L’ordinanza cautelare emessa nei confronti di un indagato alloglotta è valida fino alla prova effettiva della mancata conoscenza della lingua italiana (Cass. Pen. n. 9794/2025)
- Avvocato Del Giudice
- 20 mar
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Con la sentenza n. 9794/2025, la Quarta Sezione Penale della Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di Y.M., confermando l’ordinanza del Tribunale del Riesame di Milano che aveva disposto la custodia cautelare in carcere per reati legati alla detenzione e spaccio di sostanze stupefacenti (art. 73 d.P.R. n. 309/1990).
La decisione chiarisce e ribadisce i principi espressi dalle Sezioni Unite nella sentenza Niecko (n. 15069 del 26/10/2023), con particolare riferimento al diritto dell’indagato alloglotta alla traduzione degli atti processuali e alla validità degli stessi in caso di mancata traduzione tempestiva.
Il caso: Ricorso per mancata traduzione e diritto di difesa
Y.M. aveva impugnato l’ordinanza cautelare emessa dal GIP di Busto Arsizio e confermata dal Tribunale del Riesame di Milano, lamentando:
La mancata traduzione dell’ordinanza cautelare in lingua nota (arabo), nonostante la presunta scarsa conoscenza della lingua italiana.
L’insussistenza della gravità indiziaria e delle esigenze cautelari.
L’erronea scelta della misura cautelare applicata.
Il ricorrente aveva dedotto che la traduzione dell’ordinanza era stata disposta tardivamente, ovvero 16 giorni dopo l’esecuzione del provvedimento restrittivo e oltre il termine previsto per proporre richiesta di riesame.
La decisione della Cassazione
La Suprema Corte ha rigettato il ricorso, stabilendo che:
1. La validità dell’ordinanza cautelare nei confronti di un soggetto alloglotta dipende dall’effettiva conoscenza della lingua italiana
L’ordinanza emessa senza traduzione è valida fino al momento in cui si accerta la mancata conoscenza della lingua italiana da parte dell’indagato.
Se la traduzione avviene in un termine congruo dopo l’accertamento della non conoscenza della lingua italiana, l’ordinanza è considerata valida.
Nel caso in esame, la presenza di un interprete durante l’interrogatorio di garanzia e la traduzione dell’ordinanza dopo 16 giorni sono state ritenute idonee a garantire il diritto di difesa.
2. La congruità del termine per la traduzione deve essere valutata caso per caso
Il termine di 16 giorni per la traduzione è stato ritenuto congruo, considerata la complessità del provvedimento (43 pagine).
Il ricorrente non ha dimostrato alcun pregiudizio concreto derivante dal presunto ritardo nella traduzione.
3. La presentazione della richiesta di riesame esclude la nullità della procedura
L’aver presentato l’istanza di riesame implica che il ricorrente ha esercitato il proprio diritto di difesa, escludendo ogni vizio derivante dalla tardiva traduzione.
In assenza di elementi concreti che dimostrino un pregiudizio effettivo per la difesa, il ricorso non può essere accolto.
Conclusioni
La sentenza ha affermato in tema di traduzione degli atti processuali nei confronti di imputati alloglotti:
L’ordinanza cautelare è valida fino a quando non sia accertata la mancata conoscenza della lingua italiana da parte dell’indagato.
Il termine per la traduzione deve essere congruo, ma la valutazione spetta al giudice di merito, che deve tenere conto delle circostanze concrete del caso.
L’eventuale vizio della traduzione tardiva è sanato se l’indagato ha comunque esercitato il proprio diritto di difesa, come nel caso della presentazione di un’istanza di riesame.