieste indebite di "community fees" in un progetto immobiliare a Dubai
F., legale rappresentante della società S., era stato accusato di aver indotto in errore diversi investitori italiani nell’ambito di un progetto immobiliare a Dubai, richiedendo loro il pagamento di oneri condominiali ("community fees") non dovuti, sulla base di una interpretazione non corretta della normativa locale.
La Corte d’Appello di Roma, con sentenza del 3 luglio 2024, aveva dichiarato prescritti i reati di truffa, ma aveva confermato la condanna al risarcimento del danno nei confronti delle parti civili, ritenendo che:
Le "community fees" non erano dovute dai promittenti acquirenti, ma solo dai proprietari effettivi degli immobili.
La richiesta di pagamento era quindi indebita e costituiva una condotta ingannevole, idonea a integrare un danno risarcibile in sede civile.
La normativa di Dubai non supportava l’obbligo per i promittenti acquirenti, ma prevedeva la responsabilità solo per i titolari effettivi degli immobili.
I motivi di ricorso
Il difensore di F. ha presentato ricorso per Cassazione, contestando:
La violazione della normativa straniera
La difesa ha sostenuto che, secondo la legge vigente a Dubai, anche i promittenti acquirenti erano obbligati a versare le "community fees".
La Corte d’Appello non avrebbe interpretato correttamente la lex loci, come richiesto dall’art. 15 della legge 218/1995.
L’errata applicazione della responsabilità civile dopo la prescrizione del reato
Secondo la difesa, la dichiarazione di prescrizione avrebbe dovuto escludere la possibilità di condannare l’imputato al risarcimento del danno.
Non vi sarebbe stata prova certa del danno patrimoniale subito dalle parti civili.
La mancata considerazione della prova testimoniale e documentale a favore dell’imputato
La Corte d’Appello avrebbe ignorato documenti che provavano l’obbligo di pagamento delle "community fees" anche per i promittenti acquirenti.
La difesa ha eccepito che le prove dichiarative non erano state adeguatamente considerate.
La decisione della Cassazione
La Suprema Corte ha rigettato il ricorso, stabilendo che:
La prescrizione del reato non esclude la responsabilità civile se vi è prova sufficiente della condotta illecita
Anche se il reato è estinto per prescrizione, la condanna al risarcimento del danno è legittima se il giudice ha accertato con sufficiente certezza la sussistenza dell’illecito (Cass. Sez. U, n. 36208/2024, Capitano).
Il giudice di merito deve valutare le prove con il criterio del "balance of probabilities" per il danno civile, e non con il principio del "beyond reasonable doubt" richiesto per la condanna penale.
Nel caso in esame, la Corte d’Appello ha ritenuto provata la condotta fraudolenta di F. e il conseguente danno alle parti civili, giustificando il risarcimento.
L’interpretazione della normativa straniera spetta alla Corte d’Appello, e l’onere della prova è a carico del ricorrente
L’interpretazione della lex loci deve essere supportata da fonti normative chiare e documentate.
La difesa non ha prodotto documentazione autentica e ufficiale della normativa di Dubai, limitandosi a presentare documenti informali in lingua straniera.
Non è possibile invocare una normativa straniera senza fornire la prova certa del suo contenuto e della sua applicabilità al caso concreto.
La prova testimoniale non può sostituire la prova documentale nel diritto civile internazionale
La responsabilità civile non può essere basata su dichiarazioni testimoniali che non abbiano un fondamento documentale.
Nel caso in esame, la Cassazione ha ribadito che l’obbligo di pagamento delle "community fees" doveva emergere da una normativa chiara e non da semplici dichiarazioni testimoniali.
Condanna dell’imputato alle spese processuali e al risarcimento delle parti civili
Poiché il ricorso era infondato, F. è stato condannato al pagamento delle spese processuali.
È stato inoltre condannato a risarcire le parti civili per un importo di 3.686 euro, oltre accessori di legge.
Conclusioni
La sentenza ha affermato in materia di responsabilità civile da reato e diritto internazionale privato:
La prescrizione del reato non esclude automaticamente la responsabilità civile se vi è prova del danno.
L’onere di provare il contenuto e l’applicabilità della normativa straniera ricade su chi la invoca.
Le decisioni di merito sulla responsabilità civile da reato devono rispettare il principio del "ragionevole dubbio", ma con criteri di prova propri del diritto civile.
Le testimonianze non possono sostituire la prova documentale per dimostrare la validità di una normativa straniera.
La Cassazione non può riesaminare le prove di merito, ma solo verificare la logicità della motivazione della sentenza d’appello.