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La confisca non cristallizza la sproporzione: il terzo può sempre dimostrare la reale titolarità del bene (Cass. Pen. n. 29473/25)

La confisca non cristallizza la sproporzione: il terzo può sempre dimostrare la reale titolarità del bene (Cass. Pen. n. 29473/25)

Massima

Nel giudizio di opposizione del terzo avverso la confisca, il preteso giudicato sulla sproporzione patrimoniale formatosi nei confronti del soggetto condannato o proposto non è opponibile al terzo, che conserva il diritto di allegare e provare — con ogni mezzo — la reale titolarità del bene.

Grava, invece, sull’accusa l’onere di dimostrare la natura fittizia dell’intestazione mediante indagine rigorosa, basata su elementi gravi, precisi e concordanti. (Cass. pen., sez. I, 25 giugno 2025, dep. 12 agosto 2025, n. 29473, Rel. Magi).


La sentenza integrale

Cass. pen., sez. I, ud. 25 giugno 2025 (dep. 12 agosto 2025), n. 29473


Ritenuto in fatto


1. Con ordinanza emessa in data 19 marzo 2025 la Corte di Appello di Napoli - quale giudice della esecuzione - ha respinto la opposizione introdotta da Di.An. (terzo intestatario) avverso la confisca di un immobile sito in S (titolo venuto ad esistenza nel giudizio celebratosi in danno di Pa.Pa.).


Secondo la Corte di Appello l'atto di opposizione replica i temi e le allegazioni già oggetto di valutazione con la prima decisione di rigetto.


In particolare, si afferma, in sintesi, che:


a) il giudizio di sproporzione tra il valore dell'investimento e i redditi del nucleo familiare Di.An. - Pa.Pa. è già "cristallizzato con giudizio irrevocabile" nella decisione divenuta definitiva;


b) le allegazioni difensive mirano a dimostrare l'esistenza di una capacità reddituale del nucleo familiare di origine della Di.An. ed in particolare del Di.An., ma non sono tali da "giustificare la lecita provenienza delle risorse impiegate per il conseguimento dei beni";


c)ancora, la consulenza di parte sulla redditività delle superfici coltivabili avrebbe offerto risultati meramente probabilistici e i redditi dichiarati non risultano tali da coprire il valore dei beni confiscati.


2. Avverso detta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione - nelle forme di legge - Di.An.


Il ricorso è affidato a un unico motivo con cui si deduce la mera apparenza di motivazione.


La difesa si duole della omessa valutazione - in sostanza - delle copiose allegazioni documentali con cui si era rappresentata la capacità di investimento dei genitori della opponente (con disinvestimento titoli tra il 2003 e il 2007 per circa 457mila euro), sì da sostenere una ipotesi ricostruttiva diversa rispetto a quella che ha condotto alla confisca del bene (riferibilità al Pa.Pa.).


Si censura l'affermazione per cui il giudizio di sproporzione sarebbe già "cristallizzato" in modo irrevocabile.


Si evidenzia, ancora, che l'attività di coltivatore diretto svolta dal Di.An. ha generato redditi, come si è cercato di dimostrare, ulteriori e diversi rispetto a quelli da lavoro dipendente.


Considerato in diritto


1. Il ricorso è fondato, per le ragioni che seguono.


La Corte di Appello parte da una affermazione sorprendente e del tutto erronea in diritto, lì dove afferma che il giudizio di sproporzione reddituale del nucleo Di.An. - Pa.Pa., contenuto nel provvedimento irrevocabile, renderebbe intangibile la statuizione di confisca del bene immobile.


Non si comprende appieno - per il vero - il significato di simile affermazione che, ove fondata, finirebbe con il porre nel nulla la più che ventennale elaborazione giurisprudenziale sulle facoltà del terzo intestatario (mai citato in giudizio) di promuovere un incidente di esecuzione pienamente "recuperatorio" di ogni facoltà probatoria tesa a dimostrare l'effettiva titolarità (totale o parziale) del bene oggetto di confisca.


Ciò per il semplice motivo per cui il contenuto dimostrativo della statuizione di confisca - sotto il profilo patrimoniale -non è opponibile al soggetto terzo, inciso nel diritto di proprietà, che non ha partecipato al procedimento e che deve poter dimostrare, con ogni mezzo, la titolarità 'reale' del bene (da ultimo, esprime tale principio di diritto Sez. U, Putignano del 27/03/2025, in attesa di deposito, la cui informazione provvisoria n.3/2025 si sofferma in modo significativo, in tema di rivendicazione della effettiva titolarità dei beni confiscati, sulla possibile deduzione da parte del terzo di ogni elemento utile in relazione al thema probandum).


Dire che il giudizio di sproporzione tra redditi e investimenti del nucleo familiare Di.An. - Pa.Pa. ha avuto esito di 'incapienza' rispetto al costo dell'investimento non ha nessuna importanza rispetto alla tesi, liberamente sostenibile, della provenienza delle risorse investite (per acquisto del terreno e successiva edificazione) dalla famiglia di origine della Di.An., tesi sostenuta dalla difesa con l'atto di opposizione.


2. Di ciò pare rendersi conto la stessa Corte di Appello, che in una seconda parte del provvedimento esamina - sia pure fugacemente - la produzione difensiva, in ciò smentendo la sua stessa premessa.


Anche in tale parte della decisione, tuttavia, la Corte di merito muove da una - seppure implicita - premessa in diritto errata.


Il terzo titolare formale del bene non può essere gravato da un onere di dimostrazione piena della legittima provenienza del bene, ma è gravato da un mero onere di allegazione, posto che la scissione tra proprietà formale e disponibilità in capo al condannato (o al soggetto pericoloso in prevenzione) deve essere fornita dall'organo dell'accusa.


Anche in tal caso si tratta di un principio talmente radicato nella giurisprudenza di questa Corte, sì da non richiedere particolare illustrazione, posto che incombe sull'accusa l'onere di dimostrare rigorosamente, ai fini del sequestro e della confisca di beni intestati a terzi, l'esistenza di situazioni che avallino concretamente l'ipotesi del carattere puramente formale di detta intestazione, funzionale alla esclusiva finalità di favorire il permanere del bene in questione nella effettiva ed autonoma disponibilità di fatto del proposto, disponibilità la cui sussistenza, caratterizzata da un comportamento "uti dominus" del medesimo proposto, in contrasto con l'apparente titolarità del terzo, dev'essere accertata con indagine rigorosa, intensa ed approfondita, avendo il giudice l'obbligo di spiegare le ragioni della ritenuta interposizione fittizia sulla base non di sole circostanze sintomatiche di spessore indiziario, ma di elementi fattuali connotati dai requisiti della gravità, precisione e concordanza ed idonei, pertanto, a costituire prova indiretta dell'assunto che si tende a dimostrare (in tali termini già Sez. 1, n. 6279 del 10/11/1997, Rv. 208941).


Sotto tale profilo la motivazione del diniego è dunque da un lato viziata nelle sue premesse, dall'altro incompleta e inadeguata rispetto alla produzione documentale della difesa, posto che non vi è un reale esame del punto del disinvestimento e della produzione di redditi attraverso l'attività agricola, sempre nell'ottica dell'onere di allegazione di cui sopra.


Va pertanto disposto l'annullamento della decisione impugnata, per nuovo giudizio, nel cui ambito, ferma restando la libera attribuzione di peso dimostrativo agli elementi di prova, dovranno trovare attuazione i principi di diritto di cui sopra.


P.Q.M.


Annulla l'ordinanza impugnata con rinvio per nuovo giudizio alla Corte di Appello di Napoli.

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