Non basta indicare il reato più grave: va motivato ogni aumento per continuazione (Cass. pen. n. 20084/2025)
- Avvocato Del Giudice
- 31 mag
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1. Introduzione
La sentenza n. 20084/2025 emessa dalla Cassazione penale, sezione IV, rappresenta un decisivo intervento interpretativo in tema di trattamento sanzionatorio nei casi di reato continuato. Il Supremo Collegio ha esaminato la corretta applicazione degli aumenti di pena legati al riconoscimento della continuazione, concentrandosi sull’obbligo motivazionale del giudice nel quantificare ciascun incremento per i reati satelliti. La questione, che ha visto contrapporsi più orientamenti ermeneutici, assume particolare rilevanza alla luce del principio di proporzionalità e della funzione rieducativa della pena.
2. Il contesto fattuale e la decisione della Corte d’Appello di Napoli
Nel procedimento oggetto di impugnazione, la Corte d’Appello di Napoli, con sentenza del 2 luglio 2024, aveva rideterminato il trattamento sanzionatorio per un gruppo di imputati (tra cui Da.An., Ma.Ro., Ru.Do., Iu.Pa., Ca.Do., Ca.Ma., Nu.Ma. e Se.Ga.) condannati per reati relativi alla detenzione illecita di sostanza stupefacente e altri delitti correlati.
In particolare, il ricorso di Da.An. si era concentrato sulla carenza di motivazione in ordine all’aumento di pena per effetto del riconoscimento della continuazione esterna: il giudice aveva riconosciuto il vincolo tra i reati già passati in giudicato e quelli contestati, ma non aveva indicato in modo specifico le ragioni per cui l’aumento incrementale risultasse di entità così rilevante, lasciando il giudizio motivazionale generico e, secondo il ricorrente, in contrasto con i principi di trasparenza e proporzionalità sanciti dall’art. 133 c.p. e dall’ordinamento costituzionale.
3. Il nodo interpretativo: l’obbligo di una motivazione dettagliata
Il Supremo Collegio ha ribadito che, per la corretta individuazione del trattamento sanzionatorio nei casi di reato continuato, è imprescindibile che il giudice:
indichi in maniera puntuale e differenziata il contributo di ciascun reato satellite alla pena complessiva,
motivazione in modo specifico l’entità dell’aumento, in funzione della gravità dei singoli episodi e del loro impatto sul complesso della condotta criminosa,
garantisca che non si operi un cumulo materiale surrettizio di pene, preservando il rapporto di proporzionalità tra la pena base e l’incremento dovuto alla continuazione.
Il contrasto interpretativo, infatti, era già oggetto di ampio dibattito: se da un lato alcune pronunce hanno ritenuto sufficiente una motivazione unitaria sul reato più grave, dall’altro, numerose sentenze delle Sezioni Unite – come ad esempio quella di Pezzone (Sez. U, n. 47127/2021) – hanno sancito l’obbligo di una motivazione distinta per ciascun reato satellite, affinché risulti “conoscibile l’elemento che ha condotto alla definizione di quel valore”.
4. Le conclusioni della Cassazione
La Cassazione, esaminati i vari ricorsi e in particolare quello di Da.An., ha ritenuto fondato il ricorso per il mancato rispetto dell’onere motivazionale nella determinazione dell’aumento di pena per la continuazione. Di conseguenza, la sentenza impugnata è annullata limitatamente al trattamento sanzionatorio nei confronti di Da.An., con rinvio per nuovo giudizio ad altra Sezione della Corte d’Appello di Napoli, affinché venga rivalutata la quantificazione dell’incremento penale.
Per quanto riguarda gli altri ricorrenti (Ma.Ro., Ru.Do., Iu.Pa., Ca.Do., Ca.Ma., Nu.Ma. e Se.Ga.), i loro ricorsi risultano inammissibili, in quanto nelle istanze sono stati sollevati motivi di natura generica o si era già concordato l’accordo sulla pena ai sensi dell’art. 599-bis c.p.p., che preclude il riesame di questioni su cui le parti hanno raggiunto un consenso.
5. Conclusione
La pronuncia del 16 maggio 2025 della Cassazione penale, sez. IV, getta ulteriore luce sui limiti dell’interpretazione analogica nel contesto del reato continuato, ribadendo la necessità di una motivazione articolata e specifica per ogni incremento di pena.
Tale inquadramento si configura come elemento essenziale per garantire il rispetto dei principi di trasparenza, proporzionalità e razionalità della sanzione penale, nonché per tutelare la funzione rieducativa della pena.
