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Fatture false: applicazione dell'art. 131 bis c.p. e confisca (Cass. Pen. n. 3375/2025)

Fatture

La Corte di Cassazione, Sezione III Penale, con la sentenza n. 3375 del 2025, si è pronunciata su un ricorso presentato da C. avverso la sentenza della Corte di Appello di Bologna, che confermava la condanna per il reato di cui all’art. 2 d.lgs. 74/2000, per aver utilizzato in dichiarazione fiscale fatture relative ad operazioni inesistenti.


Il caso concreto

L'imputato, nella qualità di legale rappresentante di una ditta individuale, aveva predisposto materialmente le fatture false utilizzando denominazioni di ditte cessate o disconosciute dagli emittenti.

La condanna del giudice di primo grado è stata confermata in appello, ma in tale sede non è stata presa in considerazione la richiesta dell’imputato, avanzata con le conclusioni scritte, di applicare la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto ai sensi dell’art. 131 bis c.p., e la richiesta di sostituzione delle pene detentive con pene pecuniarie ai sensi dell’art. 545 bis c.p.p., introdotto dalla Riforma Cartabia.


Motivazioni del ricorso

Il ricorso è stato articolato in sette motivi, tra cui:

  • Omessa pronuncia sulle richieste di applicazione dell’art. 131 bis c.p. e della pena pecuniaria o del lavoro di pubblica utilità, connesse alla recente riforma normativa.

  • Errata qualificazione del reato, che a detta del ricorrente sarebbe dovuto rientrare nell’art. 3 d.lgs. 74/2000 anziché nell’art. 2, trattandosi di fatture autoprodotte e prive di rilevante decettività.

  • Erronea quantificazione della confisca, avendo il Tribunale considerato anche le maggiori imposte accertate dall’Agenzia delle Entrate a titolo di IRAP, che penalmente non rileva ai fini della confisca.


Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha accolto parzialmente il ricorso, annullando la sentenza impugnata limitatamente:

  • Alla richiesta di applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, ritenendo fondato il motivo secondo cui tale richiesta non era stata valutata dalla Corte di Appello, pur essendo stata formulata in modo chiaro con le conclusioni scritte.

  • Alla richiesta di sostituzione della pena detentiva ai sensi dell’art. 545 c.p.p., la cui valutazione era stata omessa nel giudizio di merito.

  • Alla quantificazione della confisca, poiché l’ammontare stabilito dal Tribunale includeva erroneamente anche l’imposta IRAP, non rilevante ai fini della determinazione del profitto del reato ai sensi dell’art. 12-bis d.lgs. 74/2000.

La Cassazione ha quindi rinviato per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di Appello di Bologna.

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