top of page

Anche le fatture “irregolari” ma formalmente complete possono integrare il reato di dichiarazione fraudolenta (Cass. Pen., n. 5699/25)


Le fatture utilizzate in dichiarazione che presentano dati formalmente completi, anche se generiche nella descrizione dell’oggetto, restano penalmente rilevanti ai fini del reato di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture per operazioni inesistenti. Lo chiarisce la Cassazione in una recente sentenza.


Il fatto

La Corte d’Appello di Genova aveva confermato la condanna di Titolare di ditta individuale, Io.Mi., imputato del reato di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture false, ai sensi dell’art. 2 del D.Lgs. n. 74/2000, per avere inserito, nelle dichiarazioni IVA e imposte dirette degli anni 2015, 2016 e 2017, elementi passivi fittizi per oltre 317.000 euro complessivi.

Secondo l’accusa, l’imputato si era avvalso di fatture emesse da un’impresa priva di personale, mezzi e contabilità, e i documenti risultavano privi di indicazioni dettagliate sulla prestazione. Nonostante ciò, egli li aveva utilizzati per ottenere indebite deduzioni di costi. Dopo il giudizio abbreviato, la pena era stata ridotta in appello a 1 anno e 2 mesi di reclusione, con l’applicazione delle pene accessorie ex art. 12 D.Lgs. 74/2000.

La difesa ha impugnato la sentenza in Cassazione, sostenendo che l’irregolarità delle fatture, per genericità dell’oggetto, ne escludesse la validità giuridica e, di conseguenza, l’idoneità a integrare il reato. Inoltre, ha contestato la quantificazione della pena e richiesto il dissequestro delle somme vincolate.


La decisione della Cassazione

La Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso, ritenendo infondata la tesi secondo cui la genericità dell’oggetto delle fatture escluderebbe la configurabilità del reato.

Secondo la Cassazione:

  • le fatture presentavano tutti i requisiti formali di cui all’art. 21 del D.P.R. 633/1972 (data, numerazione, identificazione delle parti, importi, aliquota IVA, oggetto della prestazione, seppure generico);

  • la genericità non esclude la natura di “fattura” e la loro capacità di influire sull’attività di accertamento fiscale;

  • la difesa non ha dimostrato la “grossolanità” dei documenti, che non è sufficiente a escludere la punibilità se le fatture sono formalmente idonee e impiegate in dichiarazione.

Quanto alla pena, la Cassazione ha ritenuto che fosse già stata calibrata tenendo conto sia dell’attività fraudolenta pluriennale sia della sanzione amministrativa già irrogata. I motivi aggiunti, depositati in memoria, non sono stati esaminati in quanto preclusi dalla dichiarazione di inammissibilità del ricorso principale.


Il principio di diritto

“Ai fini della configurabilità del reato di cui all’art. 2 D.Lgs. 74/2000, la genericità dell’oggetto indicato nella fattura non esclude la sua natura formale di documento fiscalmente rilevante, ove ricorrano i requisiti dell’art. 21, D.P.R. 633/1972. L’utilizzazione di tali fatture in dichiarazione realizza la condotta fraudolenta, anche in assenza di prestazioni effettive.”

La Corte riafferma l’orientamento secondo cui la falsità della fattura non richiede necessariamente una macroscopica alterazione formale. È sufficiente l’intento fraudolento e l’uso in dichiarazione per integrare la fattispecie penale.

Hai bisogno di assistenza legale?

Prenota ora la tua consulenza personalizzata e mirata.

 

Grazie

oppure

IMG_3365_edited_edited.png
bottom of page