La sentenza integrale
Cassazione penale sez. IV, 16/05/2025, (ud. 16/05/2025, dep. 29/05/2025), n.20084
RITENUTO IN FATTO
1. La Corte d'Appello di Napoli, con sentenza del 2 luglio 2024, in riforma della sentenza del Giudice dell'Udienza Preliminare del Tribunale di Napoli, previa rinuncia degli appellanti a motivi diversi da quelli relativi al trattamento sanzionatorio, ha rideterminato la pena inflitta ai sotto indicati imputati nei seguenti termini:
nei confronti di Da.An., riconosciuto il vincolo della continuazione tra i reati di cui al presente processo (capo 4: artt. 81 e 110 cod. pen. 73, commi 1 e 6, D.P.R. 9 ottobre 1990 n. 309; capo 34: artt. 81,110 cod. pen., 73, commi 1 e 6, D.P.R. 9 ottobre 1990 n. 309) e quelli già giudicati con la sentenza della Corte di Appello di Napoli n. 1934/23, irrevocabile il 7 novembre 2023, in anni 6 mesi 6 di reclusione e Euro 29.000 di multa;
- nei confronti di Ma.Ro. in ordine al reato di cui agli artt. 81,110, cod. pen. 73, commi 1 e 6, D.P.R. n. 309/90 (capo 21), con le già concesse circostanze attenuanti generiche, in anni 4 di reclusione e Euro 20.000 di multa;
- nei confronti di Ru.Do. in ordine al reato di cui all'art. 74, commi 1, 2, 3, D.P.R. n. 309/90 (capo 3) e in ordine Ai delitti scopo di cui agli artt. 81 e 110 cod. pen. e 73 D.P.R. n. 309/90 (capi 36, 38) in anni 7 e mesi 6 di reclusione e Euro 30.000 di multa.
La stessa Corte, su concorde richiesta delle parti, ha rideterminato la pena inflitta ai sotto indicati imputati nei seguenti termini:
- nei confronti di Iu.Pa. in ordine al reato di cui al reato di cui all'art. 74, commi 1, 2 e 3, D.P.R. n. 309/90 (capo 3) e in ordine a plurimi delitti scopo di cui agli artt. 81 e 110 cod. pen. e 73 D.P.R. n. 309/90 (capi 22, 38, 5, 31, 13), concesse le circostanze attenuanti generiche in misura prevalente sulle contestate aggravanti, in anni 13 e mesi 8 di reclusione e Euro 28.000 di multa;
- nei confronti di Ca.Do. in ordine al reato di cui all'art. 74, commi 1, 2 e 3 D.P.R. n. 309/90 (capo 3) in ordine a plurimi delitti scopo di cui agli artt. 81 e 110 cod. pen. e 73 D.P.R. n. 309/90 (capi 22, 5, 31, 13) in anni 8 di reclusione;
- nei confronti di Ca.Ma. in ordine al reato di cui agli artt. 81,110 cod. pen. e 73 D.P.R. n. 309/90 (capo 22), in esso parzialmente assorbiti i reati di cui ai capi 35 e 36 ed escluse le aggravanti contestate, in anni 4 di reclusione e Euro 20.000 di multa;
- nei confronti di Nu.Ma. in ordine al reato di cui all'art. 74 commi 1, 2 e 3 D.P.R. n. 309/90 (capo 2) e al reato di cui agli artt. 81,110 cod. pen. e 73 D.P.R. n. 309/90 (capo 26) in anni 6 di reclusione;
- nei confronti di Se.Ga. in ordine al reato di cui all'art. 74, commi 1, 2 e 3, D.P.R. n. 309/90 (capo 2) e al reato di cui agli artt. 81,110 cod. pen. e 73 D.P.R. n. 309/90 (capo 26), già ritenuti in continuazione con quelli giudicati con la sentenza della Corte di Appello di Napoli n. 9614/18 irrevocabile il 10/07/2019, in anni 6 e mesi 10 di reclusione.
