Patteggiamento con pena sospesa non elide l’autonomia del giudizio di prevenzione né l’attualità della pericolosità (Cass. Pen. n. 35856/25)
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Patteggiamento con pena sospesa non elide l’autonomia del giudizio di prevenzione né l’attualità della pericolosità (Cass. Pen. n. 35856/25)

Patteggiamento con pena sospesa non elide l’autonomia del giudizio di prevenzione né l’attualità della pericolosità (Cass. Pen. n. 35856/25)

La massima

L’esito favorevole del procedimento penale ordinario (patteggiamento con sospensione condizionale della pena ex art. 444 c.p.p.) non preclude il giudizio autonomo sulla pericolosità sociale ex art. 4, D.Lgs. 159/2011.

La pericolosità va accertata su base fattuale e attuale, secondo parametri propri della prevenzione — non recepiti automaticamente dal giudizio prognostico penale.

Sono utilizzabili anche elementi sopravvenuti dopo l’applicazione della misura (ivi comprese le violazioni della misura stessa) come indici confermativi della persistente attualità della pericolosità.


La sentenza integrale

Cassazione penale sez. I, 22/10/2025, (ud. 22/10/2025, dep. 03/11/2025), n.35856

RITENUTO IN FATTO

1. Con decreto in data 05/05/2025, la Corte di appello di Lecce ha respinto l'appello proposto da Gi.Pa. avverso il decreto del Tribunale di Lecce - sezione misure di prevenzione in data 12/12/2024 che gli ha applicato la misura di prevenzione della sorveglianza speciale e di pubblica sicurezza per anni tre, con prescrizioni e cauzione.

La pericolosità sociale di Gi.Pa. era stata ritenuta in ragione delle segnalazioni in atti e del procedimento nel quale era indagato per i delitti di maltrattamenti e lesioni aggravante in danno della ex compagna, commessi con permanenza dal 2021 e in particolare il 17/07/2024, fatti per i quali era stato sottoposto alla misura cautelare dell'allontanamento dal domicilio familiare, misura da lui violata il 19/10/2024.

La Corte territoriale aveva respinto l'appello, con il quale si rappresentava che il predetto procedimento a carico del prevenuto, fonte degli esiti investigativi valorizzati dal giudice della prevenzione, era stato definito con l'applicazione di pena ex art. 444 cod. proc. pen. con beneficio della sospensione condizionale e per questo l'attualità della pericolosità sociale doveva oramai considerarsi esclusa dalla prognosi positiva in suo favore formulata dal giudice di merito.

A sostegno della decisione venivano richiamate tutte le condotte già valorizzate dal giudice di primo grado e le risultanze circa le condotte del Gi.Pa. successive all'applicazione della misura di prevenzione, violata in più occasioni e con una pluralità di comportamenti che contravvenivano alle prescrizioni tra gennaio e febbraio del 2025 (movimenti fuori dall'abitazione in orario notturno con due soggetti già indagati per furto in abitazione, guida senza patente con recidiva, ripetuta assenza dall'abitazione in orari notturni, tentativo di furto e stato di ebbrezza, transito da una zona di spaccio con indosso contanti e sostanza stupefacente).

Veniva altresì evidenziato che il prevenuto, pur avendo prestato il consenso alla sottoposizione ad un programma terapeutico, non aveva depositato la documentazione di avvio dello stesso e che la pericolosità non poteva dirsi smentita dalla sentenza di patteggiamento, proprio perché sospendeva l'esecuzione della pena subordinandola al superamento, con esito favorevole, di un percorso riabilitativo di un anno non ancora portato a compimento.

2. Ha proposto ricorso il difensore di Patrick Gi.Pa. e ha articolato tre motivi.

2.1. Con il primo denuncia violazione di legge in relazione all'art. 4, comma 1 lett. i-ter, e 6 D.Lgs. n. 159/2011 per mancanza del requisito della pericolosità sociale o quanto meno del requisito dell'attualità della pericolosità sociale.

A seguito del patteggiamento della pena con il beneficio della sospensione il ricorrente non rientra più nell'ipotesi, contemplata dall'art. 4, comma 1 lett. i-ter, D.Lgs. n. 159/2011, di indiziato di delitto di cui all'art. 572 cod. pen. e tra le ipotesi di pericolosità sociale non è contemplata quella di chi abbia concordato una pena sospesa per il reato di cui all'art. 572 cod. pen.

