Misure cautelari: una sola intercettazione non basta a fondare la partecipazione al sodalizio (Cass. Pen. n. 34335/25)
- Avvocato Del Giudice

- 28 ott
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Massima
Nel giudizio cautelare, la gravità indiziaria ex art. 273 c.p.p. richiede la presenza di elementi dotati di consistenza logica e rappresentativa tali da fondare una qualificata probabilità di colpevolezza; nondimeno, l’unicità dell’elemento indiziario, specie se incerto o contestato sotto il profilo fonico, non può da sola giustificare l’applicazione della misura cautelare, in assenza di riscontri circa la stabilità, la consapevolezza e l’effettività del contributo partecipativo al sodalizio criminoso. (Cass. pen., sez. I, 17 ottobre 2025, dep. 21 ottobre 2025, n. 34335).
La sentenza integrale
Cassazione penale sez. I, 17/10/2025, (ud. 17/10/2025, dep. 21/10/2025), n.34335
RITENUTO IN FATTO
1. Con l'impugnato provvedimento il Tribunale del riesame di Napoli confermava parzialmente l'ordinanza del 17 marzo 2025 con la quale il giudice per le indagini preliminari di quello stesso Tribunale aveva applicato nei confronti di Ca.Vi. la misura cautelare della custodia in carcere.
In particolare, i giudici della libertà escludevano la gravità indiziaria in relazione ai delitti di omicidio pluriaggravato, detenzione e porto in luogo pubblico di armi contestati ai capi 13) e 14), confermando il provvedimento impugnato quanto alle residue contestazioni di cui agli artt. 416-bis cod. pen. (capo 1), 74 D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309 (capo 2), 56 e 629 cod. pen. (capo 11) e 648 cod. pen. (capo 15).
Per quanto in questa sede rileva, i giudici distrettuali, ricostruiti composizione ed ambito operativo dell'associazione costituita per la perpetrazione di una serie indefinita di reati in materia di stupefacenti, retta dal coindagato An.Br., ritenevano che l'odierno ricorrente, così come contestato nell'imputazione provvisoria, ne avesse fatto parte in quanto "stabilmente impiegato, alternandosi in turni, alla vendita al minuto delle dosi di stupefacente"; i gravi indizi venivano tratti dal contenuto di una conversazione intercettata alle 21:09 del 18 maggio 2019, allorquando An.Br., parlando con la propria moglie Ma.Ci., le riferiva che la vendita al dettaglio dello stupefacente presso una delle piazze di spaccio controllate dal sodalizio avrebbe dovuto essere curata da due persone contemporaneamente, e che uno dei due pusher sarebbe stato l'odierno ricorrente (indicato con il suo soprannome Ca.), che tuttavia avrebbe preferito lavorare da solo, per ricavarne un maggiore profitto: "quelli devono lavorare a due, no a uno! Perché a uno li arrestano! Perché uno deve andare e uno lo deve guardare! Hai capito? Perché Ca. si vuole abbuffare e non vuole a due, hai capito?".
Le doglianze sviluppate nel ricorso dal Ca.Vi. venivano rigettate, ritenendosi irrilevante che nessuno dei collaboratori di giustizia avesse riferito del suo coinvolgimento nel traffico degli stupefacenti ("era ben possibile che personaggi di spicco come i collaboratori non conoscessero tutti i pusher dei singoli gruppi con cui si interfacciavano, avendo avuto rapporti solo con i relativi vertici e/o responsabili"), che il Ca.Vi. non fosse mai stato ripreso dalla telecamera installata di fronte all'abitazione del An.Br.("la mancata frequentazione della casa di un boss ben poteva spiegarsi con il ruolo meno centrale del sodale, tanto è vero che la difesa non spendeva questo stesso argomento per confutare l'affiliazione ex art. 416 bis c.p., neanche oggetto di contestazione"), che da nessuna altra conversazione intercettata fosse emerso che il Ca.Vi. si occupava della vendita dello stupefacente per conto del sodalizio ("essendo ben possibile che, in alcune conversazioni, non si facesse riferimento a tutti gli uomini del gruppo, restando il fatto - in ogni caso - che nella intercettazione n. 5120 era chiara l'indicazione del Ca.Vi. come componente del sodalizio, inserito nei turni dello spaccio").