Nelle sentenze di merito si dà atto che le indagini, attuate attraverso intercettazioni telefoniche e ambientali, servizi di osservazione della polizia giudiziaria, sequestri di droga e dichiarazioni auto ed etero accusatorie di Co.An. e altri collaboratori di giustizia, avevano consentito di provare:
- la partecipazione di Nu.Ma. e Se.Ga. ad un'associazione dedita allo spaccio di sostanze stupefacenti del tipo cocaina operante nelle province di N e C dal mese di settembre 2017 al mese di ottobre 2018, all'interno della quale la prima aveva il compito di detenere, occultare e trasportare sostanza stupefacente e il secondo il compito di vendere la droga al dettaglio;
- la partecipazione di Iu.Pa., Ca.Do. e Ru.Do. ad un'ulteriore associazione finalizzata alla commercializzazione di sostanze stupefacenti del tipo cocaina, hashish e crack operante nelle province di C dal mese di giugno 2017 al mese di aprile 2018, all'interno del quale Iu.Pa. rivestiva il ruolo di capo e promotore, Ca.Do. e Ru.Do. erano meri partecipi, con il compito di detenere, trasportare e vendere la droga;
- la realizzazione da parte degli associati e di altri soggetti, fra cui Da.An., Ma.Ro. e Ca.Ma., di delitti di cui all'art. 73 D.P.R. n. 309/90.
2. Avverso la sentenza hanno proposto ricorso i summenzionati imputati, ciascuno a mezzo del proprio difensore.
2.1. Da.An. ha presentato ricorso con cui, con unico motivo, ha dedotto il vizio di motivazione e la violazione di legge in relazione al trattamento sanzionatorio. Il difensore osserva che nel corso del giudizio di appello il ricorrente aveva rinunciato ai motivi diversi da quelli relativi al trattamento sanzionatorio (con cui aveva chiesto l'esclusione della recidiva, il riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche nella massima estensione, il minimo della pena e l'aumento minimo per la continuazione fra i reati) e con motivi aggiunti aveva chiesto il riconoscimento della continuazione fra i fatti oggetto della sentenza impugnata e quelli già giudicati con sentenza n. 1934/23, irrevocabile, emessa dalla Corte di Appello di Napoli. La Corte di appello aveva accolto tale ultima richiesta, rideterminando la pena in anni 6 e mesi 6 di reclusione e Euro 29.000 di multa, senza motivare in ordine al quantum di aumento per la continuazione esterna.
2.2. Ma.Ro. ha presentato ricorso, formulando un unico motivo con cui ha dedotto la violazione di legge e il vizio di motivazione in relazione al trattamento sanzionatorio. Il difensore ricorda che nel giudizio di appello Ma.Ro. aveva rinunciato ai motivi diversi da quelli relativi al trattamento sanzionatorio (con cui aveva chiesto il riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche nella massima estensione, il minimo della pena e l'aumento minimo per la continuazione). La Corte di appello aveva riconosciuto le circostanze attenuanti generiche in misura più ampia rispetto a quella determinata dal Gip in ragione della condotta collaborativa e aveva rideterminato la pena in anni 4 di reclusione e Euro 20.000 di multa, senza motivare in ordine al mancato riconoscimento delle generiche nella misura massima e in ordine alla misura dell'aumento in continuazione.
2.3. Ru.Do. ha presentato ricorso, formulando un unico motivo con cui ha dedotto la violazione di legge in relazione al trattamento sanzionatorio. Il difensore rileva che la motivazione della Corte in ordine alla pena sarebbe fondata su formule stereotipate e lamenta la mancata considerazione dell'ammissione degli addebiti e dell'assenza di elementi da cui desumere una particolare capacità a delinquere del ricorrente.
2.4. Iu.Pa. ha presentato ricorso, formulando un unico motivo con cui, in maniera generica, ha dedotto la contraddittorietà e/o la manifesta illogicità della motivazione.
2.5. Ca.Do. ha presentato ricorso, formulando un unico motivo con cui, in maniera generica, ha dedotto la contraddittorietà e/o la manifesta illogicità della motivazione.
2.6 Ca.Ma. ha presentato ricorso, formulando un unico motivo con cui, in maniera generica, ha dedotto la contraddittorietà e/o la manifesta illogicità della motivazione.
2.7. Nu.Ma. ha presentato ricorso, formulando due motivi.
2.7.1. Con il primo motivo, ha dedotto la violazione di legge e il vizio di motivazione in merito al trattamento sanzionatorio e al diniego delle circostanze attenuanti generiche nella massima estensione con giudizio di prevalenza. Il difensore ricorda che il giudice, nel valutare la configurabilità delle circostanze attenuanti generiche, quale strumento di adeguamento della pena al caso concreto, deve attenersi ai criteri di cui all'art. 133 cod. pen.; più in generale, il giudice è tenuto a dare conto delle ragioni della determinazione della pena: ai limiti interni di cui all'art. 133 cod. pen. corrisponde l'obbligo di motivazione di cui all'art. 132 cod. pen.
