top of page

Concussione: interdizione perpetua in caso di continuazione solo se la pena non inferiore a tre anni


Corte di Cassazione

La massima

In tema di pena accessorie, la condanna per più reati previsti dall'art. 317 bis, uniti dal vincolo della continuazione e per i quali sia stata inflitta la pena della reclusione per un tempo complessivamente non inferiore a tre anni, importa la interdizione perpetua dai pubblici, in applicazione della disciplina dell'art. 77, comma 2, c.p., secondo la quale se concorrono pene accessorie della stessa specie, queste si applicano tutte per intero (Cassazione penale , sez. VI , 12/06/2014 , n. 39784).



Vuoi saperne di più sul reato di concussione?



La sentenza integrale

Cassazione penale sez. VI, 12/06/2014, (ud. 12/06/2014, dep. 25/09/2014), n.39784

MOTIVI DELLA DECISIONE

S.R. propone ricorso avverso la sentenza del gup del Tribunale di Ferrara del 30 ottobre 2013 di applicazione di pena ex art. 444 c.p.p. per il reato di concussione continuata deducendo:


- la violazione dell'art. 317 bis c.p. in quanto, a fronte di una pena base di anni due e mesi quattro di reclusione poi aumentata ad anni quattro e mesi sei di reclusione per effetto della continuazione, gli è stata applicata la interdizione perpetua dai pubblici uffici anzichè quella temporanea come previsto in caso di pena detentiva principale di durata inferiore ad anni tre.


- Il vizio di motivazione in ordine all'applicazione della confisca ai sensi del D.L. n. 306 del 1992, art. 12 sexies. Tale confisca era stata disposta su iniziativa dal giudice e senza alcun contraddicono sulla scorta di una informativa della Guardia di Finanza inviata dal pubblico ministero al gup per unione al fascicolo già trasmesso per il giudizio. Rileva che, seppure la motivazione della confisca, in assenza di qualsiasi possibilità di difesa specifica, avrebbe dovuto essere particolarmente stringente sulla sussistenza delle relative condizioni, tale motivazione è invece limitata ad un generico rinvio agli accertamenti della Guardia di Finanza quali compendiati nella informativa del luglio 2013; non si è quindi tenuto in alcun conto quanto pur il ricorrente aveva dichiarato in sede di interrogatorio sui propri redditi da libera professione, fatturati regolarmente, dato che non era stato affatto utilizzato dalla Guardia di Finanza nella ricostruzione patrimoniale.


- Inoltre, è stata valorizzata la ricostruzione del patrimonio con riferimento al mero dato complessivo dell'attuale controvalore dei beni senza, invece, considerare il tempo di accumulazione ed il valore al momento degli acquisti.


Con requisitoria scritta il procuratore generale presso questa Corte ha chiesto l'accoglimento del ricorso limitatamente alla determinazione in misura erronea della pena accessoria ritenendo, invece, adeguatamente motivato il provvedimento in materia di confisca.


Il ricorso è fondato limitatamente alla questione relativa all'applicazione della confisca.


Il primo motivo, quanto alla pretesa violazione dell'art. 317 bis c.p. è infondato.


La pena principale è stata applicata per più episodi di concussione posti in continuazione.


Per ciascuno di tali episodi di continuazione è stata applicata la pena accessoria della interdizione pubblici uffici ai sensi dell'art. 317 bis c.p.p. che prevede che alla condanna per concussione segua la interdizione perpetua dai pubblici uffici con eccezione laddove venga inflitta la reclusione per un tempo inferiore a tre anni; in tale caso alla condanna consegue la interdizione temporanea che, non essendo più determinata nella sua durata, deve avere una durata commisurata alla pena principale ai sensi dell'art. 37 c.p..


Il ricorrente, facendo riferimento alla pena base determinata appunto in misura inferiore ad anni tre, invoca quindi la applicazione della pena dell'interdizione temporanea dai pubblici uffici.


E' invece corretta, in applicazione delle disposizioni che riguardano il concorso di reati, la applicazione della misura perpetua tenendosi conto dell'intera pena applicata.


Infatti, ricorrendo un caso di concorso di reati omogenei e di pene accessorie della stessa specie, va applicata la disciplina del secondo comma dell'articolo 77 cp secondo la quale, "se concorrono pene accessorie della stessa specie, queste si applicano tutte per intero".


L'art. 77 c.p., comma 1 risolve il problema del "se" vada applicata la pena accessoria per i reati in continuazione, e la regola è nel senso affermativo, valutandosi i singoli reati prima del cumulo giuridico delle pene per il concorso di reati. Questo vuole dire che la pena accessoria della interdizione dai pubblici uffici va applicata per ciascuna delle ipotesi di concussione per cui è condanna/applicazione di pena.


Per determinare la durata della interdizione vale, invece, la particolare regola del predetto comma 2: le pene accessorie omogenee per ciascuna violazione si applicano per intero.


Pertanto la pena di riferimento per la applicazione della interdizione non è quella del solo reato base, ma è la pena complessiva inflitta per i vari reati ai quali conseguono le pene accessorie della stessa specie che, ex art. 77 c.p., comma 2, devono essere applicate "tutte per intero" (il concorso è solo di reati omogenei per cui non è necessaria alcuna operazione di scorporo).


Va quindi affermato il principio che "la condanna per i reati previsti dall'art. 317 bis c.p. nell'ipotesi di reati omogenei uniti dal vincolo della continuazione per i quali sia stata inflitta la pena della reclusione per un tempo complessivamente non inferiore a tre anni, importa la interdizione perpetua dai pubblici uffici".


E', invece, fondato il motivo di ricorso che riguarda la applicazione della confisca ai sensi dell'art. 12 sexies L. cit..


Il ricorrente rileva come si sia trattato di un "atto a sorpresa" contro il quale non aveva potuto difendersi, ma incentra la sua critica non sul tema della assenza di contraddicono bensì su quello della adeguatezza della motivazione; difatti rileva come, proprio perchè si era proceduto senza previo specifico contraddittorio sul tema della confiscabilità, era necessaria una motivazione ben più accurata.


Effettivamente la motivazione è del tutto assente per profili essenziali messi in luce anche con la allegazione di documenti già in atti:


il giudice difatti ha valutato esclusivamente i redditi dichiarati, limitatamente al reddito da lavoro dipendente, ed ha considerato il valore del patrimonio alla attualità.


Risulta, invece, che già in sede di interrogatorio il ricorrente ebbe ad indicare le sue regolari fonti di reddito da attività professionale (sarà invero compito del giudice di rinvio valutare se tali redditi non siano, in tutto od in parte, proprio il profitto delle concussioni contestate al capo D), ma la sentenza non ne tiene alcun conto. Inoltre, per poter valutare la sproporzione tra reddito e patrimonio, va tenuto conto di quale sia il valore di acquisto dei beni e della epoca di acquisizione. La sproporzione va considerata, difatti, rispetto alla assenza di giustificazione della provvista per l'acquisto, non rilevando certamente l'ulteriore variazione di valore per ragioni di mercato, e va altresì considerata la capacità economica al momento degli acquisti.


Queste carenze rendono la motivazione del tutto inadeguata a giustificare la confisca per cui si impone l'annullamento con rinvio per nuovo giudizio sul punto.


P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata limitatamente alla confisca e rinvia per nuovo giudizio sul punto al tribunale di Ferrara.


Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 12 giugno 2014.


Depositato in Cancelleria il 25 settembre 2014



bottom of page