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La cella e gli ambienti penitenziari sono considerati luoghi aperti al pubblico ai fini del reato di oltraggio (Cass. Pen. n. 10070/2025)

Con la sentenza n. 10070/2025, la Sesta Sezione Penale della Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di S.D.M., confermando la condanna per oltraggio a pubblico ufficiale (art. 341-bis c.p.).

La decisione ribadisce un principio consolidato: la cella e gli ambienti penitenziari sono considerati luoghi aperti al pubblico ai fini della configurabilità del reato di oltraggio, poiché destinati alla fruizione di più soggetti.


Il caso: insulti e sputi a un agente di polizia penitenziaria

S.D.M. era stato condannato dal Tribunale di Ascoli Piceno alla pena di 4 mesi di reclusione per aver offeso l'onore e il prestigio del Sovrintendente di Polizia Penitenziaria A.R., proferendo al suo indirizzo l'espressione "infame di merda" e sputandogli alle spalle all'interno della semisezione del reparto di alta sicurezza della Casa circondariale di Ascoli Piceno.

La Corte d’Appello di Ancona, l’8 marzo 2024, ha confermato la condanna, ritenendo provata la natura offensiva dell’azione e la sussistenza delle condizioni previste dall’art. 341-bis c.p.

Il difensore di S.D.M. ha presentato ricorso per Cassazione, sollevando tre questioni principali:

  • Assenza di connessione tra le offese e l’atto d’ufficio dell’agente

La difesa sosteneva che le espressioni ingiuriose erano state pronunciate dopo il ricollocamento del detenuto nella sua cella, quindi non in corso di un’attività ufficiale.

  • Mancanza di prova della presenza di altre persone che abbiano percepito l’offesa

Secondo la difesa, non vi era certezza che altri detenuti avessero effettivamente udito le espressioni offensive, requisito essenziale per l’integrazione del reato.

  • Diniego ingiustificato dell’applicazione di una pena sostitutiva

La difesa lamentava l’assenza di motivazione adeguata nel rigetto della richiesta di applicazione di una pena alternativa alla detenzione.


La decisione della Cassazione

La Suprema Corte ha respinto tutte le censure, dichiarando il ricorso inammissibile e condannando S.D.M. al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria di 3.000 euro.

1. Gli ambienti penitenziari sono luoghi aperti al pubblico ai fini dell’art. 341-bis c.p.

La Cassazione ha confermato che le sezioni di un istituto penitenziario non sono luoghi privati, ma ambienti aperti al pubblico, in quanto destinati alla presenza di più soggetti, anche se ristretti (Cass. Sez. 6, n. 26028/2018, DR).

Il concetto di "pubblico" non è limitato alla generalità delle persone, ma include anche una cerchia determinata di soggetti presenti in un determinato contesto, come altri detenuti e il personale penitenziario.

2. Il reato di oltraggio si configura anche se le espressioni offensive sono udibili da più persone

Non è necessario che vi sia prova diretta dell’effettiva percezione da parte di più persone: è sufficiente che le espressioni siano potenzialmente udibili (Cass. Sez. 6, n. 19010/2017, Trombetta).

Nel caso in esame, le offese sono state proferite in una semisezione del reparto di alta sicurezza, dove erano presenti altri detenuti.

Questo contesto era sufficiente per integrare il reato, poiché la possibilità che altri abbiano percepito le parole era concreta e non meramente ipotetica.

3. Il diniego della pena sostitutiva era adeguatamente motivato

La Corte d’Appello ha negato la sostituzione della pena detentiva sulla base della pericolosità sociale dell’imputato, evidenziando:

  • La sua "proclività a delinquere", dimostrata da numerosi precedenti per reati gravi contro la persona e il patrimonio.

  • Due condanne definitive per reati analoghi.

La prognosi sfavorevole sul rispetto delle prescrizioni ha giustificato il diniego della pena sostitutiva, in linea con i criteri dell’art. 133 c.p. (Cass. Sez. 3, n. 19326/2015, Pritoni).

4. Il ricorso era una mera riproposizione di questioni già esaminate in appello

Un ricorso per Cassazione che ripete le stesse doglianze già respinte in appello è inammissibile (Cass. Sez. U, n. 8825/2016, Galtelli).

Nel caso di specie, la difesa non ha fornito nuovi elementi che potessero mettere in discussione la correttezza della motivazione della sentenza impugnata.


Conclusioni

La sentenza ha affermato in materia di oltraggio a pubblico ufficiale e di pene sostitutive:

  • Gli ambienti penitenziari sono considerati luoghi aperti al pubblico ai fini del reato di oltraggio.

  • Non è necessario che le espressioni offensive siano effettivamente percepite da più persone: è sufficiente che siano udibili.

  • Il giudice può negare l’applicazione di una pena sostitutiva se vi sono fondati motivi per ritenere che l’imputato non rispetterà le prescrizioni.

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