2.7.2 Con il secondo motivo, ha dedotto il vizio di motivazione. Secondo il difensore, nel caso in esame la motivazione della sentenza sarebbe generica, in quanto conterrebbe un mero riferimento alle modalità della condotta, che, in concreto, deponevano semmai per un fatto di lieve entità. Nello stesso motivo si afferma anche che "risulta carente e immotivata la posizione di Ca.Lu.".
2.8 Se.Ga. ha presentato ricorso, formulando due motivi.
2.8.1. Con il primo motivo, ha dedotto la violazione di legge e il vizio di motivazione in merito al trattamento sanzionatorio e al diniego delle circostanze attenuanti generiche nella massima estensione con giudizio di prevalenza. Il difensore ricorda che il giudice, nel valutare la configurabilità delle circostanze attenuanti generiche, quale strumento di adeguamento della pena al caso concreto, deve attenersi ai criteri di cui all'art. 133 cod. pen.; più in generale, il giudice è tenuto a dare conto delle ragioni della determinazione della pena: ai limiti interni di cui all'art. 133 cod. pen. corrisponde I' obbligo di motivazione di cui all'art. 132 cod. pen.
2.8.2 Con il secondo motivo, ha dedotto il vizio di motivazione. Secondo il difensore, nel caso in esame la motivazione della sentenza sarebbe generica, in quanto conterrebbe un mero riferimento alle modalità della condotta, che, in concreto, deponevano semmai per un fatto di lieve entità. Nello stesso motivo si afferma anche che "risulta carente e immotivata la posizione di Ca.Lu.".
3. Il Procuratore Generale, nella persona del sostituto Ferdinando Lignola, ha presentato conclusioni scritte con cui ha chiesto dichiararsi l'inammissibilità dei ricorsi.
4. I ricorrenti Nu.Ma. e Se.Ga. hanno depositato memoria con cui hanno insistito per l'annullamento della sentenza impugnata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso di Da.An. è fondato. I ricorsi dei restanti imputati devono essere, invece, dichiarati inammissibili.
2.Occorre dare atto che i ricorrenti Da.An., Ma.Ro. e Ru.Do. hanno rinunciato ai motivi diversi da quelli relativi al trattamento sanzionatorio, ma non hanno concordato la pena con il pubblico ministero.
2.1. Il ricorso di Da.An., incentrato sulla carenza di motivazione in ordine alla determinazione del trattamento sanzionatorio a seguito del riconoscimento della continuazione esterna da parte della Corte di appello di Napoli con i reati oggetto di sentenza già passata in giudicato, è fondato.
2.1.1. Il ricorrente in primo grado è stato ritenuto responsabile dei reati a lui ascritti ai capi 4) e 34) e, escluse le circostanze aggravanti di cui agli artt. 112 e 416-bis.1 cod. pen., concesse le circostanze attenuanti generiche in misura equivalente alla contestata recidiva infraquinquennale, tenuto conto della continuazione interna ed esterna, è stato condannato alla pena di anni 5 di reclusione ed Euro 26.000 di multa, così calcolata: pena base per il reato di cui al capo 4) (relativo alla detenzione illecita di sostanza stupefacente del tipo cocaina, ricevuta in più occasioni da due coimputati dal 15 luglio al 25 settembre 2017), ritenuto più grave, anni 7 di reclusione ed Euro 30.000 di multa, aumentata ad anni 7 mesi 6 di reclusione ed Euro 39.000 di multa per la continuazione con il reato di cui al capo 34) (relativo alla detenzione illecita di sostanza stupefacente del tipo cocaina, ricevuta in più occasioni da un coimputato dal mese di ottobre 2017 al mese di gennaio 2018), ridotta come sopra per il rito. La Corte d'Appello, in accoglimento di un motivo di impugnazione, ha ritenuto sussistente il vincolo della continuazione fra detti reati e quello già giudicato con sentenza passata in giudicato e ha rideterminato la pena finale in anni 6 e mesi 6 di reclusione, così calcolata: pena base per il più grave reato di cui al capo 4), tenuto conto della continuazione interna e riconosciute le circostanze attenuanti generiche equivalenti alla recidiva, anni 7 di reclusione ed Euro 30.000 di multa, aumentata per la continuazione con il reato di cui al capo 34) ad anni 7 mesi 6 di reclusione ed Euro 39.000 di multa, ridotta per il rito ad anni 5 di reclusione ed Euro 26.000 di multa, aumentata per il reato di cui al capo BBB (relativo all'acquisto di sostanza stupefacente del tipo cocaina destinata alla rivendita a terzi dal mese di marzo al mese di luglio 2018), già giudicato con la sentenza emessa dalla Corte d'Appello di Napoli irrevocabile il 7 novembre 2023 di anni 1 e mesi 6 di reclusione ed Euro 3000 di multa (già ridotta per il rito, partendo da una pena di anni 2 e mesi 3 di reclusione e Euro 4500 di multa).
