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Non integra concorso nell’estorsione la mera condivisione interna della decisione del coautore (Cass. pen. n. 22060/25)

Premessa

Con l’ordinanza n. 22060/2025, la Corte di cassazione, seconda sezione penale, ha ribadito un principio di rilevanza sistematica in materia cautelare e concorso nel reato di estorsione: non può ritenersi partecipe del reato chi, pur mostrando acquiescenza alla decisione dell’autore principale in un dialogo privato, non esplica tale condivisione in atti idonei a rafforzarne l’intento criminoso o a coartare la volontà della vittima.


1. Il fatto

Il Tribunale di Caltanissetta, in sede di riesame, aveva confermato l’ordinanza applicativa della misura cautelare dell’obbligo di presentazione alla P.G. nei confronti di Sc.An., indagato per estorsione pluriaggravata ai danni di Di. (capo F), e per violenza privata ai danni di Ca. (capo G), escludendo però per quest’ultimo reato l’aggravante del metodo mafioso (art. 416-bis.1 c.p.).

Il presunto episodio estorsivo riguardava l’imposizione a Di. della concessione in affitto dei propri terreni per il pascolo in favore di Sa.Ne., a un prezzo simbolico di 1.000 euro, per effetto delle pressioni esercitate da Sc.Gi., fratello dell’indagato e soggetto ritenuto organicamente inserito in un contesto mafioso.


2. I motivi di ricorso

La difesa di Sc.An. ha dedotto, tra l’altro:

  • l’insufficienza e contraddittorietà della motivazione circa il suo coinvolgimento nella condotta estorsiva, lamentando l’omesso esame delle dichiarazioni della persona offesa;

  • l’assenza di una condotta tipica attribuibile al ricorrente;

  • l’apparenza della motivazione sulla ritenuta aggravante del metodo mafioso.


3. La decisione della Cassazione

La Corte ha accolto il primo motivo di ricorso, assorbendo il secondo.


3.1 La mera acquiescenza privata non integra concorso

Il Tribunale aveva fondato l’affermazione della gravità indiziaria nei confronti di Sc.An. su una conversazione con il fratello, nella quale egli gli chiedeva di fingere, nei confronti di Sa.Ne., che l’accordo sul pascolo fosse stato condiviso da entrambi. Tuttavia, come affermato dalla Suprema Corte, questa dichiarazione, interna al rapporto familiare, è finalizzata esclusivamente a salvare la "faccia" dell’indagato agli occhi del terzo beneficiario e non costituisce di per sé una condotta di partecipazione al reato.

Secondo il consolidato orientamento, in tema di misure cautelari, la gravità indiziaria deve fondarsi su una condotta concreta riferibile al singolo indagato, idonea a integrare gli estremi della compartecipazione criminosa (Cass. pen., sez. I, n. 14684/2014, Siragusa).


3.2 Il travisamento per omissione delle dichiarazioni della vittima

La Cassazione ha inoltre censurato l’omessa valutazione delle dichiarazioni difensive rese dalla persona offesa Di., da cui non emergerebbe alcun coinvolgimento di Sc.An. nella vicenda. L’omessa valutazione di prove difensive, pur non integrando di per sé una nullità, incide sulla congruità e logicità della motivazione (Cass. pen., sez. III, n. 23097/2019, Capezzuto), e nel caso in esame costituisce travisamento per omissione.


4. Il principio di diritto

Non integra concorso nell’estorsione la mera acquiescenza interna alla decisione dell’autore principale, se non seguita da atti che rafforzino l’intento criminoso o incidano sulla libertà della vittima. La gravità indiziaria richiede una condotta individuale concreta e valutazione delle prove difensive.


