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Riparazione per ingiusta detenzione: la Cassazione conferma il diniego per colpa grave (Cass. Pen. n. 7007/2025)


Riparazione per ingiusta detenzione

Con la sentenza n. 7007/2025, la Corte di Cassazione ha affermato, in materia di riparazione per ingiusta detenzione: chi ha tenuto una condotta gravemente colposa, idonea a ingenerare la falsa apparenza della sua colpevolezza, non ha diritto all’indennizzo per la custodia cautelare subita.

Il caso riguarda un avvocato, F.R., assolto dall’accusa di concorso in bancarotta fraudolenta, ma la cui richiesta di riparazione per ingiusta detenzione è stata rigettata.

Secondo la Corte, il suo comportamento aveva contribuito a creare il quadro indiziario che aveva giustificato l’applicazione della misura cautelare, escludendo così il diritto all’indennizzo.


Il caso concreto: rigetto della riparazione per custodia cautelare

L’imputato era stato sottoposto a custodia cautelare in carcere nel 2015 per concorso in bancarotta fraudolenta pluriaggravata. La misura era poi stata sostituita con gli arresti domiciliari e, infine, con l’interdizione dall’esercizio della professione forense. Tuttavia, nel 2023, era stato assolto per non aver commesso il fatto.

Dopo l’assoluzione, F.R. aveva chiesto la riparazione per ingiusta detenzione, ma la Corte d’Appello di Firenze aveva rigettato l’istanza, ritenendo che egli avesse tenuto una condotta idonea a integrare colpa grave, poiché aveva fatto da tramite tra gli autori della bancarotta e il commercialista che aveva orchestrato le operazioni illecite.

L’imputato ha impugnato il provvedimento, sostenendo:

  • Violazione dell’art. 314 c.p.p.: secondo la difesa, la Corte avrebbe dovuto verificare se la misura cautelare fosse stata applicata senza che sussistessero le condizioni richieste dagli artt. 273 e 280 c.p.p.

  • Mancata considerazione della sentenza di assoluzione: il ricorrente ha contestato il riferimento alla sua presunta colpa grave, affermando che la sua estraneità ai fatti era stata accertata dal giudice di merito.


La decisione della Cassazione: il comportamento colposo esclude la riparazione

La Suprema Corte ha respinto il ricorso, confermando la decisione della Corte d’Appello di Firenze. Due sono i principi centrali della sentenza.


1. La colpa grave ostativa alla riparazione per ingiusta detenzione

La Cassazione ha ribadito che chi ha tenuto un comportamento tale da giustificare, seppur erroneamente, l’applicazione della misura cautelare, non ha diritto all’indennizzo.

“La colpa grave ostativa alla riparazione per ingiusta detenzione sussiste quando la condotta dell’imputato, pur non essendo penalmente rilevante, abbia contribuito in modo significativo alla decisione di applicare la custodia cautelare” (Cass., Sez. U, n. 32383/2010).

Nel caso in esame, la Cassazione ha ritenuto che il ricorrente avesse consapevolmente favorito le interlocuzioni tra i principali autori della bancarotta e il commercialista, ospitando presso il proprio studio le riunioni decisive per la distrazione dei beni societari. Tale comportamento, sebbene non penalmente rilevante, aveva contribuito a creare il quadro indiziario che aveva giustificato la misura cautelare.


2. La riparazione è esclusa anche in assenza di una condanna

Un altro aspetto fondamentale della sentenza riguarda la possibilità di negare la riparazione anche quando l’imputato sia stato assolto. Secondo la Cassazione:

“Il giudice della riparazione può rivalutare i fatti emersi nel processo penale, ivi accertati o non esclusi, al fine di decidere sulla sussistenza del diritto alla riparazione” (Cass., Sez. 4, n. 27397/2010).

Nel caso di F.R., il fatto che la sentenza di merito avesse escluso la prova certa del suo coinvolgimento non eliminava il comportamento colposo che aveva contribuito a generare il sospetto nei suoi confronti.


Le implicazioni

Questa decisione rafforza un orientamento rigoroso nei confronti delle richieste di riparazione per ingiusta detenzione, stabilendo che:

  • L’assenza di una condanna non implica automaticamente il diritto all’indennizzo.

  • Se l’imputato ha tenuto una condotta che ha contribuito a creare il quadro indiziario a suo carico, può essergli negata la riparazione per colpa grave.

Il giudice della riparazione ha il potere di riesaminare i fatti del processo per valutare la sussistenza di colpa grave.


Conclusioni

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di F.R., confermando il diniego della riparazione e condannandolo al pagamento delle spese processuali e di 1.000 euro in favore del Ministero dell’Economia e delle Finanze.


La sentenza integrale



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