2.1.2 È noto che sul tema della motivazione in ordine ai singoli aumenti di pena individuati per i reati satelliti si era registrato un contrasto in giurisprudenza. L'orientamento numericamente prevalente riteneva che l'aumento per la continuazione operato sul reato più grave (e quindi sulla pena base) potesse essere determinato anche in termini cumulativi, senza necessità di indicare specificamente l'aumento di pena correlato a ciascun reato satellite, (Sez. 5, n. 7164 del 13/1/2011, De Felice, Rv. 249710 - 01; Sez. 1, n. 3100 del 27/11/2009, dep. 2010, Amatrice, Rv. 245958 - 01; Sez. 2, n. 32586 del 3/6/2010, Ben Ali, Rv. 247978 - 01; Sez. 2, n. 4984 del 21/1/2015, Giannone, Rv. 262290 - 01; Sez. 5, n. 17081 del 26/11/2014, dep. 2015, Bruni, Rv. 263700 - 01). Il contrapposto orientamento riteneva invece soddisfatto l'obbligo di motivazione solo se l'indicazione di pena era avvenuta compiutamente per ciascun reato satellite in continuazione, anziché unitariamente (Sez. 5, n. 16015 del 1812/2015, Nuzzo, Rv. 263591 - 01; Sez. 1, n. 27198 del 28/5/2013, Margherite, Rv. 256616 - 01; Sez. 3, n. 4209 del 16/12/2008, dep. 2009, Pandolfi, Rv. 242873; Sez. 3, n. 1446 del 13/9/2017, dep. 15/01/2018, S., Rv. 271830 - 01; Sez. 6, n. 48009 del 28/9/2016, Cocomazzi, Rv. 268131 - 01). Peraltro, già in precedenza le Sezioni Unite, nel 1995, erano intervenute sul tema affermando la nullità in parte qua della sentenza con cui la pena complessiva era stata determinata senza alcuna indicazione della pena stabilita per ciascun reato, di quella per il reato più grave e dell'aumento per la continuazione (Sez. U, n. 7930 del 21/4/1995, Zouine, Rv. 201549 - 01). Su questa linea si erano collocate quelle pronunce che richiedevano un obbligo di motivazione più stringente al giudice in relazione alla quantificazione di ciascuna porzione di aumento per il reato continuato (Sez. 4, n. 28139 del 23/6/2015, Puggillo, Rv. 3 264101 - 01; Sez. 2, n. 51731 del 19/11/2013, Foria, Rv. 258108 - 01; Sez. 6, n. 7777 del 29/1/2013, Bardeggia, Rv. 255052 - 01). Sulla scorta di questi ultimi principi giurisprudenziali e della valorizzazione delle previsioni normative contenute negli artt. 81, comma 3, cod. pen., 533, comma 2, e 546, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., le Sezioni Unite hanno ricomposto il contrasto nel senso di ritenere necessaria la specifica indicazione degli aumenti di pena per i reati satelliti e di ritenere sussistente uno specifico onere di motivazione in merito alla misura dell'aumento, così da rendere "conoscibili gli elementi che hanno condotto alla definizione di quel valore". Il Supremo Collegio ha premesso che il reato continuato non è strutturalmente un reato unico e che l'unificazione rappresenta una determinazione legislativa funzionale alla definizione da parte del giudice di un trattamento sanzionatorio più mite di quanto non risulterebbe dall'applicazione del cumulo materiale delle pene. Ne consegue, che dal punto di vista della struttura del reato continuato, non vi è ragione di ridurre l'obbligo motivazionale al solo ambito della individuazione della pena relativa al reato più grave. Inoltre il giudice, nel determinare la misura degli aumenti per la continuazione, esercita, comunque, un potere discrezionale che deve rispettare i principi di razionalità e proporzionalità alla base della funzione rieducativa che l'art. 27 Cost. assegna alla pena. Quanto detto comporta che "il valore ponderale che il giudice attribuisce a ciascun reato satellite concorre a determinare un razionale trattamento sanzionatorio; e, pertanto, devono essere resi conoscibili gli elementi che hanno condotto alla definizione di quel valore" (Sez. U, n. 47127 del 24/06/2021, Pezzone, Rv. 282269). Una volta affermata la necessità della specifica motivazione sui singoli aumenti di pena per la continuazione, le Sezioni Unite si sono preoccupate di precisare anche come l'onere motivazionale sia variabile, ovvero debba essere rapportato all'entità della pena e, soprattutto, al discostamento rispetto al minimo edittale, in base ai parametri affermati dalla consolidata giurisprudenza con riguardo alla determinazione della pena base. In quest'ottica, la Corte ha precisato che l'onere motivazionale va graduato in relazione all'entità della pena inflitta a titolo di continuazione e deve essere comunque tale da escludere che vi possa essere una sproporzione tra pena base e pena per l'aumento a titolo di continuazione. La motivazione, pertanto, deve essere idonea a far ritenere "che risultino rispettati i limiti previsti dall'art. 81 cod. pen.; che non si sia operato surrettiziamente un cumulo materiale di pene; che sia stato rispettato, ove ravvisabile, il rapporto di proporzione tra le pene, riflesso anche della relazione interna agli illeciti accertati" (Sez. U, n. 47127 del 24/06/2021, Pezzone, Rv. 282269).