I giudici distrettuali, infine, non ritenevano decisivo quanto illustrato dal consulente fonico della difesa, dottor Ga.Pi., ad avviso del quale nella conversazione n. 5120 gli interlocutori non pronunciano mai la parola Ca., sostenendo che "alla certezza trascrittiva della PG si opponeva un mero dubbio", in quanto: il consulente non si era espresso in termini di certezza; lo stesso consulente aveva ritenuto che il An.Br.avesse pronunciato "un nome o un soprannome percepibile come (Omissis)", che aveva "una chiara assonanza con il nomignolo del Ca.Vi., vista la presenza dell'alternarsi delle vocali "o" ed "e" con le consonanti "z"; Ca.Vi. era l'unico dei sodali "il cui nome richiamava l'assonanza indicata, non emergendo allo stato alcuna altra indicazione nominativa alternativa, nel silenzio della stessa difesa"; la polizia giudiziaria, avendo ascoltato per mesi le telefonate del An.Br., nonché ulteriori telefonate nelle quali si faceva riferimento a Ca., aveva acquisito particolare "dimestichezza nell'ascolto dell'indagato", sicché era più attendibile la trascrizione operata dagli inquirenti, essendo "inverosimile" che nella sola conversazione n. 5120 fosse stato commesso un errore.
2. Il difensore di fiducia di Ca.Vi., Avv. Luigi Senese, ha presentato ricorso per cassazione avverso l'indicata ordinanza, articolando due motivi con i quali deduce vizio di motivazione e violazione di legge.
Con il primo motivo deduce l'illogicità e l'erroneità delle argomentazioni con le quali i giudici distrettuali hanno rigettato - con ragionamento meramente congetturale - le doglianze di ordine logico: ribadisce che nessuno dei collaboratori di giustizia, pur riferendo dell'intraneità del Ca.Vi. al sodalizio mafioso, ha mai parlato di un suo coinvolgimento nel traffico degli stupefacenti, occupandosi il ricorrente esclusivamente di delitti contro il patrimonio (furti e successive estorsioni in danno delle vittime dei furti); che il Ca.Vi. vanta precedenti per delitti contro il patrimonio, e non per delitti in materia di stupefacenti; che il Ca.Vi. non era mai stato visto entrare nell'abitazione di An.Br.; che in nessuna delle intercettazioni nelle quali si discuteva dell'organizzazione della vendita al dettaglio degli stupefacenti veniva fatto il nome del Ca.Vi.; che le conclusioni del consulente fonico erano state travisate, poiché il dottor (Omissis) ha chiarito che nella registrazione della conversazione del 18 maggio 2019 non risulta udibile la parola Ca.; che le argomentazioni spese sul punto nel provvedimento impugnato erano illogiche ed arbitrarie, poiché non vi è alcuna assonanza tra (Omissis) e Ca., parole che, peraltro, si compongono di un numero diverso di sillabe, e poiché non risulta che An.Br. abbia mai pronunciato nelle conversazioni intercettate il termine Ca., poiché detto appellativo è stato captato in una sola conversazione, intercorsa l'1 marzo 2019 tra Ca.Vi. e Ma.Ci.
Con il secondo motivo deduce che, quand'anche volesse ritenersi che il An.Br. abbia fatto riferimento a Ca. nella conversazione del 18 maggio 2019, questo solo elemento, in assenza di ulteriori riscontri, mai emersi nel corso delle corpose attività di indagine, preclude comunque la configurabilità di un grave quadro indiziario a carico del Ca.Vi. in relazione al delitto ascrittogli al capo 2) dell'imputazione provvisoria, nulla potendosi dire in merito all'entità, alla continuità, alla stabilità del contributo fornito dal Ca.Vi., alla sua consapevolezza di agire per conto di un sodalizio, alla sua adesione agli scopi del sodalizio, al suo effettivo inserimento nella struttura organizzativa finalizzata alla vendita al dettaglio dello stupefacente.