2.2. Con il secondo motivo si solleva eccezione di illegittimità costituzionale dell'art. 4, comma 1 lett. i-ter, D.Lgs. n. 159/2011 per violazione dell'art. 3 Cost., nella parte in cui non esclude dai soggetti passibili di essere sottoposti alla misura della sorveglianza speciale, coloro che hanno definito o, comunque, sono in procinto di definire la loro posizione con sentenza di patteggiamento e contestuale riconoscimento di pena sospesa e di revoca della misura cautelare in corso.

2.3. Con il terzo motivo si lamenta la violazione dell'art. 10, comma 2, D.Lgs. n. 159/2011, poiché la Corte di appello di Lecce nel termine di trenta giorni dalla proposizione dell'appello non aveva provveduto a decidere sull'impugnazione.

3. Il Procuratore Generale, Flavia Alemi, ha chiesto dichiararsi l'inammissibilità del ricorso. Il difensore del ricorrente ha replicato depositando memorie in data 17/10/2025 con allegata documentazione, insistendo e ulteriormente illustrando i motivi dell'impugnazione.


CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è inammissibile.

2. Il primo motivo deduce l'insussistenza ab origine delle condizioni per l'applicazione della misura di cui all'art. 4, comma 1, lett. c), in relazione all'art. 1, comma 1, lett. b) del D.Lgs. n. 159/2011.

2.1. In proposito va ricordato che, nel procedimento di prevenzione, il ricorso per cassazione è ammesso soltanto per violazione di legge, secondo il disposto dell'art. 10, comma 3, D.Lgs. n. 159/2011 (già art. 4 legge 27 dicembre 1956, n. 1423, richiamato dall'art. 3-ter, secondo comma, legge 31 maggio 1965, n. 575) situazione esclusivamente ravvisabile nei casi di motivazione inesistente o meramente apparente.

Nell'assumere che l'applicazione della misura di prevenzione a Gi.Pa. sia avvenuta in violazione dell'art. 4, comma 1 lett. i-ter, D.Lgs. n. 159/2011, perché nella categoria in tale disposizione descritta non è prevista quella del soggetto già indagato per il delitto di cui all'art. 572 cod. pen. e che poi abbia definito la sua posizione con il patteggiamento, la difesa oblitera la consolidata giurisprudenza che nella norma che si assume violata individua una fattispecie di pericolosità sociale qualificata correlata non ad una posizione processuale del proposto nell'ambito di un parallelo procedimento penale ordinario, ma a degli elementi di fatto integranti indizi di uno specifico reato.

A fronte di elementi di fatto sulla base dei quali va verificata l'attualità della pericolosità qualificata che descrivono (Sez. U, n. 111 del 30/11/2017, dep. 2018, Gattuso, Rv. 271511-01), la definizione dei procedimenti penali a carico del prevenuto per le ipotesi di reato correlate a tali medesimi elementi può incidere sul giudizio di pericolosità nella misura in cui "il giudice, nonostante l'autonomia tra procedimento penale e procedimento di prevenzione, non può attribuire rilevanza... a fatti per i quali sia intervenuta sentenza definitiva di assoluzione posto che, in virtù del principio di non contraddizione dell'ordinamento e della presunzione di innocenza come interpretata dalla Corte EDU, la negazione penale irrevocabile di un determinato fatto impedisce di assumerlo come elemento indiziante ai fini del giudizio di pericolosità" (Sez. 6, n. 45280 del 30/10/2024, Curci, Rv. 287312-01).

Mentre, invece, "l'inquadramento del preposto in uno dei profili di pericolosità soggettiva può essere fondato anche sulla autonoma valutazione di fatti oggetto di procedimenti penali non definiti con sentenza di condanna, purché, in tal caso, l'accertamento della sussistenza dei presupposti della misura sia svolto con tanto più rigore quanto più l'esito del procedimento penale sia stato favorevole al proposto" (Sez. 6, n. 13269 del 01/07/2024, dep. 2025, Curcio, Rv. 287931-01).

Da questi consolidati principi si ricava che a maggior ragione sono utilizzabili per l'accertamento della pericolosità gli elementi acquisiti in un procedimento definito con applicazione di pena, senza che assuma alcun effetto preclusivo l'esito del giudizio penale ordinario (che, peraltro, non rileva per nessuna delle ipotesi di pericolosità generica o specifica di cui all'art. 4 D.Lgs. n. 159/2011).

E dall'autonomia del procedimento di prevenzione rispetto al procedimento penale ordinario non può che discendere una chiara preclusione al mero recepimento acritico del giudizio prognostico sulla pericolosità sociale contenuto in provvedimenti relativi a misure di sicurezza o a misure cautelari, emessi nel procedimento penale ordinario; preclusione che, se certamente vale quando esso sia sfavorevole all'imputato, raggiunto da proposta di misura di prevenzione (Sez. 1, n. 10034 del 05/02/2019, De, Rv. 275054-01), non può che valere anche quando esso sia favorevole, visto che l'accertamento della pericolosità richiede una verifica complessiva anche di tutti gli elementi riguardanti i comportamenti del proposto, da apprezzare secondo altri registri valutativi e processuali.