2.1.3. Così inquadrato il tema dell'onere motivazionale del giudice nella determinazione della pena anche con riferimento ai reati satelliti, si osserva che nel caso di specie, come rilevato dal ricorrente, la Corte non ha ottemperato a tale onere. I giudici hanno calcolato, a seguito del riconoscimento della continuazione con il reato per il quale era già intervenuta condanna passata in giudicato, un aumento di pena di entità significativa e di gran lunga superiore rispetto a quello operato per il riconoscimento della continuazione con il reato meno grave contestato nello stesso procedimento, pur essendo entrambe le fattispecie relative alla illecita detenzione di sostanza stupefacente del tipo cocaina (anni 2 e mesi 3 di reclusione e Euro 4500 di multa per il reato di cui al capo BBB, a fronte di mesi 6 di reclusione e Euro 9000 di multa per il reato di cu al capo 34), senza indicare le ragione di tale determinazione.
Ne consegue che la sentenza deve essere annullata limitatamente al trattamento sanzionatorio, con rinvio ad altra sezione della Corte di Appello di Napoli.
2.2. Il ricorso di Ma.Ro., incentrato sul difetto di motivazione in ordine alla mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche nella misura massima e in ordine alla misura dell'aumento in continuazione, deve ritenersi inammissibile per difetto di specificità o, comunque, manifestamente infondato.
Il giudice di primo grado aveva ritenuto Ma.Ro. responsabile del reato di cui al capo 21) e esclusa l'aggravante di cui all'art. 416-bis.1 cod. pen., e concesse le circostanze attenuanti generiche, lo aveva condannato alla pena di anni 5 di reclusione e Euro 24.000 di multa così determinata: pena base anni 7 e mesi 6 di reclusione e Euro 30.000 di multa, ridotta ex art. 62-bis cod. pen. ad anni 6 di reclusione e Euro 28.000 di multa, aumentata per la continuazione interna ad anni 7 e mesi 6 di reclusione e Euro 36.000, ridotto come sopra per il rito.
La Corte di appello ha rideterminato la pena in anni 4 di reclusione e Euro 20.000 nel modo seguente: pena base anni 7 e mesi 6 di reclusione e Euro 30.000 di multa, ridotta ex art. 62-bis cod. pen. alla pena di anni 5 dì reclusione e Euro 24.000 di multa, aumentata per la continuazione interna ad anni 6 di reclusione e Euro 30.000, ridotta come sopra per il rito.
La Corte, dunque, in accoglimento del motivo di appello, ha applicato la diminuzione massima della pena detentiva a seguito della concessione delle circostanze attenuanti generiche e ha operato un aumento di pena per la continuazione interna di 1 anno.
La censura del ricorrente, di contro, in relazione alla mancata diminuzione anche della pena pecuniaria nella massima estensione appare generica, in quanto non indica ragioni che avrebbero dovuto indurre a diversa determinazione. Deve a tale fine ricordarsi che, secondo un indirizzo giurisprudenziale ormai consolidato, la graduazione della pena, anche in relazione agli aumenti e alle diminuzioni previsti per le circostanze aggravanti e attenuanti, rientra nella discrezionalità del giudice di merito, il quale assolve al relativo obbligo di motivazione se dà conto dell'impiego dei criteri di cui all'art. 133 cod. pen. o richiama alla gravità del reato o alla capacità a delinquere, essendo, invece, necessaria una specifica e dettagliata spiegazione del ragionamento seguito soltanto quando la pena sia di gran lunga superiore alla misura media di quella edittale (Sez. 2, n. 36104 del 27/04/2017, Mastro, Rv. 271243; Sez. 4, n. 21294 del 20/03/2013, Serratore, Rv. 256197). La censura è manifestamente infondata nella parte in cui lamenta la mancata motivazione in ordine alla quantificazione dell'aumento per la continuazione. Tale ultimo aumento, in considerazione dei plurimi episodi contestati e ricostruiti nel dettaglio nella sentenza di primo grado attraverso le intercettazioni, appare di entità minima, sicché la Corte, in virtù dei principi ricordati trattando della posizione di Da.An., non era tenuta ad un particolare impegno motivazionale.
