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Il giudice della riparazione per ingiusta detenzione è tenuto ad effettuare una valutazione autonoma rispetto al giudizio di cognizione penale (Cass. Pen. n. 9626/2025)

Con la sentenza n. 9626/2025, la Corte di Cassazione è tornata a pronunciarsi su un tema particolarmente delicato: l’indennizzo per ingiusta detenzione e i criteri per la valutazione della colpa grave che ne precludono il riconoscimento. L’annullamento con rinvio dell’ordinanza della Corte d’appello di Reggio Calabria segna un importante chiarimento procedurale e sostanziale in materia.


La vicenda processuale

Il caso trae origine da un’ordinanza della Corte d’appello di Reggio Calabria, che aveva condannato il Ministero dell’Economia e delle Finanze al pagamento di € 69.831,22 a favore di A. V. per l’ingiusta detenzione subita dal 24 aprile 2017 al 1° marzo 2019, periodo durante il quale era stato sottoposto agli arresti domiciliari per il reato di intestazione fittizia aggravata dall’art. 7 della legge n. 203/1991.

Il Ministero ha impugnato l’ordinanza sostenendo l’insufficienza della motivazione in merito alla mancanza di dolo o colpa grave nella condotta del richiedente, evidenziando che la Corte territoriale si era limitata a richiamare la sentenza assolutoria senza operare un’autonoma valutazione sul comportamento dell’istante.


Il principio di diritto affermato dalla Cassazione

La Suprema Corte ha chiarito che il giudice della riparazione per ingiusta detenzione è tenuto ad effettuare una valutazione autonoma e distinta rispetto al giudizio di cognizione penale. Tale valutazione deve riguardare non tanto la colpevolezza del richiedente, quanto piuttosto la presenza di comportamenti dolosi o gravemente imprudenti che abbiano indotto l’autorità giudiziaria a ritenere erroneamente sussistenti i presupposti per l’applicazione della misura cautelare.


Punti salienti della decisione

  1. Autonomia della valutazione

La Corte ha ribadito che l’accertamento della colpa grave non può essere escluso sulla base della sola sentenza assolutoria. È necessario accertare se il comportamento dell’istante abbia avuto un ruolo nel determinare la misura cautelare adottata.


  1. Esclusione della condotta dolosa

La Suprema Corte ha evidenziato che il giudizio di riparazione non deve limitarsi a valutare la responsabilità penale, ma deve verificare se l’apparente fondatezza delle accuse sia stata determinata anche da comportamenti inadeguati o imprudenti dell’istante.


  1. Annullamento con rinvio

La Corte ha disposto l’annullamento con rinvio alla Corte d’appello di Reggio Calabria per un nuovo esame, incaricando il giudice di valutare se la condotta del richiedente possa qualificarsi come colpa grave tale da precludere il diritto all’indennizzo.

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