
Con la sentenza n. 6825/2025, la Quarta Sezione Penale della Corte di Cassazione ha affermato, in materia di riparazione per ingiusta detenzione, il seguente principio di diritto: per escludere l’indennizzo, il giudice deve accertare in modo rigoroso la sussistenza di una condotta gravemente colposa dell’interessato che abbia contribuito all’adozione della misura cautelare.
La decisione ha annullato l’ordinanza della Corte d’Appello di Palermo, che aveva riconosciuto a Vincenzo Crisenza un indennizzo di 125.000 euro per l’ingiusta detenzione subita dal 4 marzo 2021 al 5 luglio 2023, nell’ambito di un procedimento in cui era stato assolto per non aver commesso il fatto.
Il caso: contestata la valutazione della colpa grave nel riconoscimento dell’indennizzo
L’imputato era stato sottoposto agli arresti domiciliari per oltre due anni, con l’accusa di coltivazione, produzione, cessione e trasporto di sostanze stupefacenti.
Dopo l’assoluzione definitiva, aveva presentato istanza di riparazione per ingiusta detenzione ai sensi degli artt. 314 e 315 c.p.p., ottenendo un indennizzo di 125.000 euro.
Il Ministero dell’Economia e delle Finanze, tramite l’Avvocatura distrettuale dello Stato di Palermo, ha impugnato la decisione, sostenendo che:
la Corte d’Appello non aveva adeguatamente valutato la colpa grave dell’imputato
le indagini avevano evidenziato intercettazioni che lo citavano come parte dell’organizzazione.
l’imputato era stato arrestato in flagranza mentre coltivava 104 piante di cannabis, per un totale di 6 kg e 250 grammi di marijuana.
era stato condannato in un procedimento separato per violazione dell’art. 73 DPR 309/90, relativo al reato fine del delitto associativo per cui era stato assolto.
ll giudice della riparazione aveva omesso di valutare elementi fondamentali
Il fatto che l’imputato avesse collaborato con i coindagati e avesse svolto attività di manutenzione del terreno per il gruppo criminale.
L’acquisto di semi di cannabis per conto dei coindagati, comportamento che sarebbe stato rilevante per dimostrare una sua responsabilità colposa nell’adozione della misura cautelare.
La Procura Generale ha chiesto l’annullamento con rinvio, mentre la difesa dell’imputato ha depositato memoria per il rigetto del ricorso.
Il principio di diritto
La Suprema Corte ha accolto il ricorso del Ministero, stabilendo che:
Il giudice della riparazione deve valutare autonomamente la colpa grave dell’interessato
Il diritto all’indennizzo non è automatico, ma richiede che l’imputato non abbia concorso, con dolo o colpa grave, a determinare la propria detenzione.
Il giudice deve verificare se il comportamento dell’interessato abbia creato una falsa apparenza di illiceità, anche in presenza di un errore dell’autorità giudiziaria (Sez. U, n. 34559/2002, De Benedictis).
L’assoluzione nel merito non esclude automaticamente la colpa grave
Il procedimento per ingiusta detenzione è autonomo rispetto al giudizio penale e deve basarsi su una valutazione specifica del comportamento dell’interessato.
La Cassazione ha ribadito che anche un comportamento imprudente o negligente può giustificare l’esclusione dell’indennizzo.
Il giudice deve considerare tutti gli elementi probatori, anche quelli non esclusi in sede penale
Nel caso in esame, la Corte d’Appello non aveva esaminato in modo autonomo le intercettazioni e le circostanze che indicavano la sua vicinanza al gruppo criminale.
Il compendio indiziario non era stato dichiarato inutilizzabile, e quindi il giudice della riparazione avrebbe dovuto valutarlo nel merito per stabilire se l’interessato avesse contribuito alla propria detenzione.
L’omissione di una motivazione adeguata sulla colpa grave comporta l’annullamento della decisione
La Corte d’Appello aveva adottato una motivazione contraddittoria, affermando da un lato che gli indizi contro l’imputato erano significativi, ma dall’altro riconoscendogli comunque il diritto all’indennizzo senza una spiegazione adeguata.
La Cassazione ha quindi annullato la decisione con rinvio per un nuovo esame della colpa grave.
Conclusioni
La sentenza in esame ha affermato che:
L’assoluzione non garantisce automaticamente il diritto all’indennizzo, che va valutato caso per caso in base alla condotta dell’interessato.
Il giudice della riparazione deve analizzare tutti gli elementi probatori, anche quelli non dichiarati inutilizzabili in sede penale, per verificare se l’imputato abbia contribuito alla falsa apparenza di colpevolezza.
La mancanza di una motivazione chiara sulla colpa grave comporta l’annullamento della decisione, poiché si tratta di un requisito fondamentale per il riconoscimento dell’indennizzo.
L’eventuale coinvolgimento dell’imputato in un contesto criminale può incidere sulla valutazione della colpa grave, anche se il reato principale è stato escluso in sede di merito.