2.3. Il ricorso di Ru.Do., incentrato sulla determinazione della pena, è inammissibile per difetto di specificità.
Il giudice di primo grado aveva ritenuto Ru.Do. responsabile del reato associativo di cui al capo 3) e dei reati scopo di cui ai capi 36) e 38) e lo aveva condannato alla pena di anni 8 e mesi 8 di reclusione e Euro 32.000 di multa, cosi determinata: pena base per il più grave delitto di cui al capo 38), concesse le circostanze attenuanti generiche in misura equivalente alle contestate aggravanti e tenuto conto della continuazione interna, anni 12 di reclusione e Euro 45.000 di multa, aumentata ad anni 13 di reclusione ed Euro 48.000 di multa per la continuazione con i reati di cui ai capi 3) e 36) nella misura di mesi sei ed Euro 1500 per ciascuno di essi, ridotta come sopra per il rito.
La Corte d'Appello, in ragione del comportamento collaborativo dell'imputato, che aveva rinunciato ai motivi diversi da quelli relativi al trattamento sanzionatorio invocandone una riduzione e aveva ammesso le sue responsabilità, ha rideterminato la pena in anni 7 e mesi 6 di reclusione ed Euro 30.000 di multa così determinata: pena base per il più grave reato di cui al capo 38), con le già concesse circostanze attenuanti generiche in misura equivalente alle circostanze aggravanti, anni 10 di reclusione ed Euro 40.000 di multa, aumentata per la continuazione interna ad anni 10 mesi 3 di reclusione ed Euro 42.000 di multa, aumentata per la continuazione esterna ad anni 11 mesi 3 di reclusione ed Euro 45.000 di multa, ridotta come sopra per il rito.
La censura del ricorrente è generica, in quanto si limita a richiamare circostanze, quali il collaborativo comportamento processuale e la non significativa capacità a delinquere, che il giudice di appello ha già considerato nell'accogliere la richiesta di riduzione complessiva del trattamento sanzionatorio, senza addurre alcun elemento di valutazione ulteriore.
3. I ricorrenti Iu.Pa., Ca.Do., Ca.Ma., Nu.Ma. e Se.Ga. hanno rinunciato ai motivi diversi da quelli relativi al trattamento sanzionatorio e hanno concordato la pena con il pubblico ministero, ai sensi dell'art. 599-bis cod. proc. pen.
Secondo il costante orientamento di legittimità, la rinuncia dell'imputato ai motivi d'appello m funzione dell'accordo sulla pena ex art. 599-bis cod. proc. pen. limita la cognizione del giudice di secondo grado ai motivi non oggetto di rinuncia. L'accordo in esame produce quindi effetti preclusivi, anche sulle questioni rilevabili d'ufficio, sull'intero svolgimento processuale, ivi compreso il giudizio di legittimità, analogamente a quanto avviene nell'ipotesi di rinuncia all'impugnazione (ex plurimis: Sez. 4, n. 37111 del 04/07/2024, Salvatori; Sez. 4, n. 30040, del 23/05/2024, Amato; Sez. 6, n. 41254 del 04/07/2019, Leone, cit., Rv. 277196 - 01; Sez. 5, n. 29243 del 04/06/2018, Casero, Rv. 273194 - 01). In definitiva, per l'attuale orientamento di legittimità, in tema di concordato in appello, è ammissibile il ricorso in cassazione avverso la sentenza emessa ex art. 599-bis cod. proc. pen. che deduca motivi relativi alla formazione della volontà della parte di accedere al concordato, al consenso del Pubblico Ministero sulla richiesta e al contenuto difforme della pronuncia del giudice. Per converso, sono inammissibili le doglianze relative a motivi rinunciati, alla mancata valutazione delle condizioni di proscioglimento nel merito ex art. 129 cod. proc. pen., all'omessa derubricazione ovvero a vizi attinenti alla determinazione del trattamento sanzionatorio che non si siano trasfusi nella illegalità della sanzione inflitta (ex plurimis: Sez. 4, n. 944 del 23/10/2019, dep. 2020, M., Rv. 278170 - 01; si vedano altresì Sez. 6, n. 41254 del 04/07/2019, Leone, cit., quanto alle censure inerenti alla qualificazione giuridica del fatto, e Sez. 2, n. 50062 del 16/11/2023, Musella, Rv. 285619 - 01).