3. Il Sostituto Procuratore generale ha chiesto annullarsi con rinvio il provvedimento impugnato, essendo fondato il primo motivo di ricorso, rilevando che "Il Tribunale, per confutare la conclusione del consulente della difesa, fa alcune considerazioni che non possono essere condivise a cominciare dal fatto che, secondo i giudici partenopei, il consulente fonico non avrebbe escluso che An.Br.avesse pronunciato il nome Ca., limitandosi ad affermare che non era "possibile attribuire con assoluta certezza l'informazione sonora alla parola (Omissis). Pure le giustificazioni fornite dal Tribunale del riesame, a favore della ricostruzione operata dalla p.g. in luogo di quella operata dal consulente tecnico della difesa, non paiono assistite da una logica ferrea (cfr. pag. 13). Infatti, i giudici partenopei, nel motivare tale decisione, evidenziano che alla certezza manifestata dalla p.g. nella trascrizione di tale conversazione, la difesa ha opposto una consulenza che, per quanto tecnicamente motivata, si è limitata a insinuare un dubbio di affidabilità in ordine a tale trascrizione. Ma, ad avviso dello scrivente, questo dubbio di affidabilità non può non riverberare i suoi effetti sulla qualità del compendio indiziario, sì da intaccarne la sua gravità e, quindi, l'idoneità a giustificare l'applicazione della misura cautelare che si fonda, come anticipato, su quest'unico elemento (d'altra parte lo stesso Tribunale si preoccupa di far salvi "approfondimenti peritali da rimettersi alla fase del merito"). Si impone, pertanto, la richiesta di annullamento con rinvio dell'ordinanza impugnata affinché il giudice del rinvio possa emendare tale vizio di motivazione dell'ordinanza impugnata".
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è fondato e deve, pertanto, essere accolto.
2. Il primo motivo di ricorso non è fondato; è, invece, fondato il secondo motivo di ricorso.
Secondo l'univoca giurisprudenza di questa Corte, per la configurabilità della condotta di partecipazione ad un'associazione finalizzata al traffico illecito di stupefacenti non è richiesto un atto di investitura formale, ma è necessario che l'apporto dell'agente risulti funzionale per l'esistenza del sodalizio, connotandosi come consapevole ed effettivo contributo alla sua esistenza ed al suo rafforzamento in un dato momento storico (Sez. 5, n. 32020 del 16/03/2018, Capraro, Rv. 273571 - 01); anche nel caso del sodalizio di cui all'art. 74 del D.P.R. n. 309 del 1990 trova senz'altro applicazione il generale principio in base al quale l'appartenenza di un soggetto ad un'associazione per delinquere può essere desunta anche dalla partecipazione ad un solo reato fine, purché sia dimostrato che il ruolo svolto e le modalità dell'azione siano stati tali da mettere in luce la sussistenza del vincolo (Sez. 1, n. 29093 del 24/05/2022, Barilari, Rv. 283311 - 01).
Nel caso di specie la corposa attività investigativa ha consentito di acquisire - quanto all'appartenenza del Ca.Vi. al sodalizio di cui al capo 2) dell'imputazione provvisoria - un unico elemento indiziario: il controverso contenuto della conversazione n. 5120 intercettata il 18 maggio 2019.
Le perplessità rappresentate dalla difesa nel primo motivo di ricorso possono essere in questa fase superate, poiché il dottor Pitzianti ha asseverato che è "lontano dall'assoluta certezza" ritenere che nella conversazione sia stato pronunciato il soprannome Ca.: ma questo non vuol dire che quella interpretazione debba necessariamente ritenersi errata, ossia che essa debba essere esclusa con assoluta certezza.
