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L’applicazione di misure di prevenzione per soggetti contigui alla criminalità organizzata non richiede una condanna definitiva (Cass. Pen. n. 10005/2025)

Misure di prevenzione

Con la sentenza n. 10005/2025, la Prima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibili i ricorsi di E.S., D.P.M.C. e E.M.L., confermando così la misura di prevenzione della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza e la confisca del patrimonio riconducibile al principale imputato.

La decisione conferma il seguente principio: per l’applicazione delle misure di prevenzione nei confronti di soggetti contigui alla criminalità organizzata, non è necessaria una condanna definitiva, ma è sufficiente la dimostrazione della pericolosità sociale sulla base di elementi concreti e attuali, anche se fondati su fatti risalenti nel tempo.


Il caso: contiguità con il clan Moccia e il controllo del settore delle onoranze funebri

Il provvedimento riguarda E.S., ritenuto soggetto contiguo al clan Moccia, organizzazione camorristica attiva nelle zone di Afragola, Casoria e Cardito.

La Corte d’Appello di Napoli aveva confermato la sorveglianza speciale per quattro anni e la confisca del patrimonio di E.S., ritenendolo ancora socialmente pericoloso.

La misura si basava su dichiarazioni di collaboratori di giustizia, intercettazioni telefoniche e accertamenti patrimoniali, che dimostravano come il soggetto avesse mantenuto rapporti con il clan e tratto vantaggi economici dalla sua posizione dominante nel settore delle onoranze funebri.

La difesa ha presentato ricorso contestando la mancanza di attualità della pericolosità sociale e l’assenza di prove concrete sul reimpiego di capitali illeciti.


La decisione della Cassazione

La Suprema Corte ha rigettato i ricorsi, stabilendo che:

1. La pericolosità sociale può essere fondata su fatti risalenti se vi sono elementi concreti che dimostrano la continuità del vincolo criminale

La contiguità a un’organizzazione mafiosa non richiede una partecipazione attiva costante, ma può basarsi anche su un rapporto consolidato nel tempo.

Nel caso in esame, la vicinanza di E.S. al clan Moccia è stata dimostrata da intercettazioni e dichiarazioni di collaboratori di giustizia che lo indicavano come punto di riferimento per i membri del clan.

La Cassazione ha ribadito che il criterio di attualità della pericolosità deve essere valutato tenendo conto dell’intero percorso criminale del soggetto e non solo di episodi recenti.

2. La misura di prevenzione patrimoniale è giustificata dalla sproporzione tra redditi dichiarati e patrimonio accumulato

Le indagini patrimoniali hanno evidenziato una sproporzione evidente tra i redditi ufficiali di E.S. e il valore dei beni confiscati.

La difesa ha cercato di dimostrare la liceità degli acquisti immobiliari, ma la perizia di parte è stata considerata priva di elementi concreti in grado di smentire le conclusioni degli accertamenti ufficiali.

La Corte ha ribadito che la confisca può essere disposta anche in assenza di una condanna definitiva, se vi sono indizi sufficienti per ritenere che il patrimonio derivi da attività illecite.

3. Il ricorso è inammissibile perché le censure sollevate erano già state esaminate nei gradi di merito

La Cassazione ha ritenuto che i ricorsi fossero in gran parte ripetitivi rispetto alle argomentazioni già valutate e respinte dai giudici di primo e secondo grado.

La Corte d’Appello aveva fornito una motivazione dettagliata e coerente sulla pericolosità sociale di E.S. e sulla legittimità della confisca patrimoniale.

Non sono stati presentati elementi nuovi idonei a giustificare una revisione della decisione.


Conclusioni

La sentenza ha affermato in tema di misure di prevenzione e sulla lotta alla criminalità organizzata:

  • Le misure di prevenzione possono basarsi su fatti risalenti nel tempo se vi sono elementi concreti che dimostrano la persistenza della pericolosità sociale.

  • La confisca patrimoniale è legittima se vi è una sproporzione evidente tra redditi dichiarati e beni posseduti, anche senza una condanna definitiva.

  • Le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia, se supportate da riscontri oggettivi, possono costituire una prova sufficiente per l’applicazione delle misure di prevenzione.

  • Il principio di autonomia tra procedimento penale e procedimento di prevenzione è ribadito: la confisca può essere disposta indipendentemente dall’esito del processo penale.

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