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Falsifica il testamento olografo: Non sussiste il reato di truffa.

Con la sentenza in argomento, la corte di appello di Napoli ha affermato che la falsificazione di un testamento olografo integra il solo reato previsto dall'art. 491 c.p., non anche il reato di truffa.

E ciò in quanto dal momento al fine di ritenere sussistente il reato di truffa è necessario un atto dispositivo della persona offesa indotto dagli artifici e dai raggiri posti in essere dall'imputato.

Corte appello Napoli sez. III, 04/03/2022, (ud. 07/02/2022, dep. 04/03/2022), n.2066


RAGIONI IN FATTO E IN DIRITTO DELLA DECISIONE

1. Con la sentenza appellata Pu. An. veniva riconosciuta colpevole del delitto di falsità materiale commessa dal privato in testamento olografo e truffa e, unificati i reati sotto il vincolo della continuazione esterna, veniva condannata, previa rinunzia alla prescrizione da parte della imputata, alla pena di anni 1 mesi 3 di reclusione oltre al risarcimento dei danni in favore della costituita parte civile (da liquidarsi in sede civile).


Secondo la ricostruzione operata dal giudice di prime cure l'imputata aveva formato un falso testamento olografo apparentemente riferibile a Pu. An., datato (omissis), e lo aveva fatto pubblicare dal notaio Ro. in data (omissis); in particolare, attraverso la pubblicazione della falsa scheda testamentaria, a mezzo della quale l'imputata veniva istituita erede universale, ella realizzava altresì la truffa ai danni della parte lesa Uc. An., madre ed erede legittima di Pu. An., procurando a sé l'ingiusto profitto consistente nel patrimonio del de cuius.


In (omissis) il (omissis).


1.1. Va premesso che nell'imputazione originaria la Pu. era accusata della violazione dell'articolo 485 c.p.; tuttavia il PM in sede di discussione nel dibattimento di primo grado chiedeva la derubricazione del reato indicato in quello di cui all'articolo 491 c.p.p. in relazione all'art. 482 c.p. che il Giudice di primo grado recepiva con la condanna nei termini appena indicati.


1.2. La pronuncia di condanna si fonda: 1) sulle prove dichiarative (dichiarazioni dei testi a conoscenza in via diretta o indiretta della vicenda (Pi. An., Ra. An., Ca. Am., Ci. Ca.), 2) sui contributi degli esperti grafologici (segnatamente da un lato dalla relazione resa dal CTU dr.ssa Ia. El. nominata nell'ambito del contenzioso civile che ha acclarato la falsità del testamento de quo vertitur e l'apocrifia della firma ivi apposta e da un altro dagli esiti della consulenza grafologica di parte difensiva - resa dall'avv. Ma. Ge. - che riteneva invece il testamento originale e vergato dalla sola mano del Pu. An.; 3) dalla sentenza nr. 8945/2016 emessa dalla Ottava Sezione Civile del Tribunale di Napoli con cui il giudice civile dichiarava la nullità per difetto di autografia della scheda testamentaria di cui all'imputazione.


2. L'imputata, a mezzo del proprio difensore, proponeva rituale appello avverso la suddetta sentenza, deducendo i motivi di gravame di seguito esposti e chiedendo, in riforma della sentenza impugnata, i seguenti provvedimenti:


In via principale:


- Assoluzione dal reato di falsificazione del documento falso per mancata prova dell'addebito.


Errando il giudice di prime cure avrebbe svalorizzato, a causa di un suo inspiegabile pregiudizio, la deposizione della teste a discarico Ci. Ca.. La dichiarante, che è cugina della imputata, Pu. An., ha affermato di aver visto il de cuius redigere il testamento e raccolto le confidenze del medesimo in ordine alla volontà di istituire quale unica erede l'imputata. Di contro, secondo l'appellante, il giudice avrebbe dato valore alle dichiarazioni generiche e de relato dei testi Ca., Pi. e Ra. che nel corso della loro deposizione non avrebbero saputo contestualizzare sufficientemente sia in ordine alla riferita intenzione di Pu. An. di lasciare tutto il suo patrimonio alla madre Uc. An. né in ordine alle dichiarazioni confessorie fatte dalla Pu. all'esito della sua soccombenza in sede di giudizio civile. Commettendo un errore interpretativo il giudice di primo grado avrebbe, poi, letto in chiave di disinteresse da patte della Pu. la sua mancata opposizione all'alienazione di due beni mobili registrati da parte della Uc. allorquando la Pu. risultava unica erede testamentaria. Arguisce l'appellante che la Uc. sarebbe comunque stata legittimarla e come tale le sarebbe spettato una quota della legittima intangibile dal testamento e perciò l'imputata non si sarebbe opposta alla vendita di quei beni.


- Rinnovazione del dibattimento al fine di escutere Em. Go., teste a discarico assente e ritenuto superfluo dal giudice procedente che revocava, pertanto, l'ordinanza ammissiva di tale prova testimoniale. La Go. sarebbe stata presente al momento della consegna del testamento da parte del de cuius a Pu. An..


- Nullità della sentenza per violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato.


Il PM avrebbe contestato il reato di falsificazione mentre la sentenza ricostruisce il diverso reato dell'uso di atto falso. Rileverebbe, quindi, un fatto materiale diverso da quello in contestazione e la sentenza sarebbe quindi nulla per violazione del principio indicato.


- Assoluzione dal delitto di truffa contestato al capo b). La insussistenza del reato presupposto di falsificazione, che costituirebbe la condotta integrante gli artifizi e 1 raggiri, travolgerebbe la stessa sussistenza del delitto presupponente di truffa.


In via subordinata:


- Assorbimento del reato di truffa in quello di cui all'art. 491 c.p. che punisce anche l'uso del documento di contraffazione.


- Riduzione della pena valorizzando la rinuncia alla prescrizione da parte dell'imputata e rimarcando che anche il PM aveva chiesto in sede di discussione una pena più bassa (anni 1) rispetto a quella comminata in sentenza.


- Dichiarare l'illegalità della pena prevista dal combinato disposto dell'articolo 491/482 c.p. all'esito della depenalizzazione dell'articolo 485 cp (originariamente contestato) ad opera del Decreto legislativo 7/2016.


3. Nel giudizio di appello, all'udienza odierna il processo è st