Si deve in proposito rammentare che lo standard cognitivo che governa il procedimento incidentale de libertate differisce da quello relativo al procedimento principale: mentre il secondo richiede, quale parametro giustificativo della sentenza di condanna, il superamento di "ogni ragionevole dubbio", il primo richiede, quale parametro giustificativo del provvedimento restrittivo, una qualificata probabilità di colpevolezza, ossia l'esistenza di elementi di natura logica o rappresentativa a carico dell'indagato, che contengono in nuce tutti o soltanto alcuni degli elementi strutturali della corrispondente prova e che, quindi, non valgono, di per sé, a provare oltre ogni ragionevole dubbio la responsabilità dell'incolpato, e tuttavia consentono, per la loro consistenza, di prevedere che, restando immutato il quadro indiziario o modificandosi attraverso la futura acquisizione di ulteriori elementi di prova a carico, saranno idonei a dimostrare tale responsabilità (ex multis, Sez. U, n. 11 del 21/04/1995, Costantino, Rv. 202002 - 01).
E, se pure non si è mancato di sottolineare che questa diversità sostanziale non esclude che nella valutazione dei gravi indizi di colpevolezza a fini cautelari possa valorizzarsi il dubbio (cfr. Sez. 3, n. 31022 del 22/03/2023, Necchi, Rv. 284982 - 03: "La valutazione dei gravi indizi di colpevolezza a fini cautelari deve tener conto della regola di giudizio a favore dell'imputato nel caso di dubbio, in quanto, se due significati possono ugualmente essere attribuiti a un dato probatorio, deve privilegiarsi quello più favorevole all'imputato, che può essere accantonato solo ove risulti inconciliabile con altri univoci elementi di segno opposto"), si può osservare che, nel caso di specie, le valutazioni sviluppate dai giudici della libertà e censurate dal ricorrente in merito al contenuto della conversazione non appaiono illogiche né arbitrarie, sicché non sono sindacabili in questa sede, trattandosi di valutazioni proprie del giudice del merito.
Il ricorso è, tuttavia, fondato nella parte in cui attacca la motivazione con la quale si è ritenuto quell'unico elemento sufficiente a ritenere il Ca.Vi. gravemente indiziato dell'appartenenza al sodalizio: ed invero, il contenuto di quella conversazione tra il An.Br.e sua moglie pare limitarsi ad illustrare che il An.Br., avendo la necessità di affidare a qualcuno il controllo di una piazza di spaccio già gestita da altri sodali tratti in arresto, abbia sondato la disponibilità del Ca.Vi., che gli avrebbe tuttavia risposto che non avrebbe lavorato - così come richiestogli dal An.Br.- in coppia con altri soggetti, poiché avrebbe preferito lavorare da solo.
Il provvedimento impugnato, in presenza di una conversazione che non coinvolgeva direttamente il Ca.Vi., nella quale il futuro coinvolgimento dello stesso nel settore degli stupefacenti era meramente ipotizzato, ed alla luce delle ragionevoli doglianze del difensore circa il fatto che nessun ulteriore atto investigativo consentiva di ritenere che il Ca.Vi. si fosse mai dedicato ad attività di spaccio, avrebbe dovuto rintracciare nel materiale raccolto nel corso delle indagini ulteriori elementi idonei a corroborare l'ipotesi investigativa e ad illustrare quale effettivo e riscontrabile contributo, funzionale all'attività del sodalizio, il ricorrente ha in concreto fornito.
3. Alla stregua delle considerazioni che precedono, il provvedimento impugnato deve essere annullato con rinvio, affinché i giudici distrettuali rinnovino la valutazione delle emergenze investigative, emendando la motivazione dai riscontrati vizi, e verificando, all'esito della puntuale disamina delle emergenze investigative e delle allegazioni difensive, la configurabilità dei gravi indizi di colpevolezza in relazione al delitto di cui al capo 2) dell'imputazione provvisoria.
P.Q.M.
Annulla l'ordinanza impugnata relativamente al capo 2 dell'imputazione provvisoria con rinvio per nuovo esame al Tribunale di Napoli - sezione riesame. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all'art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
Così è deciso, 17 ottobre 2025
Depositato in Cancelleria il 21 ottobre 2025