Il giudice di secondo grado, nell'accogliere la richiesta di concordato, non deve motivare sul mancato proscioglimento dell'imputato per una delle cause previste dall'art. 129 cod. proc. pen., né sull'insussistenza di cause di nullità assoluta o di inutilizzabilità delle prove, in quanto, in ragione dell'effetto devolutivo proprio dell'impugnazione, una volta che l'imputato abbia rinunciato ai motivi di appello, la cognizione del giudice è limitata ai motivi non oggetto di rinuncia (ex plurimis: Sez. 4, n. 52803 del 14/09/2018, Bouachra, Rv. 274522 - 01; Sez. 3, n. 30190 del 08/03/2018, Hoxha, Rv. 273755 - 01; Sez. 5, n. 15505 del 19/03/2018, Bresciani, Rv. 272853 - 01).
Tali principi sono stati ribaditi da Sez. 4, n. 46847 dell'11/10/2023, Roselli, anche a seguito della sentenza Sez. U, n. 19415 del 27/10/2022, Fazio, Rv. 284481 con cui si è affermata la ricorribilità per cassazione della sentenza di accoglimento del concordato per aver omesso di dichiarare l'estinzione del reato per prescrizione maturata anteriormente alla pronuncia stessa.
3.1. Sulla base di tali principi, i ricorsi di Iu.Pa., Ca.Do., Ca.Ma. sono inammissibili. La doglianza, espressa in maniera anche graficamente identica in tutti tali ricorsi, è esplicitata quale vizio di contraddittorietà e/o manifesta illogicità della motivazione, senza ulteriori indicazioni e senza specificazione anche solo dell'oggetto dell'onere motivazionale che non sarebbe stato assolto.
3.2. I ricorsi di Nu.Ma. e Se.Ga., del tutto sovrapponibili quanto a contenuto e formulazione, sono inammissibili.
5.1. Il primo motivo, incentrato sul mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche nella massima estensione con giudizio di prevalenza e sul trattamento sanzionatorio in genere, è inammissibile avendo i ricorrenti indicato la pena concordata fra le parti.
5.2. Il secondo motivo, con cui si deduce in maniera generica un vizio di motivazione, è inammissibile, oltre che per le ragioni già indicate, per la assoluta aspecificità e per il riferimento ad un soggetto, Ca.Lu., estraneo alle imputazioni e ai fatti oggetto del processo.
4. Conclusivamente la sentenza impugnata deve essere annullata nei confronti di Da.An., limitatamente al trattamento sanzionatorio ed in specie all'aumento di pena per effetto del riconoscimento della continuazione, con rinvio, per nuovo giudizio sul punto, ad altra sezione della Corte di appello di Napoli. Ai sensi dell'art. 624 cod. proc. pen. deve dichiararsi la irrevocabilità della sentenza in ordine all'affermazione della penale responsabilità di Da.An.
Alla dichiarazione di inammissibilità dei ricorsi di Ca.Do., Ca.Ma., Iu.Pa., Ma.Ro., Nu.Ma., Ru.Do. e Se.Ga. segue, ex art. 616 cod. proc. pen. la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali. Tenuto conto della sentenza della Corte costituzionale n. 186 del 13 giugno 2000, e rilevato che non sussistono elementi per ritenere che i ricorrenti non versassero in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, deve essere disposto a loro carico, a norma dell'art. 616 cod. proc. pen., l'onere di versare la somma di Euro 3.000,00 ciascuno in favore della Cassa delle Ammende, somma così determinata in considerazione delle ragioni di inammissibilità.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata nei confronti di Da.An., limitatamente al trattamento sanzionatorio, e rinvia, per nuovo giudizio sul punto, alla Corte di appello di Napoli, sezione diversa. Visto l'art. 624 c.p.p dichiara la irrevocabilità della sentenza in ordine all'affermazione della penale responsabilità di Da.An. Dichiara inammissibili i ricorsi di Ca.Do., Ca.Ma., Iu.Pa., Ma.Ro., Nu.Ma., Ru.Do. e Se.Ga. e li condanna al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila ciascuno in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma, il 16 maggio 2025.
Depositata in Cancelleria il 29 maggio 2025.