2.2. Queste considerazioni valgono, altresì, ad evidenziare la manifesta infondatezza dell'eccezione di illegittimità costituzionale dell'art. 4, comma 1 lett. i-ter, D.Lgs. n. 159/2011 per violazione dell'art. 3 Cost., nella parte in cui non esclude dai soggetti passibili di essere sottoposti alla misura della sorveglianza speciale, coloro che hanno definito o, comunque, sono in procinto di definire la loro posizione con sentenza di patteggiamento, contestuale concessione del beneficio della pena sospesa e revoca della misura cautelare applicata in corso di procedimento.

Tale sospetto di incostituzionalità, in realtà, si risolve nella richiesta di introdurre una preclusione alla valutazione di attualità della pericolosità sociale degli imputati che accedono al rito di cui all'art. 444 cod. proc. pen.; preclusione incompatibile non solo con il sistema delle misure di prevenzione ma anche con le valutazioni della stessa Corte costituzionale sulla natura di queste misure, che le rende costituzionalmente legittime.

Esse, "imperniate come sono su un giudizio di persistente pericolosità del soggetto, ... hanno una chiara finalità preventiva anziché punitiva, mirando a limitare la libertà di movimento del loro destinatario per impedirgli di commettere ulteriori reati, o quanto meno per rendergli più difficoltosa la loro realizzazione, consentendo al tempo stesso all'autorità di pubblica sicurezza di esercitare un più efficace controllo sulle possibili iniziative criminose del soggetto. L'indubbia dimensione afflittiva delle misure stesse non è, in quest'ottica, che una conseguenza collaterale di misure il cui scopo essenziale è il controllo, per il futuro, della pericolosità sociale del soggetto interessato: non già la punizione per ciche questi ha compiuto nel passato" (C. Cost. n. 24 del 24/01/2019).

E pertanto anche la sospensione dell'esecuzione della pena disposta nel giudizio penale ordinario per una condotta passata ed eventualmente esaurita non può precludere la valutazione sulla necessità di un controllo, per il futuro, di un soggetto pericoloso.

3. Il ricorso non si confronta con l'elemento centrale del provvedimento che svolge la valutazione della pericolosità del prevenuto, ritenendola ancora attuale in relazione al fatto che la pena applicatagli ex art. 444 cod. proc. pen. è stata subordinata al positivo superamento di un programma trattamentale e cioè ad una successiva verifica del venir meno della sua pericolosità.

Come è noto, "in tema di sospensione condizionale della pena, il beneficio che, ai sensi dell'art. 165, comma quinto, cod. pen., sia stato subordinato alla partecipazione ed al superamento di percorsi di recupero può essere revocato prima della scadenza del termine previsto per l'adempimento dell'obbligo solo se il condannato abbia omesso di avviare il percorso impostogli, ovvero se gli sia stata contestualmente applicata una misura di prevenzione personale ed egli ne abbia violato le prescrizioni" (Sez. 1, n. 28293 del 29/05/2025, S., Rv. 288338-01).

E in motivazione si spiega che l'art. 165, comma 5, cod. pen. ha previsto "un articolato meccanismo di controllo dei comportamenti del soggetto "condizionalmente sospeso', con previsione di una possibile applicazione in tale periodo di una misura di prevenzione personale, dalla durata non inferiore a quella del percorso di recupero. In tale contesto è prevista la possibilità di revoca della pena sospesa nei casi di "violazione della misura di prevenzione personale". Dunque non è del tutto estranea alla voluntas legis la verifica dei comportamenti del soggetto sottoposto al programma di recupero ma simile verifica passa attraverso una valutazione di attuale pericolosità sociale del condannato, destinatario di misura di prevenzione personale".

Se il giudice dell'esecuzione dovrà attendere la conclusione del programma per valutare l'adempimento della prescrizione cui era subordinata l'esecuzione della pena, il giudice della prevenzione potrà comunque valutare nelle more se sussistono ancora i requisiti di attualità della pericolosità sociale che quella prescrizione hanno reso necessaria.

Ciò ha fatto il provvedimento impugnato con una motivazione articolata e congrua, che, oltre a non apparire illogica, non è comunque censurabile in sede di legittimità essendo limitata la facoltà di proporre ricorso per cassazione avverso decisione applicativa della misura di prevenzione, ai sensi dell'art. 10, comma 3, D.Lgs. n. 159/2011, alle ipotesi di violazione di legge.