La sentenza integrale

Cassazione penale sez. II, 04/06/2025, (ud. 04/06/2025, dep. 11/06/2025), n.22060

RITENUTO IN FATTO


1. Con l'ordinanza impugnata il Tribunale di Caltanissetta, Sezione per il riesame, in parziale accoglimento dell'istanza di riesame proposta nell'interesse di Sc.An. avverso l'ordinanza resa il 30 gennaio 2025 dal GIP del Tribunale di Caltanissetta, con cui è stata disposta nei confronti del predetto la misura cautelare dell'obbligo di presentazione alla PG, nella veste di indagato in ordine ai reati di estorsione pluriaggravata in danno di Di. e di violenza privata in danno di Ca., ha escluso l'aggravante di cui all'art. 416 bis.1 cod. pen. in relazione a quest'ultimo reato, contestato al capo G dell'incolpazione, e ha confermato la misura cautelare applicata.


Si addebita all'indagato di avere partecipato all'estorsione in danno di Di. e di averlo costretto a concedere i terreni di sua proprietà a Sa.Ne. per il pascolo ad una somma forfettaria di 1.000 euro, con l'aggravante del metodo mafioso, nonché di avere intimato a Ca. di non recarsi con il bestiame nei terreni di proprietà della società che gestisce Sicilia outlet Village pronunziando minacce nei suoi confronti.


2. Avverso detto provvedimento ha proposto ricorso il difensore di Sc.An., deducendo:


2.1 Violazione di legge e vizio di motivazione e mancata assunzione di una prova decisiva nonché travisamento delle prove in ordine alla condotta estorsiva contestata al capo F in quanto l'ordinanza impugnata non ha fornito adeguata motivazione in ordine al giudizio di gravità indiziaria nei confronti del ricorrente, quale partecipe dell'estorsione contestata anche al fratello Sc.Gi. e, per superare le censure difensive, fa ampio rinvio alla motivazione dell'ordinanza di custodia cautelare, senza considerare che da tale provvedimento emergono circostanze e fatti diversi da quelli posti a base della decisione impugnata.


Secondo l'assunto difensivo la condotta estorsiva in danno della persona offesa Di. sarebbe stata realizzata esclusivamente dal fratello dell'odierno ricorrente, Sc.Gi., che ha imposto la sua volontà anche al congiunto, come emergerebbe dall'ordinanza cautelare e dal tenore della intercettazione, posta a fondamento del provvedimento impugnato; nel corso di questa conversazione con il fratello Sc.Gi., l'odierno ricorrente gli chiede di fingere di avere concordato con lui la decisione di imporre l'affitto in favore del Sa.Ne., al fine di evitargli una brutta figura con quest'ultimo; tale richiesta dimostra la sua estraneità al reato.


Osserva inoltre il ricorrente che non è stato Sc.An. a individuare il beneficiario del contratto di affitto e ad imporre il prezzo da corrispondere, in quanto dalle informazioni e dalle indagini difensive emerge che il prezzo è stato fissato da Di. e risultava dettato dalla esigenza di chiudere la trattativa sul pascolo.


Rileva inoltre che è stato del tutto omesso e travisato l'esame delle dichiarazioni rese dal Di. e oggetto delle indagini difensive, il cui contenuto peraltro coincide con quanto riferito dalla persona offesa nella denunzia, e da cui non emerge alcun riferimento al coinvolgimento di Sc.An. nella condotta illecita.


2.2 Motivazione apparente dell'ordinanza in ordine alla ritenuta aggravante di cui all'art. 416 bis.1 codice penale in relazione alla condotta estorsiva contestata al capo F, per essersi avvalsi della forza intimidatrice esercitata sul territorio da Sc.Gi., in quanto nessuna effettiva motivazione è stata resa sul punto.


CONSIDERATO IN DIRITTO


1. Il primo motivo di ricorso è fondato e rende superfluo l'esame del secondo.


Nel caso in esame, il provvedimento impugnato si concentra nel ricostruire la vicenda estorsiva e il ruolo rivestito da Sc.Gi., esponente di spicco del sodalizio mafioso operante sul territorio, senza tuttavia approfondire il contributo reso dall'odierno indagato nella vicenda per cui è giudizio.


