Critica politica e diffamazione: l’espressione aspra è lecita se inserita nel contesto (Cass. Pen. n. 11571/25)
- Avvocato Del Giudice
- 12 apr
- Tempo di lettura: 2 min

Non integra reato di diffamazione la critica politica formulata con toni aspri se inserita in un contesto di disapprovazione civile e supportata da un nucleo fattuale. La Cassazione annulla la condanna per un post su Facebook contro il sindaco e la giunta, riconoscendo l’esimente dell’esercizio del diritto di critica.
Il fatto
La Corte d’Appello di Salerno aveva confermato la condanna di Cr.An. per diffamazione aggravata, ritenendo che un post da lui pubblicato su Facebook — rivolto al sindaco e ai membri della giunta del Comune di Amalfi — avesse travalicato i limiti del legittimo dissenso per sfociare in un’offesa alla reputazione. L’imputato aveva utilizzato espressioni forti, tra cui “assassini” e “maledetti”, nell’ambito di una critica sull’eccessivo afflusso di autobus turistici e sul conseguente degrado urbano.
Nel ricorso per cassazione, l’imputato ha lamentato la violazione del diritto di critica politica, ritenendo che il proprio intervento fosse espressione legittima del dissenso, e non un’aggressione personale.
La decisione della Corte
La Cassazione ha accolto il ricorso, annullando senza rinvio la sentenza impugnata “perché il fatto non costituisce reato”. La Suprema Corte ha riconosciuto che, sebbene alcune espressioni possano risultare forti o provocatorie, esse sono legittime quando inserite in un contesto di critica politica con finalità civiche.
Secondo la Corte, l’aggettivo “maledetti” ha ormai perso nel linguaggio comune una vera carica offensiva, mentre l’uso del termine “assassini” assumeva un significato figurato, iperbolico, volto a sottolineare la gravità percepita del danno ambientale contestato, non già ad accusare le persone offese di veri delitti.
Inoltre, la Cassazione ha ribadito che in ambito politico la critica può assumere toni duri, anche pungenti, purché non gratuitamente diffamatori e comunque sorretti da un minimo di base fattuale. In tale prospettiva, il diritto di critica politica trova piena tutela, anche alla luce della giurisprudenza della Corte EDU (sentenza Mengi vs. Turkey, 27.02.2013).
Il principio di diritto
“In tema di diffamazione, il diritto di critica politica, anche se esercitato in forma aspra o provocatoria, non travalica i limiti della scriminante ex art. 51 c.p. se rispetta la rilevanza sociale dell’argomento, la continenza espressiva e si fonda su un nucleo fattuale idoneo a giustificare il giudizio di valore.”
La sentenza riafferma il principio costituzionale della libertà di manifestazione del pensiero (art. 21 Cost.) e ribadisce che la soglia della punibilità non può essere abbassata al punto da inibire l’agone democratico. L’uso di espressioni forti in ambito politico non equivale automaticamente a diffamazione.