4. Si contesta, altresì, che la motivazione del provvedimento impugnato sarebbe incorsa in violazione di legge perché nella valutazione dei presupposti per l'attualità della pericolosità sociale aveva valorizzato condotte del prevenuto successive all'applicazione della misura di prevenzione e tra queste anche comportamenti di violazione della stessa misura di prevenzione.

Secondo la difesa, l'utilizzabilità di tali elementi fattuali sarebbe preclusa.

La tesi così prospettata non trova conforto nei consolidati orientamenti della giurisprudenza di legittimità.

È stato infatti affermato che "nel procedimento di prevenzione, in virtù dell'effetto limitatamente devolutivo del gravame, non è precluso al giudice di appello l'esame d'ufficio di elementi, sopravvenuti alla decisione di primo grado, che inducano a ritenere l'attenuazione della pericolosità del proposto ovvero un suo aggravamento" (Sez. 5, n. 48095 del 18/10/2019, Tocchio, Rv. 278038-01)

È pur vero che è stato anche affermato che "in tema di misure di prevenzione personale, competente a decidere sulla richiesta di revoca o modifica del provvedimento applicativo, basata sulla sopravvenuta attenuazione o cessazione della pericolosità sociale è, ex art. 11, comma 2, D.Lgs. 6 settembre 2011, n. 159, il Tribunale che ha disposto la misura, in quanto la competenza della corte di appello, in qualità di giudice dell'impugnazione, ricorre nel solo caso in cui sia dedotta l'iniziale insussistenza delle condizioni che avevano fondato l'adozione della misura stessa" (Sez. 2, n. 22915 del 10/05/2024, Costantino, Rv. 286702-01)

Ma questa decisione spiega che "non appare certo in contrasto con questa soluzione l'affermazione secondo cui, in virtù dell'effetto limitatamente devolutivo del gravame nel procedimento di prevenzione, non è precluso al giudice di appello l'esame di ufficio di elementi, sopravvenuti alla decisione di primo grado, che inducano a ritenere una attenuazione della pericolosità del proposto ovvero un suo aggravamento (Sez. 5, n. 48095 del 18/10/2019, Rv. 278038; Sez. 1, n. 19995 del 30/01/2013, Rv. 256159): invero, seguendo questa impostazione, gli elementi sopravvenuti possono essere sì valutati per ritenere un'attenuazione o un aggravamento della pericolosità, ma non incidono sull'individuazione del momento al quale deve essere riferito il giudizio sull'"attualità" della pericolosità che rimane quello dell'emissione del provvedimento applicativo della misura"

Sicchè appare pienamente legittimo il percorso argomentativo del provvedimento impugnato, dove sono state valorizzate le condotte del proposto successive all'applicazione della misura di prevenzione, che sono state ritenute indizi confermativi dell'originario giudizio di attuale pericolosità sociale.

5. Infine, manifestamente infondato è anche il terzo motivo, con il quale si lamenta la violazione dell'art. 10, comma 2, D.Lgs. n. 159/2011, poiché la Corte di appello di Lecce nel termine di trenta giorni dalla proposizione dell'appello non aveva provveduto a decidere sull'impugnazione.

Con principio pienamente condivisibile e sul quale non si registrano contrasti, la giurisprudenza ha affermato che "in tema di procedimento per l'applicazione di misure di prevenzione, i termini entro i quali, ai sensi dell'art. 7, comma primo e 10 comma secondo del D.Lgs. 6 settembre 2011 n. 159, il Tribunale e la Corte di appello devono provvedere, rispettivamente, sulla proposta di applicazione della misura di prevenzione personale e sul ricorso in appello avverso il decreto di primo grado, sono di natura ordinatoria, in mancanza della previsione di qualsiasi sanzione per il mancato rispetto degli stessi" (Sez. 1, n. 23407 del 24/03/2015, Lin, Rv. 263963-01).

6. Il ricorso deve, pertanto, essere dichiarato inammissibile e il ricorrente deve essere condannato al pagamento delle spese del procedimento e - non ravvisandosi ipotesi di esclusione della colpa nella determinazione della causa di inammissibilità ai sensi della sentenza della Corte Costituzionale n. 186 del 07/06/2000 - anche della condanna al pagamento della somma, ritenuta congrua, di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende.


P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della cassa delle ammende.

In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità e gli altri dati identificativi a norma dell'art. 52 D.Lgs. 196/03 e ss.mm.

Così è deciso in Roma il 22 ottobre 2025.

Depositata in Cancelleria il 3 novembre 2025.


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