In particolare non chiarisce e non indica le circostanze da cui ha desunto che Sc.An. avesse concorso nel coartare la volontà della persona offesa e che, in accordo con il fratello Sc.Gi., avesse contribuito ad agevolare la condotta estorsiva, diretta a costringere Di. a cedere in affitto per il pascolo i suoi terreni a Sa.Ne. per l'importo complessivo di 1000 Euro.


In tema di misure cautelari personali, la valutazione di gravità indiziaria, anche nelle ipotesi di compartecipazione nel reato, che pure può estrinsecarsi nelle forme più varie e differenziate, presuppone necessariamente l'addebito, in concreto, di una specifica e determinata condotta riferita alla singola persona indagata, nonché il concorso di elementi che lo suffraghino. (Sez. 1, n. 14684 del 28/02/2014, Siragusa, Rv. 259603 - 01).


Dopo avere esposto il tenore del compendio indiziario a carico del fratello Sc.Gi.,il Tribunale è pervenuto alla conclusione che l'indagato ha condiviso la decisione estorsiva del congiunto, valorizzando una conversazione intercorsa tra i due germani, nel corso della quale l'odierno ricorrente invitava Sc.Gi. a esporre falsamente al Sa.Ne., beneficiario dell'estorsione, che la decisione della persona offesa era frutto di un accordo anche con lui e non solo con il suo interlocutore, a tutela della propria immagine.


La circostanza che Sc.An. nei rapporti interni con il fratello dimostri di accettare la decisione di quest'ultimo, non è sufficiente a renderlo partecipe della condotta estorsiva, in quanto l'avere condiviso la decisione del fratello nei dialoghi con lui non è idonea ad integrare il concorso, se non si risolve in un rafforzamento dell'intento dell'autore, che nel caso in esame non sembra ricorrere, o se non si esplicita all'esterno, dando luogo ad un contributo materiale agevolativo del reato o ad una qualche forma di pressione nei confronti della persona offesa.


Di contro, il Tribunale afferma a pag. 7 che, dopo l'intervento del fratello Sc.Gi., Sc.An. si disinteressava dell'assegnazione del fondo conteso, per il quale aveva in corso una trattativa con il Di., limitandosi a rappresentare al fratello di voler essere riconosciuto come partecipe della decisione, per non sfigurare agli occhi del Sa.Ne.; questo passaggio della motivazione sembra porsi in contraddizione logica con la ricostruzione di un suo fattivo coinvolgimento nella condotta estorsiva in danno del Di., che non trova esplicita conferma in altri elementi concreti.


Deve inoltre convenirsi con il ricorrente che la motivazione del provvedimento impugnato omette di valutare il portato dichiarativo della persona offesa Di., assunta in sede di indagini difensive, le cui sommarie informazioni risultano essere state trasmesse nella data dell'udienza di riesame e sono depositate in atti.


L'omessa valutazione di memorie difensive non può essere fatta valere come causa di nullità del provvedimento impugnato, non trattandosi di ipotesi prevista dalla legge, ma può influire sulla congruità e correttezza logico-giuridica della motivazione che definisce la fase o il grado nel cui ambito siano state espresse le ragioni difensive, le quali devono essere attentamente considerate dal giudice cui sono rivolte. (Sez. 3, n. 23097 del 08/05/2019, Capezzuto, Rv. 276199 - 03).


Nel caso di specie la mancata valutazione di un elemento di prova dedotto dalla difesa integra un travisamento per omissione.


2. Per queste ragioni si impone l'annullamento dell'ordinanza impugnata, con rinvio al Tribunale di Caltanissetta che rinnoverà il giudizio di gravità indiziaria alla stregua dei principi suindicati. La censura relativa all'aggravante del metodo mafioso risulta assorbita dall'accoglimento del primo motivo.


P.Q.M.


Annulla l'ordinanza impugnata e rinvia per nuovo giudizio al Tribunale di Caltanissetta competente ai sensi dell'art. 309, co. 7, c.p.p.


Così deciso in Roma, il 4 giugno 2025.


Depositato in Cancelleria l'11 giugno 2025.

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